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Autore: Marciux    24/10/2012    3 recensioni
Cinque anni prima della lotta per salvare il mondo. Sephiroth è convocato a Nibelheim per la sua ultima missione da SOLDIER, ma non può immaginare che cosa il destino abbia in serbo per lui. Un personaggio insospettabile trama alle spalle degli altri, celato nell'ombra. Il Pianeta è vittima di minacce ben diverse da quelle contro cui Cloud e gli altri combattono.
Genere: Azione, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aeris Gainsborough, Sephiroth, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII
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Capitolo XV
 

Il mio soggiorno a Villa Valentine è più problematico di quanto avessi potuto immaginare. Son passati ben tre giorni dal mio brusco arrivo nella graziosa casetta di montagna; per le prime ventiquattro ore, smaltiti gli effetti del disastroso combattimento contro Aerith, ho assaporato una serenità mai provata prima, lontana da qualsiasi fonte di preoccupazione quali Jenova o Gaiana. Dopo aver rilassato le membra affaticate, rinfrescato la mente e il corpo con una doccia alla gelida sorgente di fianco al nostro alloggio – ecco, forse questo è stato meno piacevole del previsto – dopo aver provato l'ebbrezza del silenzio assoluto, con la mente assorta in complicati ma pacati ragionamenti, dopo aver dedicato un po' di cura alla mia fedele compagna di combattimenti, Masamune, sino a renderla lucida ed affilata come solo io riesco a fare, mi son coricato nel mio comodo giaciglio con un sorriso e una dolce sensazione di calma, rara componente delle mie vicissitudini. La temuta svolta ha avuto luogo all'alba del secondo giorno, quando mi son visto offrire dal mio ospite un'impolverata divisa da Soldier. Da quel momento in poi, non ho fatto altro che camminare.

A detta sua, questa prima fase si chiamerebbe “La Passeggiata”. I tortuosi viottoli di montagna scendono lungo pendii talvolta dolci, talvolta decisamente accidentati, addentrandosi in caverne gelide e buie, per poi tornare alla luce del sole cocente. Le difficili scalate verso le alture costituiscono un altro capitolo delle sofferenti imprese a cui mi trovo costretto a prendere parte. Il tutto, ovviamente, scandito da un passo di marcia non esattamente moderato. Ecco, questa idea di passeggiata differisce parecchio dalla mia.

Il panorama mozzafiato che circonda i monti è una delle poche consolazioni che mi hanno permesso di affrontare con decisione l'allenamento propinatomi dal mio mentore. Tuttavia, anche questo aspetto dell'escursione finisce per essere spiacevole, dato che ogni scorcio, ogni luogo fanno sorgere riflessioni malinconiche.

La visuale di Midgar ha appesantito il mio cuore, ricordandogli lo sforzo al quale è stato sottoposto pochi giorni addietro, per colpa delle intense emozioni provate. Anche la vista di Kalm è risultata penosa; nel silenzio del mattino ho ripensato alla mia Eydìs, ancora una volta senza il suo papà. L'idea mi ha dilaniato le viscere, rendendo il mio passo nervoso e spedito. Un'ora più tardi, quando alla mia sinistra ho iniziato a scorgere la prateria e, adiacente ad essa, la palude, mi son pentito di quell'impeto che ha animato le mie gambe ormai affaticate. Successivamente, rivolgendo il passo verso sud e discendendo verso altitudini meno vertiginose, ho scorto le coste frastagliate dell'area di Junon e, infine, più ad ovest, la città, divisa in due zone: una antica e povera, abitata per la maggior parte da quelli che un tempo erano pescatori, ed una seconda sopraelevata, ricca, imponente, nella quale mi son recato spesso per conto della ShinRa. Laggiù si trova una dislocazione dei quartieri generali della società, nonché il Sister Ray, il possente cannone alle cui polveri vien dato fuoco in casi più unici che rari.

A metà giornata, dopo un'irrisoria pausa di venti minuti per dar tempo al corpo di riprendersi dalla fatica, ne abbiamo dovuta affrontare una decisamente più ardua: la risalita verso casa. Una volta raggiunto il letto, ricordo di aver desiderato di risvegliarmi il giorno seguente da tutt'altra parte.


 

Stamattina si è dato il via al terzo giorno di marcia e ho giurato di non lasciarmi mai più trascinare ad una scarpinata simile. Eppure ora, con il sole al picco della sua altezza, continuo la sfacchinata che, se non altro, mi assicura un'approfondita conoscenza della zona. I muscoli delle mie gambe, così come quelli del resto del corpo, tremano di stanchezza. Cammino ormai come se non ci fosse altro al mondo, tranne me e il pavimento non sempre agevole sotto le piante brucianti dei miei piedi. Mi sembra quasi di essere intrappolato dentro un incubo: il Pianeta ha deciso che camminerò per il resto della mia vita. Ogniqualvolta i miei pesanti stivali solcano il terreno, mi sembra di crescere – o meglio, di invecchiare. I dolori e l'estenuazione si accumulano sempre di più, oltrepassando soglie che credevo irraggiungibili. Oltretutto, oggi Vincent mi ha intimato di portare Masamune con me. Pensavo fosse finalmente giunto il momento di combattere, invece l'unico scopo sembrerebbe quello di intralciarmi ulteriormente. Mi chiedo sino a che punto mi sono rammollito in questi anni di ozio, animati da tiepide emozioni quali cucinare, affrontare anziane signore pungenti, fingere di essere medico. Tuttavia, sento una certa resistenza che pian piano matura dentro di me. Forse l'Uomo in Rosso non ha torto. Se mai qualcosa di diverso dalla morte potrà porre fine a questo mio tormentato arrancare, recuperare le mie sopite energie sarà una bazzecola.


 

In tutto questo passeggiare, desidererei almeno portare avanti le mie fatiche in totale solitudine. La presenza di Vincent non fa nulla per alleggerire l'allenamento, anzi, contribuisce a renderlo ancora più estenuante, a causa dell'imbarazzo che permea ogni nostro contatto verbale. Perlomeno, il mio è imbarazzo; la sua temo sia semplice pigrizia sociale. Le poche volte in cui mi rivolge la parola è per invitarmi ad accelerare il passo, o per prendere in giro la mia andatura fiacca. Lui sembra reggere bene “La Passeggiata”: cammina spedito, lasciando svolazzare il suo mantello scarlatto al vento e, di tanto in tanto, si ferma per aspettarmi; a giornata inoltrata, tuttavia, viene colto dall'improvviso dubbio di eventuali trappole o imboscate da parte di ignoti, così si dissolve a mezz'aria e ricompare parecchi metri più avanti, anticipandomi. Questo si chiama barare.


 

«Sbaglio oppure oggi stiamo camminando più veloci del solito?» chiedo io, desideroso di prendermela più comoda.

«Fossi in te, farei attenzione a dove metti i piedi»


 

Effettivamente, nella discesa che percorriamo in questo momento il terreno è piuttosto friabile, e l'avanzata si trasforma piuttosto in un tentativo di non concludere con un'unica, lunga scivolata sino alla piana. Masamune diventa una zavorra; non essendo più abituato a maneggiarla, la sua lunga lama sbatte ovunque, talvolta con il rischio di ferirmi.

Quest'ultimo scambio di battute è l'unico episodio rilevante per parecchie ore.

Nei frequenti silenzi impacciati, ho modo di riflettere sugli avvenimenti recenti, ma soprattutto sulle informazioni apprese. Non so più cosa pensare neanche di me: non sono un Antico, ma le cellule di Jenova scorrono nelle mie vene; il nome di mia madre è Lucrecia, ma l'ho sentito per la prima volta pochi giorni fa; e mio padre... chi è? Hojo sembra saperne molto più di quanto non dia a vedere, ma temo che farlo parlare sarà particolarmente difficile.

Un moto di rabbia invade il mio petto, mentre calcio via un sasso all'entrata di una caverna oscura, illuminata da una Materia del fuoco usata da Vincent. Che cosa starà tramando Aerith, mentre io spreco il mio tempo a camminare? Come staranno Gaiana ed Eydìs? Saranno preoccupate? O deluse, magari arrabbiate? Un mucchio di preoccupazioni affolla il mio cervello, tra gli accessi di nervosismo dovuti a stanchezza e fame.

Quando usciamo dalla caverna, il sole del tardo pomeriggio irradia i nostri volti, costringendoci ad abbassare gli sguardi. La strada in discesa prosegue sino a voltare sulla sinistra, costeggiando lo strapiombo che dà sulla palude, giungendo infine alla prateria in lontananza. Vincent si ferma e poggia la schiena alla parete di roccia sulla destra, osservando il vuoto. Le nostre pause iniziano sempre così, senza una parola. Lui smette di camminare e io, che non aspetto altro, seguo il suo esempio. Lascio indugiare i miei occhi verso la palude, alla quale siamo più vicini che mai rispetto a questi ultimi giorni. Non eravamo mai scesi così tanto e ciò vuol dire che il ritorno sarà una catastrofe. Poso Masamune sul terreno roccioso e mi siedo, adagiando le spalle alla bocca dell'antro. Scruto Vincent e provo un'improvvisa voglia di chiacchierare, per mia e sua sfortuna.


 

«Ho capito che cosa hai mente» esordisco, con voce un po' pastosa per non aver parlato tutto il giorno. «Vuoi arrivare sino alla Fattoria per rubare un Chocobo e tornare a casa di un batter d'occhio»

«La tua fantasia è apprezzabile. Di tanto in tanto mi riesce difficile scorgere in te il più grande SOLDIER di tutti i tempi. Specie da quando indossi quella divisa da Soldier semplice»


 

Effettivamente, non avevo mai vestito prima i panni azzurri dei Soldati ShinRa. Entrai nelle file di SOLDIER in tenera età, annientando qualsiasi altro primato. Divenni il più forte, e nel giro di pochi anni conquistai la mia divisa da Prima Classe, la quale in questo momento riposa in pace da qualche parte nella mia casa di Kalm. Mi manca da morire.


 

«Quanto credi che starò lontano da casa?» azzardo, imbarazzato.

«Impossibile dirlo. Dipende da tante cose. Da te, da me, da Aerith...»

«Ma perché proprio io? Non ho fatto niente per meritarmi tutto questo! Perché io e non qualche altro... SOLDIER della ShinRa?» protesto, assecondando il lampo d'odio che attraversa la mia mente.

«Da qualche parte ho sentito che tu sei il combattente più forte del mondo, ma è ancora tutto da vedersi»

«Questa non è una delle scaramucce della ShinRa! Non è una lotta contro l'Avalanche! Nessuno di noi sa che cosa sia, stiamo andando allo sbaraglio! Non so niente di ciò che mi aspetta, o di ciò che devo combattere, come posso sperare di... riuscire in qualche modo?»


 

Vincent tace, continuando ad osservare la prateria in lontananza. Cerco di calmare il battito del cuore, ansimando, con fiumi di nervosismo che scorrono nelle mie vene.


 

«Puoi approfittare di questi minuti di pausa per chiedermi tutto ciò che desideri. Quasi tutto» annuncia il mio mentore, con tono strascicato e quasi lamentoso. «Dopo questi giorni di allenamento te lo meriti»

«Voglio saperne di più sul passato tuo e di Aerith. O meglio, non sul tuo, però... insomma, voglio sapere quali sono le sue vere intenzioni, chi sono questi suoi spettri...»

«Io e Aerith abbiamo stretto il nostro rapporto in occasione dell'odio contro la ShinRa. Entrambi eravamo nel loro mirino e abbiamo dovuto unire le forze. Sai bene per quale motivo la ShinRa fosse interessata ad Aerith, ne abbiamo già parlato»

«E tu? Perché eri ricercato?»

«Affari che riguardano il mio passato da Turk, nonché vicende strettamente personali. Ad ogni modo, la nostra era una lotta molto debole, perché ci era impossibile esporci a rischi come l'essere catturati. Le cose son cambiate con l'arrivo degli spiriti»

«Già, quelli. Sono proprio una bella rogna! Quella può ingannare chiunque, spedendo la sua coppia dritta dritta nelle grinfie della ShinRa. Ma perché lo fa?» rimugino io, rabbioso.

«Per avere un alibi, così come è successo con la mia copia» spiega Vincent, scrollando le spalle.

«Quindi esiste anche un... FalsVincent

«Prego?»

«Esiste anche una tua copia?»

«Sia lo spettro di Aerith che il mio son stati creati per confondere le nostre tracce, una volta che la ShinRa ci stava alle costole. Il mio è stato catturato quasi subito, tanto tempo fa. A detta di Hojo, è stato utilizzato come cavia per qualche suo piccolo esperimento, prima di finire rinchiuso non so bene dove»

«Quindi Hojo è a conoscenza di quegli spettri!» esclamo io, spalancando gli occhi. «Ma allora perché...»

«Lui sa più cose di quanto entrambi possiamo pensare. Non si è mai abbastanza prudenti con lui. Non è un nemico ed è consigliabile tenerlo dalla propria parte, ma diffida quando puoi»


 

La figura di Hojo è piuttosto sospetta, e di questo ero già consapevole da parecchio tempo. Nella mia memoria son rimasti solo alcuni stralci della nostra ultima conversazione, ma ricordo l'interesse dimostrato per la FalsAerith che è riuscito a mettere sotto vetro. Vincent ha ragione, lui conosce molto più di quanto dovrebbe. Son stato un ingenuo davanti alle perfette recite dello scienziato: mi ha sfruttato per avere quel poco di verità di cui dispongo.


 

«Se non temessi l'idea di un'altra visita clandestina alla ShinRa, tornerei da Hojo per costringerlo a parlare» ringhio io stringendo i pugni.

«Perderesti il tuo tempo. La verità verrà fuori da sola, pian piano» controbatte Vincent.

«Gli spettri son tredici, no? Esistono infinite possibilità di ingannarci, con quelli a disposizione!»

«Tieni conto che ognuno di loro, una volta prese le sembianze di qualcuno, ritorna ad essere uno spettro solo con la morte» interviene Vincent, «e questa non può essere data dalla padrona stessa».


 

Ciò è estremamente interessante. Dunque le potenzialità del nostro nemico si riducono radicalmente. La mia mente lavora, con un improvviso moto di entusiasmo.


 

«Ciò vuol dire che... che non dobbiamo farli fuori, dobbiamo imprigionarli!»

«Certo, una volta fatti fuori tornerebbero nuovamente agli ordini di Aerith. Tuttavia, se vengono imprigionati dalla ShinRa o da noi, tenendoli lontano dalla loro padrona, diventano totalmente innocui. Sta' attento, non è il momento di cantare vittoria: Aerith ha dimostrato una grande parsimonia nell'utilizzarli in questi ultimi anni, e temo continuerà a fare altrettanto»

«Cominciamo dal principio» propongo, alzandomi e incrociando le braccia. «Chi sono questi spiriti e in che modo lei ha conquistato il loro potere?»

«Il momento in cui ha avuto il loro appoggio risale a poco prima che separassimo le nostre strade. Lei aveva appena scoperto il rifugio sotterraneo degli Antichi, ormai disabitato da tempo, e quello era diventato il nostro quartier generale. Poi mi chiese di aiutarla a trovare Jenova e io, una volta compreso il suo reale obiettivo, risolsi di rifiutare. Così lei partì per il nord, per cercare informazioni per conto suo, e tornò accompagnata dalla schiera di spettri. Non seppi mai dove fosse andata e che cosa avesse scoperto, ma Aerith era cambiata. Ancora non sapeva dove trovare Jenova, ma si era procurata un'arma di minaccia contro la ShinRa che, allo stesso tempo, le permettesse di non risultare responsabile. Creò innanzitutto le nostre copie per liberarci della seccatura di essere ricercati, ma nacque un diverbio sull'utilizzo di queste. Per me, le copie dovevano essere usate in casi di emergenza, perché la loro presenza alla ShinRa ci avrebbe legato le mani. Lei, invece, intendeva sguinzagliarle, per confondere i sospetti, ma ciò sarebbe stato troppo pericoloso: avrebbero capito subito l'inganno, riconoscendo le copie. Di fatto, la sua copia non avrebbe dovuto fare passi azzardati, per evitare di destare sospetti, ma la copia di... la mia copia, le interessava di meno. Infatti, presto ha avuto un'idea per la quale il mio... il Vincent copia avrebbe dovuto sacrificarsi, sacrificando così anche la reputazione del Vincent vero. D'altronde, una volta creato il mio... il me...»

«... FalsVincent?» propongo io, iniziando ad intravedere una certa confusione nel discorso.

«... Ecco, una volta creato FalsVincent, mi aveva in pugno e poteva minacciarmi a suo piacimento. Voleva spedirlo dritto alla ShinRa per scoprire dove fosse custodita Jenova, ma non sapeva quanto di folle ci fosse nella sua impresa. Conoscendo la ShinRa come le mie tasche, tentai di farle capire che era impossibile sperare di ottenere dei risultati inviando una sola persona – un falso me, peraltro – ad interrogare non si sa bene chi. Ma lei non volle rinunciare. Così, come avevo previsto, il... com'era? FalsVincent non tornò mai a Nibelheim. Io abbandonai Aerith, stanco e amareggiato, e lei mi dichiarò guerra. Quello fu il nostro ultimo incontro. Se non contiamo, ovviamente, il diverbio di pochi giorni fa»


 

Ci siamo. Il silenzio di Vincent si è finalmente infranto. Tutte le informazioni che mi ero visto negare stanno emergendo, una per volta. Una certa cronologia inizia a disegnarsi nella mia mente, ma è ancora troppo confusa per avere una qualche utilità.


 

«E che hai fatto dopo?»

«Rimasi solo, così come tuttora. Più avanti, incontrai Hojo e mi spiegò che cosa ne era del FalsVincent; mi raccontò di te e di ciò che ti era accaduto. Poi, in cambio del rifugio sulla montagna, mi incaricò di addentrarmi nei sotterranei di Aerith per ritrovare la testa di Jenova, spiegandomi di quanto fosse pericolosa nelle mani della ragazza. Io la trovai, ma mentii. Hojo pensa ancora che la testa sia in mano nemica, o comunque perduta» spiega Vincent, e nella sua voce lenta e grave colgo una punta di orgoglio.

«Hai ragione. Ne abbiamo parlato anche l'altro giorno. Ma perché hai fatto così?»

«Io non devo nessun favore alla ShinRa. Se mi impegno in questa battaglia è per la salvezza del Pianeta»

«Del... Pianeta

«Hai sentito bene»


 

L'affermazione di Vincent ha un che di catastrofista, ma mi rendo conto di non poter ancora stimare l'esatta portata del pericolo. Il parlare dell'uomo è caotico, contrariamente alla sua apparente personalità. L'argomento deve stargli davvero a cuore, e vorrei conoscere i motivi che lo spingono a comportarsi così. Conserva un atteggiamento di accentuata inimicizia nei confronti di Aerith, ma serba un grande rancore nei confronti della ShinRa, e ciò è davvero palese. La mia mente ha bisogno di un po' d'ordine, al momento, così mi schiarisco la voce.


 

«Rimangono undici spettri. Togliamo anche FalSephiroth e FalsMasamune e siamo a quota nove. Sempre che non ne abbia utilizzati altri per questioni che non ci riguardano» rifletto io. «Si tratta comunque di un notevole vantaggio su di noi. Non vedo vie di scampo»

«La via di scampo esiste. Perché credi che ti stia allenando? Ora, impugna la tua Masamune, perché l'addestramento rincomincerà a momenti»

«Che cosa?»


 

Prima ancora che mi sia data spiegazione di quell'ultima minaccia, Vincent sfodera da sotto il mantello il suo pesante revoler, Cerberus, e dalle tre canne viene sparato un getto di fiamme che, con un suono sibilante, sfreccia in direzione della palude. Non so che cosa stia succedendo. So solo che non posso muovermi. Pochi istanti dopo le lingue di fuoco colpiscono la superficie dello stagno, trionfando in un'esplosione di melma. Le torbide acque si agitano per l'impeto dell'improvviso attacco, come risvegliate bruscamente dal loro pacato sonno. Quando si rendono conto che tutto è passato, tornano a rilassarsi, placando le onde verso quello stato di quiete appena abbandonato.

Povere illuse.

In quel momento la superficie della palude si spezza e una gigante bestia emerge parzialmente dall'acqua, lasciando sfrecciare il capo verso l'alto, sino a raggiungere la nostra altezza. Il serpentone, probabilmente in grado di inghiottire senza problemi decine di Vincent e Sephiroth, posa le sue minacciose pupille su di noi, come per valutare quale dei due sia stato a disturbare il suo riposo. Poi spalanca le fauci, con schizzi di saliva ovunque, e mostra la lingua biforcuta, con uno stridio sommesso. Vincent ripone Cerberus, con una calma un po' fuori luogo.


 

«È tuo»

«Eh?»


 

Il muso della creatura scatta in avanti e il peso del corpo di Vincent mi getta sul terreno roccioso, con un boato e il rumore di un'esplosione. Afferro Masamune, spaventato, e vedo che il serpente ha gettato la squamosa testa all'indietro, strepitando e sibilando per il dolore.


 

«Vuoi svegliarti? Devi combattere!» esclama Vincent, agitandomi contro il revolver ancora fumante. «Non sfodererò l'arma un'altra volta!»


 

Poi mi afferra con la mano guantata per il maglione della divisa e mi costringe ad alzarmi, ma rischio di cadere di nuovo, tanto le mie gambe tremano. Impugno Masamune con entrambe le mani, osservando nervosamente il contorcersi disperato della bestia.


 

«Stai in posizione di difesa. Tra poco ti attaccherà di nuovo» suggerisce Vincent.

«Lo so!»


 

La spada però è troppo pesante per i miei muscoli fuori allenamento, e quasi spero che il serpente torni all'assalto presto, perché non ne posso più di reggerla. Il mio nemico non tarda ad esaudire i miei desideri. Non appena sembra riprendersi dall'offensiva di Vincent, focalizza di nuovo la sua attenzione su di me e fa un altro tentativo.


 

«Colpisci!»


 

D'istinto, muovo la katana in un tondo che incontra le squame dorate del serpente, ma l'unico effetto che ottengo è quello di neutralizzare l'attacco, rispedendo il rettile nella palude. La lama è sporca di fango, ma non di sangue.


 

«Tornerà» mi avvisa il mio mentore. «Se non metti forza in quegli attacchi, non puoi sperare di farlo fuori»

«Ma io non ho forza

«Intanto troviamo un modo per raggirarlo. Non vorrai sprecare questo vantaggio»


 

Vincent si avvicina velocemente e il suo braccio sinistro si avvinghia attorno al mio petto, trascinandomi in un vortice di colori sino a che non mi ritrovo in ginocchio su un pavimento roccioso diverso da prima. Ci troviamo sopra la caverna dalla quale siamo arrivati poco fa.


 

«Beh? Alzati!»


 

Maledicendo il giorno in cui sono nato, mi rimetto in piedi, riportando Masamune in posizione di difesa, di fronte al mio volto. Il serpente riemerge fulmineo e si scaglia contro il punto esatto in cui ci trovavamo prima; tuttavia il suo muso cozza contro la dura roccia e l'impatto sembra essere doloroso. Tra stridii insopportabili, la bestia torna a dimenarsi, voltando lo sguardo ovunque per trovare i suoi nemici. Abbasso Masamune, lasciandomi scappare una risatina.


 

«Non sembra poi così intelligente»

«Tu invece ritieni di esserlo?»


 

Indirizzo in direzione di Vincent un'occhiata imbronciata, e al momento di riportare l'attenzione sul combattimento son costretto a gettarmi da un lato per evitare l'impeto del mostro, che si risolve nella solita testata alla montagna. Mi rialzo in fretta, cercando di non decapitarmi con la lunga lama della spada, e balzo tra le rocce, allontanandomi dal nemico.


 

«Tutto bene laggiù?» chiede la lontana voce di Vincent, mossa da un leggero turbamento. «Hai qualche secondo di tempo, prima che questo bestione si riprenda. Ti consiglio di valutare bene la tua prossima mossa»


 

Di tanto in tanto la suola dei miei stivali scivola sul terreno dissestato, e non so quale grazia del Pianeta mi conceda di non rovinare decine di metri più in basso, dritto verso la morte. A giudicare da sibili che sento alle mie spalle, il rettile sta seguendo il mio incespicare, valutando il momento opportuno per attaccarmi – evidentemente ha imparato la lezione, a furia di sbatterci il muso.


 

«Che cosa diamine stai facendo? Vuoi smetterla di scappare?»


 

Una forte presa mi cinge il polso destro, costringendomi a fermarmi di scatto. Vincent mi fissa con sdegno e io ricambio con sguardo stupito. Il serpente è rimasto indietro e si contorce e dispera, evidentemente in seguito ad un doloroso intervento dell'uomo.


 

«Devi affrontarlo, imbecille!»

«Non combatto più da anni! Che cosa pretendi da me?» protesto io, liberandomi con uno strattone dalla mano dell'altro. «Quello mi fa fuori!»

«Devi correre il rischio»


 

Con una giravolta, Vincent viene inghiottito dal fluttuare del mantello, scomparendo dalla mia visuale. Il serpente è già pronto per partire all'attacco e si scaglia su di me, le fauci spalancate. Tento di tenerlo a distanza con Masamune, ma son costretto pian piano ad indietreggiare, schivando le lunghe zanne e la lingua sibilante.


 

«Stai... lontano... bestione... schifoso!»


 

Con un ultimo montante, rispedisco indietro l'animale, sempre più furioso, ma quello ritorna subito alla carica e io son costretto a balzare di lato, perdendo l'equilibrio e franando lungo il pendio con un tonfo al cuore e lo sguardo fisso al vuoto sotto di me...


 

L'aria frizzante sferza la pelle del mio viso, mentre strabuzzo gli occhi increduli e capisco che la mia sorte si è rovesciata. Due braccia forti cingono le mie spalle, riportandomi in salvo verso un piccolo spiazzo erboso stretto tra la palude e la montagna.


 

«Ti sei giocato l'ultimo salvataggio a disposizione. Ora è tutto nelle tue mani»

«In che senso? No, aspetta, tu non mi avevi detto...»


 

Il mio salvatore mi abbandona a mezz'aria, lasciandomi piombare sul terreno duro. Mi rialzo, stiracchiando i muscoli e borbottando proteste e insulti di ogni genere, poi raccolgo Masamune. Un lontano stridio annuncia l'inizio del secondo round.


 

«Come dovrei sconfiggerlo da qui?» chiedo, puntando la vista offuscata dalla nebbia sulla lontana sagoma del serpente che si avvicina con andatura incerta. «Non mi addentrerò nel suo habitat»

«Vedi altre soluzioni?» chiede Vincent, andando a poggiare la schiena sul fianco della montagna. «Devi solo far lavorare il cervello, dato che entrambi sappiamo bene che con la spada non risolverai nulla»

«Dammi le tue Materia» intimo io, speranzoso.

«E sia. Fuoco, Acqua o Terra?»

«Acqua e Terra» decido, lasciando cadere Masamune tra l'erba.


 

Le mani di Vincent si infilano tra le pieghe del mantello, estraendo due sfere vetrose tinte di un verde acceso e lanciandomele contro. Un secondo stridio mi fa sobbalzare, impedendomi di afferrare le Materia prima che tocchino terra.


 

«Arriva!»


 

Il lungo corpo sinuoso del serpente ci ha ormai raggiunti, sempre immerso per metà nello stagno, e i suoi occhi son fissi su di noi, mentre la lingua si dimena emettendo sibili sinistri. Ringrazio il Lifestream per avermi concesso un avversario dall'intelligenza limitata, mentre mi prendo il tempo per incastrare le Materia alla cintura in tutta tranquillità.

Il terreno trema debolmente, sotto il mio comando. La bestia sussulta e si scaglia all'attacco. Fulmineo, mi getto fuori dalla traiettoria del suo muso, afferrando Masamune con la sinistra. Ad un mio gesto, le acque torbide si agitano, spruzzando schizzi di fango che si solidificano istantaneamente in un lungo spuntone acuminato, minacciando di trafiggere le squame lucenti del serpente. Quello volta il testone, come cercando di capire che succede, e, con un colpo del muso, manda in frantumi il palo. Io torno alla carica, concentrando tutte le mie energie sul combattimento. Il bestione viene circondato da lingue di melma che si trasformano in altrettante punte; alcune lo pizzicano e lo feriscono, altre cedono sotto la mole del suo corpo. La situazione gli sfugge definitivamente di mano e inizia ad accalorarsi, lanciando strepiti di protesta. Un'ondata del pantano cinge il suo ventre, addensandosi sino a diventare una catena di fango.


 

«Le sorti si ribaltano» esclamo, sentendo rivoli di sudore scorrere lungo la fronte. Quanto tempo è passato dall'ultima volta che ho usato una Materia?

«Aspetta a dirlo»


 

Nel momento in cui comando l'attacco finale, evocando nuove lance di melma, il serpente si libera dalla presa e si scaglia su di me, costringendomi ad usare la spada. La lama di Masamune cozza contro il cranio dell'animale, spingendolo indietro.


 

«Avresti dovuto usare subito la spada» commenta Vincent.

«Dammi il tempo di scaldarmi! Non hai una Materia dell'Aria, vero?» chiedo io, voltandomi a guardare il mio compagno. Lui scuote la testa, con fare disinteressato.


 

Con un ringhio sommesso, abbandono la spada e punto entrambe le mani contro il nemico stordito, su cui si accanisce un'improvvisa tempesta fangosa. Un tremito della terra mette a dura prova il suo equilibrio, facendolo oscillare pericolosamente.


 

«Devi passare al dunque, Sephiroth. Così non fai altro che infastidirlo»

«Ci sto provando!»


 

Le mie braccia tremano per lo sforzo, e io mi scervello, cercando una soluzione per infliggere il colpo di grazia alla mostruosa creatura. Continuando in questo modo potrei stordirlo per avere il tempo di finirlo con la spada. Il pantano si ingrossa e lambisce le pareti della montagna; il tremore della terra inizia a sovrastare qualsiasi altro rumore e cerco di rimediare, ma la natura non mi obbedisce più.


 

«Sephiroth, stai per perdere il controllo della situazione» osserva Vincent, con voce grossa.


 

In effetti, il serpente non è più la sola vittima in balia della palude furiosa. Le possenti onde invadono il nostro campo, inzaccherando i nostri stivali e spingendoci contro la montagna. I miei piedi son piantati contro il terreno improvvisamente scivoloso, e più il panico invade la mia psiche, più la situazione mi sfugge di mano. Ormai le acque si muovono da sole, mosse dalle scosse del terremoto, e lungo la parete montuosa alle nostre spalle ruzzolano pietruzze e sassi di più importante stazza. Vincent si sposta dal suo comodo riparo, guardandosi attorno vagamente turbato, e io recupero da terra una Masamune ricoperta di fango.


 

«Fa' qualcosa, siamo in pericolo!»

«Tu sei in pericolo, io no di certo. Posso abbandonarti quando voglio» controbatte lui, sollevando appena il mantello ed esaminando le macchie di melma sul tessuto rosso.

«Vincent!»


 

Torno a voltarmi verso la palude. La bestia se ne sta lì immobile, la lingua sibilante e gli occhi che saettano in ogni direzione. Stringo i pugni, invocando disperatamente l'aiuto delle Materia, ma il tremore della mia voce tradisce la mia sicurezza, traducendosi in un nuovo cavallone minaccioso. Alle mie spalle il rombo della montagna cresce, sino a farsi insopportabile.


 

«Siamo tra l'annegamento e la frana»


 

La constatazione di Vincent mi fa saltare i nervi.


 

«Vincent, da qui non ne usciamo vivi!»

«Sei tu che hai avuto la brillante idea di usare le Materia senza ancora aver riacquistato le capacità di...»

«Vincent! Smettila di parlare e fa' qualcosa!»

«Sei il grande Sephiroth, il combattente più abile al mondo. Riuscirai ad inventarti qualcosa?»


 

In un accecante lampo di rabbia, Masamune si solleva sulla testa dell'uomo in rosso, ma quello, fulmineo, dirotta la traiettoria della spada con i proiettili di Cerberus. Il contraccolpo rischia di farmi cadere nel pantano. Gli occhi di Vincent fiammeggiano su di me, e la sua bocca è serrata. Lo squillo di un cellulare fa sussultare entrambi. Vincent distoglie lo sguardo, sollevandolo al cielo per un istante.


 

«Questa è importante. Da' qui le Materia, per favore» intima, riponendo il revolver e tendendo le mani.


 

Senza esitare un solo momento, estraggo le sfere dalla cintura e le consegno a lui. Istantaneamente, la furia della natura si placa, la palude si ritira e il ruggire della montagna si acquieta. Il serpente sembra ancora sotto shock e punta lo sguardo su di noi, senza muoversi. Per qualche secondo, l'unico suono che giunge alle mie orecchie è il trillo del cellulare di Vincent. Poi, un unico, gigante spuntone schizza fuori dalla melma e trapassa il corpo della creatura, uccidendola.


 

«L'idea non era niente male, bastava saperla mettere in pratica. Pronto?»


 

Vincent risponde al cellulare, riponendo le Materia sotto il mantello, e io continuo ad osservare la carcassa del serpente con un'imprevista stretta al cuore, senza ascoltare i monosillabi del mio mentore. Tra le nuvole si è fatto spazio qualche raggio di sole che scalda il paesaggio. Alcuni solitari sassolini rotolano ancora lungo il pendio, sino ad atterrare sull'erba. Osservo Masamune, con sguardo critico. Avrebbe bisogno di una bella pulita, dopo questo combattimento movimentato. Poi sposto lo sguardo su Vincent. La mia agitazione sta pian piano scemando, lasciando spazio alla delusione. Sono stato un buono a nulla.


 

«A domani»


 

La telefonata si conclude e Vincent si guarda attorno, esaminando la situazione.


 

«Tutto in ordine, no?»

«Più o meno» rispondo io. «L'allenamento però è stato un disastro»

«Rimedierai presto, il tempo stringe ma non troppo. Ora torniamo a casa»

«Riprendiamo domani?»

«Domani abbiamo una gita di piacere. Conosci Cosmo Canyon?»

«La conosco, certo, ma non ci son mai stato»

«Beh, c'è sempre una prima volta»


 

Vincent scrolla le spalle e strizza l'orlo del mantello, visibilmente infastidito.


 

«Torniamo con... col...?»

«Coi piedi, mi sembra ovvio. I tuoi nervi hanno bisogno di un po' di pace. Ti risparmierò giusto questa salita»

«Troppo gentile» borbotto io, osservando l'uomo che si avvicina e lasciandomi portare sotto il suo mantello scarlatto.




Nota dell'autore:
Chiedo umilmente perdono per questa lunghissima assenza ç_ç ultimamente l'ispirazione non mi arride! Cercherò di farmi perdonare con un capitolo un po' più lungo del solito. Alla prossima!

Marcello


 

  
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