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Autore: Chandy    25/10/2012    0 recensioni
Una vita passata a credere di essere qualcuno che non è, di poter vivere come la gente comune, di non poter controllare le proprie scelte. Un padre scienziato che nella ricerca di fama, svolge esperimenti innocui, almeno all’apparenza, per mettere a punto un videogioco che connetterebbe gruppi di persone, anche se privi di internet. Una madre protettiva che conosce la verità e avrà l’arduo obbligo e compito di svelarla. La protagonista è una ragazza che cerca di evadere da ciò che è costretta a essere. Scoprirà quanto sia migliore la realtà, ma non quella che conosce nella vita di tutti i giorni. Un racconto che non narra semplicemente le vicende, ma si concentra anche sull’introspezione della protagonista. In difficoltà con il comportamento del padre, cercherà di sovvertire il potere che lui ha su di lei. Troverà un videogioco da lui creato, che le cambierà la visione della vita, in qualche modo, e che la porterà a una scelta importante. Lei non ha molti ricordi e capirà, a un certo punto, che a contare davvero sono solo la madre e questo videogioco. Riuscirà a entrare virtualmente in contatto con abitanti di un pianeta apparentemente lontano, dovrà recuperare qualcosa di prezioso su
Genere: Introspettivo, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non sapevo se stavo sognando, oppure se ciò che vivevo, fosse realtà.
Io, povera illusa, in un mondo che pareva essermi amico, intrappolata per un esperimento del mio presunto padre.
Sì, presunto perché mi fu confessato qualcosa che non mi sarei mai aspettata di sentire.
“Mi dispiace tesoro” diceva mia madre in lacrime, seduta sulla sedia, nella stanza dell’ospedale.
“Tuo padre ha pensato a se stesso un’altra volta. E’ un mostro, ha calpestato tutti e, soprattutto, sua figlia, come già aveva fatto qualche anno fa”.
“Mamma, cosa stai dicendo?” chiesi io con un filo di voce e la bocca impastata.
Lei si aggiustò i capelli castani, si asciugò gli occhi con la manica della maglia verde, quasi come fanno le ragazzine, e poi proseguì.
“Vedi, qualche anno fa papà stava lavorando a un videogioco importante, quello che avrebbe dovuto aprire la strada a una tecnologia molto avanzata. Anche in quel caso fece esperimenti, a livello non solo elettronico, ma coinvolgendo scienziati biochimici, in modo da collegare addirittura il DNA, o alcuni dati genetici dei giocatori al videogioco stesso, per rendere la simulazione reale al massimo. Qualcosa però andò storto. Lui non s’interessò, perché era accecato dalla scoperta e dal continuo cercare di superare gli altri. Così, un giorno, sottoponendo nostra figlia a uno dei suoi esperimenti, quindi collegandola fisicamente al videogioco, ne causò la morte.”
Il mio livello di confusione e di incredulità era altissimo; cosa intendeva con nostra figlia, non ero forse io quella? Eppure ero viva, reale.
Mia madre continuava ad asciugarsi le lacrime: potevo vedere i suoi occhi stanchi e arrossati, riversare il dolore come un fiume in piena.
“Amore mio, so che non sarà facile accettare ciò che sto per dirti, ma è giusto che tu lo sappia, o vivrò per sempre con il rimpianto di non averti dato spiegazioni.”
Non mi rimaneva altro che ascoltare cosa aveva da raccontare, mentre mio padre era presente, fuori dalla camera, per grazia ricevuta: sarebbe stato poi rinchiuso in un carcere speciale, per l’accusa di omicidio tecnologico. Intanto, era obbligato a vedere ciò che mi stava accadendo, per far sì che si rendesse conto di cosa mi aveva fatto.
“Dunque, piccola mia, in seguito alla morte di nostra figlia, io non volli più avere a che fare con tuo padre, ma lui riuscì dopo qualche anno a farmi credere che aveva smesso e che aveva chiuso tutti i laboratori. In realtà stava lavorando per creare te: il... ” – deglutì a fatica – “ il clone di nostra figlia morta nei suoi esperimenti!”
Non potevo credere a ciò che mi stava dicendo, non poteva essere così.
Scoppiò a piangere e anche a me scesero copiose le lacrime.
Io un clone.
Ecco perché papà, scoprendo che avevo iniziato Connexion, non mi aveva impedito di usarlo: ero la sua nuova cavia, che non solo stava in laboratorio, ma faceva gli straordinari a casa!
Ed ecco il motivo per cui ero così difettosa, o perché alcuni ricordi, legati alle fotografie di famiglia, non li avevo: ero stata creata per soppiantare qualcuno che non c’era più, ero stata creata per essere la copia di un’altra persona, una finzione, una roba fittizia. Solo che papà non aveva più bisogno di me e aveva cercato di distruggermi, esattamente come mi aveva creata. Mia madre non gliel’avrebbe permesso.
“Mamma, non piangere.” – dissi rassegnata – “Le cose non si possono cambiare, il mostro ha deciso per tutti. E non si può tornare indietro. Ti chiedo solo un favore, che può sembrarti stupido, ma non lo è. Passami il joystick.”
Mia madre non riusciva a capire, però si alzò dalla sedia e lo prese.
Le chiesi di uscire dalla stanza, sapendo che dalla parete a vetri poteva guardare. In manette sopraggiunse mio padre ed entrambi parlarono con i medici. La situazione si sarebbe presto alterata, peggiorando. Ed io lo sentivo.
Accesi il televisore, andai alla partita salvata. Mi mancava un ultimo passo e poi avrei terminato ciò che mio padre desiderava e scommetto che era contento del fatto che mi permisero di tenere la console nella stanza.
Due piccioni con una fava: io avrei adempiuto al mio desiderio e mio padre si sarebbe realizzato.
Mentre giocavo, iniziai a sentire un forte bruciore riempirmi il corpo, come se fossi stata un contenitore da riempire lentamente.
Mi sentivo sempre più fragile, con le forze che mi stavano abbandonando.
Non sapevo cosa mi stesse succedendo, anche se lo intuivo, però ormai non m’importava.
A un tratto, tra la sottoscritta e lo schermo lo vidi: lui, in piedi di fronte a me, attorniato da una luce intensa. Sembrava uscito dal videogioco e mi tendeva la mano. Con la sua voce calda e gentile mi disse: “Vieni con me, ora non dovrai più soffrire. Sarai te stessa in un mondo altro, parallelo, anche se lontano. Potrai essere ciò che sei. Sarà veloce, indolore, ed entrando nello schermo con me, lo capirai. I tuoi dati sono memorizzati. Sarà più di un viaggio nella tecnologia, qui c’è in gioco una realtà diversa. Ci siamo connessi grazie a questo gioco, tu hai comunicato con me, credendo che io fossi un comune protagonista, di un comune gioco per console. Tramite il gioco ho conosciuto la tua alter ego, ma è come se avessi conosciuto te in carne ed ossa. Io ti darò la pace. Sono molto più di ciò che credevi: sono la tua nuova vita. Ora tocca a te scegliere.”
Era incredibile, non solo che lui fosse uscito da un videogioco, ma anche che, finalmente, mi davano la possibilità di scegliere. E scelsi. Sorrisi placidamente, perché tanto non sentivo più nulla di fisico. La stanza era invasa dalla luce e riuscii a scorgere per un secondo mia madre, al di là del vetro, con una mano appoggiata allo stesso, che in lacrime sembrava volesse salutarmi.
Sì, lei aveva capito, o meglio mi aveva capito. Ti voglio bene mamma.
Adesso decido io, tanto continuerò a vivere, sebbene in un’altra forma.
Mi lasciai andare, tesi la mia mano e lui mi portò con sé. Fu un attimo, la luce divenne fioca e sparì. Noi sparimmo con lei. Addio vita falsamente reale.
A volte qualcos’altro sa donarti la realtà di cui veramente hai bisogno.
   
 
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