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Autore: Sabu_chan    25/10/2012    0 recensioni
Lina Inverse viene sconfitta, e ciò avviene in una scommessa che lei stessa aveva iniziato.
Genere: Comico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gourry Gabriev, Lina Inverse, Naga
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stand UP

Stand UP



When it's not decorated, frequently glitter it with a smiling face. 
I can approach that sort of laughing person.
[...]
Wake up! You are my rival but you changed me yesterday 

Masami Suzuki - Stand UP!



 

 
Fingevo con tutte le forze e cercavo di distogliere inutilmente lo sguardo, ma più passava il tempo e più mi ritrovavo a fissargli la schiena.
Mi coglievo con le mani nel sacco, o meglio con gli occhi sul fatto, tutte le volte che ci trovavamo a percorrere una strada verso una nuova meta. Solitamente preferivo essere io a tenere il passo dei nostri viaggi, ma sempre più spesso avevo bisogno di indietreggiare e osservare.
Gourry aveva una lunga chioma bionda. I suoi capelli arrivavano quasi sino alle ginocchia, parevano setosi al tatto, non che avessi mai avuto il coraggio di accarezzarglieli. Risplendevano di una luce particolare, come tutto il suo essere in fondo. Anche questo non lo saprà mai.
Era decisamente più alto di me, cosa che spesso mi faceva sentire una piccoletta a confronto. Le sue spalle larghe e muscolose emanavano una grande forza e senso di protezione, mentre la sua schiena pareva essere calda e accogliente.
Cosa c’era di così strano e disturbante nel guardarlo da dietro?
E’ che non pensavo precisamente a lui quando lo osservavo.
La sua figura mi ricordava terribilmente quella di qualcun altro. Ma non gliene avrei fatto parola per tutto l’oro del mondo, a meno che me l’avesse chiesto esplicitamente. Col suo cervello fino non avrebbe mai notato le mie occhiate ben poco fugaci né quelle di altro tipo.
Ma non potevo continuare a sopportare quella stretta allo stomaco ancora a lungo.

 

 
Una locanda come le altre, una rissa come tante.
Litigio che, soffermiamoci su questo particolare, non aveva nulla a che fare con incomprensioni tra conoscenti o oggetti di valore valutati male. Si trattava di cibo e su questo, se avete imparato a conoscermi, non transigo.
L’ultimo, delizioso boccone della mia cena stava per finire in una bocca che non era la mia, con un permesso che non avevo mai concesso. Ero piuttosto indecisa su quale arma adottare nella zuffa, forchetta o coltello, e cosa attaccare precisamente, il pezzo conteso o la mano di chi voleva prenderlo.
I miei occhi si offuscano sempre quando si tratta di mangiare.
- Non ci provare.- minacciai a denti stretti, osservando il mio nemico.
- Se ci provassi, cosa faresti? – sorrise nel farmi quella domanda, un ghigno a occhi socchiusi come se sapesse bene chi avrebbe trionfato nella battaglia.
La risposta era scontata. – Fallo e sarò costretta a far saltare in aria l’intero locale.-
Il nemico citato prima era una donna dai lunghi capelli corvini. Vestiva con un costume discinto terribilmente osceno, non senza menzionare la volgarità della sua risata. Le piaceva così tanto riprodurre quel suono orripilante che non faceva caso agli astanti o alla situazione. Rideva e basta. Naga del Serpente Bianco era così, una macchinetta dalla molla rotta che ripeteva all’infinito quel verso stridulo.
Se mi fossi distratta anche solo un secondo, avrebbe colto l’occasione per attentare alla vita del mio pasto fondamentale e non potevo certo permetterglielo. I sacrifici di una o due scorribande con dei banditi non potevano assolutamente essere sprecati nello stomaco di una tizia che, come se non bastasse, non aveva affatto partecipato al recupero di uno dei tanti tesori e si era presentata all’ultimo, solo per mostrare quelle patetiche forme davanti al naso del capobanda ormai abbrustolito.
Era inconcepibile, e insopportabile a suo modo.
La donna mi osservò sorniona ancora per qualche istante, finchè non colsi un leggero movimento della sua spalla. Stava per attaccare, ma l’avevo colta in fallo.
- Ah!- esultai, mentre con un lampo della forchetta mi accaparravo l’ultimo prezioso boccone, luce dei miei occhi, gioia del mio stomaco. Ne assaporai la gustosa aroma fino a deglutirlo, provando un intimo piacere nel sentirne ancora il sapore sulla lingua.
Volsi finalmente lo sguardo alla mia avversaria, mostrando sprezzante il migliore dei miei sorrisi di vittoria, accomodandomi alla meglio con una mano sotto il mento e il gomito appoggiato al tavolo. Fui però sorpresa nel vedere che Naga stava volgendo lo sguardo altrove, fuori dalla finestra.
- Hey, guarda che ti ho battuta.- le dissi pungolandole il braccio, continuando a sorridere. La donna girò lievemente lo sguardo in mia direzione, con un’espressione insolitamente seria, che però durò l’attimo di constatarlo.
Le sue labbra si piegarono lievemente verso l’alto e gli occhi si socchiusero. – Ah, si.- fu la sua risposta totalmente disinteressata, come se la povera diavola che si portava dietro cercasse di attirare la sua attenzione con un argomento banale quale l’averla battuta in una rissa da tavola.
Ovviamente non mi andava di essere ignorata, soprattutto dopo tutte le volte che aveva pensato bene di umiliarmi con il suo maledetto fare da primadonna, quando le capitava di vincere l’ultimo sacro boccone.
Guardai anche io fuori dalla finestra, sperando avesse colto in flagrante un paio di ladruncoli da quattro soldi intenti a borseggiare una passante. Quella sera il cielo era velato da un gruppo di nuvole poco consistenti, nulla che promettesse un temporale. Solo dannatissima noia, se qualcuno non mi avesse dato retta e magari ci fossimo preparate per tempo per una scorribanda. L’atmosfera e la poca luce erano ottime per cogliere di sorpresa qualche simpatica vittima nella foresta vicina.
- Sono più di tre anni…- mormorò improvvisamente Naga, distogliendomi dall’intrigante visione di un sacco di monete d’oro con cui rimpinzare il mio patrimonio. La mia compagna continuava a guardare altrove, senza mai far sparire quel sorriso abbozzato sulle sue labbra.
Incrociai le braccia al petto e poggiai la schiena alla sedia. – Tre anni, cosa?-
Continuava a ignorarmi con lo sguardo e sembrava anche con la mente. Aveva decisamente bisogno di una Fireball tra capo e collo per farla rinsavire. Quella non era la solita Naga ridarola e attiva che conoscevo. Ipotizzai che fosse una farsa per farmela pagare dell’ultimo boccone, che a dirla tutta era nel suo piatto, ma pagato con i miei soldi.
Le sventolai una mano davanti agli occhi, così fu costretta a guardarmi stupita. Passò un mezzo secondo e mi pentii di averla destata dai suoi pensieri.
- OHOHOHOHOHOH!!!- fu la sua più intelligente risposta, mentre si alzava e poneva le mani sui fianchi, alzando il viso verso il soffitto e dando mostra di sé a tutta la quieta locanda. Superfluo dire che mi voltai immediatamente, per evitare che gli altri mi guardassero in faccia e pensassero a che razza di accompagnatrice poteva avere una tizia folle come quella.
Le mie orecchie chiedevano pietà e decisi di esaudire la loro richiesta. Tenendo lo sguardo basso, mi alzai da tavola recuperando i guanti e il mantello; l’armatura e la spada corta li avevo lasciati nella camera al piano di sopra, ed era lì che ero intenzionata a ritirarmi, lontana da qualsiasi rumore molesto.
Fortunatamente non incontrai che due anziane nel corridoio, tutte intente nei loro discorsi da decrepite, e non fecero commenti sulla mia andatura irrequieta. Arrivai alla porta della mia camera, girai la maniglia e entrai di fretta, sbattendomela alle spalle e poggiandomici di schiena. Il peggio era passato.
Avevo un’ampia scelta di cose da fare in quella serata. Tra il bottino dell’ultima banda avevo trovato un tomo di magia antico ed ero del tutto intenzionata a dargli un’occhiata, ma dovevo fare anche i conti con la leggerezza del mio borsello. Fare visita a qualche malcapitato o concedermi una pausa dalla, seppur divertente, routine? E magari farlo senza Naga tra le scatole, che era l’ideale per distendere i nervi dopo la sua ultima uscita.
Ma quel libro richiamava troppo la mia attenzione. A pensarci bene, considerando la levatura di quei banditi, non doveva trattarsi di un formulario così particolare. Presi posto alla scrivania direttamente sotto la finestra, accesi il lume sulla parete a fianco e iniziai la lettura.
Come il mio infallibile intuito aveva previsto, tutto ciò che teoricamente insegnava era come preparare dei decotti medicativi. Roba che la magia attuale aveva declassato da anni. Un Recovery ben eseguito ci metteva pochi minuti a chiudere una ferita, al contrario di un impacco di erbe di montagna.
Ferite, eh? Si parlava anche di quello, tra le tante pagine. Tagli da arma, abrasioni, punture e quant’altro. Già più interessante. Non avevo idea di quanti tipi di lesioni esistessero al mondo e si potessero infliggere con così tanta facilità.
Forse avrei imparato qualcosa di realmente utile.
O almeno ebbi il tempo di pensarlo, finchè qualcuno non bussò alla porta. Diedi uno sguardo all’esterno, doveva essere molto tardi. Chi poteva farmi visita se non un sicario stranamente educato? – Chi è?- chiesi con falsa gentilezza. La risposta si fece aspettare, cosa che mi fece dubitare dell’educazione dell’altra persona.
- Posso entrare, Lina?- era la voce di Naga. Che diavolo volesse a quell’ora era un totale mistero. Sbuffai sonoramente, chissà se l’aveva sentito al di là della porta, infine mi alzai e gliela aprii, sperando cogliesse la nota di disappunto sul mio sopracciglio tremolante. Un tic che compariva spesso in sua presenza.
- Se sei qui per chiedermi perché sono scappata, si, te lo dirò. – le dissi, quasi ringhiandolo a denti stretti, mentre la osservavo totalmente contrariata della sua entrata non gradita nella mia stanza. In tutta risposta ricevetti uno dei suoi sorrisi altezzosi, giusto per non perdere l’abitudine. – E non è stato per qualche assurda invidia verso la tua persona. – conclusi, ribattendo la porta e chiudendone il chiavistello.
- Non farmi ridere, Lina.- Come come? Avevo sentito bene? Non dovevo farla… ridere? Questa era buona.
- , che c’è? Stavo per andare a dormire e non ho alcuna voglia di ascoltare la tua voce stridula per il fine serata.- mentii simulando quanto più disprezzo provassi per la sua presenza, incrociando le braccia e assumendo uno sguardo torvo.
Senza nemmeno ascoltarmi, lo faceva troppo spesso di recente, si apprestò a osservare il libro ancora aperto sulla scrivania. Sogghignò, forse aveva capito che la stavo prendendo in giro, ma si disinteressò presto della cosa e andò a prendere posto sul mio letto. Il mio sacro letto.
- Naga, scordatelo. – le dissi con tono fermo, avviandomi in sua direzione, afferrandola per un polso. – Con l’ultimo bottino hai ricavato una buona somma e i soldi per una camera tutta tua ce li hai, quindi non venirmela a raccontare.-
Era tipico: occasionalmente, all’ultimo minuto, saltava fuori che aveva speso tutto il denaro in beveraggi vari e non poteva permettersi la stanza. Con tutta la bontà di questo mondo l’ho sempre accolta nella mia camera, purchè dormisse rigorosamente sul pavimento, cosa che avveniva altrettanto raramente dopo le peggiori scenate sull’amicizia e il senso del dovere.
La tirai per farla alzare ma sembrava irremovibile. Dei, voleva davvero farmi penare, sarei dovuta passare alle maniere forti e sinceramente non mi andava di pagare eventuali danni, del tutto accidentali, alla locanda.
Notai solo in quel momento che mi stava fissando, e con una certa fastidiosa intensità. I suoi occhi erano ben aperti e la bocca stranamente era chiusa. Aspettavo un commento sarcastico sulla mia persona tra tre… due… uno…
- Sono tre anni che viaggiamo assieme e non mi hai mai chiesto una sola ragione.-
Mi colse totalmente alla sprovvista. Il mio cervello ci mise qualche secondo a registrare le sue parole, non del tutto convinta che ci fosse un nesso tra la sua presenza in quel momento e il fattore denaro. No, probabilmente non centrava affatto, ma parlando di Naga dare per scontato qualsiasi cosa significava zapparsi sui piedi da soli.
- E che ragioni dovrei chiederti? Del perché hai un pessimo gusto nel vestire?- domandai con un sopracciglio alzato, sempre trattenendola per il polso.
Sorrise lievemente. – Anche.- per poi tornare ad assumere un tono serio. – E molte altre cose.-
Non mi ero mai interessata a chi fosse quella donna né per quale dannata ragione si considerasse mia rivale. Non avevo la minima intenzione di ascoltare degli strampalati dettagli sul suo costume di pelle, figuriamoci delle “molte altre cose” a cui si riferiva.
Non mi interessava nulla di lei. Mi bastava quella che era, e a volte era anche troppo.
Certo non potevo ignorare il suo comportamento del tutto insolito. Le uniche volte in cui l’avevo vista così seria si trattava di contare minuziosamente le monete di un bottino o pianificare un attacco. Quest’ultimo suona un po’ ridicolo, visto che la sua strategia preferita era buttarsi di testa in tutte le avventure senza stare un attimo a ragionarci.
Sospirai, scuotendo il capo e prendendo posto al suo fianco. – Fa solo in fretta, non ho voglia di… insomma, parla.- le dissi gesticolando con una mano, per farle capire che prima tagliava corto e meglio era per tutte e due. O meglio, per me.
- Sei la solita opportunista, Lina.- fu la sua constatazione, accuminata e dritta al mio ego. – Ti ho appena fatto notare che non mi hai mai chiesto nulla, e ora giri la frittata come ti fa comodo. Non si fa così. – vidi con la coda dell’occhio che stava scuotendo un indice puntato in alto, mormorando qualche verso di disapprovazione. Chi diavolo si credeva di essere?
Mi arresi al suo giochino infantile. – Va bene, allora! – incrociai le gambe e battei le mani sulle ginocchia, pronta ad ascoltare le sue fantomatiche informazioni personali. – Se proprio devo accontentare il tuo esibizionismo, la prima cosa che non ho il piacere di chiederti è da dove diavolo sei spuntata fuori!-
Una lunga risatina, per fortuna sommessa, riecheggiò come una campana nelle mie orecchie, nonostante non fosse una delle sue fragorose esternazioni di ilarità. Prima mi provoca e poi crede di fare la splendida in quel modo… con me! Davvero, chi credeva di essere?
, era proprio ciò che le avevo chiesto, in fondo.
Sentii una mano battermi sulla spalla più volte ma non mi voltai verso di lei. – Oh, Lina, Lina… sicuramente non da sotto un cavolo.- e ci credevo, con quei dirigibili che si trovava non ci sarebbe stata. – E nemmeno nel profondo delle viscere terrestri. - …hey, adesso si metteva anche ad anticipare i miei pensieri?
- Da dove allora?- cercai di simulare un po’ di interesse verso le sue origini. Faticavo ad ammetterlo, ma sinceramente un po’ mi incuriosiva: una tizia stramba come lei, vestita in modo strano, dalla risata stramba, dall’atteggiamento strambo, da quale strambo paese proveniva proprio non riuscivo ad immaginarlo. Dubitavo comunque che mi avrebbe dato una risposta sincera, ma attesi ugualmente.
La mano si levò dalla mia spalla e si accomodò sul materasso. Con un colpo d’anche, Naga appoggiò la schiena alla parete dietro di noi e distese una gamba, l’altra piegata. Aveva almeno avuto il buongusto di levarsi i calzari quando entrò in camera mia, altrimenti l’avrei affettata se osava sporcarmi le lenzuola.
Effettivamente anche io ero stanca della mia “posizione di attesa” e seguii il suo gesto, mettendomi al suo fianco. Potevo osservarla con la coda dell’occhio e mi pareva che avesse perso completamente il suo atteggiamento strafottente.
- Non aspettarti che ti dica quale sia il mio paese di origine, - iniziò così la sua risposta, come se non mi aspettassi che avrebbe omesso qualcosa – ma posso dirti che si tratta di una grande capitale. –
Ottimo, ciò restringeva notevolmente le possibili locazioni. Di tutte le grandi città esistenti nel continente, riuscivo già a scartarne alcune; era del tutto improbabile che una come lei venisse da Elmekia, per esempio, visto che è una regione di grandi spadaccini e lei portava una spada con sé per mera decorazione.
Stavo iniziando a ipotizzare altre possibili città, quando proseguì: - E la mia famiglia è, diciamo, molto importante.-

Come, scusa?
Cioè, voleva veramente rifilarmi una storia del genere?
- E sentiamo, di che famiglia si tratta?- le chiesi con nonchalance. Volevo proprio sentire cosa si sarebbe inventata.
Regnava il silenzio. Erano trascorsi già alcuni minuti, in cui ostentavo una fintissima calma. Mi aveva messo la pulce nell’orecchio e ora pretendeva pure che aspettassi i suoi comodi. Alla faccia della signorina dalla famiglia importante.
Spazientita mi girai per guardarla in viso. Il suo sguardo perso nel vuoto, gli occhi socchiusi e le labbra serrate mi fecero presto perdere tutto lo spirito ardente che si era formato nell’attesa.
Era una Naga fin troppo insolita, e questo non riuscivo a tollerarlo. Ma ancora di più, non riuscivo a comprenderlo.
Anche lei si voltò verso di me e, dopo un intenso scambio di sguardi, abbozzò un sorriso. – Quando sei in una posizione alta nella società, ti fai anche molti nemici.-
Forse voleva confondermi, forse voleva portarmi su un altro discorso ancora. Non la capivo, non volevo capirla, mi mancavano troppi indizi per decifrare quel suo enigma e, se c’era una cosa che mi mandava in bestia, era non riuscire a cogliere al volo il significato di qualsiasi cosa.
Era troppo difficile, per una testa calda come me, essere arrabbiati in quel momento.
E soprattutto, mi frullava in testa una domanda.
Perché mi stava dicendo quelle cose?
Tornai a guardare il lato opposto della stanza davanti a me senza fare alcuna domanda. Con la mano sinistra le feci un gesto, per farla proseguire. Non volevo metterle fretta, anche se la curiosità mi premeva in testa.
Sospirò. – Se ti dicessi il nome della mia famiglia, non mi crederesti.- ottimo intuito, però non fermarti adesso. – Se ti dicessi qualcosa tipo che sono una principessa, non mi crederesti ancora di più. – esattamente, non hai la grazia necessaria per essere una sangue blu… - E se ti dicessi, invece, che ho ucciso una persona?-
Deglutii.
Per quanto Naga fosse appunto Naga, dubitavo fortemente che si sarebbe inventata una balla così grande.
Insomma, quando confessi di aver tolto la vita a qualcuno o sei totalmente folle o dannatamente serio. Sì, effettivamente quella donna era più che fuori di testa, ma quando voleva sapeva parlare. E bene. Lo riconoscevo, quanto il fatto che suonava davvero seria.
I miei occhi saettavano da un lato all’altro della stanza, un nodo alla gola mi impedì di fare qualsiasi commento sconsiderato, anche se in cuor mio avrei voluto spingerla a proseguire. Non volevo mostrarmi così tanto insensibile da metterle fretta.
Annuii, semplicemente.
Le volevo credere.
Sentii un movimento sulle lenzuola e sbirciai: aveva appoggiato il braccio sul ginocchio piegato e stava di nuovo osservando fuori dalla finestra. Una composizione romantica, se non fosse per l’argomento che stavamo trattando. Il sorriso non riusciva ad abbandonarla.
- Quale è il modo più efficace per minacciare qualcuno?-
Bella domanda, ma di facile risoluzione.
Esiste un solo modo più diretto degli altri, per ottenere qualcosa da qualcuno.
- Attentare alla vita dei suoi cari?- risposi col tono più ovvio di questo mondo.
Era un metodo banale e abusato: in quell’epoca, come in questa, si sente parlare quasi ogni giorno di un ferimento, un sequestro o addirittura un omicidio per creare scompiglio nella vita di chi è un po’ più potente. C’è chi ama tagliuzzare la propria vittima e spedire il ricordino, chi va direttamente al sodo della questione e chi chiedeva un riscatto. Devo ammettere che quest’ultima soluzione mi si addiceva proprio, anzi avrei potuto metterla in atto prima o poi. Magari con qualcuno di non così tanto potente e in alto nella società.
I miei pensieri poco ortodossi furono interrotti da un’illuminazione.
- Naga, tu hai…?- domandai, voltandomi a guardarla, lasciando in sospeso la frase. Con quella domanda mi stava facendo capire qualcosa di veramente grosso e terribile. Stavo già immaginando la possibile scena e ciò mi aveva impedito di proseguire.
Non mosse il capo né appiattì la linea delle sue labbra. La sua voce ne uscì muovendole appena. – Ho ucciso. Ma non per ricavarne una somma. Ho ucciso per vendetta. – fece una breve pausa, chinando lievemente il capo verso la spalla. – Ho tolto la vita a chi voleva attentare alla mia.-
Ah.
Ciò faceva precipitare la mia ipotesi.
Aveva iniziato il discorso parlando di una famiglia importante, che ovviamente era finita nelle mire di qualcuno. Ha proseguito dichiarando di aver assassinato qualcuno, per poi chiedermi il metodo di minaccia più efficace.
Non sono pazza, vero? I due discorsi si sono incrociati inaspettatamente e ciò che avevo compreso, alla fine, era che lei stessa era stata il sicario per conto di un’altra famiglia di rilievo.
Dovevo ammetterlo, mi veniva quasi spontanea un’idea simile, considerando che talvolta sembrava più l’antagonista di una storia di demoni che una persona che aveva subito delle terribili conseguenze.
Dopo un attimo di silenzio, decisi che se proprio doveva confessarsi avrebbe dovuto farlo per intero. E non mi importava quanto potessi sembrarle insensibile.
Se aveva scelto di parlarne a me, poteva significare un paio di cose.
- Non voglio biasimarti, immagino che la situazione non fosse a tuo favore.- rabbrividii nel dirlo, non avevo mai ucciso qualcuno e non intendevo farlo, la sola idea mi faceva rivoltare le budella. – Puoi spiegarmi com’è andata?-
- Come vuoi che sia andata?- notai che il suo tono era diventato piuttosto seccato. Bingo, Lina Inverse, il tuo incredibile tatto a volte fa degli scivoloni altrettanto incredibili. Sospirò e sembrò calmarsi, forse aveva bisogno di esternare della rabbia repressa. – Non è andata come l’assassino sperava, questo è certo. Aveva sbagliato obiettivo… - aggrottò le sopracciglia - …non ricordo con esattezza l’incantesimo, ma sono certa di non averlo mai più usato. L’avevo sorpreso e, prima che si avventasse anche su di me, mi difesi.-
- Anche… su di te?- mormorai, continuando a osservarla.
Naga si volse e affrontò il mio sguardo sorridendo, un sorriso davvero triste. Avrei preferito che scoppiasse in una delle sue solite risate, facendomi pentire di averle dato retta e aver trasformato la mia serata solitaria in un discorso dalle atmosfere cupe. Sì, sicuramente l’avrebbe fatto di lì a poco, schernendomi di quanto fossi ancora una bambina ingenua che credeva a tutto ciò che le veniva detto. Ne ero convinta.
No, non ne ero affatto convinta, ma avrei preferito fosse così.
Più di tutto, mi premeva ancora la domanda di qualche attimo prima, dovevo assolutamente avere una risposta.
- Perché mi stai dicendo tutto questo?-
- Perché mi sei molto cara. – non ci mise nemmeno un attimo a rispondere, e dovevo ammettere che una frase del genere faceva un certo effetto. Arrossii violentemente, pur essendo oscurata dalla penombra di quell’angolo di stanza che forse impediva che si vedesse.
Quindi la mia sensazione non era errata. Contavo qualcosa per lei, e non come una rivale da battere a tutti i costi.. mi faceva enormemente piacere scoprire di essere importante per quella donna, che raramente si mostrava una vera e propria amica, ma allo stesso tempo provavo un grande disagio.
Lo sentivo indistintamente. Quella risposta non era completa. C’era dell’altro e stava per arrivare, ma volevo sentirlo dalla sua bocca.
- Tutto qui? Hai fiducia a confidare determinate cose perché ti sei affezionata a me e basta? – simulai un tono di sfida, anche se recitare mi riusciva piuttosto male in quel momento, e accompagnai le mie parole con dei gesti per aria, sperando capisse che la risposta di poco prima non mi aveva accontentata.
Sapevo essere molto infida, se era necessario.
Ebbi il tempo di poggiare la mano sul letto, che lei me la catturò. Guizzai dalla sorpresa e, sì, anche dall’imbarazzo. Un gesto del genere non era adatto a lei, forse alla situazione ma non a… lei. E poi non era affatto il caso di prendersi certe confidenze con la sottoscritta. O sì.
- Tu hai conosciuto questa Naga, e lei ti ringrazia di ogni momento vissuto assieme. Sono stati tre lunghi e intensi anni. – abbassò lo sguardo e nel farlo mi strinse la mano. – Ma è ora di mettere la parola fine a tutto questo.-
- Mi stai abbandonando?- chiesi senza rifletterci troppo. Era assurdo. In un qualsiasi altro frangente, avrei esultato di gioia nel liberarmi di lei. Non era per le parole che mi aveva rivolto, ma per la verità che stava al fondo di esse.
Ne avevamo passate tante assieme, non riuscivo a tenerne il conto. Ero cresciuta con lei, non sapevo dire se la cosa fosse reciproca, e non sapevo cosa mi sarebbe aspettato in futuro. Desideravo continuare su una strada ricca di avventura e divertimento, e perché no, con lei non sarebbe stato male, bastava che non tirasse fuori quell’orrenda risata.
Volevo davvero che ridesse e mi dicesse che non mi avrebbe mai lasciata in pace, seguendomi in capo al mondo in qualità di mia più sedicente rivale.
Lo volevo davvero, e stentavo ad ammetterlo.
La sua risposta mi fece anche più male. – Ho vissuto anni di terrore guardandomi sempre alle spalle. Non mi sono mai relazionata a qualcuno per paura di qualsiasi genere di conseguenza. Poi ho trovato te. – mi rivolse un sorriso affettuoso, forse era stata la prima e ultima volta che mi fu concesso di ammirarlo. – Una maga brillante sotto ogni punto di vista, che viaggiava da sola e non temeva i pericoli del mondo. Dovevo… imparare, da te.-
In altre circostanze, avrei pensato che mi avesse sfruttata per tutto il tempo.
In quelle circostanze, pensavo semplicemente di essere stata utile a farla diventare in qualche modo forte.
- Fammi indovinare, - iniziai a dire, sperando di risultare meno odiosa del mio solito, oh, non che io sia mai realmente odiosa – vuoi mettere in pratica i miei preziosi insegnamenti di vita e andartene in giro per il mondo da sola, sperando di combattere una volta per tutte i tuoi demoni?-
Finalmente rividi la compagna con cui avevo viaggiato: si sollevò a sedere, incrociando le gambe e le braccia sotto l’enorme seno, piegando il viso verso l’alto e in direzione opposta a me, assumendo un atteggiamento di superiorità. – I miei demoni interiori non sono altro che sciocchezze di fronte alla mia immensa persona. Del resto i demoni stessi provano terrore di fronte a Naga del Serpente Bianco.-
- Ma tu non sei Naga, giusto?-
Quanto amavo spiazzarla. Dopo tutto quel cupo discorso, potevo tornare ad essere la solita maga-genio dalle lampanti intuizioni e giocare un po’ al gatto col topo con lei.
Del resto, lei stessa aveva detto che avevo conosciuto “questa” Naga. Ciò premetteva che tutto il suo essere o almeno una parte era una grande farsa, per questa o quella ragione, e che quindi nemmeno il suo nome corrispondeva a quel titolo altisonante, che la faceva sembrare più che altro la gerente di qualche banda di delinquenti.
La mia compagna assunse una posa di difesa, come se la stessi attaccando fisicamente. Aggrottò le sopracciglia, storcendo le labbra. – Non ti dirò mai il mio vero nome. –
, grazie per aver confermato i miei sospetti.
Mi venne improvvisamente un’idea per sbloccare la situazione.
Stavo ammettendo a me stessa troppe cose, ancor più di quante ne avevo ammesse in tutta la mia vita fino a quegli anni. Mi disturbava non conoscere la verità, ma ancora di più dovermi separare da lei da un momento all’altro.
Sono Lina Inverse, sono un genio e sono anche originale.
Mi alzai sulle ginocchia e mi avvicinai a lei, sempre pronta a difendersi. Puntai il dito indice della mano destra verso il suo viso e le feci l’occhiolino.
- Facciamo una scommessa. – dissi con tono allegro, o fintamente tale, e posi le mie condizioni – Se riuscirò a strapparti di bocca il tuo vero nome, sarò io a decidere quando e se te ne andrei. In caso contrario, sarai libera di agire come preferirai.-
La donna mi guardò piuttosto confusa e scosse lievemente il capo. – Lina, io ho comunque intenzione di…- - Non mi interessa cosa hai intenzione di fare, questa è una scommessa, la accetti?-
Spalancò gli occhi e rimase con la bocca semi-aperta dallo stupore. L’avevo interrotta e mi ero precipitata per conoscere il suo pensiero inerente alla questione, tutto il resto non aveva importanza.
Se proprio dovevamo separarci, che almeno fosse accaduto secondo il nostro stile.
Attese ancora un lungo e snervante attimo, poi rispose, assumendo uno sguardo deciso e intrigato dalla proposta. – Accetto la scommessa, ma sappi che perderai. – concluse con uno dei suoi più smaglianti sorrisi.
Sorrisi anche io, socchiudendo gli occhi.
Le braccia volevano muoversi, forse trattenerla, forse abbracciarla per dirle addio. L’orgoglio mi impediva qualsiasi mossa, sarebbe stato inusuale per la mia persona mostrare sentimenti quali la tristezza e la gratitudine per la sua presenza. Mi sarebbe mancata, e avrei conservato il suo ricordo senza farne parola con nessuno.
- Lo so.-

 

 
Gourry si voltò verso di me, cogliendomi mentre gli osservavo intensamente la schiena.
La mia reazione fu l’imbarazzo più totale.
- Lina, c’è qualcosa che non va? – mi chiese con il suo solito fare da ragazzone premuroso. Mi si avvicinò e mi scompigliò i capelli con la sua grande mano, come se quello risolvesse qualsiasi cosa non andasse.
Rossa in volto, gli misi le mani sul fianco e lo spinsi via, tenendo lo sguardo basso e proseguendo la nostra strada.
- Stavo solo pensando. Sai, ogni tanto lo faccio, a differenza tua. – devo essere stata dannatamente simpatica, visto che sentii indistintamente uno sbuffo da parte sua, per poi proseguire con me.
Mi chiedevo se un giorno avrebbe desiderato tornare alla sua vita prima di incontrarmi.
La via innanzi era ora libera da qualsiasi ostacolo o visione. Era ingiusto liberarsene, ma sapevo che prima o poi, in una forma o nell’altra, avrei incontrato di nuovo quella donna che si faceva chiamare Naga.
Ah, dimenticavo.
Avevamo passato tutta la notte a discutere, cercai in tutti i modi di spillarle anche solo una lettera del suo nome. Con uno stratagemma, che speravo fosse infallibile, riuscii a farle dire un “Gr…” che si trasformò in “Grazie”. Non sono del tutto sicura che fossero le sue vere iniziali; in compenso, fece quello che per orgoglio non avevo fatto io e mi ringraziò realmente, abbracciandomi. 
In tutto questo, non avevo osato chiederle informazioni sul suo assurdo costume.
Quando mi svegliai il giorno dopo, era già partita.
Il vuoto che provai nei tempi a venire si espandeva sempre di più, dovevo abituarmi a non sentire la sua presenza, anche se per fortuna se n’era andata la sua risata. Già, sentirla ridere colmava a suo modo le mie giornate, e improvvisamente vi era il nulla.
Se ci penso bene, la cosa che più rifiutavo, all’epoca e adesso, non era tanto il fatto di separarci improvvisamente.
Ero più abbattuta dall’aver perso una scommessa iniziata da me.
Naga sarebbe partita comunque.
E io, testarda, ho voluto perdere, consapevolmente.

 

   
 
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