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Autore: transatlanticism    25/10/2012    1 recensioni
Presi a guardargli il profilo perfetto.
Nonostante la luminosità dello schermo lasciasse intravedere quei piccoli difetti come brufoli dovuti alla quantità enorme di pizza che riusciva ad ingerire e taglietti quasi invisibili che si provocava tagliandosi la barba, era il ragazzino bello e affascinante che mi aveva colpita qualche tempo prima.
Impazzivo per le sue labbra a forma di cuoricino sempre rosse, forse perché quando era ansioso prendeva a morderle, e per il suo nasino alla francese. A volte mi ritrovavo a prenderlo in giro.
«Non sembri inglese» lo stuzzicavo mentre si scompigliava i capelli.
«Ah, no?» rispondeva pronto, sempre curioso.
Scuotevo il capo divertita. «Hai i capelli di uno spagnolo caliente, gli occhi di un tedesco e il fisico da ragazzo francese, fine e magro»
Ed effettivamente, dopo aver letto miriadi di libri e visto un’infinità di film di ogni nazionalità, quello mi sembrava il minimo. Per questo lo reputavo perfetto: non era scontato o altro, era splendido a modo suo.
***
«Harry?» lo chiamai mentre un lampo di genio pervase la mia mente.
«Saresti disposto a farmi innamorare... ancora?»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Rendimi partecipe dei tuoi pensieri»
Alzai lo sguardo dallo schermo del computer portatile davanti a me in modo tale da poter guardar male la persona che mi aveva rivolto la parola mentre ero nel pieno dello studio.
Probabilmente il fatto che indossassi un paio di calzettoni color rosa salmone, la coperta in pile con su rappresentato un Topolino allegro mentre gioca con il suo fidato amico Pluto e i capelli sciolti lasciati alla loro naturale piega – che poi tanto piega non era – non resero giustizia al fatto che avrei voluto sembrare seria e distaccata. Ma era sicuro al cento per cento che in quel momento passai per una ragazzina nel pieno dei suoi momenti scolastici peggiori, cosa che non era affatto vera. Studiavo perché ne avevo piacere, non perché qualche voto aveva compromesso la mia vita. 
«Non riusciresti a stare al mio passo» risposi pacata ritornando a fissare lo schermo.
Sinceramente non mi andava tanto di discutere, così lasciai che la figura alta poggiata alla porta continuasse a starsene lì senza far niente.
Con la coda nell’occhio notai che non aveva l’intenzione di spostarsi. Visto per così sembrava quasi inquietante, con la luce che, da dietro, lasciava che la sua ombra si propagasse lunga la stanza in cui mi trovavo.
«Così nel cielo scorsi una nuvola tanto buffa…» sussurrai perdendomi nella storia che stavo scrivendo.
Sentii un ghigno. «Tu sei buffa»
Chiusi gli occhi immediatamente, irritata. Alzai stancamente le mani dalla tastiera e tolsi gli occhiali, poggiandoli sulla scrivania accanto a me.
«E tu non sei simpatico» lo rimbeccai «Sul serio, Harry, sto cercando di mettercela tutta»
Di tutta risposta lui alzò le spalle e si diresse nel salotto.
Bene, via libera.
Indossai di nuovo gli occhiali e provai a ricordarmi quel che avrei dovuto scrivere.
Buttavo giù parole piene d’amore, poi d’odio, poi ancora semplici frasi piene di passione. Ovviamente senza arrivare nel volgare. Il mio era un testo che sarebbe dovuto arrivare ad un pubblico di adolescenti, così ci aveva anticipato la professoressa all’Università.
«Pensate a quando avevate quindici anni» aveva detto muovendo le mani convulsivamente, presa dal discorso che stava affrontando «Per voi sarà una passeggiata»
Facile come dormire sui chiodi senza essere un fachiro.
Il punto per me era: a ventitré anni suonati, un affitto da pagare e un’adolescenza che non aveva avuto niente a che fare con il romanticismo, che diamine avrei potuto scrivere?
Spremetti le meningi a più non posso per giorni, sfiorando l’esaurimento. Saltavo pranzi e cene, mangiavo a malapena quel che Harry mi costringeva ad inghiottire con il sorriso spalmato sulla faccia, con l’espressione di chi vive la vita con spensieratezza e gioia. Beato lui, avevo sempre pensato.
Niente, il blocco dello scrittore peggiore che avessi mai avuto in tutta la mia vita.
Cancellai la frase che avevo scritto, pensando che le nuvole non fossero poi così romantiche o… buffe.
«Gin?» mi voltai verso la porta, oramai senza speranze.
Vidi Harry avvicinarsi a me con un vassoio in mano. Lo poggiò sulla scrivania e si sedette sul letto dietro di me, scrutandomi pensieroso.
Mi accinsi a prendere in fretta il cioccolato caldo – praticamente l’unica cosa che riuscissi a ingurgitare nei momenti come quelli – e mi sentii subito meglio.
«Grazie» sussurrai flebilmente chiudendo gli occhi rilassata.
«Come va, quindi?»
Girai sulla sedia con le rotelle e gli sorrisi forzatamente.
«Non va, Harry, non va» scossi il capo evitando che le lacrime scendessero.
Si alzò velocemente e si piegò sulle ginocchia davanti a me, scostandomi alcune ciocche di capelli cadute davanti al viso. Sorrise, com’era solito fare, infondendomi calma e sicurezza.
Nella sua perfezione, riusciva sempre a rendermi la giornata migliore. Non c’era cosa migliore di un suo sorriso o un suo sguardo chiaro e profondo.
«Qual è il problema?»
Non risposi. Gli indicai lo schermo al mio fianco.
Si mise in piedi e acchiappò i miei occhiali per infilarseli con fare serio e leggere meglio.
«Quante volte ti ho detto di andare dall’oculista?» sogghignai mentre poggiava entrambe le mani sulle mie spalle per avvicinarsi al computer.
Rimase quasi impassibile qualche minuto mentre istintivamente gli avevo preso una mano e ci avevo iniziato a giocare, disegnandogli ghirigori sul palmo e incrociando le sue dita con le mie.
Presi a guardargli il profilo perfetto.
Nonostante la luminosità dello schermo lasciasse intravedere quei piccoli difetti come brufoli dovuti alla quantità enorme di pizza che riusciva ad ingerire e taglietti quasi invisibili che si provocava tagliandosi la barba, era il ragazzino bello e affascinante al tempo stesso.
Impazzivo per le sue labbra a forma di cuoricino sempre rosse, forse perché quando era ansioso prendeva a morderle, e per il suo nasino alla francese. A volte mi ritrovavo a prenderlo in giro.
«Non sembri inglese» lo stuzzicavo mentre si scompigliava i capelli.
«Ah, no?» rispondeva pronto, sempre curioso.
Scuotevo il capo divertita. «Hai i capelli di uno spagnolo caliente, gli occhi di un tedesco e il fisico da ragazzo francese, fine e magro»
Ed effettivamente, dopo aver letto miriadi di libri e visto un’infinità di film di ogni nazionalità, quello mi sembrava il minimo. Per questo lo reputavo perfetto: non era scontato o altro, era splendido a modo suo.
Parve riprendersi dall’attenta lettura e si tolse gli occhiali, incitandomi ad alzarmi dopo avermi porto la mano. Seguii quanto mi aveva chiesto con il solo sguardo e mi ritrovai stretta tra le sue braccia.
«E quindi, non sai cosa raccontare?»
Arrossi imbarazzata. No, certo che non sapevo cosa scrivere.
«Racconta del tuo primo ragazzo» propose.
«Brutta esperienza»
Aggrottò la fronte, pensieroso, mentre faceva scorrere la mano lungo la mia schiena.
«Primo bacio?»
«Aveva l’apparecchio»
Risi delle mie sventure. Che ragazzina strana ero stata nel passato.
Senza accorgercene, cominciammo a muoverci silenziosamente, quasi a ballare.
«Harry?» lo chiamai mentre un lampo di genio pervase la mia mente.
«Saresti disposto a farmi innamorare?»
Si allontanò di colpo spalancando gli occhi. Lo avevo davvero preso alla sprovvista, tanto che mi dispiacque, anche perché mise fine al contatto tra i nostri corpi, sempre così dolce e maledettamente impossibile da reprimere.
«Gin, cos’è, una Candid Camera?» fissò la tele camerina per l’allarme dell’appartamento «No, perché non è divertente» mi aveva ammonita allungando un braccio ad indicarmi.
Cavolo, mi stavo sentendo in colpa.
«Vuol dire che mi hai preso in giro tutto questo tempo?» sbottò quasi arrabbiato, mentre aveva cominciato ad avanzare per la stanza.
«Che cosa?!» risposi a tono io, dimenticandomi dell’idea geniale che mi balenò per la mente. Non sopportavo che qualcuno si  mettesse ad urlare contro di me.
«E tutti questi anni? Sono due anni che stiamo insieme e tu mi chiedi di farti innamorare di me?» si fermò un attimo sospirando «Ancora?»
Risi. Inevitabilmente. Il suo cervello aveva sviluppato un’idea davvero strana. Anche se comprensibile, direi.
«Fammi innamorare di te. Ancora, come se fosse la prima volta»
E forse fu lì che capì.
Si avvicinò ancora, stringendomi tra le braccia. Mi lasciò qualche bacio sulla testa e poi tornò davanti alla visuale dei miei occhi più sorridente che mai.
«Riuscirai ad avere quel trenta e lode, sarò il miglior compito che tu abbia mai fatto»

  
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