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Autore: elyxyz    09/05/2007    10 recensioni
“Siamo ombre.
Ombre dei ricordi.
Dei rancori.
Dei dolori.
L’arcobaleno della tua disperazione.
I suoi infiniti colori affogati nel mero della tua quotidianità. Ombre.”
Genere: Malinconico, Sovrannaturale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incubi

Shadows’ Premonition

 

by elyxyz

 

 

 

Edward non comprendeva come fosse finito in quel luogo e fissava sorpreso il grande portale davanti a sé. Non sapeva cosa racchiudesse, e forse non voleva neppure scoprirlo. Tuttavia allungò una mano verso il legno intarsiato, fino quasi a sfiorarlo. In quel momento, avvertì una nenia lugubre, una voce sepolcrale che sussurrava profetica in un’eco indistinta…

 

Incubi.

Siamo ombre che si annidano negli anfratti dell’inconscio.

Desideri.

Frenesie intrappolate dalla luce di una candela.

Il fiato sul collo.

Il brivido freddo lungo la schiena.

Ci puoi sentire ma non ci vedrai.

Siamo ombre.

Ombre dei ricordi.

Dei rancori.

Dei dolori.

L’arcobaleno della tua disperazione. 

I suoi infiniti colori affogati nel mero della tua quotidianità. Ombre.

 

 

Rabbrividì, tappandosi le orecchie, perché questa litania sembrava graffiargli dentro l’anima, pareva insinuarsi nella sua mente, e gli provocava una sgradevole sensazione… come se un artiglio invisibile gli stringesse il cuore in una morsa…

“Non… voglio…” gemette.

E desiderava andarsene, ma non poteva. Rimase lì impalato, perché le gambe... non riusciva a muoverle, non era in grado fuggire… il suo corpo non  rispondeva più ai suoi comandi… e il lamento cresceva d’intensità, facendo attecchire interiormente l’angoscia e la paura. 

“No!, non voglio!” gridava, “Non voglio… nooo… NO!”

Il portone stava per aprirsi, lo sentiva scricchiolare sui pesanti cardini, in un tetro preludio. Aveva la certezza che sarebbe accaduto qualcosa di terribile…

 

“NOOOOO!!!”

 

Nii-san, calmati!”

 

Ed si ridestò ansante, tutto sudato e agitato, e si sollevò dal proprio giaciglio, spaesato. Nella penombra della stanza, incontrò lo sguardo dolce e preoccupato del fratellino, che lo fissava dal letto di fianco al suo.

Inspirò lentamente, cercando di regolare il battito impazzito del suo cuore, posandosi istintivamente la mano destra sul torace.

Solo in quel momento s’accorse della strana sensazione che gli trasmetteva il braccio.

 

“Hai fatto un brutto sogno, fratellone?”

Il piccolo Al lo raggiunse, dopo aver accostato gli scuri per far entrare un po’ di luce nella camera. Un lampo squarciò il cielo. Era quasi l’alba, registrò la mente di Ed, e fuori pioveva a dirotto. Ma non gli rispose.

 

Edochan… qualcosa che non va? Posso fare nulla per te?” domandò premuroso, stropicciandosi gli occhietti assonnati.

 

Edward scosse la testa, come a snebbiarsi la mente.

“Non è niente, Al. Torna a dormire…”

 

Ma non ascoltò il suggerimento. Coprì uno sbadiglio con la sua manina paffuta e si sedette sul letto del fratello.

“Sicuro che è tutto apposto? Non vuoi parlarne? La mamma…” tentò, con le migliori intenzioni.

 

Ma la cosa non andò a buon fine, perché la risposta che ebbe si concretizzò in un’espressione cupa e ferita, nei due occhi dorati.

“La mamma non è più qui. Ti ho detto che sto bene. Smettila.” Sbottò, risoluto.

 

E l’altro abbassò il capo, mortificato, senza tuttavia accennare ad andarsene da lì.

 

Edward si sentì in colpa, per averlo trattato così bruscamente.

In fondo, voleva solo rendersi utile, e lui non doveva scaricargli addosso il suo malumore.

 

“Ascolta…” riprese, con tono incerto, “mi spiace, io non…”

 

Il bambino sorrise, anticipando il suo perdono. Anche lui stiracchiò le labbra, un po’ colpevole.

 

“Me lo prenderesti un bicchiere d’acqua?” gli chiese, in un infantile tentativo di sistemare le cose.

 

Alphonse annuì, caracollando spedito verso la cucina. E lui sospirò stancamente, massaggiandosi con la mano sinistra il braccio dolorante.

Suo fratello ritornò prima di quanto si aspettasse. “Ecco l’acqua!” e gliela porse.

Non s’era accorto d’avere realmente sete, finché le sue labbra non erano entrate in contatto con il liquido fresco.

 

“Ti fa male il braccio?” s’interessò il più piccolo.

 

Nh. Sento uno strano formicolio... forse ho dormito in una posizione scomoda…” ipotizzò, fissando le dita che impugnavano il bicchiere, come se le risposte fossero lì.

 

“Mi racconti il tuo sogno?”

 

Mh? Quale sogno?” chiese a sua volta Ed.

 

“Quello che ti ha spaventato così tanto…”

 

Egli scosse la testa, abbassando lo sguardo.

“Non me lo ricordo.”

 

“Proprio niente?” lo incalzò.

 

“So solo che sentivo freddo, tanto freddo… ed era un posto molto brutto, Al. Dovunque fosse.

 

“E chi hai incontrato?”

 

“Non lo so.” Ripeté lui, ancora più confuso.

 

“Era molto buio… c’erano delle ombre... non le vedevo... ma so che c’erano, lo so!”

 

“E poi?” lo sollecitò.

 

“E mi parlavano, ma non ricordo… non mi piaceva rimanere lì…”

 

“Lì, dove?”

 

“Davanti al portale.”

 

“Una grande porta?”

 

“Sì. Un portone.” Annuì. “E so che ero solo… non so dove fossi… ma ero solo, come se ti avessi perso…”

 

“Io non ti abbandonerò mai, Nii-san.” Lo tranquillizzò Alphonse, sorridendogli.

 

“Già.” Ne convenne. “E’ stato solo un incubo.”

 

“Credi che possa essere un… avvertimento?”

 

“Una specie di sogno premonitore?” chiarì il maggiore, poco convinto.

 

“Sì…” pigolò l’altro, intimidito. Un fulmine cadde poco lontano dalla casa.

 

“Che sciocchezza, Al! Noi non crediamo a queste stupide superstizioni! Stasera io e te compiremo il rituale e riporteremo indietro la mamma!”

 

“Stasera?”

 

“Sì. Avevamo stabilito così! Te lo sei dimenticato?”

 

Il più piccolo fissava, titubante, il fratello. “Non l’ho scordato, ma…”

 

L’ennesimo tuono fece vibrare i vetri dell’edificio.

Al squittì per lo spavento.

 

“Non sei più sicuro?” l’interrogò, con una punta di panico nella voce.

 

Il bambino strinse gli occhi, come a cacciare i dubbi e i timori, cercando di farsi forza.

“Io… io desidero… il ritorno della mamma… più di ogni altra cosa… n-ne sono si-sicuro…” esalò un balbettio, mentre l’ennesima saetta lo faceva sussultare.

 

L’espressione di Al lo intenerì.

“Va bene, ho capito. Ma adesso vieni qui, frignone,” e scostò le coperte per fargli posto “se hai paura dei tuoni, bastava dirlo!”

 

“Io non sono un frignone!” si lamentò lui, tuttavia s’infilò sotto le coltri tiepide dell’altro.

 

“Sì che lo sei!” lo canzonò, divertito.

 

“No!”

 

Sì-ì.” Ripeté, in questa gara di cocciutaggine.

 

No-o!”

 

“Sembri Winry, quando vede i ragni…”

 

“Non dovevi metterle quel ragno gigante nella camicetta!”

 

“E lei non doveva farmi notare che è più alta di me!!”

Uno sguardo malandrino confermava i suoi propositi di vendetta.

 

I loro occhi s’incontrarono un istante. E l’allegria si dissolse. Il battibecco dimenticato.

 

Nii-san… credi andrà tutto bene?”

 

“Ne sono certo, Al. Ne sono certo.”

 

Alphonse gli si accoccolò contro, in cerca di calore e protezione. E lui non protestò.

 

“Ma ora dormi, è ancora presto.”

 

 

 

 Fine

 

 

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

La parte in corsivo, invece, è una mia vecchia poesia… ^___^

 

Ringraziamenti: Ad Ale2, Yuki, Setsuka, Mistress Lay, SteelRose Alchemist, Desy, Arkadio ed Andrea.

Per le vostre splendide recensioni, che mi hanno scaldato il cuore. Grazie, davvero.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al mio divano blue navy: elyxyz@alice.it

Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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