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Autore: MistakenWind    25/10/2012    1 recensioni
Una donna. Una fragile donna dagli occhi cupi e tristi. Un passato orribile. Un presente barcollante. Un futuro incerto. Un inverno destinato a finire e a fiorire in una meravigliosa primavera.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over | Avvertimenti: Violenza
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Era freddo. Solo le lacrime calde riscaldavano le guance arrossate per il freddo, mentre il cuore in silenzio tremava. Le mani si chiusero in una morsa vorace alla ricerca di un po' di calore in quel cappotto logoro che sembrava non volerla aiutare a ripararsi dal gelo che stava calando. I fiocchi di neve scendevano lenti, andando a posarsi sullo strato di neve candida che occupava il paesaggio.
Non seppe dire se quando si sedette spossata su quel marciapiede lo aveva fatto per sua volontà, oppure le gambe stanche avevano ceduto sotto il peso della stanchezza e dei ricordi. Il Mostro che tanto l'angosciava, non appena si lasciò andare, partì all'attacco, annebbiandole la mente di immagini, di parole, di sussurri e di grida.
Si udì un urlo nella strada vuota e buia.
Quell'urlo era il suo.


- Mamma! Quella nuvola ha la forma di un fiore!
La madre scrutò il cielo insieme alla figlia. Era primavera e la natura cinguettava allegra tutto intorno a loro. Sedute su una panchina madre e figlia scrutavano il cielo. 
- Dove tesoro?
La bambina si dimenò e indicò con forza una nuvola che correva veloce trasportata dal vento.
- Quella mamma! La vedi?
La madre seguì lo sguardo della figlia, ma vide solo un ammasso di nuvole informi che si spostavano piano. Sorrise. Quegli occhi di cielo sapevano vedere oltre ogni cosa.



Più che guardava in alto e più che tutto diventava più scuro, tutto diventava più nero, pronto a riversarsi su di lei per portarla via con se. Gli occhi si riempirono di nuove di lacrime mentre iniziò a correre nel prato alla ricerca di quella panchina, alla ricerca di quella nuvola. Perchè tutto stava cambiando? 
Si alzò sulla panca ormai vecchia e guardò in alto. Niente. Solo nuvole bianche che sputavano fiocchi d'appertutto. Gridò.


- Mamma perchè quella bambina piange?
La madre teneva per mano sua figlia e si soffermò con lo sguardo su una ragazza su una panchina con la testa tra le mani e grandi singhiozzi che le percuotevano la schiena. Sembrò come se il mondo si fermasse, e la tristezza di quella fragile figura si espandesse nell'aria e per un momento entrasse nel cuore della donna, che strinse più forte la mano della figlia.
- Probabilmente è triste.
La bambina ancora non contenta della risposta strattonò la manica della mamma così che lei potesse guardarla negli occhi.
- Io non piangerò mai così vero?
La mamma sorrise, e carezzandole una guancia le sussurrò un "No" all'orecchio.




La donna crollò sulla panchina e lasciò che tutta la tristezza che teneva rinchiusa nella sua anima fragile la rinchiudesse e la portasse via con se. Iniziò a piangere più forte di prima, e il cuore iniziò a vibrare, come le ali di una rondine pronta a spiccare il volo.



Era un vicolo cieco. Il suo cuore correva all'impazzata mentre la mente lasciava spazio al terrore puro. Le orecchie sembravano non voler darsi pace mentre un fischio penetrante le attraversava la mente. Eccolo. Correva verso di lei. Cosa poteva fare? Era finita. Non ci sarebbero state più nuvole, più corse per i prati, niente più lacrime. La violenza di quel ragazzo le si schiantò addosso rompendo il suo essere bambina, il suo vivere spensierato. Sentì le mani luride del ragazzo salire sulle sue coscie e strapparle via gli indumenti di dosso. Sentì il suo cuore gridare e la sua anima piangere e disperdersi nell'aria lasciandola sola. Sentì il dolore espandersi dal centro del suo corpo fino alla punta delle dita, fino ad esplodere nella testa, mentre il fischio nelle orecchie sembrava aumentare di intensità. 
Qualcosa si ruppe dentro di lei. Qualcosa sparì dai suoi occhi.


- Perchè piangi?
La ragazza si asciugò le lacrime dagli occhi color del cielo e osservò il bambino che le sedeva davanti e con aria interrogativa la scrutava da capo a piedi. Con un immane sforzo, per non crollare nei singhiozzi la ragazza rispose.
- Perchè sono morta.
Il bambino sembrò perplesso. Afferrò un piccolo sasso davanti a lui e lo tirò sul piede della ragazza e vedendolo rimbalzare sembrò rassicurarsi. La sua mente infatti, era subito corsa dietro immagini di fantasmi e zombie dagli occhi chiari.
- Ma se sei qua come fai ad essere morta?
Chiese grattandosi con fare un po' nervoso la testa spostando la folta chioma di capelli neri. La ragazza ebbe la forza di aprirsi in un sorriso malinconico mentre prendeva con delicatezza la mano del bambino e se la poggiava sul petto.
- Sono morta qua dentro.
Disse mentre osservava il bambino guardare il suo petto e poi guardare la sua mano. Sembrò pensarci sopra per un po', poi sembrò illuminarsi.
- Come ai giochi della playstation! Muori, ma non muori per davvero!
Di nuovo la ragazza tornò a sorridere mentre osservò il volto felice del bambino che sembrava aver capito tutto.
- Si... esatto.
Mormorò la ragazza mentre si strinse soffocando un altro singhiozzo che le nasceva nel petto. Il bambino la guardò ancora e sembrò pensarci su di nuovo. Si passò la mano sul mento e poi tra i capelli e poi la guardò dritto negli occhi, come se volesse scrutare cosa c'era dentro quell'anima fragile, che sembrava senza aver voglia di vivere.
- Ma nella playstation... poi si rinasce. Te puoi rinascere?
Quella domanda spiazzà la ragazza, che si ritrovò a guardare confusa gli occhi del bambino che stavano scavando dentro di lei. Si sentì vuota e persa, sotto quello sguardo sincero e puro. Sentì la mano del bambino correre verso la sua.
- Rinascerai vero?
Una lacrima corse lenta sulla guancia e si sbilanciò sul sorriso appena nato sul volto della ragazza, per sparire tra le labbra perdendosi in un ricordo felice. 
- Credo di si.



Eccolo. Il suo ultimo ricordo. Nitido e ancora fresco e indelebile nella mente. Non poteva dimenticare quegli occhi scuri che sembravano voler darle una nuova ragione per vivere. Per lei però non c'era più ragione di vivere.
Era sola. Non c'era più una madre attenta che avrebbe rincorso le nuvole insieme a lei, non c'era più un correre spensierato dai prati, e come se non bastasse qualcuno si era portato via con violenza ciò che le apparteneva, ciò che era suo. Qualcuno le aveva cancellato dagli occhi la bambina che era lei. Avrebbe voluto per un ultima volta scrutare il cielo e vedere di nuovo qualche nuvola a forma di fiore, sentire il bisogno di vivere ancora senza temere il futuro.
Invece la sua figura continuava a ripiegarsi su se stessa, mentre la rondine nel suo cuore spiegava le ali vogliosa di rincorrere una nuova primavera alle porte. 
Ma anche se fosse stata primavera, cosa sarebbe cambiato?
Ormai lei non era più come prima. La primavera era soltanto un altro passo che l'avvicinava alla sua fine già scritta nel grande libro del destino. Cos'era lei se non una pedina ormai inutile su una scacchiera ormai vuota e silenziosa? 
Un fiore chiuso nell'asfalto, una tigre in gabbia, una rondine senza ali, un fuoco che non brucia, una donna senza più ricordi.

Lenta e inevitabile era arrivata la primavera, e come aveva immaginato niente dentro di lei era cambiato. Quel senso di solitudine era ancora stampato dentro quei grandi occhi chiari, che temevano il niente. Camminava di nuovo su quel prato, il suo prato, ed individuò quella panchina, la sua panchina. Come ormai faceva da anni alzò gli occhi al cielo, e vide una cosa che la spiazzò. Laggiù in lontananza, portata dal vento, quasi timida e paurosa di mostrarsi agli occhi della gente nasceva una nuvola a forma di fiore. La mente iniziò a correre veloce e i ricordi per un attimo lasciarono che le emozioni avessero la meglio. Il suo corpo iniziò a muoversi dietro quella nuvola, fino a che i passi si trasformarono in una corsa veloce e affannosa verso quel fiore che sembrava non volersi fermare. Non seppe per quanto corse e dove arrivò. Il fiore la portò su per una collina in un piccolo bosco. Si fece largo tra le piante fino a che scorse una figura piegata su un tronco, scossa dai singhiozzi. Era giovane, si vedeva dalla corporatura esile e dai capelli folti e neri. Si avvicinò cauta, e sentendo di nuovo un'impulso di bambina si sedette di fronte a quel ragazzo scosso dai singhiozzi. 
- Perchè stai piangendo?
Domandò. Il ragazzo alzò la testa verso di lei, per niente sorpreso, e incatenò i suoi occhi color petrolio nei suoi troppo cresciuti. La donna ebbe un fremito, rivedendo quegli occhi scuri che molti anni prima avevano cercato di salvarla. Le sembrò che il mondo si stesse rivoltando, e ciò che non si sarebbe mai aspettata di vedere, adesso apparisse come una cosa normale e semplice. Si riscoprì bambina, e sentì la rondine nel suo cuore spiccare il volo.
- Sono morto.
Rispose il ragazzo, mentre i suoi occhi tornavano a riempirsi di lacrime. 
- Ma se sei qua... come fai ad essere morto?
Mormorò la donna avvicinandosi a quel ragazzo fragile, asciugando una lacrima che era scivolata rabbiosa sulla guancia.
- Sono morto qua dentro.
Disse il ragazzo, prendendo la mano della donna e avvicinandosela al petto, mentre un sorriso spezzava i singhiozzi e le lacrime.
- Come alla play station! Solo che nella play station non muori davvero.
Il ragazzo guardò la fragile donna davanti a lui. La trovò proprio come quando da bambino l'aveva conosciuta. La stessa luce negli occhi, la stessa sofferenza... ma qualcosa era cambiato.
- Tu puoi rinascere?
Il ragazzo la guardò negli occhi e sembrò non saper dare risposta a quella domanda, mentre sentì la pesantezza dei ricordi come un macigno sulle spalle.
- Ti va di rinascere insieme?
Mormorò il ragazzo.

E' più bello scrutare il cielo in due, sdraiati su un prato, mentre il vento soffia tra i rami degli alberi una melodia. In due si possono creare molte più nuvole. In due si vola meglio.




  
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