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Autore: La Mutaforma    25/10/2012    1 recensioni
Nella polvere del campo, col sole alto nel cielo e la fronte gocciolante, Altair osservava una trottola di legno vorticare solitaria ai suoi piedi.
Ad Abbas piaceva questo gioco.
La trottola si arrestò e cadde.
“E’ un’aquila, Malik. Non vedi che è un’aquila? Non vedi le sue ali?”
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Kadar Al-Sayf , Malik Al-Sayf
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Vedo la nebbia nel deserto'
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Ma come un’aquila può

Diventare aquilone?

Che sia legata oppure no

Non sarà mai di cartone.

 

Nella polvere del campo, col sole alto nel cielo e la fronte gocciolante, Altair osservava una trottola di legno vorticare solitaria ai suoi piedi.

Ad Abbas piaceva questo gioco.

La trottola si arrestò e cadde.

 

Nello stesso tempo, due apprendisti si riposavano.

Due fratelli. Altair li guardò da lontano, di nascosto, come solo gli assassini sanno fare.

Lanciavano sassi per aria, nel tentativo di superare le mura.

Vorrei essere anche io un sasso, o un' aquila, e volare via dal mio baba.

Smise di meditare, e focalizzò la sua concentrazione sui due bambini e sulla pietra che colpiva con un tonfo le alte mura insormontabili (o forse no?).

Un tonfo la prima.

Un tonfo la seconda.

Un tonfo la terza.

Il tonfo della quarta pietra fu coperto dal rumore dei suoi sandali che strisciavano sulla sabbia, mentre si avvicinava a loro, con finta disinvoltura.

Prese dalle mani del bambino più piccolo un sasso.

“Fa provare me” biascicò il ragazzino, truce.

Fece qualche passo indietro,  prese un respiro e il polso scattò adeguatamente in avanti, verso l’alto; il sasso brillò nella luce e superò le mura, colpendo la spalla di una sentinella.

Non capì mai cosa gli rispose; per la distanza, per l’accento strano, mai sentito.

Dubitava che fosse, ad ogni modo, qualcosa di carino.

D’istinto, corsero. Tutti e tre. Come gli amici.

Senza tenersi per mano, correndo nella stessa direzione.

Ognuno sapeva cavarsela da solo.

 

Si rifugiarono alle spalle di un muro; il bambino più piccolo ansimava faticosamente.

“Ma tu chi sei?”

“Altair”

Il più grande fece un sorriso. Bianco.

“Io sono Malik, e questo è mio fratello Kadar”

“Shalam”

Kadar sorrise, mostrando il buco che aveva preso il posto di un incisivo.

“Mi piace come lanci i sassi. Me lo insegni?”

“Devo andare” si congedò Altair, voltando le spalle, la mano poggiata sulla spada di legno.

Il suo unico, vero giocattolo. Sì, perché la trottola era solo una stilettata di dolore, per non dimenticare.

Kadar allungò una mano per fermarlo, senza riuscire a toccarlo, né a pronunciare il suo nome.

 

“E’ un’aquila, Malik. Non vedi che è un’aquila? Non vedi le sue ali?”

 

Altair strinse tra le dita la trottola prima di romperla in mille pezzi e lasciò cadere le schegge sulla sabbia che tutto lava, e che tutto spazza via.

Il sangue, le lacrime, persino il ricordo.

Un sassolino lo colpì lievemente alla spalla come una carezza.

A volte la trottola della fortuna gira anche in tua direzione.

Malik lo salutò agitando violentemente il braccio.

 

“E voli come le aquile, Altair?”

“Insh’Allah, Kadar, insh’Allah”

   
 
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