Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: Valerie Clark    26/10/2012    0 recensioni
''Girano voci qui, strane voci di chi, senza coraggio, afferma di non essere mai nemmeno riuscito a decifrare il colore dei suoi occhi; sempre cangianti e fuggitivi.
Ma io ci scommetto, nessuno l’aveva mai capito perché non erano colorati quegli occhi, erano infiniti e l’infinito non è un colore. L’infinito non è una cosa alla portata delle menti di tutti. L’infinito ce l’hai tra le mani per un secondo e poi ti scappa, e così lei distoglieva, abile e veloce, lo sguardo.''
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cattive conoscenze-

Pioveva quando l’ho incontrata per la prima volta.
Era pomeriggio, ma la nebbia e la pioggia rendevano l’atmosfera scura e triste; e poi c’era lei.
Raggomitolata come un cucciolo sul davanzale della mia finestra.
‘Cosa ci fai lì?’
La finestra era aperta, come accidenti l’aveva aperta?
Teneva in mano un vasetto con un cactus e se lo rigirava incuriosita. Era il mio cactus. Che accidenti ci faceva  con il mio cactus?
Si portava lentamente la sigaretta alla bocca e il fumo si confondeva con la nebbia pesante che l’avvolgeva come una grande coperta.
Non mi ha risposto, qualche giorno dopo ho avuto modo di capire che non mi rispondeva spesso; lei diceva ‘E’ che a volte ho la testa tra le nuvole’ ma io sapevo che semplicemente non voleva dire ‘Non sono fatti tuoi.’ e quindi se ne stava zitta.
Quando si trattava di lei, la maggior parte delle volte non erano mai fatti miei.
Quel giorno però ancora non lo sapevo, e quindi riprovai: ‘Fumare fa male, lo sai?’ e lei spostò velocemente lo sguardo su di me, facendo cadere il (mio) cactus e rompendo il (mio) vasetto.
Alzò un sopracciglio, mosse le spalle e aspirò di nuovo.
Non c’era verso di comunicare con lei, non c’era mai. Era testarda, si metteva in testa una cosa e non si smuoveva.
 
Continuava a non parlare ma forse era meglio così, perché questa storia non sarebbe mai successa se non avessi sentito la sua voce.
‘Mi annoio.’ così, secca.
Porca miseria, che voce che aveva; era vellutata, quasi rassicurante, strano se esce da una seduta sulla tua finestra, con in mano il tuo cactus e che, non so ancora come, è riuscita quasi ad entrar in casa tua.
Era incantante, sarei restato secoli ad ascoltarla parlare.
‘E quando ti annoi di solito rubi le finestre alla gente?’ scherzai.
Non rispose, tanto per cambiare.
‘Come hai fatto?’ chiesi avvicinandomi.
Lei mi fece vedere una forcina e sorrise sgranando gli occhi, come a dire ‘Ma che sei cretino? Secondo te come si scassinano le finestre, idiota?’.
Beh io che ne so di come si scassinano le finestre, non ho mai provato e ancora non sono del tutto convinto di come abbia fatto.
Feci segno di sì con la testa sorridendo, aprii la porta di casa e rimasi sorpreso nel vedere che, a parte la finestra aperta, era tutto esattamente come l’avevo lasciato.
Lei seguiva ogni mio movimento con quegli occhi grandi e attenti e poi rise forte.
‘Non sono una ladra’ disse ridendo.
‘Oddio’ pensai, ‘Questa qui non risponde se le faccio una domanda ma mi legge nel pensiero’.
‘Davvero, non ho rubato niente. Non mi interessano le tue cose, sono troppo antiche e puzzano di vecchio. Il cactus però era carino’ .
‘Sì ma l’hai rotto.’
Si girò di scatto e mi fulminò con lo sguardo, sembrava volesse mangiarmi, sembrava affamata.
‘E’ stato un incidente!’ gridò.
‘Va bene, va bene, scusa. Stavo … stavo scherzando’.
‘Senti io, io non volevo. Mi dispiace, ok? Posso restare qui?’
Perché vuoi restare qui, scusa? Non ce l’hai una casa, o una piantagione di cactus da rompere? Proprio qui devi restare? Non lo so se puoi restare, insomma, io vivo da solo, ho una casa piccola, le mie cose ti fanno schifo, anche il mio cuscino è vecchio, non so quanto potrebbe farti piacere poggiarci la testa.
Sì, se vuoi resta, ma io non so che dirti, non so nemmeno come ti chiami e non sono bravo a fare conversazione.
E non ho la cena, di solito non ceno, ma se vuoi puoi restare.
Ci terremo compagnia a vicenda, in silenzio, senza guardarci.
O magari ci guarderemo ma non ci capiremo, non entreremo in comunicazione, non parleremo perché tu non parli spesso ed io non ho mai cosa dire, quindi me ne sto zitto anche io.
Quindi, non so. Fai come vuoi, se vuoi restare resta, se vuoi andare via vattene, la gente etra ed esce facilmente dalla mia vita, non ne faccio un problema.
Potremmo anche fare conoscenza, mia madre me lo diceva sempre da bambino: ‘Fai conoscenze’.
E poi io ho fatto cattive conoscenze.
‘Certo’ fu poi l’unica cosa che le risposi.
Si illuminò; fece un grande sorriso e saltò dentro, sempre dalla finestra, incurante del fatto che non ero abituato ad avere qualcuno che fumasse in casa.
Più tardi mi sono abituato a quell’odore, aveva ragione lei: le mie cose sembravano puzzare un po’ di vecchio, e quindi ci fumava sopra. Non gliene importava niente di quelle cose, non gliene importava niente di me, non gliene importava niente di niente ma a me andava bene così perché per tutta la vita avevo tanto voluto essere come lei.
 
Forse non gliene importava niente nemmeno di se stessa, o almeno fu quello che pensai quando la vidi meglio, alla luce del mio vecchio lampadario; era bella.
Poco curata, con i capelli arruffati e raccolti in una pessima treccia.
Aveva un cappotto marrone, troppo grande per le sue fragili spalle, e due scarponcini vecchi. Ma non aveva detto che odiava la roba vecchia?
-Non importa cosa aveva detto, guarda che occhi che ha.
Guarda come mi fissa con quell’aria da cerbiatto e quel nasino all’insù.-
Ci misi un po’ a realizzare che mi ero quasi incantato a fissarla e abbassai lo sguardo verso le mie scarpe, pieno di vergogna.
Lei mi si avvicinò piegando leggermente la testa, come a cercare di intrufolarsi tra i miei occhi e le scarpe; sembrava confusa, curiosa, come se fosse tutto nuovo per lei.
Come se nessuno avesse mai distolto lo sguardo da lei prima. Come se nessuno si fosse mai sentito in soggezione con lei prima.
Accidenti, io sono un essere umano, tu sei un essere umano, cosa c’è da capire? Mi vergogno, tu sei così bella e io mi vergogno.
‘Cosa fai?’ sorrise.
Alzai di nuovo gli occhi e me la trovai a un palmo dal naso, ‘Niente’ balbettai.
Era assurdo, non riuscivo a staccarmi da lei. Volevo girarmi e andare in un’altra stanza, il più lontano possibile. Ma la calamita del suo sguardo mi teneva incollato, senza nemmeno sbattere le palpebre. Nessun muscolo mi rispondeva più.
‘Hai fame?’
Come ho fame? Ma che ti viene in mente, ti pare che mi chiedi se ho fame? Mi vedi che me ne sto come un idiota a fissarmi in testa la tua figura perfetta, poi le scarpe e di nuovo te, e mi chiedi se ho fame?
No, non ho fame.
O forse ce l’ho, non me lo ricordo più, non mi ricordo più nemmeno come mi chiamo. Mi ricordo solo i tuoi occhi.
Lei spostò lo sguardo oltre di me e sembrò stupita da qualcosa,
‘Cos’è quello?’ mi chiese con una strana felicità nella voce.
Mi girai per vedere anch’io a cosa si riferisse
‘Quello? Quello è il modellino di un ponte, vedi?’
‘E’ bellissimo. A che serve?’
‘Sono un architetto.’
Mi guardò come un punto interrogativo. Ma certo, che scemo che sono. Faccio l’architetto e ho un modellino di un ponte in casa, che me ne faccio? Che ci faccio con un modellino? Me lo studio per poi costruire un ponte vero, che domande, ma mica sono tutti architetti, no?
‘Beh, io ne dovrò fare uno identico, solo più grande. Uno su cui la gente possa camminare. Uno vero’
‘Oh, ma è bellissimo! Mi fanno paura i ponti, sono troppo grandi, ma questo no, questo è bello!’
Non so che dire. Ti fanno paura i ponti, perfetto, buono a sapersi, ce n’è uno dietro l’angolo, quando uscirai da qui ti avviserò.
‘Una volta dormivo sotto un ponte’
Bene, mi fa piacere ma non so che dire nemmeno ora.
‘Sai che sono un architetto quindi … e tu che fai?’
Sorrise e uscì.
Chissà se torna.
Accidenti, era uno di quei silenzi non-sono-affari-tuoi e non me ne sono accorto.
Mi sono anche dimenticato di dirle del ponte dietro l’angolo.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Valerie Clark