Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Niniane_88    26/10/2012    4 recensioni
Parigi, 1896.
La giovane e ingenua Jacqueline sta per annunciare il suo fidanzamento con l'affascinante Claude. La povera Jeannette invece è sofferente per l'assenza del suo promesso sposo che l'ha inspiegabilmente abbandonata davanti all'altare e sembra scomparso nel nulla. Il giovane Henri è preoccupato per la salute del padre. La bellissima modella Fleur cammina senza timore per i vicoli bui della città. In una lontana abbazia qualcuno sta espiando le sue colpe.
Tante storie di vita, apparentemente senza alcun legame tra loro. Intrighi, equivoci, amori e tradimenti le renderanno un'unica storia: quella che state per leggere!
Genere: Commedia, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


 
Capitolo III


Elenoire Denise de Chalange teneva d’occhio il giardino.
Era seccata: sua madre non avrebbe dovuto impedirle di accompagnare Jacqueline e non avrebbe dovuto imporle di rimanere in camera sua a studiare. Non capiva che lei era abbastanza grande per poter fare da chaperon a sua sorella? E soprattutto, non capiva che sua sorella aveva ancora bisogno di uno chaperon?
Era vero che solitamente quel ruolo spettava a una donna adulta, ma benché avesse solo quindici anni Elenoire si considerava una ragazza molto responsabile e tutti avrebbero dovuto crederle quando affermava che non si sarebbe mai sognata di perdere di vista Jacqueline. Non approvava l’atteggiamento di sua madre, la quale si era convinta che fosse giunto il momento di allentare un po’ la sorveglianza sui due piccioncini. Secondo lei, fintanto che Jacqueline e Claude si limitavano a passeggiare in giardino non c’era più bisogno di accompagnarli dappertutto, come in precedenza: adesso che il fidanzamento era stato reso ufficiale, era giusto che i due giovani avessero la possibilità di conoscersi meglio tra loro, trascorrendo alcuni momenti da soli, senza l’assillo costante di uno chaperon.
Elenoire invece era dell’idea che lo chaperon fosse necessario eccome: non le piaceva per niente il modo in cui Claude guardava sua sorella e Jacqueline era talmente ingenua che quel viscido giovanotto avrebbe sempre avuto il gioco facile con lei.
La duchessina era troppo giovane e inesperta per saper descrivere in modo consapevole la sensazione di disagio che le provocava il suo futuro cognato. Spesso, quand’era sola, si sforzava di analizzare i propri sentimenti e di dar loro un nome, ma le era difficile e ancor più complicato era cercare di tradurli in parole: ecco perché la marchesa e Jacqueline faticavano a crederle, quando tentava di spiegarsi con loro.
Non temeva che Claude mettesse le mani addosso a sua sorella: non sembrava eccessivamente impaziente di averla tutta per sé, o se lo era riusciva a nasconderlo bene, come avrebbe dovuto fare qualsiasi fidanzato devoto. Eppure quegli occhi verdi non la convincevano: era come se… come se Claude si ponesse a un livello superiore rispetto a Jacqueline e la osservasse costantemente dall’alto, giudicando ogni sua azione.
Elenoire si riscosse, spaventata da questo pensiero inquietante. No, non era possibile, stava esagerando! Perché mai Claude avrebbe dovuto sentirsi superiore a Jacqueline? Inferiore, casomai… il nome Chalange avrebbe dovuto essere sufficiente a ricordargli in continuazione quant’era fortunato ad avere lei come fidanzata e poi Claude ne era innamorato. Vero?
No, si disse Elenoire, furibonda. Quell’idiota non era innamorato di Jacqueline, nemmeno un po’. La voleva solo per i soldi e per il nome che portava.
Henri sì che ne era innamorato invece! O almeno, lo era stato… ma gli occhi di Henri erano azzurri e dolci, trasparenti e miti. Elenoire aveva sempre notato il modo in cui quello sguardo si posava su Jacqueline, ma non ne era mai stata gelosa, né tanto meno aveva provato quella sensazione di fastidio e disagio che le suscitava Claude.
Avrebbe preferito mille volte che Jacqueline sposasse Henri, anche se lui era soltanto un precettore: era certa che sarebbe stata un’unione felice.
Claude poteva anche essere più bello, più affascinante, più brillante e ricco di Henri, ma dentro era marcio fino al midollo.
La duchessina guardò con astio la giovane coppia che passeggiava oziosamente in giardino: Jacqueline e Claude erano molto vicini, chissà che cosa si stavano dicendo. Probabilmente qualche frase sdolcinata.
Sbuffando, Elenoire lasciò la stanza e si diresse senza indugio in camera di sua madre.
La marchesa stava ricamando un cuscino e quando la vide entrare alzò gli occhi e sorrise con dolcezza.
- Elenoire! Vieni, tesoro. Guarda, ti piace questo disegno? -
La fanciulla osservò con vago interesse il motivo floreale che sua madre stava ricamando sulla stoffa.
- E’ molto bello, mamma. -
Detto ciò si sedette, proprio davanti alla marchesa, che la guardò con aria di lieve disapprovazione.
- Cara, quante volte ti ho detto di fare attenzione alla crinolina, quando ti siedi? Così la rovini. -
Elenoire si rialzò e si risedette come sua madre desiderava che facesse.
- Adesso che sono seduta come si deve, posso parlarti? – le chiese.
La marchesa sorrise: - Certo. Che cosa devi dirmi? -
- Vorrei parlarti di monsieur Renard, mamma. – cominciò Elenoire – Sì, lo so che probabilmente non mi crederai, ma vorrei provare a spiegarti perché lui non mi piace. -
Madame de Leclerc sospirò: - E va bene, Elenoire Denise, ma che sia l’ultima volta. Da mesi sto cercando di capire che cosa ti dia fastidio in lui e se non riuscirai a spiegarti neanche adesso, non sarò più disposta a darti retta. Siamo intese? -
Elenoire spalancò la bocca, stupita: - Ma mamma! – protestò – Adesso vorresti farmi credere che a tinvece lui piace?! Se solo un mese fa ti tormentavi al pensiero che sposasse Jacqueline!  -
- Personalmente sono convinta che sia una brava persona. All’inizio avevo molti dubbi, lo ammetto, ma monsiur Renard non mi ha dato alcuna ragione di lamentarmi. -
- Ma non vedi anche tu come guarda Jacqueline? – insistette Elenoire – Sembra che la consideri un oggetto, o che la giudichi inferiore a lui. Lei lo ama con tutto il cuore e lui ride di questo, ride perché lui è furbo e lei è un’ingenua romantica! Mamma, ti prego, ascoltami, quell’uomo vuole solo i nostri soldi! Non gli importa niente di Jacqueline, la renderà infelice! Devi impedire che si sposino! -
- Adesso basta, Elenoire! Hai detto abbastanza. Ora torna in camera tua e restaci fino all’ora di cena, chissà che qualche ora in punizione ti faccia dimenticare queste assurdità. -
Incredula e sconfitta, Elenoire fece come sua madre le chiedeva.


 
Il conte de Rolland fu seppellito il 12 luglio, alla presenza di poche persone in lutto. Sua moglie e i suoi quattro figli l’avevano preceduto nella tomba: la contessa e il primogenito erano morti di tubercolosi; il secondo era stato ucciso in duello; la terza si era suicidata; l’ultimo era morto pochi giorni dopo che era stato partorito.
Non aveva fratelli o parenti stretti: Il suo unico nipote ancora in vita era Claude Laurent Renard, figlio di un cugino almeno di quarto grado.
E poi c’era lui: Henri Sebastian Dupois. Un personaggio alquanto scomodo.
Già il suo nome era sbagliato: Dupois era il cognome di sua madre, la sartina che l’aveva messo al mondo e poi accudito per tutta la vita.
Avrebbe dovuto chiamarsi Henri Sebastian de Rolland e così sarebbe stato se suo padre l’avesse riconosciuto prima di morire, ma purtroppo non si era trovato nessun documento in proposito.
Nessun testamento, nessuna lettera, niente.
A Henri sembrava impossibile che suo padre non si fosse reso conto di essere in punto di morte e che non avesse pensato di dettare le sue ultime volontà. E poi, maledizione, suo padre gli aveva detto chiaramente di volerlo riconoscere! Gli aveva detto che preferiva mille volte che le sue sostanze andassero a un figlio, anche se illegittimo piuttosto che a un lontano parente. Eppure sembrava proprio che alla fine non avesse voluto mantenere quella promessa.
In realtà, Henri era segretamente convinto che Claude non fosse estraneo alla cosa: dopotutto era stato proprio Claude a non avvertirlo delle condizioni di salute del conte. Era possibile che avesse tramato per impadronirsi di un testamento o di un qualche documento importante? Henri temeva di sì, ma non aveva alcuna prova che potesse dimostrarlo, né riusciva a immaginare come avrebbe potuto procurarsela.
Forse era il caso di rassegnarsi: non c’era speranza che Henri Dupois si trasformasse nel conte Henri de Rolland. 
Avrebbe fatto meglio a cercare in fretta un nuovo impiego, anziché porsi domande inutili e accontentarsi della sua vita prova di comodità, di succcesso, di soddisfazioni.
Priva soprattutto di amore.
Addio anche a te, mia dolce Jacqueline.  Sii felice.


 
La marchesa Marie Victorie de Leclerc attendeva nello studio del suo defunto marito. Tra le mani teneva quel fazzoletto sconosciuto e quel lungo capello nero che vi aveva trovato attaccato.
Una fatale coincidenza, come spesso accade in questi casi: Claude aveva accidentalmente perduto un fazzoletto che era stato rinvenuto da una domestica e su di esso non spiccavano né le iniziali di Jacqueline, né tanto meno le sue.
F e B erano le iniziali su quel rettangolo di stoffa.
Quanto al capello, nero, liscio e lunghissimo, non era certamente della duchessina de Chalange… di nessuna delle due duchessine.
Quando la marchesa si era vista consegnare dall’ignara fantesca quel fazzoletto, per un momento si era silenziosamente arrabbiata con Jacqueline, pensando che sprecasse i suoi fazzoletti per darli al fidanzato come pegno d’amore, ma poi aveva notato diversi particolari che avevano smentito quella buffa ipotesi e che l’avevano resa inquieta. Primo, il fazzoletto non era in seta, o in raso, ma in semplice tela. Secondo, era rosso e alla marchesa non risultava che Jacqueline possedesse fazzoletti di quel colore. E infine le iniziali.
Come se ciò non bastasse si era ritrovata tra le mani quel capello, né biondo, né ramato.
Nero, o forse castano scuro.
A quel punto non aveva potuto evitare di insospettirsi: per due giorni aveva osservato attentamente Claude, il quale sembrava non essersi accorto della scomparsa del suo fazzoletto.
L?aveva osservato con occhi nuovi, cauti e vigili e finalmente aveva visto anche lei ciò che la sua Elenoire aveva cercato confusamente di dirle tante volte: c’era davvero qualcosa di sospetto nel modo in cui Claude trattava Jacuqeline e la strana luce nei suoi occhi impenetrabili non era frutto dell’immaginazione della sua secondogenita.
Quel’uomo non amava Jacqueline. E probabilmente aveva un’amante.
Forse Elenoire aveva intuito tutto questo ben prima di lei, ma poiché era ancora una bambina, la sua era rimasta solo un'idea, che per giunta nessuno avrebbe preso sul serio per chissà quanto tempo, se non fosse apparso quel misterioso fazzoletto.
- Ci avete fatti chiamare, zia? – chiese una voce maschile, profonda e musicale.
La marchesa si riscosse: in piedi davanti a lei stavano Elenoire e Jean Michael de Chalange, il figlio del fratello di suo marito, suo nipote acquisito.
- Sì. – rispose la marchesa, alzandosi – Ho bisogno del vostro aiuto. -
- Cos’è accaduto, mamma? – chiese Elenoire ansiosa.
Madame de Leclerc mostrò ai due il fazzoletto e il capello.
- Ho ragioni fondate per credere che Claude abbia un’amante, ma debbo averne la certezza. Elenoire, voglio che tu mandi qui da me Jacqueline: dille che ho bisogno di lei per terminare di cucire le lenzuola che devo mandare all’ospedale. – disse alla figlia, che annuì con foga - Poi, quando Claude se ne sarà andato, voglio che venga seguito. – aggiunse, guardando negli occhi Jean Michael.
Il giovane parve entusiasta dell’incarico:
- Sarà fatto, zia. Per quanto tempo volete che lo segua? -
- Almeno fino a domattina. Voglio sapere dove va e con chi, quando non è insieme a Jacqueline. -
- Come desiderate, zia. Tornerò con tutte le informazioni. -
La marchesa guardò il nipote, un po’ stupita: Jean Michael non aveva mai lasciato trasparire alcuna avversione nei confronti di Claude. Però voleva molto bene a Jacqueline e a Elenoire ed evidentemente lo stuzzicava l’idea di essere proprio lui a scoprire gli altarini del futuro cugino. Benché avesse già vent’anni, Jean Michael aveva la caratteristica di provare ancora una gioia un po’ infantile quando gli veniva affidato un compito importante.
- Molto bene. – gli disse – Ci rivediamo qui non più tardi di domattina alle dieci. Ora andate, anche tu Elenoire. -
I due giovani uscirono in fretta dallo studio, già compresi nei loro ruoli di cospiratori.
Madame de Leclerc si risedette al suo posto, pensierosa.
Se i suoi sospetti erano veri, per Jacqueline si avvicinavano giorni molto tristi.


 
Jeannette era seduta in veranda.
Sua madre continuava a lanciarle occhiate preoccupate e la contessina sapeva perché: considerato che per ben sei mesi non aveva mai lasciato la sua stanza, il fatto che si fosse addirittura sforzata di raggiungere la veranda e di sedersi un po’ all’aria aperta, doveva sembrare alla contessa una specie di miracolo.
Jeannette non sapeva che cosa l’avesse spinta ad abbandonare il suo eremo: si era semplicemente svegliata da un sonno tranquillo, privo di incubi e aveva provato il desiderio di uscire, di non vedere più per qualche ora, o anche solo per qualche minuto le quattro mura della sua camera.
Si era alzata dal letto e aveva chiesto alla sua cameriera di portarle una colazione leggera: pane, marmellata, caffè e succo d’arancia. 
Aveva scoperto, con un certo disappunto che mangiare le costava fatica: da quanto non consumava un pasto decente? Comunque si era sforzata di finire.
Poi aveva fatto il bagno, cercando di lavare via dai capelli e dalla pelle il sudiciume. Infine si era vestita e aveva fatto così un’altra brutta scoperta: tutti i suoi abiti le erano diventati larghi.
Sono proprio malridotta, si era detta, sconsolata. Aveva indossato l’abito più stretto che avesse, facendosi aiutare a regolare la larghezza del bustino e finalmente aveva aperto la porta ed era uscita.
Aveva salutato tutti coloro che incontrava con cortesia, cercando di sostenere gli sguardi allibiti che le venivano rivolti e si era diretta in veranda. L’espressione felice e incredula di sua madre, quando l’aveva vista lì, era stata una perfetta ricompensa per quello sforzo.
Anche il dottore se ne sarebbe rallegrato, quando l’avesse saputo.
Jeannette osservava il giardino, pensierosa: era fiera di sé, ma allo stesso tempo si sentiva già stanca e oppressa. Non era più abituata al contatto con il mondo esterno, se n’era estraniata totalmente, ormai.
Uscire ti fa bene, si disse con decisione. Tra poco tornerai in camera, ma non subito. Sforzati di restare ancora un momento. Non è così brutto qui…
La veranda era bella e arieggiata in estate, ci aveva passato tanti bei pomeriggi insieme a Maximillen, prima di quel giorno…
Eccolo, il ricordo che le faceva male.
All’improvviso Jeannette si sentì come se fosse rinchiusa in una prigione.
Fuggì, su per le scale e corse a rinchiudersi nuovamente nella sua stanza.


 
 
Jean Michael de Chalange non svoltò l’angolo, ma si appiattì contro il muro del palazzo, osservando con i vigili occhi grigi i movimenti di Claude Renard, il quale invece, l’angolo l’aveva svoltato da un pezzo e si stava dirigendo a passi rapidi verso uno squallido edificio.
Jean Michael lo vide suonare alla porta e attendere: gli aprì una giovane donna, dai lunghi capelli color dell’ebano. 
Capelli quasi neri, proprio come quello che mia zia ha trovato sul fazzoletto! pensò il ragazzo, trionfante. Aveva ragione lei, questi due sono amanti!
Ipotesi che fu confermata quando la donna attirò Claude all’interno, in un modo appassionato che a Jean Michael non sfuggì. 
Non vide il bacio che si scambiarono, ma poté facilmente immaginarlo.
Quando fu sicuro di non essere visto si avvicinò al palazzo e ne memorizzò l’indirizzo: Rue Clovis, 32.
E se non si sbagliava di grosso, la donna che aveva appena visto era madmoiselle Fleur Boyer.
F e B, per l’appunto.
L’amante di Claude Renard, il fidanzato di sua cugina!
Quel pensiero spazzò via ogni traccia di gioia infantile dal cuore di Jan Michael.
Che si trattasse soltanto di una scappatella? No, non lo credeva, perché altrimenti Claude non avrebbe avuto con sé il fazzoletto di madmoiselle Boyer.
Se Claude aveva un’amante, cioè, se era infedele alla sua fidanzata, doveva pagare con il sangue.
Jacqueline non aveva un padre o un fratello che potessero assolvere a quel compito. Toccava a lui sfidare a duello il colpevole e vendicare l’onore della cugina.
Jean Michael si allontanò dal numero 32 di Rue Clovis con il cuore pesante: l’indomani, prima delle dieci avrebbe parlato alla marchesa e le avrebbe detto tutto ciò che aveva scoperto. Poi avrebbe raggiunto Claude Renard e avrebbe lanciato la sua sfida. Prima però, avrebbe fatto in modo che Jacqueline non sentisse e per questo aveva bisogno dell’aiuto di Elnoire.
Ci avrebbero pensato le donne a dire la verità alla povera Jacqueline. Lui avrebbe fatto il suo dovere di uomo d’onore e l'avrebbe vendicata.






Buonagiorno a tutti! Sono tornata subito con il capitolo tre e mi auguro che vi sia piaciuto! Sto scrivendo di getto questa storia per sfogare la tensione in un momento un po' difficile per me e devo ammettere che mi sta aiutando molto. Ecco perché penso proprio che aggiornerò presto!
Gi tengo a ringraziare le tre persone che hanno recensito: Camilla L, Dills Nightmare e Roweena e anche coloro che hanno messo la storia in qualche lista!
Allora, adesso abbiamo alcuni elementi importanti: Jeannette inizia a riprendersi, anche se soffre ancora moltissimo; Jacqueline è tradita e suo cugino vuole vendicarla... ma il perfido Claude non è uno sprovveduto e non sarà facile fargliela pagare; Henri invece? Che ne sarà di Henri? Nel frattempo ho aggiunto una piccola indicazione nel primo capitolo: il ricevimento in casa de Chalange si svolge la sera del 10 luglio 1896.
Arrivederci al prossimo capitolo!!!
Un bacione
Niniane
 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Niniane_88