CAPITOLO
11
Guardando il cielo
Era
passato ormai un anno dai fatti accaduti e Legolas era tornato nuovamente a
Gran Burrone dopo una lunga assenza. Quel luogo ormai gli era entrato nel
sangue, soprattutto dopo la fantastica avventura vissuta. Come un anno prima
era sera e lui si trovava solo nella sua stanza e come allora faceva un caldo
insopportabile. Si diresse alla terrazza e appoggiando le mani sulla balaustra
di pietra un velo di malinconia lo riportò a quei giorni. Rivisse tutti gli
avvenimenti di quel periodo ancora così vivi nella sua memoria. Sorrise
lievemente sempre accompagnato da quel leggero senso di malinconia. Si
ricordava perfettamente del giorno in cui gli fece visita Re Elrond, di quando
lo vide entrare nella sua camera con il viso severo e delle parole che gli
aveva rivolto.
“Legolas
non avresti dovuto tenermi all’oscuro di tutto” gli aveva detto cupo in volto
“Ma sai bene che ora non sono qui per rimproverarti ma per parlarti d’altro.”
Ricordava
bene anche l’amarezza che aveva provato sentendo pronunciare quelle parole
sapendo già cosa intendesse, sebbene non volesse accettarlo.
“Quella
creatura deve tornare dai suoi simili, non può rimanere qui” aveva continuato
con tono deciso Re Elrond, “Per il suo bene, capisci vero?”
Sapeva
che quelle parole erano vere, ma il sentirsele dire così apertamente lo
colpirono ancora più profondamente di quanto avesse potuto immaginare, mettendo
a nudo quella verità che aveva cercato di occultare.
Il giorno dopo si era diretto alla caverna nel bosco, con il cuore colmo d’afflizione, consapevole del compito che lo attendeva, ed una volta arrivato davanti allo stretto cunicolo aveva deciso di non entrare, come faceva di solito. Lo aveva chiamato e aspettato. Il cavallo aveva risposto a quel richiamo effettuando un piccolo volo intorno a lui, e poggiandosi delicatamente vicino, aveva strusciato il muso contro la sua mano per poi alzarlo fino ad incrociare i suoi occhi che lo guardavano dolcemente anche se velati di tristezza. Legolas aveva alzato la mano e dopo avergliela poggiata sulla fronte aveva cominciato ad accarezzarlo mentre una dolcissima nenia in lingua elfica usciva dalle sue labbra. Angerthas aveva chiuso gli occhi lasciandosi trasportare da quella malinconica melodia e concentrandosi aveva cercato una via per la mente dell’elfo.
“Stavo
aspettando che tu fossi pronto” la voce argentina del cavallo si era insinuata
decisa nella sua testa, mentre i loro occhi avevano preso gli uni il colore
degli altri.
“Lo
sono” gli aveva risposto cercando di mascherare la malinconia che lo stava
assalendo ulteriormente.
“Non
ti dimenticherò” aveva continuato dolcemente il cavallo.
“Neanche
io!” aveva risposto questa volta sorridendo Legolas.
Angerthas
aveva indietreggiato e poi voltandosi si era diretto verso la brughiera appena
fuori del bosco. Si era fermato per girarsi nuovamente verso l’elfo, che era
rimasto immobile, cantando ancora quella dolce nenia e continuando a fissarlo
con intensità. Voleva imprimere indelebilmente quelle immagini nella memoria.
Il
cavallo aveva aperto le ali spalancandole in tutta la loro lunghezza e
maestosità, si era poi alzato sugli arti posteriori emettendo un forte nitrito
e ritornato sulle quattro zampe si era gettato in una folle corsa. Legolas lo
aveva inseguito correndo a perdifiato e cercando di raggiungerlo, ma quando era
arrivato alla grande pianura verdeggiante lo aveva visto alzarsi in volo e
sparire nel cielo terso.
Ed
ora a distanza di un anno si trovava di nuovo lì, su quella terrazza, con il
naso puntato verso l’alto a mirare l’immensa distesa scura trapuntata da stelle
scintillanti. Posò i gomiti sulla balaustra e il mento su una mano con lo
sguardo fisso nel vuoto, trovandosi a vagare con la mente nei meandri più
remoti della memoria dove custodiva gelosamente i suoi ricordi più preziosi.
Un
lampo rischiarò il paesaggio e Legolas tirandosi su diritto in piedi si ridestò
dai suoi pensieri. Sbatté gli occhi chiedendosi se tutto quel ricordare gli
stesse giocando un brutto scherzo, quindi fissò lo sguardo sul cielo e assottigliando
gli occhi si mise ad osservarlo con attenzione. Una sbiadita scia di luce si
stava delineando, facendosi via via che avanzava sempre più intensa.
D’impeto
si precipitò in strada, correndo con il cuore che gli martellava nel petto e
con la speranza crescente nell’animo. Arrivato a metà percorso fra Gran Burrone
e il bosco si fermò respirando affannosamente, con una gran paura che
cominciava ad insinuarsi prepotentemente dentro di lui. Si decise ad avanzare,
lentamente, cercando di scacciare quegli infausti presagi, entrando così nel
folto del bosco mentre la scia nel frattempo era sparita tra le fronde degli
alberi lasciando il paesaggio nuovamente nell’oscurità.
Anche
se era passato molto tempo ricordava alla perfezione la strada da seguire e
arrivato alla cascata, si guardò intorno speranzoso, ma non vide niente oltre
agli alberi, ai cespugli e al piccolo stagno. Un’enorme delusione s’impadronì
di lui e tutto ad un tratto privato delle forze si sedette a terra, gli occhi
lucidi e un gran senso di tristezza rinchiuso nell’animo.
“Ahia”
si lamentò Legolas sentendosi colpire sulla spalla e rigirandosi si ritrovò
faccia a muso con Angerthas che lo guardava con aria divertita. Un larghissimo
sorriso apparve sul volto dell’elfo che con uno slancio d’entusiasmo gli si
gettò al collo abbracciandolo, e poi prendendogli il muso tra le mani poggiò la
sua fronte a quella del cavallo.
“Lo
sapevo che eri tu.” Gli disse dolcemente facendo dondolare le teste “Sapevo che
non mi avresti dimenticato!” continuò con la voce rotta dall’emozione mentre
una gioia immensa gli stava scoppiando il cuore.
“Non
avrei mai potuto” la voce argentina d’Angerthas s’insinuò nella sua mente.
Poi
l’animale si staccò da quell’affettuoso abbraccio facendo qualche passo e
alzando il capo verso il cielo, nitrì sonoramente come a voler richiamare
qualcuno. Legolas alzò il viso verso l’alto rimanendo a bocca aperta dallo
stupore nel vedere il cielo solcato da innumerevoli scie luminose, terminanti
tutte in dei lampi accecanti tra gli alberi. Sgranò ulteriormente gli occhi
quando vide uscire da un cespuglio un altro cavallo questa volta nero con una
macchia bianca sul muso e sempre munito di uno splendido paio d’ali che lo
guardava con curiosità.
“E’
lui?” un'altra voce argentina, ma dal timbro lievemente diverso da quella che
conosceva, si fece spazio nella mente di Legolas.
“Si,
è lui” rispose Angerthas
Il
nero cavallo si avvicinò all’elfo e piegata una zampa, tendendo l’altra in
avanti, s’inchinò deferente.
“Grazie,
grazie di vero cuore per essersi preso cura del nostro Re, giovane elfo.”
In
quel preciso momento altre voci si aggiunsero a quella e da ogni parte in cui
si girava, Legolas vide comparire altri splendidi cavalli alati che gli si
schieravano intorno e tutti come il primo inchinandosi lo ringraziavano. L’elfo
continuava a girarsi da ogni parte non smettendo mai di ricambiare quegli
inchini, finché Angerthas si fece largo tra tutti insinuandosi nuovamente nella
sua testa.
“Ora devo andare. So che la mia visita è stata breve ma come sai i reali hanno dei doveri cui adempiere!” E con infinita dolcezza aveva continuato ”Però ricorda, ogni anno in questa data, scenderò sulla Terra di Mezzo con il mio seguito, per rinsaldare il forte vincolo d’amicizia che mi lega al più leale degli elfi.”
Subito dopo il cerchio intorno a Legolas si sciolse e i cavalli uno ad uno sparirono tra la fitta vegetazione. Angerthas invece rimase fermo davanti a lui e una dolce nenia in lingua elfica cominciò a risuonare nella sua mente, quella stessa melodia che gli aveva cantato il giorno in cui si erano divisi. L’animale a questo punto indietreggiò e aprendo le ali, come la volta precedente, tirandosi sulle zampe posteriori lo salutò con un gran nitrito per poi alzarsi in volo e raggiungere i suoi compagni.
Legolas rimase a fissare, sorridendo, quei puntini luminosi che rimpicciolivano nel cielo, colmo di felicità e con il cuore pieno di una pace finalmente ritrovata.
Nota
dell’autrice: noi lo
lasciamo così, smisuratamente felice, nel folto del bosco, ancora con il naso
in su a guardare il cielo, in quella notte del 10 d’URIME che sulla nostra di
terra corrisponde al 10 d’AGOSTO……………..
Ancora un’ultima
cosa prima di chiudere del tutto, in quella notte provate a guardare il cielo e
se siete fortunati/e potreste vedere Angerthas e il suo seguito attraversare la
nostra dimensione per raggiungere la Terra di Mezzo e rispettare l’annuale
appuntamento con Legolas.
La leggenda delle
stelle cadenti
Un
milione di grazie a tutti quelli che hanno seguito il mio piccolo racconto.
Un grazie in particolare a chi si è soffermato a recensire dandomi un motivo in più per portarla a termine!
X
Mennel –Grazie per i complimentoni che mi hai fatto! ^_^
X Andromeda -Tantissimi grazie anche a te e
spero veramente di averti alleggerito almeno un pochettino dallo stress della
maturità. Un enorme in bocca al lupo! ^_*
X
Chu –Grazie per l’entusiasmo sempre mostrato nelle tue recensioni. Mi ha fatto
molto piacere!^_^
X
September Sea –Un grazie speciale e un grandissimo bacio! ^___^
X
Moon –Uno specialissimo grazie per avermi sempre sostenuta e invogliata nello
scrivere e postare questa storia, e per averla recensita sempre. Grazie anche
dei megacomplimentoni che mi hanno fatto gongolare! ^_____^