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Autore: Cheche    26/10/2012    0 recensioni
[Partecipante alla Challenge "Chi, con chi, che cosa facevano" indetto da Kukiness sul forum di EFP]
Una raccolta di trenta racconti tragicomici e paradossali, su alcuni personaggi del manga in situazioni inusuali, in compagnia di altri personaggi inimmaginabili. Riuscirà questa sprovveduta e masochista autrice a portare a termine un'impresa tanto ardua?
[Mangaverse] [Rating variabile] [OOC possibile]
[Il capitolo 3 è stato sistemato. Mi scuso per il disagio!]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga
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Note introduttive: Questa fic è random totale, sclero assoluto. Con le trame e i personaggi che ci sono, si può forse pretendere qualcosa di meno? Beh, come al solito non vi anticiperò quasi nulla. Vi dirò solo che il protagonista è Emerald, e già la presenza del carissimo nano verde dovrebbe farci capire quanto sarà random effettivamente la cosa. Sarà coinvolto in una situazione... paradossale. Con quale personaggio? Lo scopriremo presto! Restate sintonizzati!








Sequestro di persona ed altri guai
 

 
Le orecchie battevano, otturate dalla pressione. Emerald si svegliò con un senso di oppressione, un cerchio alla testa e la sensazione di essere stato rapito dagli alieni.
Ma non erano stati gli alieni a prelevarlo dal suo cantuccio solitario, bensì qualcosa di ben peggiore. La mano grande di quell’essere affondò tra i lunghi capelli biondi del ragazzino.
“Ben svegliato, tesoro.” Due grandi occhi cremisi lo osservavano, accarezzandolo con un sorriso più luminoso del sole. “Sei bellissimo, appena sveglio.”
Emerald si mise a sedere, strofinandosi gli occhi con furia. Era un sogno molto strano, e anche di pessimo gusto. Quando si sarebbe finalmente svegliato nel suo lettino misura bebè, si sarebbe pure vergognato degli scherzi dettati dal suo inconscio. Insomma, che razza di persona avrebbe voluto sognare di stare su un aereo diretto chissà dove insieme ad un Red pieno di attenzioni? Di certo non lui.
Ma, nel momento in cui un naso appuntito si immerse nei suoi capelli e un respiro caldo lambì le sue orecchie, capì che quello non poteva essere un semplice incubo, nella maniera più assoluta. Red lo stava davvero toccando, stava veramente sussurrando nel suo orecchio.
“Ti amo.” Mormorò, con una voce roca che quasi eccitava lo stesso Emerald.
“Ehi, Red…” Rispose il ragazzino, cercando di essere deciso. “Sei posseduto da un Pokemon Fantasma molto burlone, vero?”
“Un Pokemon Fantasma? Ci siamo solo noi due, qui.” Rispose l’altro, cingendo la vita minuta di Emerald e cercando di attirarlo a sé, nonostante la cintura di sicurezza.
“Piantala! Mi fa schifo!” Rispose Emerald, spintonandolo e scuotendo la testa. I lunghi capelli dorati del piccolo ragazzo si muovevano freneticamente, lisci e penzolanti. La sua stravagante acconciatura era anche stata disfatta, quel giorno.
“Sei stato tu?” Stridette, toccandosi una ciocca. “Me li hai sciolti?”
“Sì, fa parte del mio piano.” Red si ritrasse leggermente, ammiccando. “Faremo il grande passo, finalmente.”
“Mi spieghi cosa sta succedendo? E dove cavolo mi stai portando, idiota?!” Sbraitò Emerald.
“Ma come, non ricordi? Eri così entusiasta…” Il più grande si finse deluso, ma continuò a guardarlo con quella luce deliziata negli occhi. Sembrava proprio innamorato.
Gli altri passeggeri che avevano l’occasione di osservare quella strana coppia nella fila centrale si stavano scambiando parecchi bisbigli, fissandoli di sottecchi.
“Vedi? Pensano che tu sia gay. Hanno ragione a guardarti mezzo spaventati.” Disse Emerald, lanciando un rapido sguardo verso gli astanti e tendendo nascostamente un orecchio.
Solo la cintura di sicurezza riuscì ad impedirgli la caduta dal sedile, quando alle sue orecchie giunsero le parole ‘pedofilo’ e ‘povera bambina’.
Improvvisamente si sentì talmente esausto che non riuscì a rispondere neppure a tono come al suo solito. Lui non era certo una bambina piccola! Aveva sedici anni, e nessuno doveva pensarla diversamente solo perché raggiungeva a malapena il metro e quarantacinque. C’era anche il dettaglio dei lunghi capelli biondi, ma era trascurabile, a suo avviso.
“Emerald… cosa ti importa di quel che ti dicono gli altri?” Disse Red, improvvisamente vicinissimo. “Ci siamo giurati amore eterno, ed è questo che conta. Nient’altro.”
“Tu deliri. Mi hai rapito mentre dormivo e mi stai raccontando storie inventate di sana pianta!” Emerald digrignò i denti, facendoli scricchiolare. Il fiato di Red lambiva la piccola bocca del ragazzino. “Stammi lontano!” Urlò, mettendo tra i loro volti le sue piccole mani pallide.
“Ehi, che problema c’è? Ci siamo baciati tante volte.” Fece il ragazzo più grande, questa volta quasi punto sul vivo.
“C’è che non ci siamo baciati e che non lo faremo mai!” Sbraitò il piccoletto, spingendo via l’altro.
Non aveva mai avuto nulla contro Red, il grande Campione di Kanto. Anzi, come allenatore lo ammirava; ovviamente, tra tutti i Dex Holder era difficile trovarne uno che non provasse stima nei suoi confronti, anche se segretamente come nel caso di Emerald.
Però quel giorno gli riusciva insopportabile. Appariva del tutto impenetrabile e il suo sorrisetto ebete vagava dagli aeratori dell’aria condizionata agli sportelli che contenevano i bagagli a mano dei passeggeri. Ogni tanto lanciava occhiatine di sottecchi ad Emerald, che la maggior parte delle volte lo sorprendeva per poi fulminarlo con lo sguardo.
Come se non bastasse, il più giovane non aveva idea di dove fossero diretti; non sembravano tanto vicini alla meta, dato che la hostess non aveva ancora annunciato nulla.
“Ehi, mi dici almeno dove siamo diretti?” Chiese Emerald improvvisamente, a voce bassa.
“Indovina! Sicuramente ti piacerà. All’arrivo ti aspetta una sorpresa.” Sorrise Red.
Ma insomma! Non poteva essere un po’ più diretto una volta tanto, invece di parlare per enigmi? “Questo è un rapimento di persona! Io ti denuncerò.” Minacciò il ragazzino.
“Come no! Sai parlare l’inglese?” Il più grande lo guardò, intenerito.
“…no.”
“E allora non potrai denunciarmi.”
Emerald sgranò i verdi occhi lampeggianti. “Maledetto… Me la pagherai!”
Calò un silenzio che durò solo pochi minuti. Red continuava a guardarsi attorno con aria sciocca ed innocente, ma dopo un po’ ebbe la pessima idea di allungare distrattamente una carezza verso la testolina di Emerald. Dovette presto ritirare la mano, dato che a pochi centimetri dal suo braccio aveva avvertito uno schioccare di mascelle. Red si voltò verso il compagno di viaggio, sorpreso. Il piccoletto era paonazzo di rabbia e di vergogna, dietro lo schermo dei lunghi capelli biondi che ricadevano disordinati davanti al viso.
“Ehi, vuoi giocare?” Scherzò il Campione.
“Ma quale gioco? Tu mi hai rapito sul serio!” Ringhiò Emerald di rimando.
“Insomma, ti piacciono i morsi, eh?” Red si stava avvicinando pericolosamente al ragazzino.
Il piccoletto non sapeva più come liberarsi delle attenzioni asfissianti del suo strampalato compagno di viaggio, quindi iniziò a pregare Arceus perché gli mandasse un aiuto.
E quel supporto arrivò: la hostess annunciò qualcosa in un inglese strascicato proprio in quel momento.
“Hai sentito? Traduci!” Ordinò Emerald, con un sorriso enorme sulla faccia.
“Dice che siamo quasi arrivati e che bisogna tenere allacciate le cinture di sicurezza.” Rispose Red. “E’ bello vedere la terraferma avvicinarsi. Perché non guardi fuori dal finestrino, ogni tanto? Ti ho lasciato quel posto apposta.”
“Per prenderti gioco di me, immagino.” Disse il più giovane, cogliendo di sorpresa il Campione. “Sveglia! Sono troppo basso, non arrivo a quello stupido oblò!”
“Ma io… non pensavo fossi così basso.” Mormorò Red, con un filo di voce. Poi si affrettò ad aggiungere qualcos’altro, per evitare che Emerald gli saltasse addosso per divorarlo. “No, davvero, non ne avevo idea. Scusa.”
“Io ti…” I ringhi quasi inarticolati di Emerald si interruppero improvvisamente, quando un violento scossone fece sussultare tutto l’aereo. Per il ragazzino era stato il primo volo: non era strano quindi vederlo attaccarsi alla felpa di Red senza rendersene conto. Era terrorizzato e tremava vistosamente.
“Co… cosa è stato?” Mormorò con un filo di voce, senza pensare minimamente alla posizione altamente fraintendibile in cui si ritrovava. Se ne accorse nel modo peggiore, dato che Red aveva liberamente interpretato quell’impulso come uno slancio di affetto e ne era quasi rimasto commosso. Con fare amorevole, abbracciò il piccoletto.
“Lo sapevo… anche tu mi vuoi bene.” Il tono vellutato usato da Red fece rabbrividire Emerald, che si scostò strattonando con tutte le sue forze.
La voce all’altoparlante della hostess si diffuse per tutto l’aereo.
“Insomma, mi vuoi dire cosa è successo? E cosa sta dicendo la signorina?” Sbraitò Emerald con impazienza.
“Ha detto ‘grazie di aver viaggiato con noi’. Dobbiamo scendere.” Concluse il più grande con un sorriso.
“Te lo scordi! Non scendo finché non mi dici dove diamine siamo!” Si lamentò Emerald, aggrappandosi al sedile come un bambino capriccioso. “Non dirmelo proprio, anzi! Così mi nascondo qui e me ne torno a Zafferanopoli.”
“Sei un po’ ingenuo, eh?” Ridacchiò Red, attirando su di sé per l’ennesima volta le ire del piccoletto. Come osava dare dell’ingenuo al grande Emerald? “Quasi sicuramente se riparti con questo aereo non finirai a Zafferanopoli, bensì ad Honolulu o un posto del genere, e saresti condannato a rimanerci.”
“Guarda che ho sempre con me il portafogli.” Rispose prontamente il ragazzino. Lo teneva sempre in tasca anche perché era innamorato della sua carta di identità: a suo parere la foto era riuscita benissimo. “Non mi ci vorrà tanto per comprare un biglietto aereo.”
“I biglietti aerei non sono mica come quelli del treno. Pensi davvero di ottenere un volo ‘last minute’ con tanta facilità? In genere i voli si prenotano con un mese di anticipo, suppergiù.” E già questa affermazione da sola sarebbe bastata a far tacere Emerald e a farlo arrendere al suo destino. Maledetto Red! Sembrava un po’ svampito e invece se ne intendeva proprio tanto di viaggi. “E poi con quali soldi pensi di pagare?” Aggiunse il Campione.
“Ma sei sordo? L’ho detto un attimo fa che non mi separo mai dal portafogli!” Si alterò Emerald.
“Ne sei proprio sicuro?” Chiese Red con aria fintamente innocente.
“Perché?” Fulmineamente Emerald si slacciò le cinture di sicurezza e si alzò in piedi, indugiando febbrilmente sospettoso nelle tasche dei suoi spropositatamente lunghi pantaloni blu. Le piccole mani incontrarono solo stoffa, e mai toccarono il cuoio rassicurante del portafogli. “L’hai… l’hai preso tu?” Il piccoletto alzò la testa quel tanto che bastava per incontrare l’irritante sguardo di Red.
“Diciamo che ho preso qualche piccola precauzione al fine di evitare la tua fuga.” Sorrise il Campione.
Emerald non ci vide più. Quello che gli aveva fatto era veramente troppo. Avrebbe voluto prenderlo per il colletto, se solo ci fosse arrivato in altezza. Si accontentò di stringere minacciosamente la stoffa della felpa sul petto muscoloso di Red. “Tu…” Il più grande per tutta risposta sorrise ancora, affabilmente.
“Scusate… potrei passare? State intralciando il passaggio.” Chiese improvvisamente un passeggero dai capelli brizzolati, che aveva con sé un bagaglio a mano dall’aspetto talmente pesante da sembrare pieno di pietre.
“Chiediamo scusa!” Proferì educatamente il Campione, non lasciando ad Emerald alcuna possibilità di esprimere la propria opinione. Almeno non a parole perché, quando il ragazzo si mosse per lasciare spazio ai passeggeri, Emerald rimase invece coi piedini ben piantati al suolo, le mani che ancora artigliavano gli indumenti di Red e un’espressione ostinata negli occhi verdi.
Accorgendosene, il più grande si abbassò e fece per prenderlo in braccio. Doveva ammettere che Emerald pesava ben più di quanto si potesse credere, nonostante il minuscolo corpo che possedeva. Non era la prima volta che lo prendeva in braccio ma, mentre nel tragitto che li aveva condotti sull’aereo il ragazzino era rimasto immobile come un peso morto, essendo profondamente addormentato, al momento dello sbarco avrebbe avuto a che fare con una specie di animaletto recalcitrante e scalpitante, il che sarebbe stato ancora più arduo.
Il superamento di questa sfida sarebbe però stato la prova della veridicità del sentimento che provava verso quel bizzarro nanerottolo.
“Non fare la bambina cattiva.” Lo rimbrottò amorevolmente Red, mentre Emerald, raggiunta l’altezza necessaria per guardare il compagno negli occhi, tentava invano di mordergli il naso.
“Non sono una bambina!” Strepitò, innervosito dal fatto che le sue braccine e gambine fossero state bloccate e che i piedi non potessero toccare terra, ma solo gli indumenti idioti di quel pazzo che lo aveva preso in braccio e lo stava trattando come una sorellina pestifera. Ora Red se ne stava addirittura approfittando per farsi bello ricamandosi su misura un ruolo da fratellone esemplare.
“No… Infatti ormai sei grande, vero?” Campione della Lega di Kanto e Campione di storielle familiari credibili inventate sul momento. Insomma, un bugiardo tutt’altro che nobile e degno di ammirazione. Emerald stava cominciando a disprezzare il suo mito, di questo ne era certo.
Si calmò, non appena sentì quella risposta uscire dalle labbra fantasiose di Red. Ancora una volta si sentì esausto nel corpo e nello spirito, incapace di rispondere ancora alla superiorità del suo avversario. Non credeva che quel tipo possedesse una lingua tanto pronta e delle abilità recitative tanto notevoli. Che fosse stata l’indomabilità dell’amore a trasfigurare il suo modo di pensare? Amore? Ma poi sarà vero che Red mi ama? Perché? Anche se non lo dico, so di non essere esattamente virile, ma non sono neppure femminile. Quindi non dovrei piacere né ad un ragazzo… né ad una ragazza.
Dolorosi e lucidissimi pensieri trafiggevano la mente di Emerald come lame. Malgrado la pomposità con la quale amava autoesaltarsi, sapeva di non essere l’individuo più simpatico e desiderabile di tutto il globo. Si comportava in maniera altezzosa, ma in realtà l’altezza era uno dei suoi complessi più opprimenti, al punto da portarlo a camuffarla con tutti i mezzi che il suo cervello riusciva ad escogitare. Ne era ossessionato, pur sforzandosi di essere positivo in ogni momento della sua vita.
Si accoccolò quasi senza accorgersene tra le braccia di Red, assumendo per quanto gli era possibile una posizione fetale. Sembrava proprio una bambina, ma non gli interessava. Voleva semplicemente non essere disturbato, continuare a pensare senza nessuno ad interromperlo mentre si chiudeva in sé per immergersi nei meandri della propria mente. La meta prefissata dal Campione, la sua presenza, la lontananza della sua casa erano diventati fattori ininfluenti. Il clima secco, così differente dall’umidità urbana di Zafferanopoli, che accolse i due viaggiatori all’uscita dall’aereo, non turbò assolutamente il piccoletto. Neppure l’aria che si intrufolava sotto i suoi vestiti leggeri pizzicandogli la pelle riusciva a distoglierlo. Ancora assorto, si concesse di aprire gli occhi verdi. Un placido cielo azzurro punteggiato qua e là di nuvole bianche. Rimase un po’ deluso, essendosi probabilmente aspettato di vedere un cielo verde acido. Oppure fucsia. In fondo non si era mai allontanato dalle regioni abitate dai Pokémon, quindi nella sua immaginazione i paesi stranieri erano tanto differenti dai suoi da essere inconcepibili, alieni.
“Emerald, siamo arrivati.” Sussurrò dolcemente Red, con una voce così fievole che solo il ragazzino che aveva in braccio sarebbe stato in grado di udirla.
“Certo che sei proprio un rompiscatole…” Ringhiò piano Emerald, risvegliandosi dal suo stato catatonico. Era rimasto tutto il tempo lì tra le forti braccia del Campione e neppure i brividi causati dall’aria condizionata troppo intensa dell’aeroporto erano riusciti a distoglierlo dalla sua fitta coltre di dubbi.
“Cosa ami di me?” Se ne uscì con questa domanda, concretizzando tramite parole i dubbi che si era posto fino a quel momento.
Red ridacchiò, lasciando scivolare una mano fino alla guancia del compagno più giovane per stringerla con un tenero buffetto. “Che senso ha questa domanda? Emerald, io amo te. Perché dovrei nominarti una singola cosa se ti amo per intero?”
Che risposta sciocca, Campione dei miei stivali.Emerald non poté tuttavia evitare di sorridere di rimando. Per quanto detestasse ammetterlo, sentirsi dire di essere amati tanto intensamente era una splendida sensazione. Per uno come lui, poi, l’idea di sentirsi pronunciare tali parole era una sorta di sogno inarrivabile, una fantasia impossibile.
Voleva godersi quelle parole d’amore. Non gli interessava chi fosse colui o colei che gliele sussurrava con tanta dolcezza. Desiderava assaporare il momento, chiudere gli occhi e crogiolarsi tra quelle calde braccia.
Come una principessa.Oh, e per una volta non gliene importava nulla di non sentirsi abbastanza virile. Gli andava bene anche di percepirsi come una bambina sognatrice come il suo aspetto suggeriva, immersa in un universo di romanticherie ovattate. Gli bastava solo estraniarsi nuovamente dalla realtà. Stavolta in maniera più gradevole ma, allo stesso modo di prima, nessuno doveva permettersi di disturbarlo.
“Red! Emerald!”
Cosa sono queste grida fastidiose?! Come si permettono di disturbarmi?Terribilmente indispettito, Emerald spalancò gli occhi fiammeggianti. La prima faccia che vide lo fece arrossire fino alle orecchie.
“C… Crystal…?”
La ragazza gli rivolse un sorriso allegro. Gli parve che avesse gli occhi un po’ lucidi da un’inspiegabile commozione.
“Felicitazioni, Emerald. E anche a te, Red. Abbiamo saputo della bella notizia e ci siamo precipitati qui!”
“’Felicitazioni’…? ‘Bella notizia?!’ Qui mi sta sfuggendo qualcosa!” Esclamò Emerald che, ancora tra le braccia del Campione, aveva ripreso a scalciare. Solo in quel momento fu liberato e poté camminare sulle sue gambe. Attorno a lui c’erano negozi e indicazioni scritte in inglese per i vari terminal, come in tutti gli aeroporti. Ciò che però lo turbava di più era la presenza della combriccola dei Dex Holder al completo. C’erano anche quelli di Unima, che lui non aveva mai avuto l’occasione di incontrare.
Crystal sembrò non aver udito le domande di Emerald. Forse credeva semplicemente che stesse scherzando. Si avvicinò a lui, mentre il piccoletto sentiva il cuore iniziare a galoppare freneticamente nel suo petto. In fondo gli era sempre piaciuta quella ragazza, anche nel senso romantico del termine, fin da quando era piccolo.
“Ti faccio vedere una cosa bellissima. Spero che ti piaccia.” L’Esperta nella Cattura gli rivolse un sorriso splendido, che aumentò notevolmente la tensione di Emerald. In un lampo si era dimenticato di nuovo di Red e della folla vociante dietro di loro che si avvicinava al campione, accerchiandolo ridendo e commentando scherzosamente i suoi gusti in fatto di ‘donne’.
Ma la dura realtà ebbe ben presto la meglio, quando una foto finì per essere sventolata sotto il naso di Emerald. Immediatamente il ragazzino si sentì il volto in fiamme: l’immagine rappresentava un abito da sposa pieno di veli di minuscola taglia.
“Ero un po’ dubbiosa, ma Red mi ha assicurato che saresti stato disposto ad indossare un abito femminile. Non facciamolo vedere a lui, eh! Lo sposo non deve vedere nulla della sposa fino al matrimonio.” Si raccomandò la ragazza.
“Fammi capire… dovrei sposare Red? E vestito come un deficiente, per giunta?” Sibilò Emerald, tremando visibilmente, simile ad una bomba pronta ad esplodere e liberare la sua potenza distruttiva.
“Oh, il vestito non ti piace…? L’avevo scelto io per te… Beh, possiamo andare al negozio e vedere se ce n’è un altro sullo stesso genere che rispecchi più il tuo gusto! Qui a Las Vegas ci sono tanti bei negozi.” Disse Crystal.
Emerald non fece in tempo a rispondere, perché la folla dei Dex Holder si stava avvicinando a loro, intonando cori minacciosi. “Forza Red! Ce la puoi fare!”
Il suddetto si avvicinò al suo piccolo futuro consorte, il viso imporporato di una vaga emozione e una – spaventosa – scatolina tra le mani. Emerald aveva già capito cosa contenesse quel contenitore compatto; il pensiero gli aveva fatto assumere una colorazione violetta assai vistosa. Nonostante questo, nessuno notò il malessere del povero nanetto.
Red si inginocchiò, prendendogli la mano dopo aver estratto il contenuto della scatolina. Scontato, un anello d’argento con brillante. Naturalmente non gli aveva neanche chiesto ‘vuoi sposarmi?’. Secondo i Dex Holder Emerald era consenziente, evidentemente.
Beh, non gli rimaneva che pregare con tutto se stesso che quell’anellino fosse troppo stretto per le sue dita. Pregò, pregò, pregò e ancora pregò.
Invano.
Lo scrosciante applauso successivo gli confermò quanto inutili fossero state le sue suppliche.
 






Note della masochista: Ho iniziato a scrivere questa strana storiella più o meno a maggio, dopo aver completato "Sexy Show(er)" (per chi non l'avesse letta, è il capitolo precedente a questo). La traccia diceva che Red desidera sposare Emerald, ma lui non è per forza consenziente (ai fini della mia storia, lui NON è assolutamente consenziente). Matrimonio a Las Vegas! (Sì, c'è anche questo nella traccia). E quindi eccoli, su un aereo diretto nel Nevada... e un Emerald molto stranito. Emerald è abbastanza difficile da trattare. Red invece è proprio OOC. Sembra tipo sotto un incantesimo, ma doveva convincere Emerald con la forza, quindi... magari ha preso lezioni da Blue, chissà. Tralasciando l'OOC di Red, spero che vi sia piaciuta! Chi non ha mai desiderato sentirsi coccolare come è capitato a Emerald? Non dite che non vi è capitato, eh! Comments are appreciated! <3 E grazie per aver letto fin qui.


  
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