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Autore: Chartraux    26/10/2012    8 recensioni
Ci sono giorni in cui devi fare i conti con il futuro; altri in cui devi fare i conti con il passato. Non è mai facile e nemmeno semplice, ma lo devi fare. Per il tuo bene.
Naruto si sveglia una mattina con la sensazione che quella giornata sarà diversa, sarà più difficile e più strana del solito; eppure non ci fa caso, perchè quel giorno si festeggia l'hanami ed, ogni volta che sboccia la primavera, sa che il suo mondo cambierà.
E, come nel suo sogno, l'apparizione dell'unica persona che ha sempre amato e che non vede da tredici anni, sconvolgerà il suo presente ed il suo futuro, come un vento inaspettato.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Fandom: Naruto
Autore: Chartraux
Beta: /
Titolo: Hanami
Capitoli: 1
Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Shikamaru Nara (anche se per poche righe).
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale.
Rating: Verde (lo potete leggere tutti XD)
Avvertimenti: One-Shot, AU [Sasuke e Naruto sono nel mondo attuale. Niente ninja, Kunai e affini XD]. Ho messo OOC solo perchè i personaggi sono adulti, e i loro modi di pensare e comportarsi sono indicati per l'età.
Parole: 8.823
Desclaimers: I personaggi appartengono a Masashi Kishimoto ed alla Shūeisha. Fosse stato per me, li avrei fatti amoreggiare di più e non avrei mai superato i 50 volumi…
Note: Volevo solo dire che questa storia è nascosta nella mia memoria esterna da almeno un anno e mezzo.
Ha partecipato nel giugno del 2011 allo “Spring Contest” (indetto da non mi ricordo chi) di cui si è aggiudicata: il premio Novel, il premio Giuria ed il premio Yaoi.
Il prompt era appunto la “Primavera”. E' una OS che parla di reincontri, di legami, di svolte, di chiarimenti.
Non odiatemi.
Note Specifiche:
L’hanami è la tradizionale usanza giapponese di godere della bellezza della fioritura primaverile degli alberi, in particolare di quella dei Ciliegi da fiore giapponesi.
Il fiore del Ciliegio, la sua delicatezza, la brevità della sua esistenza sono per i giapponesi il simbolo della fragilità, ma anche della rinascita, della bellezza dell'esistenza.
Il filo rosso, secondo la cultura asiatica (che si rifà a un’antica leggenda cinese), è un filo che ci lega indissolubilmente alla persona cui siamo destinati: il grande amore, la nostra anima gemella… Le due persone così unite, sono destinate a incontrarsi, non importa il tempo che dovrà passare, le circostanze o le distanze che le separano, perché, il filo rosso, sarà lunghissimo e fortissimo e non si spezzerà mai. Sarà lo stesso destino a tenerlo saldo e unito finché esse non s’incontreranno…
Dopo la prima parte introduttiva, i punti di vista dei due protagonisti si alterneranno.
Altre Note: a piano terra [sono importanti leggetele!].

 
 
 

Hanami

 
 

“Tu sei il solo che possa amare…”
“…sei il solo che possa desiderare…”
“…sei il solo che possa camminare al mio fianco…”
“…non lasciare la mia mano.”

 
Naruto spalancò gli occhi.
Dopo tanto tempo aveva sognato lui.
Si strofinò le palpebre con il dorso di una mano: gli bruciavano.
Non era certo del perché, ma aveva la sensazione che quella sarebbe stata un brutta giornata; ogni volta che lo sognava, il mondo sembrava sempre voltarglisi contro, rendendogli quelle ventiquattro ore un vero inferno.
Eppure era ingiusto… lui quella mano  aveva cercato di stringerla forte, saldamente, non avrebbe mai voluto lasciarla. Lo ricordava bene: quelle dita diafane le aveva strette fino alla fine.
Si  riavviò i capelli biondi, uno sbadiglio si allargò sulla bocca e le braccia si allungarono per stiracchiarsi; era inutile pensarci, quella sarebbe stata una giornata come le altre. O almeno, avrebbe cercato di renderla tale. Nonostante tutto, si ritrovò a chiedersi quanti anni erano passati da quel giorno, otto? Dieci? Quindici?
Non lo ricordava…
O almeno, non voleva ricordarlo. Non gli avrebbe giovato, e lo sapeva.
Scosse la testa, non doveva pensarlo. Non poteva pensarlo.
Non ne aveva motivo. Non ne aveva bisogno…
Si fece una doccia veloce, giusto per togliersi il sudore dal corpo, indossò una camicia ed una cravatta chiara, giusto perché il mondo lavorativo glielo imponeva e, dopo aver tentato di pettinarsi, afferrò rapido la ventiquattro ore di pelle ed uscì velocemente dall’appartamento. Era in ritardo, come al solito.
E come al solito avrebbe corso fino alla fermata della metropolitana, sarebbe salito mentre le porte del treno si chiudevano, avrebbe fatto cadere la valigetta sparpagliando i documenti e nessuno lo avrebbe aiutato a raccoglierli.
Era così. Era sempre stato così negli ultimi anni, da quando aveva lasciato Konoha per trasferirsi a Suna; “per motivi di lavoro” aveva detto agli amici.
Bugiardo! – si ripeteva ogni volta che quel ricordo gli tornava in mente – Sei solo un bugiardo Naruto! – e lo sapeva; e lo sapevano anche gli amici che era solo una menzogna quella che aveva raccontato loro.
Ma nessuno disse mai nulla. Nessuno ebbe il coraggio di metterlo davanti alla verità, perché sarebbe stato solo un errore. Naruto aveva già nascosto da tempo il suo sorriso sotto la falsità, che non sembrava volerlo lasciare…
E la sua corsa iniziò: verso la stazione, nella metropolitana, in treno e verso l’ufficio.
Percorse gli ultimi metri con la giacca piegata a metà su un braccio, il sudore imperlava il suo volto bronzeo ed i primi bottoni della camicia erano stati slacciati facendo godere di libertà il collo bagnato. Prese un respiro profondo, e la giornata iniziò davvero.
“Beh, quindi il progetto va bene!” concluse con un’espressione serena sul volto mentre infilava nella valigetta un plico di fogli; Shikamaru Nara, collega ed amico, sbadigliò senza mettere una mano davanti alla bocca prima di fare un cenno positivo col capo “Sì, a quanto pare il Presidente era seriamente contento di questo lavoro.” si grattò la testa senza rovinare la coda in cui aveva stretto i capelli “E complimenti, hai avuto un’idea geniale… cosa che solitamente ho io!” sorrise.
Shikamaru era il suo migliore amico. Non sapeva quali salti mortali aveva fatto per farsi trasferire insieme a lui, ma lo ringraziava più e più volte, mentalmente, per quello slancio di bontà.
Se Shikamaru avesse scoperto di quel sogno, lo avrebbe odiato. Tanto, sapeva bene che non poteva sopportare di stare troppo tempo con lui; detestava quella sua maschera.
“Ehi Nara, guarda che non sono mica stupido!” sbuffò incrociando le braccia.
Un sorriso malinconico riempì il volto del collega “Lo so bene”, gli diede un’amichevole pacca sulla schiena.
Naruto lo guardò sospettoso, perché quell’espressione? E perché proprio rivolta a lui?
Era solo mezzogiorno, aveva di fronte a sé almeno altre dodici ore prima di poter dire conclusa la giornata; fino a quel momento non era accaduto nulla.
“Sono contento che siano finalmente sbocciati i fiori di ciliegio! A questo punto la primavera è iniziata realmente!” sorrise spensierato nel notare gli alberi che affiancavo la strada principale; da quella finestra al ventiduesimo piano del grattacielo in cui aveva sede la ditta per cui lavorava, poteva vedere i viali in fiore. Quel colore che seppelliva il cemento freddo era affascinante.
“Sei contento di avere il pomeriggio libero, vero?!” rise Shikamaru premendo il pulsante per chiamare l’ascensore.
“Assolutamente! Dopo un meeting del genere, chiunque avrebbe voluto il pomeriggio libero!” constatò con serietà giocosa mentre un tintinnio fece aprire le porte di quella scatola di latta che li avrebbe portati al piano terra.
Ed in quel momento una strana ansia si impossessò di lui; del suo corpo, del suo cuore.
Gli faceva male il petto… perché?
“Naruto, vieni anche tu a pranzo nel parco?” gli domandò l’amico mentre si voltava verso lui che, come risposta, scosse la testa mentre un sorriso pieno di falsità si impadronì del suo viso “No, ho un paio di impegni.” –Bugiardo!
Shikamaru sbatté per due volte consecutive le palpebre; quel sorriso che odiava era tornato a fargli visita. Cos’era accaduto in quei due minuti? Cosa lo aveva reso bugiardo?
Fece di nuovo finta di niente, di non notarlo; come al solito. “Bene, ci vediamo domani allora.”
“Sì, salutami gli altri!” ghignò Naruto mentre si girava nella direzione opposta.
E Shikamaru rimase lì, a fissare una schiena che diventava sempre più piccola ed indifesa.
Si mise una mano sul volto: se Naruto era bugiardo, lui era meschino.


Camminava lentamente per una via alternativa che fiancheggiava una delle stradine secondarie. Gli alberi in fiore si muovevano sinuosi cullati dal vento fresco e leggero che si insinuava silenzioso tra le case; Naruto respirò a pieni polmoni. Quell’odore era rilassante.
Il rumore delle fronde leggermente scosse dalla brezza era rilassante.
Il sole alto e splendente ed il cielo azzurro mare erano rilassanti.
Si sentì meglio, l’angoscia sparì e si ritrovò da solo.
Di nuovo solo…
Si fermò, aprì le braccia, come per raccogliere coraggio. Chiuse gli occhi, come per concentrarsi e si riempì di quel profumo,ancora.
Era così piacevole…
Perdersi in quella tranquillità era…
“…non lasciare la mia mano.”
Spalancò gli occhi; ancora quella frase che non lo lasciava in pace!
Non era giusto!
Lui non aveva lasciato quella mano, mai!
Era la sua mano che era stata lasciata, allora perché si sentiva in colpa?
Perché quella voce lo assillava? Perché quegli occhi lo seguivano?
Il respiro divenne affannoso, come se avesse dimenticato come potersi nutrire di ossigeno, una mano gli coprì il volto: doveva calmarsi.
O se ne sarebbe pentito di nuovo.
Fece un ultimo respiro profondo e riaprì gli occhi. E quello che vide lo uccise quasi.
Uno sguardo d’ossidiana che lo guardava stupiti, perplesso, sconvolto.
Labbra sottili serrate, pelle diafana splendente e mani affusolate strette in pugni.
E lui invece? Che espressione stava mostrando?
“Sei davvero tu?”
Quella voce calda lo fulminò. Se fino a pochi istanti prima aveva creduto che si trattasse solo di una visione, ora era certamente convinto del contrario: quello che aveva di fronte era proprio colui che aveva lasciato la sua mano. Gli occhi si spalancarono ancora di più, la voce gli si fermò in gola e le ginocchia iniziarono a tremargli; non poteva credere che le sue ginocchia potessero tremare. Non lo avevano mai fatto, mentre ora…
Ma non poteva mostrarsi così, assolutamente no! Doveva esibire il suo lato coraggioso, il suo lato serio, strafottente e pronto a tutto. Anche ad odiarlo.
“A quanto pare…” sorrise con la solita maschera di falsità che lo colpiva nei momenti migliori; cercò di ridarsi un tono e di manifestare il solito volto deciso. Quello che ormai non vedeva più da otto? Dieci? Quindici anni…
“Stai bene?”
Che domanda stupida! Ovvio che non stava bene! Non dopo averlo visto almeno… “Certo, come sempre” poteva proseguire? Decise di sì, di riacquistare coraggio “E tu?”
Non lo vide tentennare, “Sì, sto bene.”
Ah… e adesso? – Sperò che non notasse le sue ginocchia, o la sua maschera… “Bene, sono contento” –Bugiardo! – “Come mai sei qui?” proseguì; doveva sapere. Voleva capire il perché doveva di nuovo impazzire dopo tanto tempo.
Non lo vide tentennare, “Hanno deciso di fondere una ditta di Suna con quella di Oto; sono qui per negoziare eventuali richieste. Come avvocato.”
Quell’ultima parola aveva iniziato a riempirgli il cervello –Avvocato…–, era diventato un avvocato e non lo sapeva.Le orecchie avevano iniziato a ronzare fastidiosamente “Oh, capisco” che altro avrebbe potuto dire?
“Davvero stai bene? Mi sembri un po’ pallido…” domandò il ragazzo dagli occhi neri come la notte e la pelle come il marmo.
Che fai? Ora ti preoccupi per me?! Maledetto str…– “Sto benissimo. Sarà solo stanchezza.”; aveva ingoiato la frustrazione e la rabbia senza che se ne rendesse conto. Il suo buon senso era cresciuto in tutto quel tempo senza di lui.
“E tu come mai sei a Suna?”
Smettila! Non continuare a rivolgermi la parola oppure io…– i suoi pensieri si fermarono; per il suo bene e perché qualcosa aveva raggiunto il suo cervello che, sino a quel momento, sembrava essersi spento. Sbatté le palpebre un paio di volte, doveva guardarlo; il tono che aveva usato sino a quel momento era senza una vera emozione…
Quella persona era lì, di fronte a lui e notò tutto il cambiamento di quegli anni: i capelli neri erano diventati più lunghi di come li ricordava, si potevano notare i muscoli sotto la camicia bianca, era diventato più alto, molto più alto ed i suoi occhi erano spenti. Totalmente spenti.
Se prima aveva notato un barlume di luce attraversagli l’iride, ora vedeva il completo nulla.
Ed il sorriso era scomparso. Totalmente.
Cosa gli era accaduto durante tutti quegli anni? Naruto era sconvolto: quello non era più il ragazzo che ricordava. Scosse mentalmente la testa. Non doveva mostrarsi debole. O ne sarebbe uscito sconfitto. Era stato in silenzio troppo a lungo. “Mi hanno trasferito dalla filiale di Konoha. Lavoro qui a Suna da almeno quattro anni.” concluse senza troppi preamboli; in fondo, che altro avrebbe dovuto dirgli?
Otto? Dieci? Quindici? Quanti anni erano passati?
“Tredici…” disse Sasuke in un sussurro; l’altro ragazzo lo guardò aggrottando le sopracciglia, ed un sorriso fugace attraversò il volto dell’Uchiha “Sono già passati tredici anni…”
Ed in quel momento, il cuore di Naruto perse un battito.
Ed il vento si alzò rabbioso su di loro, sulle vie e sugli alberi.
Ed i petali iniziarono a danzare calmi, piacevolmente attratti da quelle due figure ferme, da un tempo indefinito, in mezzo alla strada.
Gli occhi notte di Sasuke, si specchiarono in quelli giorno di Naruto.
Gli occhi cielo di Naruto, si specchiarono in quelli tenebra di Sasuke.
Un silenzio innaturale riempì lo spazio intorno a loro, ed il rumore del ventofaceva capolino ogni tanto nelle loro menti.
Quanti anni erano passati?
Troppi. Per poter dare vita a qualcosa di nuovo.
Naruto interruppe quei pensieri che li stavano logorando, interruppe quella danza che li stava travolgendo, interruppe quelle lacrime che li stavano assalendo.
“Tredici?! Davvero? Wow! Come passa il tempo…” un sorriso si era aperto sul suo volto; era più doloroso di quanto pensasse. Mentire era meno piacevole di quanto ricordasse.
Il volto diafano di Sasuke non mutò espressione, sembrava sempre guardare oltre a quello che il mondo gli aveva appena proposto “E’ così.”
“Cos’è, li hai contati?!” ridacchiò senza una vera e propria gioia, le braccia si erano incrociate dietro alla testa; da quanto non lo faceva?
Da. Tredici. Anni.
Il ragazzo dai capelli scuri non gli rispose, ma non spostò nemmeno lo sguardo; e Naruto si sentì trafitto. Trafitto da una serie infinita di emozioni a cui non sapeva dare un nome. Trafitto da una serie infinita di emozioni che aveva dimenticato.Ingoiò a vuoto, doveva liberarsi da quello sguardo.
Se fosse rimasto ancora in balìa dei suoi occhi, si sarebbe sicuramente perso in quella profondità infinita. “Ora devo andare…” balbettò scostando lo sguardo da lui. Dal mondo.
“… sì, anch’io.” rispose l’altro stringendo le dita sul manico della ventiquattro ore scura; abbassò gli occhi pece per un solo istante, chiudendoli, come se un petalo lo avesse svogliatamente infastidito; ma quando tornò ad alzare il capo, la serietà si era impadronita di lui “Mi ha fatto piacere rivederti…” e per la prima volta tentennò davvero “…Uzumaki.”
Il cuore di Naruto smise di battere.
Sbatté le palpebre.
Spalancò gli occhi al suolo.
 Si morse l’interno delle guance.
Strinse i pugni.
Le ginocchia tremarono di nuovo.
-Uzumaki-
…non era possibile.
Non lo aveva mai chiamato Uzumaki.
Mai.
Si rilassò, non potendo fare di più; diede un piccolo colpo di tosse e cercò di parlare.
Ma qualcosa lo bloccò.
Non lo ricordava. Non ricordava più il suo nome. Chi era la persona di fronte a lui?
Un brivido gli percorse la schiena. La paura lo attanagliò. L’ansia lo colpì.
Qual è il suo nome?
Qual è? Qual è?? QUAL E’???
Si mise una mano sulla bocca. Stava cercando di soffocare il risentimento che stava provando verso se stesso, stava cercando di soffocare le lacrime; stava cercando di soffocare.
“…sei il solo che possa camminare al mio fianco…”
Cosa gli aveva risposto quella volta? Cosa aveva cercato di dire, gradasso com’era?
Ah, sì,  sicuramente avrà detto una spacconata come al solito; sarebbe stato strano il contrario.
Gli aveva riso in faccia? Lo aveva chiamato Bastardo?
Non ricordava più il suo sorriso…
“…sei il solo che possa desiderare…”
Cosa gli aveva detto quella volta? Aveva riso di quella che poteva essere una battuta? Aveva gioito? Aveva sorriso amorevolmente?
Non ricordava più il suo calore…
“Tu sei il solo che possa amare…”
Gli aveva dato del bugiardo? Aveva accarezzato il suo volto? Aveva baciato le sue labbra? Aveva pianto?
…non ricordava il suo nome…


Sasuke era stanco.
Non aveva voglia di ascoltare quel silenzio assordante, non era per quello che aveva cercato di rivolgergli la parola; quanta fatica gli era costata tutto quello.
“Io vado, ho un meeting fra poco e…” si bloccò di colpo, qualcosa non andava.
Lo vide stringere le mani bronzee talmente forte che avrebbe potuto far sanguinare i palmi, vide il capo rivolto al suolo, notò la sue spalle tremare.
Mosse impercettibilmente una mano pallida verso di lui, voleva accarezzargli il volto, afferrargli un polso, voleva avvicinarlo… Si fermò, come il suo cuore aveva richiesto. Avrebbe sofferto ancora riportando alla luce il desiderio, lo sapeva, e non voleva.
Aveva sofferto troppo e troppo a lungo; se fosse stato respinto, sarebbe morto.
Ritrasse l’arto e mise la mano sul fianco, sussurrò “Idiota.”
Ma fu troppo piano, Naruto non lo udì.
Sasuke percepì un pigolio sottile provenire dal ragazzo di fronte a lui; sbatté le palpebre, era certo di aver sentito la sua voce “Non ho capito” disse piano. Ma non gli si avvicinò; quella distanzaera più che sufficiente per non sprofondare nell’inquietudine. Naruto alzò leggermente il capo mostrando le labbra; si erano mosse di nuovo in un urlo muto. “Non ho capito.” ribadì l’Uchiha assottigliando lo sguardo; se lo stava prendendo in giro, non era divertente.
“…”; ancora silenzio.
Il volto si incupì, gli occhi scuri si impregnarono di fastidio e pur di non urlare, si era morso il labbro inferiore; si mosse verso di lui, lo afferrò per un polso e lo strattonò “Non ho capito!” gli urlò con estrema violenza.
E poi li rivide, quegli occhi azzurri che tanto aveva sognato. 
Che tanto aveva odiato.
 Che tanto aveva amato.
Però… però piangevano. – Perché?– Come poteva saperlo?
Come poteva sapere di tutto il dolore che si era creato?
Il suo volto si impregnò di una sconfitta totale perché, lo sguardo che Naruto stava mostrando, avrebbe fatto arrendere qualunque nemico.
 Qualunque. Lui compreso.
Ingoiò la rabbia, la sofferenza, lasciò la presa e lo vide accasciarsi sulle ginocchia.
Non aveva retto il peso di tutto quello?
Debole Naruto, sei solo un debole. –
“…non lo ricordo…” biasciò il ragazzo dai capelli dorati.
Sasuke aggrottò le sopracciglia “Che cosa non ricordi?”
“…non ricordo…” singhiozzò, entrambe le mani coprivano il volto pieno di lacrime; Perché? – E tu perché continui a domandarlo?
“Che cosa non ricordi?” ribadì.
Un urlo disperato uscì dalle labbra che più di una volta aveva sognato; lo vide aggrapparsi al suo braccio e guardarlo con una disperazione senza eguali. Sorrideva sconvolto. Piangeva sconvolto.
Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe dovuto guardarlo?
“Non lo ricordo!” gridò cercando di limitare con una mano le lacrime, mentre con l’altra cercava di non lasciare andare quel lembo di stoffa scura “Non lo ricordo! Com’è possibile? Come può essere accaduto?”
Si sentì trascinare verso quel cielo piangente; stava usando entrambe le mani, sentiva le sue dita sulla pelle. Lo udì singhiozzare forte prima di sentire l’unica frase che lo avrebbe condotto in un inferno senza eguali, “Ho dimenticato il tuo calore…”  sorrise, come se la pazzia si fosse impadronita di lui.
Perché?–
 “…ho dimenticato il tuo sorriso…” le dita stingevano e scivolavano alternatamente.
Perché? –
 “…ho dimenticato il tuo nome!”
Il cuore di Sasuke si fermò. Totalmente.
Sentì come se le forze lo abbandonassero e quando Naruto lo strattonò di nuovo, si ritrovò inginocchiato come lui. Di fronte a lui.
“…perché…?” domandò con quel poco di voce che gli era rimasta.
Lo vide scuotere la testa “Non lo so! Io non lo so!” si morse le labbra “…perché proprio il tuo?! Con tutti i nomi che esistono al mondo, ho dimenticato proprio il tuo…” un sorriso malinconico gli apparve sul viso. Cosa avrebbe dovuto dire? Cosa avrebbe dovuto fare? Come avrebbe dovuto guardarlo?
“Forse era destino.”
Naruto spalancò gli occhi. Cosa aveva appena detto? Che era giusto così se il suo nome era diventato semplice vento? No, non poteva essere così crudele! Non verso di lui almeno! Tirò la giacca “Dimmi il tuo nome.”
“No.” distolse lo sguardo.
“Dimmi il tuo nome.” ribadì con più risolutezza.
“No.”
“Dimmi. Il. Tuo. Nome!” scandì ogni sillaba, ogni parola di quella misera frase.
Le lacrime erano scomparse, gli occhi erano diventati di una serietà mai ricordata. La stretta era diventata ferrea. Vide quel ragazzo cercare di liberarsi dalla presa; strattonava, spingeva, urlava.
Cercava di liberarsi di nuovo di lui…
Era davvero giusto così? Quanto lo odiava! Quanto…
Poi comprese.
“Uchiha” disse incolore.
Il ragazzo si fermò di scatto, lo guardò atterrito “Cosa…?”
“Uchiha… calmati.”
“Non così!” venne spintonato di nuovo “Se devi davvero farmi del male, non farlo così!”
“Uchiha.”
“Piantala! Piantala! Ho un nome! Ho uno stramaledetto nome!” ringhiava forte, azzannava l’aria.
Naruto spostò le dita dai polsi alle mani, erano fredde “Uchiha”
“Sasuke! E’ Sasuke! Contento adesso?!”gridò pieno di rabbia volgendo di nuovo lo sguardo su di lui.


E lo vide, quel sorriso meraviglioso che non aveva mai dimenticato.
Quel sorriso che aveva sempre amato. Quel sorriso che aveva sempre sognato.
“Uchiha… Sasuke.” notò il suo sorriso allargarsi.
Era così caldo, così bello, così speciale…
Allungò una mano verso quelle labbra “…ancora…”
“Sasuke” lo vide avvicinare il volto al suo “Sasuke. Sasuke. Sasuke.” Com’era piacevole quel suono.
“Ancora” lo pregò nuovamente mentre stringeva l’intreccio delle loro dita.
Naruto rise.
Sasuke impazzì. Gioia, dolore, rimpianto, amarezza, malinconia, speranza, amore, odio, orgoglio… mille sentimenti si fecero strada dentro di lui; quella risata…
Questa risata– ingoiò tutto quanto –Questa risata, mi mancava.
“Di nuovo… ti prego” mai aveva pregato qualcuno; nessun dio e nessun umano, ma ora…
Avrebbe fatto qualunque cosa pur di udire il suo nome essere pronunciato in quel modo: con quelle labbra, con quella gentilezza, con tutto quell’amore…
Percepì la fronte di Naruto poggiarsi sulla sua, lo sentì sorridere.
“Sasuke.”
Si sarebbe lasciato andare in un abbraccio, ma probabilmente era chiedere troppo, anche solo le dita bastavano. Erano calde. Molto più delle sue.
“…non lasciare la mia mano.”


“…Sasuke…” Si stupì di notare quanto un solo nome potesse renderlo felice, si stupì nel comprendere quanto dolore potesse scomparire con un semplice incontro. “Sasuke”  quanto gli piaceva quel nome, era così musicale che si sarebbe potuto sciogliere tra le labbra.
Alzò il volto, scostare quel contatto era doloroso, ma rimanere così vicini lo era molto di più; sbatté più volte le palpebre prima di ridacchiare.
“Che c’è?” gli domandò Sasuke guardandolo senza una precisa emozione sul volto.
“Niente” rise ancora, con una mano gli scompigliò i neri capelli, “Hai dei petali sulla testa!”
“Se per quello, anche tu!” ribatté l’altro copiando quel gesto “I tuoi capelli sembrano un nido di rondine… sempre uguali!” sospirò.
Alzò gli occhi al cielo “Ah, beh, i tuoi hanno sempre quella strana coda da gallina…”
“Sono naturali.” ringhiò.
“Anche i miei!”  soffiò.
Gli occhi azzurri di Naruto lo guardarono perplessi.
Gli occhi scuri di Sasuke lo guardarono perplessi.
Scoppiarono a ridere. Le fronti combaciarono di nuovo, le dita rimasero intrecciate.


Sorrise “Idiota.”
“Bastardo.”
E poi? Cos’altro avrebbe potuto dire?
“Naruto”, lo sentì sussultare e poi ridacchiare scioccamente; “Bastardo!” gli rispose giocosamente.
Sbuffò. Da quanto non sbuffava per gioco? Si alzò in piedi e fece forza sulle braccia, aiutandolo a rizzarsi “Siamo deboli, noto.”  ghignò. Da quanto non ghignava divertito?
“Ma piantala scemo!” lo vide pulirsi le ginocchia dalla polvere; avrebbe dovuto farlo anche lui, ma non voleva perdere quell’agognato contatto visivo.
“Hai davvero un meeting?” gli domandò.
Sasuke volse gli occhi al cielo “Penso di no… questi fiori non dureranno ancora per molto.” poggiò di nuovo lo sguardo su di lui “Stai andando a guardare i fiori con i tuoi colleghi?”
Scosse la testa “No, stavo tornando a casa.”
“Non festeggi l’Hanami?” eppure quelle feste erano le sue preferite.
“No, non ne avevo motivo.”
Non dirlo con quel tono…– “Capisco” disse come se avesse compreso davvero.
Il vento gli scompigliò di nuovo i capelli, giocava con la sua frangia e con i suoi vestiti, li faceva ballare seriamente, avvolti nella migliore sceneggiatura naturale.
Naruto sorrise dolcemente.
Vedere Sasuke in quell’istante, era meglio di qualunque albero di ciliegio in fiore; ma la paura di dover soffrire, non riusciva a valorizzare veramente quel momento che gli parve fantastico. Non poteva rimanere con lui troppo a lungo, od il suo cuore non avrebbe resistito.
“Naruto” si sentì chiamare inaspettatamente.
Quale tono…?– “Dimmi.”
“Se non devi andare da altre parti, esci con me.”
Il ragazzo spalancò gli occhi azzurri “Come?!”
“Andiamo a mangiare qualcosa. Del ramen! E bere una birra…” si fermò un istante “e parlare un po’.”
“Oh” che altro poteva dire? Era rimasto spiazzato da quella richiesta “Ma io…”
“Ti prego Naruto, una sola birra.”
“Ma io…”
“Una sola birra…”
L’errore più grande, fu quello di guardarlo negli occhi, “Va bene”
E lo vide sorridere.
E si sentì morire.


 
Glielo aveva chiesto. Gli aveva davvero chiesto di stare con lui per una sola birra!
Si sentì stupido. E sciocco.
Dopo aver udito il suo nome essere pronunciato, dopo aver udito la sua risata limpida, avrebbe accettato qualunque risposta.
Ma quando udì quel “va bene” essere pronunciato pieno di imbarazzo, si sentì spaventato.
Tutto avrebbe ripreso a scorrere come una volta? Tutto il suo amore sarebbe tornato a galla?
Sorrise. Come mai aveva fatto.
Lo vide arrossire.
E si sentì morire.
 

Gli era seduto di fronte, due birre fresche poggiate sul tavolo del ristorante dove avevano ordinato carne alla piastra; dove Sasuke gli aveva ordinato una ciotola di ramen.
Esclusa la birra, gli sembrò di essere tornato ragazzino, quando avevano entrambi quindici anni…
La condensa scendeva annoiata sul ripiano di legno, formando un piccolo rigonfiamento d’acqua; aveva poggiato le mani sulle proprie ginocchia, voleva cercare di contenere tutta l’ansia che voleva traboccare in tremiti fastidiosi, gli occhi azzurri cercavano di sfuggire allo sguardo scuro del suo vecchio amico. Era solo terrore quello che stava provando? O c’era altro?
Ingoiò a vuoto, doveva riprendere possesso delle sue facoltà primarie: sfacciataggine e sicurezza di sé. Com’era sempre stato quando era con lui…
Facile a dirsi– mugugnò dentro di sé mentre le dita si allacciavano salde sul manico del grande boccale –ormai non ricordo nemmeno più come si fa ad essere spacconi…
Vero. Aveva dimenticato tante cose; troppe per poter vivere serenamente.
Scosse la testa, il suo pregio più grande era non lasciarsi abbattere. Cercò di non mollare e di riprendere possesso del suo essere che aveva condizionato la sua infanzia; fino ai quindici anni.
Bevve una lunga boccata di birra, nel vano tentativo di non lasciare troppo silenzio ingiustificato tra loro; in quel momento gli sembrò di essere molto più maturo di quel che ricordava. Maturo e riflessivo… avrebbe voluto esserlo prima, per non doversi giustificare in nessun modo con il suo cuore, Bello scherzo maledetto!– concluse mentalmente mentre poggiava il bicchiere mezzo vuoto.
Lo guardò di sottecchi, il volto candido era rilassato, forse troppo, le mani accarezzavano gentilmente il bicchiere che aveva posato mezzo pieno di fronte a sé, gli occhi scuri che sembravano non guardare nulla di certo; anche lui era imbarazzato di quel momento?
Erano lì, seduti uno di fronte all’altro, come se fosse stata la cosa più normale del mondo.
Ma di ‘normale’ non vi era proprio nulla…
Erano tredici anni che soffriva della sua mancanza, ed ora, cenava insieme a lui, come se non lo vedesse da soli tredici minuti.
Era diventato più volubile di una donna.
Era diventato più sciocco di un bambino.

Le dita affusolate si muovevano sul tavolo facendo disegni improbabili con l’acqua che scendeva sinuosamente lungo il bicchiere. Il silenzio che si era introdotto tra di loro era ingestibile.
Quando aveva udito quel “va bene”, quando aveva rivisto il sorriso su quel volto caramello, aveva sentito il proprio cuore battere all’impazzata, come in preda ad un attacco di tachicardia.
E da quel momento, subito dopo avergli detto “Conosco un posto qui vicino”, il silenzio era calato e sembrava non volersene più andare.
Fantastico…– si disse sarcasticamente mentre volgeva lo sguardo fuori dalla finestra; se fosse affondato in quel cielo limpido, sarebbe sicuramente impazzito. Dal dolore e dal ricordo.
Sospirò – Stupido codardo.– eccome se era un codardo. Non riusciva nemmeno più a guardare negli occhi l’unica persona che aveva veramente considerato importante!
Lo osservò con la coda dell’occhio: era impacciato mentre beveva la lunga boccata di birra. Poteva copiarlo? Se avesse bevuto anche lui, sarebbero stati pari almeno in quello? E’ solo una birra…– si disse dandosi dello sciocco. Non erano più bambini, non erano più adolescenti, non potevano più basare le loro vite solo su stupidi giochi. Le scelte erano diverse. Erano sempre state diverse.
Puntò i gomiti sul tavolo, intrecciò le dita fra loro e vi nascose il volto.
Era difficile poter ragionare, quelle nubi oscure che gli avevano sempre rovinato l’umore e la ragione, si insinuavano nei momenti peggiori. Era difficile poter parlare, quel groppo che gli si era bloccato nella gola da un tempo indefinito, sembrava ingrandirsi sempre di più. E sempre nei momenti peggiori. O migliori. Dipendeva dai punti di vista, dalle situazioni, da qualunque momento che riusciva ad interrompere quella triste monotonia senza una fine.
Alzò lo sguardo, gli occhi scuri si poggiarono sulle mani di quel ragazzo impacciato. Erano grandi, molto di più di quanto ricordava; erano calde, proprio come ricordava. Avrebbe voluto sfiorarle, ma non poteva, non sarebbe stato giusto. Vide il suo sguardo muoversi rapido, senza sapere bene dove poggiarsi: dal tavolo alla finestra, dalla finestra al bicchiere, dal bicchiere al menù affisso all’ingresso. Poi, improvvisamente, lo inchiodò. Pose quel cielo splendente sulla sua totale oscurità.
Sussultò. Sasuke sussultò come mai aveva fatto prima. Sapeva perfettamente come potersi tuffare in quello sguardo senza affondare, lo conosceva bene, lo aveva avuto al suo fianco per una vita intera, ma quello, quello sguardo, era stato incredibilmente potente. Aveva inchiodato ogni certezza, ogni angoscia, ogni possibilità, ogni inquietudine, ogni ombra… avrebbe potuto inchiodare qualunque cosa.
Ma lui era Sasuke Uchiha, poteva davvero lasciarsi sopraffare solo da un paio d’occhi?
Se si trattavano di quelli di Naruto, allora sì.
Lo vide spostare nuovamente le iridi al bicchiere; le gote erano rosse d’imbarazzo. In quel momento pensò che fosse adorabile.
“Lo sai che ‘adorabile’ significa ‘degno di essere amato’?”
Sasuke si irrigidì. Quando glielo aveva detto?
Ah, sì…– era stato tredici anni fa.  Erano accoccolati sul letto, Naruto aveva poggiato la testa sulle sue gambe e stava commentando in modo un po’ assonnato una nuova varietà di ramen precotto. Sasuke lo guardava assorto, con un sorriso sul volto e glielo disse: “Sei adorabile.”
Naruto rimase in silenzio alcuni istanti prima di domandarglielo: “Lo sai che ‘adorabile’ significa ‘degno di essere amato’?”
Certo che lo sapeva. Era ovvio. Ma non glielo rivelò. Mai.
Nemmeno adesso…– ingoiò a vuoto, rendendosi conto di quanto la sua vigliaccheria si era allargata –Però, qualcosa devo dire…
Si, perché era stato lui ad invitarlo, in un momento di follia, certo, però non poteva tirarsi indietro proprio ora –Dopo averlo ritrovato.
Prese un respiro profondo, e tanto coraggio “Naruto.”
Lo vide sussultare appena mentre alzava la testa –Adorabile. –
“Sì?”
“Come stai?”
Un sottile sorriso mesto fece capolino sul volto bronzeo “Bene” –Bugiardo!
Sasuke sospirò. “Naruto, le bugie ti faranno sembrare Pinocchio…” disse picchiettando con un dito sul proprio naso.
“Ma non è–“
“Naruto, non mentire con me, ti conosco troppo bene.” incrociò le braccia al petto, mentre un sorriso sincero colpì il cuore dell’altro.

Naruto ingoiò ogni bugia.
Era vero, lo conosceva troppo bene; e ne era felice. Perché in tutti quegli anni, non aveva dimenticato il suo vero volto ed aveva immediatamente eliminato quella maschera che gli pesava sul viso da tempo immemore. L’aveva buttata in terra e si era rotta in mille pezzi; doveva fare attenzione a non tagliarsi…
Si rigirò il bicchiere tra le dita, un sorriso apparve fugace“Da quant’è che non beviamo qualcosa insieme?”, notò Sasuke spostare lo sguardo da lui –Vigliacco.
 “Da tanto tempo.”
“Come al solito, sei di poche parole” ghignò mentre alzava un braccio per chiamare il cameriere. Quando arrivò ordinò altre due birre; “Tu come stai?”
“Io non mentivo prima” rispose con tono serio.
Naruto si irrigidì, perché lui stava bene? Perché lui non aveva sofferto così tanto?  Soffermò lo sguardo sui suoi occhi notte, “Bugiardo.”
Sasuke aggrottò le sopracciglia “Perché dici questo?”
“Perché i tuoi occhi sono spenti” strinse un pugno “Prima non erano così.”
“Sono passati tanti anni Naruto, è ovvio che si deve cambiare.”
“Ovvio? Il cambiamento è un’ovvietà? Da quando pensi questo?” era perplesso; Sasuke era mai stato così?
Lo vide spostarsi teatralmente la frangia con una mano e smise di respirare. Era ancora più bello di quanto ricordava. Però erano solo ricordi i suoi… Ormai non vi era più nulla di simile alla realtà.
“Abbiamo sempre pensato in modo differente”
Gli occhi azzurri si spalancarono per un istante prima di ritornare seri –Sei un maledetto bugiardo!– soffiò col naso cercando di trattenere la rabbia “In realtà, credo che abbiamo iniziato a pensare in modo diverso solo negli ultimi anni” sospirò “Da quel che ricordo, avevamo molti pensieri comuni.”
“Sì, avevamo.”
Naruto ringhiò mentalmente quando sentì la parola ‘avevamo’ essere sottolineata; ma prima che potesse ribattere con sgarbo, arrivò il cameriere che disse professionalmente “Ecco la carne alla piastra per due e il ramen” poi li lasciò di nuovo soli.
Il ragazzo dai capelli dell’oro prese le bacchette e la ciotola di ramen, e vi affondò l’odio che era appena fuoriuscito dal suo cuore; glielo aveva ordinato sapendolo? Sapendo che avrebbe abbattuto quella maschera pesante e che il suo vero e vecchio io sarebbe tornato in vita? Comunque fosse, lo ringraziava. Fare una scenata in un ristorante sarebbe stato davvero inopportuno.
E poi, perché avrebbe dovuto litigare con lui? Tante volte aveva sognato questo momento, e sempre in modo diverso; in qualcuna lo abbracciava, in qualcun’altra lo schiaffeggiava, ma sempre, sempre, lo baciava. Perché lo aveva amato talmente tanto da rasentare la follia. Perché lo amava ancora.
Anche se sapeva che non era giusto. Anche se sapeva che non era il caso.
Il brodo caldo e profumato gli stava facendo sciogliere la tranquillità; sapeva che avrebbe pianto.
Appena lo aveva visto, aveva provato una sensazione di paura pura, di incredulità vagante e una tristezza incontenibile… perché? Eppure, i ricordi di tutti quegli anni passati insieme, prima del distacco, erano stati fantastici! Ed ora avrebbe pianto. Come un bambino, come un innamorato.
Come un indesiderato. Perché lo sapeva, ora che gli anni erano passati, ora che poteva ragionare come un adulto, sapeva che lo avrebbe abbandonato.
Alzò gli occhi dalla scodella, voleva vederlo ancora una volta in quel silenzio magico. Era così bello… Ingoiò velocemente il brodo, l’ultima bacchettata di spaghetti e la rondellina di pesceche lasciava sempre per ultima. Era ancora innamorato?
Che domanda stupida.– sorrise in quell’istante. Un sorriso pieno di malinconia, ma sincero –Ovviamente.
Poggiò la scodella sul tavolo, le bacchette posate sopra al piatto in orizzontale “Sasuke, devo chiederti delle cose.”
Lo vide guardare perplesso per un piccolo istante, prima di rispondere “Anch’io.”
Sorrisero entrambi.


“Avanti, cosa vuoi sapere?” domandò Sasuke mentre poggiava con grazia la carne nel suo piatto.
Non aveva mai staccato gli occhi da lui in quegli ultimi minuti e la poteva vedere, tutta l’ansia che lo stava assalendo piano. Un poco per volta. Sarebbero state così terribili quelle domande? O meglio, sarebbero state così terribili le risposte che avrebbe dato?
– come poteva saperlo?
Però, poteva immaginarlo. Volendo.
Sentì che ingoiò a vuoto, vide il suo pomo d’Adamo muoversi in un singulto; come lo capiva. Aveva anche lui paura, di lasciarlo andare nello stesso modo dell’ultima volta.
“Sasuke, cos’hai fatto per tutto questo tempo?” la voce gli si era inclinata leggermente.
Quando udì quella domanda, rimase deluso, sperava gli chiedesse il perché di quell’abbandono… –Ad ognuno il suo tempo…
“Avrai intuito che mi sono trasferito ad Oto.”
“Sì”
Come doveva proseguire?
“Ho studiato legge, ed ora sono un avvocato nello studio di un rinomato legale del luogo.” e poi?
“Davvero? Complimenti!” gli sorrise sincero Naruto; che altro avrebbe voluto sentirsi dire?
“Grazie”
“E poi?”
“Mio fratello si è trasferito per lavoro in America; è stato accettato nella C.I.A.”
“Cosa?! Sul serio? Itachi-san è un agente federale?! Wow!” un luccichio fantasioso gli balenò negli occhi azzurri. Sasuke strinse le bacchette. Era più interessato ad Itachi che a lui –Brutto Bastar…–, ingoiò l’invidia “Ormai lo è da alcuni anni”
“Incredibile…” proseguì l’amico mentre assaporava un pezzo di carne “E’ sempre stato di vedute molto larghe!”
“ …Sì, come no…” biascicò mentre il suo stomaco si arrotolava nell’odio.
“Uh?!”
“Niente niente!” si affrettò a dire mentre mostrava un sorrisetto di circostanza “Comunque, tutto quello che ho potuto fare io, è stato rispettare il volere di mio padre.”
 
Naruto sbatté per due volte consecutive le palpebre; di nuovo, quella persona, cercava di rovinargli la vita.
Ancora. Ancora. E ancora.
Quante volte aveva visto il dolore in quegli occhi color notte? Quante volte?
Non le ricordava… Non poteva contarle nemmeno in cinque paia di mani. La rabbia ribollì dentro di lui, se in quei tredici anni aveva sofferto, e di questo ne era certo, era sempre stata colpa di quella persona. Strinse i pugni e cercò di non dare peso al fuoco che gli scorreva dentro.
“Quindi…” tentennò, poteva chiederglielo? “Quindi cosa ti ha obbligato a fare?”
Notò Sasuke ridacchiare; aggrottò le sopracciglia “Perché ridi?”
“Sei infantile Naruto.” rideva ancora.
“Ehi tu!” ringhiò tra i denti, perché diceva che era infantile? Aveva fatto tante cose ragionando come una persona matura. Tante.
Tra cui non rincorrerlo. Non era infantile.
“Sasuke! Cosa ti ha obbligato a fare?!” questa volta notò la sua voce alzarsi di alcuni decibel; un ragazzo seduto al bancone si era girato verso di loro.
Vide gli occhi scuri assottigliarsi, il volto pallido diventare serio, aveva allungato una mano e lo indicava con le bacchette strette tra le dita “Naruto, vediamo di capirci bene per una volta” il tono era duro “mio padre non mi ha obbligato a fare niente. Tutto quello che ho fatto, è stato solo per mia scelta!”
Non aveva urlato, eppure Naruto era rimasto tramortito da quelle parole. Le orecchie fischiavano; il cuore che non batteva, si era fermato in gola. Fece un respiro profondo. Erano vere quelle frasi?
Conoscendo Sasuke, decise che sì, erano vere, ma avrebbe dovuto leggere tra le righe per comprendere davvero.
“Sasuke” riprese senza speranza “cos’hai deciso con il libero arbitrio?”
Le iridi nere si prostrarono alle sue; vi leggeva paura? Rimorso? Dolore? Serietà?
Cosa c’era? Tutto? Niente?
“Naruto, davvero, è stata una mia decisione…” sussurrava.
“Quale?”
“Quella di sposarmi.”
E la morte, raggiunse il suo cuore.
 
Lo vide, il cuore di Naruto andare in mille pezzi. Proprio lì, davanti a lui. Era stato orribile.
Orribile…
Aveva notato gli occhi azzurri spegnersi rapidamente. Aveva notato il suo volto impallidire. Aveva notato l’infrangersi di un sogno. Che persona terribile era stata in quell’istante… terribile.
Si morse il labbro inferiore, mentre si rendeva conto di essere diventato improvvisamente sordo; non captava nient’altro che il respiro di quel ragazzo che ancora lo amava.
Che doveva fare? Avrebbe voluto abbracciarlo, per renderlo partecipe di quell’affetto non scemato, avrebbe voluto accarezzarlo, per fargli comprendere che non lo avrebbe fatto soffrire ulteriormente, avrebbe voluto baciarlo, per fargli capire quanto gli era mancato.
Ma non poteva. Non poteva farlo! Sarebbero stati gesti subdoli, meschini!
E lui non voleva che lo ricordasse così… non di nuovo.
Poi, dopo un tempo che gli parve infinito, lo vide muovere le labbra, chiedendo in un sussurro sottile, tremante “Perché?”
Perché cosa? Perché mi sono sposato? Perché non te l’ho detto? Perché cosa?–  non sapeva come rispondere… perché non sapeva a quale domanda si riferisse.
“Perché” riprese Naruto “mi hai abbandonato?”
Sasuke sussultò e tutto il mondo che li circondava, si era improvvisamente fermato.
“Ehi Sasuke! Guarda cos’ho trovato! Un filo rosso!”
Dove aveva messo quel filo?
“Ecco fatto! Mignoli legati! Così staremo insieme per sempre!”
Dove aveva messo quel maledetto filo rosso?
“Ehi Sasuke, sei ‘adorabile’.”
Non era più legato al suo mignolo…

Si era sposato. Si era sposato!
Il ragazzo che aveva amato per una vita, si era sposato.
E nessuno glielo aveva mai detto. Si era sposato e non lo avrebbe mai scoperto se non lo avesse incontrato, se non avesse accettato di uscire con lui, se non gli avesse posto quelle domande, se non avesse messo in mezzo quella persona. Si era sposato.
…si era sposato…
Sentì delle lame affilate trafiggergli lo stomaco; provava dolore. Tanto dolore.
Dolore fisico. Dolore mentale.
Il cuore affannava nella speranza di poter continuare a battere. Affannava nella speranza di smettere di battere. Voleva morire. Lì, in quel momento.
Però, il suo cuore non lo ascoltava minimamente; non capiva quanto male stesse provando per una piccola frase? Allora, avrebbe potuto almeno piangere?
Sì?
Sì, ti prego!– si mise una mano sul petto, le dita si strinsero sulla camicia stropicciandola –Ti prego…
Ma non poteva, il suo orgoglio di uomo glielo impediva.
“…Naruto…” udì il suo nome essere sussurrato, pieno di preoccupazione, dolore, paura…
Alzò gli occhi, vedeva sfuocato “…perché mi hai abbandonato…?”; solo dopo la seconda volta, si rese davvero conto della frase che aveva appena pronunciato.
“Perché dovevo farlo.”
Sorrise “Capisco.”
Aveva raccolto i mille pezzi e li aveva incollati insieme: la maschera era di nuovo sul suo volto.
Bugiardo e falso.

“No, non capisci.”
“Ah;  ok, non capisco.”
“Naru–“
“Uzumaki” sospirò.
“Na–“
“U.Zu.Ma.Ki!” digrignò i denti, sillabando il cognome “…te ne prego…”
“…non ha senso…”
“Sei tu che non capisci ora.”
“Bugiardo.”
“Non sai quanta sofferenza stia provando adesso.” un sorriso malinconico e ferito apparve sul suo viso “E’ davvero doloroso sentire il mio nome essere pronunciato dalle tue labbra… dopo tutto questo.” lo vide  allargare leggermente le braccia, come per enfatizzare la parola ‘tutto’.
Non riusciva a comprendere; come doveva chiamarlo? Quale sarebbe stato il modo giusto?
Evitò quel confronto –Vigliacco!
“Ascoltami per favore”
“Perché? Per specificare che non mi hai mai amato?! No, grazie…”
“Per favore, voglio che ascolti le mie motivazioni. E non ho mai detto di non averti amato!”
“Detto no, ma lo hai fatto intendere benissimo. Dopo che ti ho detto quella frase, sei scomparso. Come avrei dovuto interpretare il tuo gesto?!” prese un respiro profondo, doloroso “Ho pensato che fosse successo qualcosa, mi sono preoccupato, sono impazzito nel cercarti! E poi sono venuto a sapere che avevi lasciato Konoha con tutta la tua famiglia nella notte… E non me lo hai detto. Non mi hai lasciato un solo biglietto che mi spiegasse il motivo, anzi, non mi hai lasciato nemmeno un biglietto con su scritto addio! Non ho trovato nulla e ti ho aspettato; ti ho aspettato per tutto questo tempo…”
Sasuke aveva avuto alcune difficoltà a capire tutta la frase pronunciata senza mai prendere un respiro, senza mai fermarsi per poter riflettere su quelle parole difficili; però quell’ultima cosa, l’aveva capita bene.
“Non… non ti sei rifatto una vita?!” era sconvolto. Davvero non aveva mai…
“No!” singhiozzò “Come potevo?! Come potevo abbandonare la tua voglia di ‘casa’; di quel posto in cui saresti potuto tornare?!”
Il suo cuore si fermò, le mani iniziarono a tremargli.
“…non lasciare la mia mano.”
Non lo aveva mai fatto.
“Perché?” che altro poteva domandare?
“Perché ti ho… perché ti amo dannazione!” anche se lo sussurrò, Sasuke lo udì come un grido disperato.
“Ehi Sasuke, lo sai che ti amo da morire?!”
Perché se n’era andato?

Glielo aveva detto.
Glielo aveva detto davvero! Gli aveva rivelato tutto il dolore di cui si era riempito in quei tredici anni. E di tutto l’amore di cui si era svuotato.
Si coprì il volto con le mani; aveva deciso di essere una persona matura, di trattenere tutta la verità se un giorno l’avesse rivisto, invece, ora, era rimasto stupito da quanto fosse volubile la sua mente…
Si è sposato… – si disse cercando di trattenere le lacrime –si è sposato… si è dimenticato di me… mi ha sempre mentito…–  chiuse le dita, le mani strette in pugni.
La carne doleva nascosta dall’ansia che era fuoriuscita dalle vecchie ferite; ingoiò a vuoto.
“Dimmi la verità”
“E’ tutto vero Naruto” il suo tono era calmo.
E’ sempre stato più maturo di me. I sentimenti non sono mai stati così importanti da fargli pesare le parole…–  
Prese un respiro, alzò gli occhi chiari e parlò di nuovo “Com’è successo?” domandò piano, le ginocchia tremavano “Come vi siete conosciuti?”
Lo vide grattarsi una guancia, lo faceva sempre quando erano adolescenti.
“Beh, in università. Cioè, lei faceva medicina, chirurgia per la precisione; avevamo le aule vicine.” sorrise imbarazzato “All’inizio credevo fosse solo una ragazzetta antipatica e petulante, ma poi, quando la vedevo studiare in biblioteca, mi rendevo conto che dava anima e corpo per giungere al suo scopo.” Bevve un sorso, simbolico visto che il bicchiere era quasi totalmente vuoto “Non ricordo nemmeno se sono stato io a chiederle di uscire, o se è stata lei…” diede un colpo di tosse, per schiarirsi la gola “Però, ricordo bene, che lo avevo fatto solo per dimenticare te.”
Ah– colpito ed affondato.
“Sai Naruto, tu occupavi continuamente i miei pensieri… non avrei retto a lungo. Volevo vederti. Volevo toccarti. Volevo baciarti. Ma non potevo…”
“Perché non ti sei mai fatto vivo?” doveva sapere, era lecito.
“Perché avevo paura…” strinse i pugni poggiati sul tavolo “Non sapevo cos’avresti detto o fatto se mi fossi presentato alla tua porta…” sospirò prendendo una lunga pausa.
 “A casa ho una scatola.”
Naruto lo guardò perplesso.
“E’ una scatola da scarpe, che mia moglie ha ricoperto con della carta colorata. E’ stata gentile.”
Naruto lo guardava perplesso.
“Dentro quella scatola, ci sono tutte le cartoline che ti ho scritto.” una pausa “Ma che non ho mai avuto il coraggio di spedirti.”
Oh.
“Ci sono anche tutti i biglietti del treno, che ho acquistato preso da un immaturo e fugace desiderio di rivederti. Ma che alla fine non ho mai utilizzato…” allargò le mani, come se tenesse un cofanetto invisibile tra le dita.
Oh!
“E’ tutto lì dentro Naruto. Tutto. La solitudine, la vergogna. L’amore…” sospirò “E’ tutto lì.”
“…gentile…” biascicò l’ex compagno.
“Uhm?”
“Tua moglie, è stata gentile.”
“Sì.” sorrise teneramente “Nonostante tutto, mi ha accettato. Ed ha accettato che il mio amore per te non sarà mai secondo a nessun altro.”
Sussultò. Sapeva di loro.
“Ma… ma che…?”
“Naruto, comprendimi, non potevo non dirglielo. Lo aveva capito benissimo da sola che non era certo lei la prima persona che offuscava la mia ragione! Era così palese il mio desiderio di te…” puntò un gomito sul tavolo, la mano aperta e la fronte appoggiata “Ha accettato me. Questo amore improbabile e mai esaurito. Ha accettato te e la tua intrusione costante…” si massaggiò gli occhi “Eravamo sposati da un paio di mesi quando le ho mostrato la scatola, quando le ho detto che poteva decidere di cosa farne. In quel momento non avevo tentennato o dubitato, perché lei sarebbe stata l’unica a poter farmi comprendere quanto fosse folle il mio amore per te.” Ingoiò, qualunque sentimento fosse, lo ingoiò “Quella scatola la rividi solo otto giorni dopo… era il dieci ottobre…”
Naruto sussultò –Per il mio…
“Sì, per il tuo compleanno” lo anticipò Sasuke “Mi ha ridato la scatola. Ero sconvolto, non capivo cosa davvero volesse fare, poi me lo disse. Mi disse di aver letto le cartoline, le lettere, di aver contato tutti i biglietti inutilizzati dello Shinkansen e mi comunicò che quello era un tesoro. Il mio tesoro” alzò gli occhi pece ed inchiodò tutto il terrore ormai scemato di Naruto “Il tuo tesoro.”
Ah– gli sorrise dolce “Capisco” allungò una mano sul tavolo e sfiorò le sue dita pallide “Capisco perché ti sei innamorato di lei.”
Si ritrasse rapido, un contatto troppo lungo lo avrebbe demolito mentalmente; si accasciò allo schienale, stanco. Guardando davanti a sé, notò il piatto con la carne.
Era diventata fredda.

Quella scatola era stato l’unico collegamento col suo passato…
Non poteva permettersi altro.
Non poteva rivelare davvero a Naruto che se ne era andato perché era terrorizzato dalla loro storia. Impossibile e difficile.
Due uomini… per quanti racconti sentisse, per quante coppie omosessuali avesse conosciuto, poche erano state felici davvero di quella situazione; il Giappone non era pronto per quel mondo.
La sua famiglia non era pronta.
Lui non era pronto.
Lo aveva amato alla follia, e lasciarlo era stato più doloroso del previsto, ma non poteva fare altro.
Lo aveva fatto per se stesso e per Naruto.
Se lui non lo avesse abbandonato e se fossero rimasti in piedi, se ne sarebbe pentito sicuramente; perché non avrebbe retto al disagio di vedere occhi indignati ed infastiditi dal loro rapporto.
Stupido Bastardo.– quante volte se lo era ripetuto.
Quante volte aveva deciso di non guardarsi indietro.
Però...
Codardo, era stato un semplice codardo. Ma grazie a quelle scelte, aveva incontrato persone nuove, tutte con ideologie diverse, con modi di vivere diversi, con passati diversi.
Lo guardò poggiarsi stanco allo schienale. Sorrise.
Adorabile.– pensò, prima di dover decidere se raccontare o meno di quell’incontro alla moglie.
“Usciamo?” domandò alzandosi piano “Ho bisogno di un po’ d’aria.”
“Uh, anch’io…”
Prese il portafoglio dalla tasca sinistra e si avviò alla cassa; Naruto lo raggiunse rapido “Ehi!” urlò bloccandogli una mano.
“Che c’è?”
“Come che c’è? Paghi tu?”
“…non vuoi?” chiese stupito.
“Certo che no!” gli strinse le dita, un sorriso solare riempì il suo volto caramello; Sasuke lo guardò sconvolto Ah… eccolo… com’è bello…
“Facciamo a metà!” continuò il ragazzo dagli occhi primaverili “Così non sembrerà altro che una rimpatriata!” Sorrideva ancora.
Le pozze nere dell’amico si spalancarono; aveva capito quanto gli era costato tutta quell’attenzione, tutta quella calma.
“Bene, però…”
“Cosa?”
Guardò il ristoratore che stava battendo lo scontrino alla cassa, mostrando loro il totale “Te lo dico dopo.”
Naruto sbatté alcune volte le palpebre, prima di estrarre una banconota dal portafoglio e porla al gestore; Sasuke fece lo stesso.
“Ehi Sasuke… posso baciarti?!”
“Perché?”
“Perché ho pensato che le tue labbra devono essere davvero morbide!”

Da allora, dal loro primo bacio, erano trascorsi più di quindici anni.
E lo amava come fosse il primo giorno.

Appena furono fuori dal ristorante, notarono il soleessersi quasi nascosto dietro gli alti palazzi; era passato così tanto tempo?
Probabile… il loro tempo era quasi trascorso immutabile all’interno di quella trattoria che divideva la loro vita attuale, dalla loro vita passata.
Naruto respirò a pieni polmoni “Wah! Si sente proprio che siamo in primavera, vero?!”
“Sì.”
“Sasuke…”
“Cosa?”
Si voltò verso di lui, proponendogli il sorriso più sincero che avesse mai mostrato “Grazie.”
Notò gli occhi scuri aprirsi nello stupore “Di cosa?”
“Di avermi portato qui.” si grattò il naso “Di avermi offerto il ramen, di avermi parlato.”
“…”
“Davvero, grazie per avermi amato.”
Lo disse piano, ma con gratitudine “Sei stato davvero il solo per me, non credo di potermi innamorare di qualcun altro allo stesso modo, però, ora, penso che sia tempo anche per me di trovare qualcuno di importante che voglia starmi accanto.”
Sasuke provò dolore ad udire quelle frasi, ma al tempo stesso anche una sensazione di piacevole liberazione; ma non del fatto che Naruto lo lasciasse libero, ma che Naruto stesso fosse riuscito a liberarsi da quella catena che lo legava stretto, ansimante, al suo cuore.
“Ehi Naruto! Che fai?!
“Ti abbraccio!”
“Perché?”
“Perché ti amo! Ti amo-Ti amo-Ti amo-Ti amo-Ti amo!”
“Idiota.”
“Che ridi bastardo?!”

Sasuke si coprì gli occhi con una mano, proprio in quel momento doveva mostrarsi debole?!
Ingoiò qualunque cosa gli si fosse fermata nella gola e lo guardò, malinconico, “Scusa Naruto… Scusami tanto.”
“E di cosa?”
“Di averti fatto soffrire in questo modo.”
Sorrise di nuovo, con tenerezza “Non preoccuparti. L’amore è fatto anche di questo” ghignò.
“Grazie, per avermi amato così tanto…” gli si avvicinò, con una mano gli accarezzò una guancia; era calda, “Grazie, per avermi aspettato fino ad ora.”
Naruto prese tra le sue dita quelle diafane di Sasuke “Non c’è di che”
“…ora, devo proprio andare…” una strana ed inquietante tristezza lo avvolse.
“Sì, anch’io…” lasciò la sua mano, in un sorriso piangente.
“Naruto, ti va… ti va se il prossimo anno guardiamo i petali di ciliegio insieme?”
Sorrise “Chissà dove sarò il prossimo anno!”
“Dai! Fra un anno esatto ci rivediamo a Konoha, davanti al chiosco di Ikeuchi! E ci avviamo al parco; con sushi e ramen precotto sotto il braccio!”
“Ed il sakè! Tanto sakè!” ghignò.
“Certamente!”
“E poi, porta tua moglie. Sarei felice di conoscerla.”
“Ah-ah! E tu il tuo futuro compagno” sghignazzò “sempre tu che sia capace di trovarne uno in trecentosessantacinque giorni!”
“Ehi! Ma per chi mi prendi bastardo!” si batté un pugno sul petto “Io sono Uzumaki Naruto; un uomo capace di fare qualunque cosa!”
“Oh, certo… come no, idiota!”
“Ma taci!” ghignò spintonandolo giocosamente.
“Ehi bastardo, ti amo!”
“Tsk; idiota!”
“…”
“Oh va bene; anch’io!”

E risero.
Di nuovo. Insieme.
E si rividero a quindici anni: solari ed innamorati.
“Ehi Sasuke, me ne sono dimenticato!”
“Cosa?!”
“Congratulazioni per il tuo matrimonio.” un sorriso delicato apparve su quel viso sempre uguale.
“Grazie”
Allungò le mani e lo strinse in un abbraccio.
L’ultimo abbraccio come amanti.
Il primo abbraccio come amici.
Il vento soffiò, i petali li circondarono per la seconda volta.
E vennero divisi. Ancora.
“Bene Sasuke, ci vediamo fra trecentosessantacinque giorni!”
“Bene Naruto; ma vedi di ricordarlo!” cercava di sorridere.
“…Arrivederci Sasuke.”
“Ciao”
Si voltarono e si avviarono per due strade opposte.
Il cuore di Sasuke stava battendo all’impazzata, preso dall’ansia e dall’angoscia.
Perché?
“Ehi Sasuke! Dov’è il filo rosso?”
“…l’ho tagliato.”
“Perché?”
“Perché era ingombrante.”
“Ah…”

Si girò di scatto; vide quella schiena che aveva sempre accarezzato allontanarsi, dritta, imperturbabile.
Strinse i pugni, strinse i denti e l’amore fuoriuscì totalmente!
“Ehi! Naruto! Ci vediamo il prossimo anno! Ricordatelo! Devi ricordartelo! Ti aspetterò, con mia moglie! Con del ramen! Con qualunque cosa tu voglia!” urlava, infischiandosene dei passanti che lo guardavano perplessi.
“Devi venire Naruto! io ti aspetterò! Anche se ci volessero tredici anni, ti aspetterò!” non lo vide girarsi; sperò che stesse udendo le sue urla.
“Naruto! Non dimenticare neanche che io ti ho amato davvero! Ok?”
Nessuna risposta.
“Ok?”
Lo vide girarsi con una mezza piroetta, le mani in tasca ed un sorriso speciale che stava rivolgendo solo a lui “Sì sì! Ho capito, non sono sordo, sai?! Quanto sei rumoroso bastardo!”
Si voltò nuovamente ed alzò una mano in segno di saluto.
“Ah…” ridacchiò dentro di sé bisbigliando “sei tu quello rumoroso, idiota.”
“Ehi Sasuke”
“Dimmi”
“Dammi una mano.”
“…”
“Ecco, ho legato i nostri mignoli,  così non ci lasceremo mai! Questo, è il filo rosso del destino!”
“…ma quanto sei scemo?!”
“Non ridere, sono serio!”
“Anch’io.”
“…ne, Sasuke…”
“Uhm?!”
“Ti amo.”
“Ti amo anch’io.”

In quel momento, si accorsero entrambi che una nuova primavera aveva iniziato a far loro visita.
Totalmente diversa. Totalmente uguale.



“Tu sei il solo che possa amare…”
“Tu sei il solo che possa odiarmi…”
“…sei il solo che possa desiderare…”
“…sei il solo che possa disprezzarmi…”
“…sei il solo che possa camminare al mio fianco…”
“…sei il solo che possa allontanarmi…”
“…non lasciare la mia mano.”
“…non lasciare la mia mano.”

 



 

 
Il diario dentro l’armadio – scleri post capitolo Pagine ritrovate:
Salve a tutti!
Sono tornata in questo fandom con questa OS decisamente introspettiva.
Lo so, vi vedo con i pomodori marci in mano pronti per tirarmeli appena dico qualche idiozia.
E già lo so che mi state dicendo “Ma che cavolo hai scritto?”
Eh, giustamente ora vi spiego: innanzitutto è un finale aperto. Potete vederlo come volte.
In un anno possono accadere davvero molte cose. E poi c'è quel filo rosso che non si spezza mai veramente.
Poi, volevo specificare il senso della Primavera, prompt del contest dell’epoca: la primavera, oltre ad essere una stagione, è sinonimo di cambiamento. Di nuovo inizio. Di nuovi amori.
E’ anche vero che i nuovi amori, possono essere riferiti alla medesima persona per cui si è stati innamorati; magari aumentando o modificando il sentimento.
Vuole essere una storia matura. Una storia che abbia un senso profondo ed interiore. Una storia che si rivolge al passato ed al presente in modo differente da come vorrebbe rivolgersi al futuro.
Il futuro è un presente, un dono di cui non si può fare a meno. Magari le scelte non piacciono nell’immediato o vengono considerate sbagliate; ma non bisogna guardarsi indietro, non bisogna pensare che “se potessi tornare indietro, cambierei qualcosa”, perché il futuro si modificherebbe troppo: non vivrete le stesse esperienze e non incontrereste le stesse persone; e questo ho cercato di farlo comprendere anche tramite i pensieri dei due protagonisti. Né Naruto né Sasuke hanno mai desiderato farlo, non si sono mai pentiti.
Lo so, state odiando me ed avete odiato la storia.
Mi spiace, ma quando l’ho scritta per quel giugno 2011, ho davvero pensato tutte le cose sopracitate e l’ho trovate perfette per il prompt Primavera.
Ma i gusti sono gusti XD
Il perchè la pubblico ora? Non lo so. Sono cambiate molte cose in questi 18 mesi (tante!) e vedere questa storia lì, in un angolo, mi ha messo tristezza, soprattutto perchè quando la scrissi ci misi tutto il cuore e tutti i sentimenti che fluivano in me in quel periodo.
E' una storia davvero importante per me e, spero, che non vi lasci totalmente indifferenti.
Spero, comunque, che in qualche modo sia apprezzata e pero che qualcuno abbia la bontà di recensire lol
Non ho idee se tornerò su questo fandom, già ho poco tempo e poi non vedo più tutta quella “luce” che mi illuminava ogni volta che aprivo un volume nuovo di Naruto… ma la speranza è l'ultima a morire (e le ff che ho interrotto sono già belle che finite da un pezzo)!
Chi lo sa, magari riprenderò Memories molto presto.
Bye Bye
Charty^^


p.s.
Un saluto alla mia Millicentina!

  
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