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Autore: Kysa    10/05/2007    5 recensioni
Terza parte della saga, signori e signore. La battaglia fra Harry Potter e i Mangiamorte subisce nuove mutazioni con l'entrata in scena di personaggi ambigui che minacciano la nuova vita del bambino sopravvissuto, mentre il giovane Tom Riddle, ormai al suo ultimo anno a Hogwarts, rischia di rovinare la sua esistenza per colpa del suo passato. Ancora Harry Potter e i suoi compagni nell'ennesima guerra, in uno sfondo di amori e tragici avvenimenti. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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figli61

 

 


I lost all faith in my god, in his religion too
I told the angels they could sing their songs to someone new
I lost all trust in my friends
I watched my heart turn to stone
I thought that i was left to walk this wicked world alone...


Segreto.
Basta la sola parola a far tremare.
Di gioia, eccitazione, paura, rabbia.
Basta la sola parola.
E solo la semplice idea può distruggere anche la diga più forte e robusta.
Damon Michael Howthorne, futuro Lord, osservava il soffitto nero della Stanza dei Pugna Laeta.
Stanza con due sole porte. E una barriera divisoria, proprio a spaccare il rombo a metà.
Stava seduto, stravaccato, le gambe lunghe e il capo rivolto indietro, oltre la testata della poltrona.
Una sigaretta gli penzolava dalle labbra.
E fissava il vuoto. Come faceva da quasi una settimana.
Le sue visioni erano sparite.
Anche i suoi sogni.
E nella testa ora gli rimbombava solo un dolore sottile. Che sembrava non avere forma...ma che aveva unghie e artigli che provocavano tagli così laceranti da impedirgli di dormire, di mangiare.
Segreto.
Cos'era in fondo?
Una malattia. Qualcosa che ti uccide da dentro, in silenzio. Un cancro merdoso e strisciante.
Qualcosa che devi nascondere dentro di te, che sembra starsene buono per un po' di tempo, qualcosa che tu fai finta d'ignorare, ma che in verità tu sai che è sempre lì, in quell'angolino del tuo cuore e della tua testa, pronto a balzare fuori nei momenti in cui meno te lo aspetti. A ricordarti la tua falsità.
Impari a portare una maschera, di fronte a tutti.
Impari a convivere con l'ipocrisia, impari a mentire, a ingannare.
Impari a dormire con quel peso sulla coscienza, impari anche a sorridere.
E porti la maschera fino a quando il tuo bel castello di carte non cade.
Mandando tutto in pezzi.
Si, quella parola e il suo suono bastavano ad offendere.
Aspirò il fumo, facendo cadere la cenere vicino al suo fianco, ma non si bruciò.
E d'altronde non se ne sarebbe curato.
Da una settimana a quella parte si limitava a sopravvivere.
A malapena ascoltava le voci nella sua testa, a malapena mangiava.
Osservava senza vederle le ombre delle colonne che reggevano la dimensione della Stanza, creata da Leiandros Cameron. Piccole colonne dalla linea fluida e pulita.
Un pavimento bianco, di marmo lucente, con piccoli spicchi neri qua e là, per dare forme geometriche all'insieme.
Sembrava un universo a sé.
Esattamente come lo era diventato lui...già, come lo era diventato Thomas Maximilian Riddle, da una settimana a quella parte.
Dal giorno in cui se n'erano andati dal Ministero della Magia senza speranza.
Socchiuse gli occhi celesti, vedendo ora che estrema chiarezza.
Si, quel dolore che lo feriva dentro aveva un volto.
Quello del suo migliore amico.
Traditore, pensò.
Se ne andava.
Vigliacco.
Per sempre.
Bugiardo.
Si chiuse una mano sugli occhi, avvertendo le lacrime pungergli le ciglia.
Le ricacciò indietro, dando un altro tiro alla sigaretta strazzonata.
E lui invece cos'era? Lui che credeva di conoscere a memoria il suo migliore amico, lui che in sette anni non aveva mai capito un accidente.
Tom era un grande attore. Si, questo era vero.
Ma era anche vero che...non aveva voluto vedere.
Proprio lui, proprio lui che diceva che non c'era peggior cieco di chi non volesse vedere.
In tanti comunque non avevano aperto gli occhi. E di tempo ne avevano avuto a disposizione.
Ora invece avevano solo un mese e mezzo.
Poco meno di sessanta giorni.
E li stava buttando via così...
Angelica Claire King aveva smesso di sorridere. Per giorni non era andata a lezione, ancora in quel momento non dormiva. Probabilmente neanche mangiava.
Se ne stava a letto, non studiava, non sentiva più nulla.
Dell'amore che provava era rimasto cenere. E odio.
Più forte di quanto avesse mai potuto immaginare.
Se Cloe si era arresa all'annichilimento, trasformando il suo cuore in ghiaccio, Beatrix Mirabel Vaughn aveva reagito col procedimento inverso.
La sua rabbia non si era smorzata.
Ma cresceva ogni giorno di più.
Era diventata acida, dura, cattiva, egoista.
Passava le notti fuori chissà dove, ritornando con la bocca sporca di sangue.
Milo non riusciva a farla ragione e Damon non ci aveva nemmeno provato.
Degona poi non si era risparmiata col fratello. A quanto aveva sentito il Legimors, la piccola Mckay aveva scagliato pesanti accuse nell'assoluto silenzio di Riddle che era rimasto ad ascoltare quella bambina in lacrime, fino a quando non se n'era andata a piangere altrove, urlandogli anche lei che sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto, che non fosse mai venuto da loro, sette anni prima. Da quel momento non gli aveva più rivolto nemmeno uno sguardo.
Ognuno di loro si era chiuso nel suo dolore ma del resto anche la popolazione magica di tutta la Gran Bretagna sembrava essere caduta nel panico.
Perché Harry Potter non c'era più.
Perché il bambino sopravvissuto, dopo ventotto anni, aveva detto basta.
Da giorni Damon aveva notato l'andirivieni di numerosi Auror, giunti da ogni dove.
Primo fra tutti il Capo degli Auror, ma nemmeno Duncan era riuscito dove perfino Elettra aveva fallito miseramente.
Harry Potter non aveva più voluto sentire nulla.
Né di magia né di Mangiamorte.
Hermione e Ron avevano fatto un buco nell'acqua, Silente in persona aveva gettato la spugna.
E ora del bambino sopravvissuto restava solo il ricordo.
Lettere e lettere continuavano a giungere da ogni dove. Suppliche, richieste di aiuto...
Nulla. Harry Potter non sentiva più né pianti né preghiere.
Gl'Illuminati e i Mangiamorte probabilmente in quel momento stavano banchettando.
Alla faccia di coloro che ora stavano rintanati nella Torre Oscura, senza il loro capo.
Senza guida, senza fede.
Perfino Draco Malfoy non riusciva a guarire dalla febbre che sembrava privarlo delle forze.
Probabilmente somatizzava l'ansia di quel periodo, l'enorme dolore che Tom aveva causato sia a lui che a Harry.
La situazione era ormai degenerata, arrivando a livelli critici.
Hogwarts era in guerra. Una guerra che si combatteva nei corridoi.
Nell'ultima settimana la voce che Tom sarebbe stata rinchiuso aveva rapidamente fatto il giro da una torre all'altra del castello.
Voci appena sussurrate, pettegolezzi e minacce erano giunte a livelli tali che il giorno prima, davanti all'aula di Trasfigurazione, il settimo anno si era ritrovato di fronte a un serpente impiccato.
Erano comparsi nomi di altri Mangiamorte e una piccola Tassorosso era stata spinta giù dalle scale da alcuni compagni, accusata di essere figlia di servitori del Signore Oscuro.
Anche le voci sui McAdams non erano certo finite.
E la scuola era diventata un circolo di caccia ai fantasmi.
La sua sigaretta si spense e se ne accese subito un'altra, gettando il mozzicone da parte, dove capitava.
Non sollevò neanche lo sguardo quando la porta dall'altra parte della Stanza si aprì.
- Dissipatio.-
Una manciata di pedine vennero aggiunte al rombo, mescolandosi con le altre.
Damon conosceva quella voce.
- Quale onore.-
- Se lo dice lei.- rispose, piegando appena il capo verso il rombo luminescente.
Lord Voldemort non guardava il rombo. Ma Damon.
Quanto potere, pensò il Lord Oscuro. Quanto potere in un ragazzino di soli diciassette anni.
Proprio come Harry.
Si avvicinò alla barriera, veleggiando nel mantello nero che lo avvolgeva come un manto d'ombra.
Rimase a due metri da Howthorne, continuando a studiarlo attentamente.
- Le serve qualcosa?- gli chiese Damon, tornando a guardare il soffitto nero.
- Come funziona?-
- Di cosa parla?-
- Il tuo dono. Come funziona?-
Damon rise. Ci avrebbe scommesso. - Sogno cadaveri. Niente di più.-
- Con che preavviso?-
- Dipende. Nei sogni vedo la morte con settimane, un mese al massimo di anticipo. Quando sono sveglio vedo gente che muore di vecchiaia, per incidenti, ma ad anni di distanza. A volte capita che veda le cose a pochi secondi da che succeda il trapasso.- il Serpeverde finalmente lo guardò in faccia, facendosi del male nel vedere quanto somigliasse a Tom - Perché le interessa?-
- Qui e là fuori possono farti credere il contrario ma tu sei un dio fra tutti gl'insetti.-
Damon sogghignò di nuovo amaramente, scuotendo la testa.
Altro che incantatore. Quello era un demonio.
Con la sua voce da serpente poteva fargli credere di essere l'arcangelo Gabriele.
- Ti basta il tocco?-
- Per chi mi sta attorno si.- replicò, cominciando a capire dove voleva andare a parare - Non mi dica che le interessa una seduta.-
- Tom non gradirebbe ma...si, direi di si.- gli occhi rossi di Voldemort scintillarono di brama. Ah, che grande potere avrebbe avuto al suo fianco, mettendo le mani su quel Legimors - Non avrai paura di veder trapassare uno come me, spero.-
- La paura della morte non è qualcosa che mi riguarda, stia tranquillo.- Damon si alzò in piedi con fatica, stanco per le lunghe notti agitate che si trascinava alle spalle - Questa cosa però potrebbe tornare utile a tutti.-
Bene.
Voldemort sogghignò compiaciuto, quasi senza che Howthorne lo notasse. Si avvicinò fin dove poteva alla barriera e allargò il palmo pallido su di essa, sentendola liquida sulla pelle. Quanto invalicabile.
Il Legimors ora lo fissava.
Doveva farlo? E se avesse visto qualcosa che non avrebbe potuto cambiare?
Qualcosa che avrebbe portato un esito negativo per loro a quella guerra?
Cambiare la morte non era in suo potere...ma gli avvenimenti che la precedevano si. Questo aveva imparato.
Lentamente, posò la mano aperta sullo scudo magico che li separava. Avvertì un gelo atroce, ma chiuse gli occhi.
Doveva vedere. Una volta per tutte.
E ciò che scoprì quel giorno fu di fondamentale importanza per gli anni futuri del giovane Lord Howthorne.
E fu anche per ciò che vide quel giorno che da quel momento in poi avrebbe guardato a quell'uomo, a quell'assassino, in maniera diversa.
Solo per ringraziarlo.
Perché mordendo Lord Voldemort avrebbe reso a Damon Howthorne un dono ancora più grande.

Tonight i'll dust myself off
Tonight i'll suck my gut in
I'll face the night and i'll pretend

I got something to believe in


Larissa Gilmore, a differenza della sorella Lisa, non si era mai interessata al quidditch.
Appartenente al sesto anno di Grifondoro, aveva sempre avuto un'unica passione, oltre alla moda e al trucco.
Tom Riddle.
Per questo quel giorno quando entrò nel bagno di Mirtilla, per fumarsi una sigaretta in santa pace, si bloccò ghiacciata. E poi fece rapidamente retro marcia sui suoi tacchi altissimi, scappando velocemente a chiedere aiuto.
Quando entrò nella Sala Duelli si guardò attorno cercando di non sembrare troppo ansiosa. Gli studenti del settimo erano impegnati nei loro esercizi quotidiani di Difesa, ma lei passò di volata fra i compagni anziani, fregandosene di tutti loro.
- Sedwigh.-
Stanford era seduto su uno dei divanetti ai quattro angoli dell'aula.
Leggeva i suoi appunti senza carpire una sola parola, un senso compiuto.
Davanti a lui Beatrix sorseggiava il suo pranzo, incurante di tutto, le cuffie del lettore nelle orecchie.
E se quella canzone non riusciva a farla piangere, allora più niente ci sarebbe riuscito.

And i had lost touch with reason
I watched life criticize the truth
Been waiting for a miracle
I know you have too

Cloe in poltrona lucidava una spada.
Sedwigh levò il capo non appena Larissa Gilmore si piegò su di lui.
- Che c'è?- le chiese il biondo, stranito di vederla lì.
- Problemi in bagno.- sussurrò la ragazza, attirando comunque l'attenzione di tutti - Riddle sta male.-
La mano della King sulla spada subì un arresto.
Trix invece fece una risatina amara.
Ma nessuna della due accennò ad alzarsi.
Allora Sedwigh, senza nascondere un'occhiata piena di sprezzo, gettò pesantemente i libri sul tavolo davanti a loro e si avviò fuori dalla porta quando Ian, Larissa Gilmore, Martin, Bruce e Archie l'avevano già preceduto.
La cosa però non finì lì. No, per nulla.
La Vaughn afferrò la spada della King e in un lampo seguì Stanford nell'atrio, tanto da lanciargli dietro la lama che si piantò saldamente nella parete opposta.
Il biondo rimase impietrito, la Gilmore cacciò un gridolino.
Trix lo fissava furente.
- Non ti azzardare mai più a farmi una piazzata simile, Stanford.- l'avvisò avvicinandosi pericolosamente.
- E tu non ti azzardare mai più ad attaccarmi di spalle.- le rispose senza scomporsi - Sono stato chiaro?-
- Permettimi di essere altrettanto cristallina. Non provare a giudicarmi.- sibilò la strega.
- Riddle è in bagno che sta male!- sbottò la Gilmore - Ma che ti prende?-
- Tu pensa ai cazzi tuoi!- le ringhiò la Vaughn fra i denti, zittendola all'istante, per tornare a rivolgersi a Stanford - Quello che faccio o non faccio sono affari miei. Capito?-
- Ma certo. Lui però non ti ha mai abbandonato per il tuo segreto.-
Il volto di Beatrix divenne una maschera di pietra.
- Io non gli ho mai mentito per sette anni.- replicò gelidamente.
- Perfetto.- il biondo le dette le spalle, altezzoso - Perciò butta pure nel cesso questi ultimi giorni. Complimenti, non ti sei dimostrata diversa da come ti pensavo. Ma in fondo cosa potevo aspettarmi?-
I Grifondoro se ne andarono all'istante, mentre la Diurna rimase immobile in mezzo al corridoio.
Imprecò pesantemente, recuperando la spada. E quando si girò vide un altro serpente impiccato, attaccato a una porta.
Fece una smorfia orribile e poi se ne tornò nei sotterranei di Serpeverde, proprio quando Sedwigh e Larissa entrarono nel bagno di Mirtilla.
Bruce, alto quasi uno e novanta per un quintale di muscoli era seduto per terra.
Tom Riddle, dopo aver vomitato il solo toast che aveva mandato giù a forza da tre giorni, se ne stava con la testa appoggiata al suo ginocchio. Pallido, un fantasma. Sembrava in punto di morte.
Martin stava bagnando un fazzoletto, Ian era seduto di fronte a loro e parlava a bassa voce.
Archie consegnò a Tom un dolce al cioccolato, ripieno di crema ai lamponi. Un tempo il suo preferito.
-...devi riposare.- stava dicendo Wallace - Tom, per favore.-
Riddle aveva gli occhi cerchiati.
Il suo marmoreo pallore staccava dai suoi capelli nerissimi.
La cravatta sfatta, la camicia semi aperta.
Era dimagrito ancora.
Sedwigh s'inginocchiò, facendogli annusare dei sali che aveva fatto apparire con la bacchetta.
Riddle scostò la fialetta infastidito, restando sdraiato sulla comoda postazione che aveva creato Bruce.
- Allora?- gli chiese Stanford.
Il moro lo guardò appena.
- Cosa vuoi che ti dica?- alitò debolmente.
- La verità per esempio.-
- La sai la verità.- Tom distolse lo sguardo - Lasciami in pace.-
- Cosa vuoi fare?- gli chiese Ian con tono rotto dall'emozione - Startene da solo fino alla fine del M.A.G.O?-
- Sarebbe un'idea.-
- E credi che te lo permetteremo?- disse Martin inferocito, gettandogli il fazzoletto bagnato sulla fronte - È da una settimana che sto zitto ma adesso non ci riesco più! Porca puttana, credi davvero che sia colpa tua? Credi che chiudendoti a casa del tuo amico demone risolverai qualcosa?-
- Tu credi che senza una erede di Voldemort i Mangiamorte andranno avanti?- mormorò Tom.
I presenti tacquero.
Era chiaro. Se tutti i Mangiamorte fossero stati chiusi da qualche parte, oppure eliminati...non ci sarebbe stato un seguito. Mai più.
- Non è giusto.- mormorò Archie rabbioso, ma anche triste e deluso.
- Già, fa schifo!- ringhiò Bruce - Fa tutto schifo!-
- Non te ne puoi andare così!- continuò Martin - A costo di chiuderti a casa mia finita la scuola!-
- Una prigione vale l'altra.- l'espressione arrendevole di Riddle li lasciò di ghiaccio - E poi sono cresciuto da Caesar. Tornare da lui non mi farà male. E' casa mia. Sempre meglio di Azkaban, no? O della pena di morte.-
- Tu ti sei fottuto il cervello! Tu e quei bastardi del Wizengamot!- se ne uscì Sedwigh, facendosi dare una sigaretta da Larissa, riprendendo così a fumare dopo la bellezza di due anni - Tu non hai fatto niente di male, perché devi andarci di mezzo tu per colpa di tutti i deficienti che camminano sui cadaveri dei mezzosangue e dei babbani?!-
- Perché io posso far finire tutto.- Tom si alzò finalmente, traballando appena.
Raggiunse il lavandino e immerse la faccia nell'acqua gelida.
Già. Con lui sarebbe finito tutto.
Basta guerre.
Proprio come avevano sempre sognato Harry, Draco, Hermione e tutti gli altri.
- Voglio stare solo.- mormorò Tom di colpo, senza guadarli - Per favore.-
I ragazzi si scambiarono degli sguardi pieni di frustrazione, rabbia, impotenza.
Ma fecero come chiedeva.
- Se non ti vedo a cena...- l'ammonì Sedwigh prima di sparire -...sappi che verrò a prenderti. Dovessi trascinarti passo per passo in Sala Grande.-
La porta sbatté. Tom immerse di nuovo il viso nell'acqua.
A cosa serviva ormai mangiare?
Voleva solo lasciarsi morire.
Chissà quanto ci avrebbe messo a prosciugarsi, se avesse smesso anche di bere.
La porta si aprì di nuovo e un paio di fianchi sinuosi si appoggiarono al suo lavandino.
- E così finalmente ti mettono in gabbia. Era ora.-
Il Grifondoro rise vagamente, asciugandosi la faccia.
- Cosa vuoi Asteria?-
La McAdams nascose l'irritazione, cercando di risentire il desiderio di rivalsa che l'aveva condotta da lui.
- Ti hanno abbandonato tutti. Il tuo migliore amico, Beatrix...la tua preziosa e sacra ragazza dal sangue puro come l'oro.- la Serpeverde ridacchiò modulando bene la voce - E' questo che succede ai vigliacchi traditori.-
Tom non si prese la briga di rispondere.
Si asciugò anche le mani e dopo essersi ripreso il mantello si diresse alla porta.
- Non scappare.- continuò la scozzese imperterrita - Sapevi che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, no? In fondo tu non fai parte di questa gente, né di questo mondo.-
- E tu?- Riddle si volse sopra la spalla.
- Io sono una McAdams.- replicò con alterigia, le spalle dritte e il capo orgogliosamente eretto.
- Figlia di Mangiamorte.-
- No, i miei non sono Mangiamorte.-
- Continua a crederlo.-
- Cosa ti dà tanta sicurezza di essere migliore di me?- gli sibilò, perdendo la sua facciata controllata, che era andata miserabilmente in mezzi una settimana prima, quando Riddle l'aveva pubblicamente messa di fronte la verità davanti a tutti i Caposcuola - Cosa ti fa credere di essere migliore di un assassino? Solo perché in questi anni hai fatto finta di essere una pecorella accanto a Harry Potter? Eh? Non farmi ridere! Sai bene di essere diverso, sai bene di non poter stare qua!-
- E infatti me ne vado.- rispose semplicemente - Io però ho un posto dove tornare. Tu invece?- e la vide tremare, ma non se ne curò. Non se ne curò nemmeno quando gli occhi della strega divennero vitrei - I tuoi sono Mangiamorte, ammazzano babbani, Magonò e Mezzosangue. Tu invece ti sei venduta a un uomo che ammazza i gagia, che ha ucciso donne e bambini esattamente come mio padre. Che ha perfino ucciso molti dei tuoi compagni.-
Asteria tacque. La bocca serrata in una smorfia sottile.
Tom rise, desolato, amareggiato...eppure sollevato. Era il figlio di un assassino ma...non era come lei.
- Io se non altro non tornerò mai da mio padre. Ma tu ti sei venduta a un uomo al pari del Lord Oscuro. Fra noi due, non sono io l'assassino Asteria. Meglio la prigione che sangue innocente sulle mani.-
L'urlo di rabbia della strega riecheggiò nel corridoio, alle sue spalle, forse per colpirlo come un pugnale ma Riddle se ne andò via senza più voltarsi indietro.
Non sapeva che quella sarebbe stata l'ultima volta in cui avrebbe visto Asteria McAdams viva.

Though i know i won't win
I'll take this one on the chin
We'll raise a toast and i'll pretend
I got something to believe in


Draco Lucius Malfoy alzò la spada in alto, sopra la propria testa.
E la riabbassò con violenza, andando a colpire la schiena di Harry James Potter.
La lama si ruppe in quattro frammenti che schizzarono ovunque, uno si piantò dritto nel divano dov'era seduto Ron Weasley. Il rossino fece una smorfia, senza muoversi.
- Fatto male?-
Harry si massaggiò la schiena. Dalla felpa strappata la pelle emergeva intatta.
Per un attimo delle scaglie dorate balenarono sull'epidermide ambrata del ragazzo, ma poi tutto tornò normale.
- Io te l'avevo detto.- disse Hermione Hargrave, seduta sul bancone della cucina.
- Cosa? Che anche da babbano sono soggetto a questa tortura?- sibilò il moro, gli occhi verdi incendiati.
- Considerala una fortuna.- gli disse Edward Dalton, intento a farsi qualcosa di forte - Anche senza poteri sei comunque invulnerabile. L'unica cosa che poteva fermarti è l'Avada Kedavra ma visto che ne sei immune, sei praticamente in una cassaforte.-
- Dì la verità.- Hermione lo guardò attenta - Ci avevi pensato, vero?-
- Mi prendi per un fottuto kamikaze?- replicò Potter, levandosi la maglia e restando a torso nudo - Certo che ci avevo pensato. Voldemort a quest'ora sarà venuto a sapere di tutto...lui e i suoi staranno banchettando alla mia faccia.-
- E' la tua massima preoccupazione ora è lui?- lo sfidò Ron senza abbassare lo sguardo.
Harry non rispose.
S'infilò una camicia nera che non era sua ma di Malfoy, infischiandosene e ributtandosi a sedere.
- Quanto durerà questa follia?- gli chiese ancora Weasley - Harry...tu sei un mago. Non un babbano qualunque.-
- Ho vissuto da babbano per undici anni. Non cascherà il mondo tornare a esserlo.-
- Ti diverti a dire certe stronzate o ti vengono fuori così?- ringhiò il rossino - Harry, per Dio...siamo in guerra! E tu per punire mezzo Ministero e ...Tom...- aggiunse Ron, facendo irrigidire tutti i presenti - Tu rinunci ai tuoi cazzo di poteri di mago! Quella formula dannata neanche dovevi conoscerla! Dove cazzo l'hai letta, si può sapere?-
- La conosco a memoria da quando avevo quindici anni.- rispose Harry, sconvolgendo anche Malfoy, semi sdraiato sul divano vicino al camino - Quando Sirius è caduto oltre il Velo mi sono fatto due ricerche. Fine della storia.-
- Perciò resterai così.- sindacò anche la Grifoncina.
- Non farmi la paternale.- le rispose con tono duro - Ho dato abbastanza. Anche troppo. E non ero tenuto neanche ad immischiarmi in queste cose. Ne ho ricevuto più male che bene.-
- E di tutte le persone che hai salvato che mi dici?-
Potter si girò verso la scala. Elettra stava scendendo dopo aver messo a letto i bambini.
- Allora?- lo incalzò sua moglie, inflessibile - Che mi dici anche della gente che morirà?-
- Sarebbe colpa mia?- replicò furente - Intendi questo?-
- Intendo che potresti salvare decine e decine persone e invece per un capriccio te ne stai qua senza poteri come uno stramaledetto babbano in attesa che venga l'ora!-
- Capriccio?-
- Perché, non lo è?- Elettra allargò appena gli occhi azzurri, nella parodia di un'amara presa in giro - Chi è che vuoi punire? Orloff? O Tom?-
- Lui non è più affar nostro.- rispose calmo.
- Perché si è permesso di andare contro i tuoi desideri?-
- Perché quando uno pensa da solo per sé, significa che può cavarsela da solo. Semplice.- spiegò con finta dolcezza.
- Tu non capisci.- Elettra scosse il capo - Leggi i giornali, ricorda gl'incidenti di quest'ultima settimana, guarda le lettere...- e gl'indicò i sacchi pronti a essere bruciati, sacchi pieni di missive che lui non aveva nemmeno aperto - Dio, possibile che tu non l'abbia mai capito? La tua sola presenza porta agli altri coraggio e speranza! Tu sei...un'idea, qualcosa a cui i maghi fanno appello. Cosa faranno senza di te?-
- I maghi si sono salvati dall'estinzione prima della mia nascita. Ce la faranno anche ora.-
- Harry.-
Hermione posò la tazza, sospirando pesantemente.
- So che sei arrabbiato.-
- No, non lo sai.-
- Si che lo so.- replicò snervata - Come credi che mi senta io? Tom non è cresciuto solo con te e Draco in questi anni. Tutti noi ci siamo presi cura di lui e mi si spezza il cuore al pensiero che se ne vada ma quel contratto parla chiaro. Ostinandoti a chiamarti fuori rischi che Tom nemmeno arrivi vivo alla Sigillazione, lo capisci o no?-
- E cosa dovrei fare? Fare finta di niente?- sibilò, alzandosi di nuovo pieno di ribellione repressa - Trattarlo come al solito quando neanche s'è preso la briga di dire a me, a Draco e a sua madre che andava al Ministero a farsi mettere agli arresti? Lo sai che Lucilla è chiusa in camera a Cedar House da una settimana!?-
Hermione e gli altri tacquero, esausti.
Stremati.
- Quindi non farai davvero nulla.- sussurrò Ron - Resterai a guardare.-
- Ci penserò quando sarà ora. Ora sono stanco, vado a letto e non svegliatemi per cena, tanto non ho appetito.-
- Vado a riposarmi anche io.- mormorò Draco, mettendosi in piedi a fatica.
Hermione lo raggiunse, toccandogli ancora la fronte.
Scottava sempre.
Quella febbre maledetta non accennava ad andarsene.
E il dolore che leggeva negli occhi di suo marito la uccideva.
Perché non sapeva come aiutarlo.
Ammesso che in quella situazione qualsiasi tipo di aiuto sarebbe mai servito a qualcosa.

If i don't believe in jesus, how can i believe the pope
If i don't believe in heroin, how can i believe in dope
If there's nothing but survival, how can i believe in sin
In a world that gives you nothing
We need something to believe in

Mary. J. Lewis si mise il mantello sulle spalle e uscendo dalla camerata del settimo anno si voltò indietro a guardare il letto vuoto di Cloe King. Maddy, Maggie e Olivia non seppero dirle dov'era andata.
Sospirando e scuotendo il capo dai lunghi crini biondi, Mary raggiunse la sala comune di Grifondoro.
Erano le undici e quel venerdì c'era il turno di ronda con gli altri Caposcuola.
Tom l'aspettava fuori come ogni volta, cortese e gentile.
Gli sorrise a malincuore, provando un dolore fortissimo per lui ma cercò di non dargli a pesare nulla.
Le fu grato di come parlò di argomenti leggeri durante il tragitto fino al primo piano, dove c'era la stanzetta din cui i Caposcuola si riunivano per dividersi i compiti.
- Buona sera ragazzi.- li salutò Jeff Lunn, Corvonero, quando entrarono.
- Ciao.- sorrise Mary, facendo dei cenni a Patience Hogs di Tassorosso insieme a Flanagan e Fern Gordon di Serpeverde, affiancata ad Adam Broody.
Solo Neely non sprecò il fiato.
Posò per un attimo lo sguardo su Tom, poi tornò ad alzare le fiamme del camino anche se ormai non ce n'era più così bisogno.
Solitamente era il Grifondoro a dividere le ronde, visto che tutti si fidavano molto del suo giudizio ma quella sera fu Lunn a dividerli. A quanto pareva il quarto piano era stato nuovamente imbrattato di scritte.
Le divisioni quella notte però non furono a favore di Riddle, purtroppo.
Neely Montgomery ottenne insieme a lui la ronda dell'ala nord del quarto piano e le scritte rosse come sangue erano un insulto anche per le peggiori orecchie.
"Morte ai Traditori"
Tom lesse quella scritta, restando immobile. Rabbia. Densa come petrolio.
Ma lui lo era poi davvero un traditore?
- Evanesco.-
Neely lo guardò di sbieco, mentre la scritta scemava via.
- Non mi piace.-
- Che cosa?- mormorò, facendo sparire altre minacce.
- Come ti comporti.-
Sempre sincera. Cara Neely.
Era preoccupata per Damon. E lui non riuscì a impedirsi di chiederle come stava.
- Lo sapresti se andassi a parlargli.- gli disse di nuovo, schietta e franca.
- Dubito che riuscirei ad aprire bocca, prima che mi maledica.-
- Siete due poveri idioti.-
Tom rimase in silenzio, continuando il suo lavoro.
Fu lei a riprendere il discorso, quando si sedettero sui gradini della scala per riposarsi un attimo.
- Non sogna più. E parla sempre meno.-
- L'hai visto oggi?-
- No. Non è venuto a nemmeno a cena. Come Beatrix del resto.-
Già. Nessuno più aveva voglia di mandare giù bocconi amari.
Si piegò sul gomito, passandosi una mano fra i capelli.
Era così stanco. Così stanco.
- Perché non parli con loro?- gli chiese, carezzandogli un ginocchio.
- Perché sarebbe inutile.-
- Loro ti vogliono bene.-
- Ma io ho detto solo bugie. Sapevo che sarebbe successo, speravo solo di potermene andare senza dire nulla a nessuno. Mi sono sbagliato.-
- Volevi andartene senza una parola?- la Corvonero assottigliò i lineamenti in un'espressione colma di dolore e delusione - Così, senza un saluto?-
- Sarebbe stato meno tragico.-
- E li avresti lasciati senza una spiegazione.-
- Di spiegazioni ne ho a migliaia. Ma a quanto pare non interessano a nessuno.-
- Non se implicano un sacrificio di una persona che si ama.-
Tom estrasse un portasigarette dal mantello. Si era messo a fumare regolarmente in quei giorni, per stordirsi, per impegnare le mani.
Si accese la sigaretta da cui uscì un fumo azzurrognolo che si levò in alto in rivoli tondi.
Sacrificio.
Era sempre stato un'animale sacrificale, solo che non l'aveva mai capito prima.
In fondo però...si, Cameron Manor era stata la sua casa.
Non era l'idea di tornare nel Golden Fields a farlo star male.
Era il fatto...che sarebbe rimasto isolato lì, per tutta la vita.
Basta esseri umani, nemmeno Trix sarebbe mai potuta entrare.
E il Ministero avrebbe mandato i Controllori Magici ogni settimana, per seguire ogni suo movimento.
Niente posta, niente contatti.
Nulla.
Si, la sua casa di un tempo sarebbe diventata la sua prigione.
Lui, che temeva più di ogni altra cosa la gabbia, le sbarre...che inceneriscono l'animo fino a quando non rimane che polvere dei sogni che un tempo covavi dentro.
Lui ci si era rinchiuso da solo stavolta.
E i casi della vita...ora non la temeva più così tanto la gabbia.
Perché l'odio che leggeva negli occhi delle persone che amava l'avevano anestetizzato.
Ormai non temeva più nulla. Neanche la morte.
Quando finì il loro turno, Jeff Lunn gli chiese se volesse andare al Circolo dei Duellanti per una bevuta e una mano a carte coi Serpeverde, ma Tom rifiutò con la solita cortesia, promettendo che sarebbe andato a trovarli un altro giorno.
Neely lo accompagnò verso Grifondoro, in silenzio.
All'ingresso delle scale, mentre queste cambiavano, la Montgomery lo afferrò per un braccio.
- Dimmi.- le sussurrò.
Lei scosse la testa, stringendolo forte.
- Promettimi che andrai a parlargli.-
- Lui non vuole parlare con me.-
- Per lui sei un fratello.- lo supplicò - Tom, sta male...senza di te.-
- Io non sto meglio di lui.- ammise, carezzandole la mano che lo stringeva come in una morsa - Ma non credo che ci sia più nulla da fare. Scusami Neely.- e si staccò, facendo appena un passo indietro.
La vide mordersi il labbro, forse trattenere una lacrime furtiva.
Finì per abbracciarlo stretto, cingendogli il collo con le esili braccia.
Quel dannato veleno che aveva suppurato le loro ferite si era allargato a tutti coloro che stavano nelle vicinanze.
Neely si staccò di colpo, fissando un punto sulle scale di Grifondoro oltre la spalla di Riddle.
Anche Tom si volse...e il suo cuore smise di battere per un istante.
Cloe era seduta sulla balaustra dell'ingresso al Quadro della Signora Grassa.
I suoi occhi nocciola scrutavano lui e Neely.
E se non era ira pura quella, non avrebbe saputo dire cos'altro fosse.
La Corvonero se ne andò senza dire altro, salutando a mezze labbra senza emettere un suono.
Raggiunta Cloe, che non vedeva che di vista e di sfuggita da sette giorni dopo quella notte in cui gli aveva giurato odio eterno, capì che la sua punizione non era ancora finita.
Non c'era amore in quello sguardo.
Non c'era compassione, né pietà.
Vendetta.
Ecco cosa c'era.
Vendetta.


If i don't believe in jesus, how can i believe the pope
If i don't believe in heroin, how can i believe in dope
If there's nothing but survival, how can i believe in sin
In a world that gives you nothing
We need something to believe in

Something To Believe In, These Days .
Bon Jovi.

 

 

 

 

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