I lost all faith in my god, in his religion too
I
told the angels they could sing their songs to someone new
I lost all trust
in my friends
I watched my heart turn to stone
I thought that i was left
to walk this wicked world alone...
Segreto.
Basta la sola
parola a far tremare.
Di gioia, eccitazione, paura, rabbia.
Basta la sola
parola.
E solo la semplice idea può distruggere anche la diga più forte
e robusta.
Damon Michael Howthorne, futuro Lord, osservava il soffitto nero
della Stanza dei Pugna Laeta.
Stanza con due sole porte. E una barriera
divisoria, proprio a spaccare il rombo a metà.
Stava seduto, stravaccato, le
gambe lunghe e il capo rivolto indietro, oltre la testata della poltrona.
Una
sigaretta gli penzolava dalle labbra.
E fissava il vuoto. Come faceva da
quasi una settimana.
Le sue visioni erano sparite.
Anche i suoi
sogni.
E nella testa ora gli rimbombava solo un dolore sottile. Che sembrava
non avere forma...ma che aveva unghie e artigli che provocavano tagli così
laceranti da impedirgli di dormire, di mangiare.
Segreto.
Cos'era in
fondo?
Una malattia. Qualcosa che ti uccide da dentro, in silenzio. Un cancro
merdoso e strisciante.
Qualcosa che devi nascondere dentro di te, che sembra
starsene buono per un po' di tempo, qualcosa che tu fai finta d'ignorare, ma che
in verità tu sai che è sempre lì, in quell'angolino del tuo cuore e della tua
testa, pronto a balzare fuori nei momenti in cui meno te lo aspetti. A
ricordarti la tua falsità.
Impari a portare una maschera, di fronte a
tutti.
Impari a convivere con l'ipocrisia, impari a mentire, a
ingannare.
Impari a dormire con quel peso sulla coscienza, impari anche a
sorridere.
E porti la maschera fino a quando il tuo bel castello di carte non
cade.
Mandando tutto in pezzi.
Si, quella parola e il suo suono bastavano
ad offendere.
Aspirò il fumo, facendo cadere la cenere vicino al suo fianco,
ma non si bruciò.
E d'altronde non se ne sarebbe curato.
Da una settimana
a quella parte si limitava a sopravvivere.
A malapena ascoltava le voci nella
sua testa, a malapena mangiava.
Osservava senza vederle le ombre delle
colonne che reggevano la dimensione della Stanza, creata da Leiandros Cameron.
Piccole colonne dalla linea fluida e pulita.
Un pavimento bianco, di marmo
lucente, con piccoli spicchi neri qua e là, per dare forme geometriche
all'insieme.
Sembrava un universo a sé.
Esattamente come lo era diventato
lui...già, come lo era diventato Thomas Maximilian Riddle, da una settimana a
quella parte.
Dal giorno in cui se n'erano andati dal Ministero della Magia
senza speranza.
Socchiuse gli occhi celesti, vedendo ora che estrema
chiarezza.
Si, quel dolore che lo feriva dentro aveva un volto.
Quello del
suo migliore amico.
Traditore, pensò.
Se ne
andava.
Vigliacco.
Per
sempre.
Bugiardo.
Si chiuse una mano sugli occhi,
avvertendo le lacrime pungergli le ciglia.
Le ricacciò indietro, dando un
altro tiro alla sigaretta strazzonata.
E lui invece cos'era? Lui che credeva
di conoscere a memoria il suo migliore amico, lui che in sette anni non aveva
mai capito un accidente.
Tom era un grande attore. Si, questo era
vero.
Ma era anche vero che...non aveva voluto vedere.
Proprio lui,
proprio lui che diceva che non c'era peggior cieco di chi non volesse
vedere.
In tanti comunque non avevano aperto gli occhi. E di tempo ne avevano
avuto a disposizione.
Ora invece avevano solo un mese e mezzo.
Poco meno
di sessanta giorni.
E li stava buttando via così...
Angelica Claire King
aveva smesso di sorridere. Per giorni non era andata a lezione, ancora in quel
momento non dormiva. Probabilmente neanche mangiava.
Se ne stava a letto, non
studiava, non sentiva più nulla.
Dell'amore che provava era rimasto cenere. E
odio.
Più forte di quanto avesse mai potuto immaginare.
Se Cloe si era
arresa all'annichilimento, trasformando il suo cuore in ghiaccio, Beatrix
Mirabel Vaughn aveva reagito col procedimento inverso.
La sua rabbia non si
era smorzata.
Ma cresceva ogni giorno di più.
Era diventata acida, dura,
cattiva, egoista.
Passava le notti fuori chissà dove, ritornando con la bocca
sporca di sangue.
Milo non riusciva a farla ragione e Damon non ci aveva
nemmeno provato.
Degona poi non si era risparmiata col fratello. A quanto
aveva sentito il Legimors, la piccola Mckay aveva scagliato pesanti accuse
nell'assoluto silenzio di Riddle che era rimasto ad ascoltare quella bambina in
lacrime, fino a quando non se n'era andata a piangere altrove, urlandogli anche
lei che sarebbe stato meglio non averlo mai conosciuto, che non fosse mai venuto
da loro, sette anni prima. Da quel momento non gli aveva più rivolto nemmeno uno
sguardo.
Ognuno di loro si era chiuso nel suo dolore ma del resto anche la
popolazione magica di tutta la Gran Bretagna sembrava essere caduta nel
panico.
Perché Harry Potter non c'era
più.
Perché il bambino sopravvissuto, dopo ventotto anni, aveva
detto basta.
Da giorni Damon aveva notato l'andirivieni di numerosi Auror,
giunti da ogni dove.
Primo fra tutti il Capo degli Auror, ma nemmeno Duncan
era riuscito dove perfino Elettra aveva fallito miseramente.
Harry Potter non
aveva più voluto sentire nulla.
Né di magia né di Mangiamorte.
Hermione e
Ron avevano fatto un buco nell'acqua, Silente in persona aveva gettato la
spugna.
E ora del bambino sopravvissuto restava solo il ricordo.
Lettere e
lettere continuavano a giungere da ogni dove. Suppliche, richieste di
aiuto...
Nulla. Harry Potter non sentiva più né pianti né
preghiere.
Gl'Illuminati e i Mangiamorte probabilmente in quel momento
stavano banchettando.
Alla faccia di coloro che ora stavano rintanati nella
Torre Oscura, senza il loro capo.
Senza guida, senza fede.
Perfino Draco
Malfoy non riusciva a guarire dalla febbre che sembrava privarlo delle
forze.
Probabilmente somatizzava l'ansia di quel periodo, l'enorme dolore che
Tom aveva causato sia a lui che a Harry.
La situazione era ormai degenerata,
arrivando a livelli critici.
Hogwarts era in guerra. Una guerra che si
combatteva nei corridoi.
Nell'ultima settimana la voce che Tom sarebbe stata
rinchiuso aveva rapidamente fatto il giro da una torre all'altra del castello.
Voci appena sussurrate, pettegolezzi e minacce erano giunte a livelli tali
che il giorno prima, davanti all'aula di Trasfigurazione, il settimo anno si era
ritrovato di fronte a un serpente impiccato.
Erano comparsi nomi di altri
Mangiamorte e una piccola Tassorosso era stata spinta giù dalle scale da alcuni
compagni, accusata di essere figlia di servitori del Signore Oscuro.
Anche le
voci sui McAdams non erano certo finite.
E la scuola era diventata un circolo
di caccia ai fantasmi.
La sua sigaretta si spense e se ne accese subito
un'altra, gettando il mozzicone da parte, dove capitava.
Non sollevò neanche
lo sguardo quando la porta dall'altra parte della Stanza si aprì.
-
Dissipatio.-
Una manciata di pedine vennero aggiunte al rombo, mescolandosi
con le altre.
Damon conosceva quella voce.
- Quale onore.-
- Se lo dice
lei.- rispose, piegando appena il capo verso il rombo luminescente.
Lord
Voldemort non guardava il rombo. Ma Damon.
Quanto potere, pensò il
Lord Oscuro. Quanto potere in un ragazzino di soli diciassette anni.
Proprio
come Harry.
Si avvicinò alla barriera, veleggiando nel mantello nero che lo
avvolgeva come un manto d'ombra.
Rimase a due metri da Howthorne, continuando
a studiarlo attentamente.
- Le serve qualcosa?- gli chiese Damon, tornando a
guardare il soffitto nero.
- Come funziona?-
- Di cosa parla?-
- Il tuo
dono. Come funziona?-
Damon rise. Ci avrebbe scommesso. - Sogno cadaveri.
Niente di più.-
- Con che preavviso?-
- Dipende. Nei sogni vedo la morte
con settimane, un mese al massimo di anticipo. Quando sono sveglio
vedo gente che muore di vecchiaia, per incidenti, ma ad anni di distanza. A
volte capita che veda le cose a pochi secondi da che succeda il trapasso.- il
Serpeverde finalmente lo guardò in faccia, facendosi del male nel vedere quanto
somigliasse a Tom - Perché le interessa?-
- Qui e là fuori possono farti
credere il contrario ma tu sei un dio fra tutti gl'insetti.-
Damon sogghignò
di nuovo amaramente, scuotendo la testa.
Altro che incantatore. Quello era un
demonio.
Con la sua voce da serpente poteva fargli credere di essere
l'arcangelo Gabriele.
- Ti basta il tocco?-
- Per chi mi sta attorno si.-
replicò, cominciando a capire dove voleva andare a parare - Non mi dica che le
interessa una seduta.-
- Tom non gradirebbe ma...si, direi di si.- gli occhi
rossi di Voldemort scintillarono di brama. Ah, che grande potere avrebbe avuto
al suo fianco, mettendo le mani su quel Legimors - Non avrai paura di veder
trapassare uno come me, spero.-
- La paura della morte non è qualcosa che mi
riguarda, stia tranquillo.- Damon si alzò in piedi con fatica, stanco per le
lunghe notti agitate che si trascinava alle spalle - Questa cosa però potrebbe
tornare utile a tutti.-
Bene.
Voldemort sogghignò compiaciuto, quasi senza
che Howthorne lo notasse. Si avvicinò fin dove poteva alla barriera e allargò il
palmo pallido su di essa, sentendola liquida sulla pelle. Quanto
invalicabile.
Il Legimors ora lo fissava.
Doveva farlo? E se avesse visto
qualcosa che non avrebbe potuto cambiare?
Qualcosa che avrebbe portato un
esito negativo per loro a quella guerra?
Cambiare la morte non era in suo
potere...ma gli avvenimenti che la precedevano si. Questo aveva
imparato.
Lentamente, posò la mano aperta sullo scudo magico che li separava.
Avvertì un gelo atroce, ma chiuse gli occhi.
Doveva vedere. Una volta per
tutte.
E ciò che scoprì quel giorno fu di fondamentale importanza per gli
anni futuri del giovane Lord Howthorne.
E fu anche per ciò che vide quel
giorno che da quel momento in poi avrebbe guardato a quell'uomo, a
quell'assassino, in maniera diversa.
Solo per ringraziarlo.
Perché
mordendo Lord Voldemort avrebbe reso a Damon Howthorne un dono ancora più
grande.
Tonight i'll dust
myself off
Tonight i'll suck my gut in
I'll face the night and i'll
pretend
I got something to believe
in
Larissa Gilmore, a differenza della sorella Lisa, non si era mai
interessata al quidditch.
Appartenente al sesto anno di Grifondoro, aveva
sempre avuto un'unica passione, oltre alla moda e al trucco.
Tom
Riddle.
Per questo quel giorno quando entrò nel bagno di Mirtilla, per
fumarsi una sigaretta in santa pace, si bloccò ghiacciata. E poi fece
rapidamente retro marcia sui suoi tacchi altissimi, scappando velocemente a
chiedere aiuto.
Quando entrò nella Sala Duelli si guardò attorno cercando di
non sembrare troppo ansiosa. Gli studenti del settimo erano impegnati nei loro
esercizi quotidiani di Difesa, ma lei passò di volata fra i compagni anziani,
fregandosene di tutti loro.
- Sedwigh.-
Stanford era seduto su uno dei
divanetti ai quattro angoli dell'aula.
Leggeva i suoi appunti senza carpire
una sola parola, un senso compiuto.
Davanti a lui Beatrix sorseggiava il suo
pranzo, incurante di tutto, le cuffie del lettore nelle orecchie.
E se quella
canzone non riusciva a farla piangere, allora più niente ci sarebbe
riuscito.
And i had lost touch with reason
I
watched life criticize the truth
Been waiting for a miracle
I know you
have too
Cloe in poltrona lucidava una spada.
Sedwigh levò il capo non appena
Larissa Gilmore si piegò su di lui.
- Che c'è?- le chiese il biondo, stranito
di vederla lì.
- Problemi in bagno.- sussurrò la ragazza, attirando comunque
l'attenzione di tutti - Riddle sta male.-
La mano della King sulla spada subì
un arresto.
Trix invece fece una risatina amara.
Ma nessuna della due
accennò ad alzarsi.
Allora Sedwigh, senza nascondere un'occhiata piena di
sprezzo, gettò pesantemente i libri sul tavolo davanti a loro e si avviò
fuori dalla porta quando Ian, Larissa Gilmore, Martin, Bruce e Archie l'avevano
già preceduto.
La cosa però non finì lì. No, per nulla.
La Vaughn afferrò
la spada della King e in un lampo seguì Stanford nell'atrio, tanto da lanciargli
dietro la lama che si piantò saldamente nella parete opposta.
Il biondo
rimase impietrito, la Gilmore cacciò un gridolino.
Trix lo fissava
furente.
- Non ti azzardare mai più a farmi una piazzata simile, Stanford.-
l'avvisò avvicinandosi pericolosamente.
- E tu non ti azzardare mai più ad
attaccarmi di spalle.- le rispose senza scomporsi - Sono stato chiaro?-
-
Permettimi di essere altrettanto cristallina. Non provare a giudicarmi.- sibilò
la strega.
- Riddle è in bagno che sta male!- sbottò la Gilmore - Ma che ti
prende?-
- Tu pensa ai cazzi tuoi!- le ringhiò la Vaughn fra i denti,
zittendola all'istante, per tornare a rivolgersi a Stanford - Quello che faccio
o non faccio sono affari miei. Capito?-
- Ma certo. Lui però non ti ha mai
abbandonato per il tuo segreto.-
Il volto di Beatrix divenne una maschera di
pietra.
- Io non gli ho mai mentito per sette anni.- replicò
gelidamente.
- Perfetto.- il biondo le dette le spalle, altezzoso - Perciò
butta pure nel cesso questi ultimi giorni. Complimenti, non ti sei dimostrata
diversa da come ti pensavo. Ma in fondo cosa potevo aspettarmi?-
I Grifondoro
se ne andarono all'istante, mentre la Diurna rimase immobile in mezzo al
corridoio.
Imprecò pesantemente, recuperando la spada. E quando si girò vide
un altro serpente impiccato, attaccato a una porta.
Fece una smorfia orribile
e poi se ne tornò nei sotterranei di Serpeverde, proprio quando Sedwigh e
Larissa entrarono nel bagno di Mirtilla.
Bruce, alto quasi uno e novanta per
un quintale di muscoli era seduto per terra.
Tom Riddle, dopo aver vomitato
il solo toast che aveva mandato giù a forza da tre giorni, se ne stava con la
testa appoggiata al suo ginocchio. Pallido, un fantasma. Sembrava in punto di
morte.
Martin stava bagnando un fazzoletto, Ian era seduto di fronte a loro e
parlava a bassa voce.
Archie consegnò a Tom un dolce al cioccolato, ripieno
di crema ai lamponi. Un tempo il suo preferito.
-...devi riposare.- stava
dicendo Wallace - Tom, per favore.-
Riddle aveva gli occhi cerchiati.
Il
suo marmoreo pallore staccava dai suoi capelli nerissimi.
La cravatta sfatta,
la camicia semi aperta.
Era dimagrito ancora.
Sedwigh s'inginocchiò,
facendogli annusare dei sali che aveva fatto apparire con la
bacchetta.
Riddle scostò la fialetta infastidito, restando sdraiato sulla
comoda postazione che aveva creato Bruce.
- Allora?- gli chiese
Stanford.
Il moro lo guardò appena.
- Cosa vuoi che ti dica?- alitò
debolmente.
- La verità per esempio.-
- La sai la verità.- Tom distolse lo
sguardo - Lasciami in pace.-
- Cosa vuoi fare?- gli chiese Ian con tono rotto
dall'emozione - Startene da solo fino alla fine del M.A.G.O?-
- Sarebbe
un'idea.-
- E credi che te lo permetteremo?- disse Martin inferocito,
gettandogli il fazzoletto bagnato sulla fronte - È da una settimana che sto
zitto ma adesso non ci riesco più! Porca puttana, credi davvero che sia colpa
tua? Credi che chiudendoti a casa del tuo amico demone risolverai
qualcosa?-
- Tu credi che senza una erede di Voldemort i Mangiamorte andranno
avanti?- mormorò Tom.
I presenti tacquero.
Era chiaro. Se tutti i
Mangiamorte fossero stati chiusi da qualche parte, oppure eliminati...non ci
sarebbe stato un seguito. Mai più.
- Non è giusto.- mormorò Archie rabbioso,
ma anche triste e deluso.
- Già, fa schifo!- ringhiò Bruce - Fa tutto
schifo!-
- Non te ne puoi andare così!- continuò Martin - A costo di
chiuderti a casa mia finita la scuola!-
- Una prigione vale l'altra.-
l'espressione arrendevole di Riddle li lasciò di ghiaccio - E poi sono cresciuto
da Caesar. Tornare da lui non mi farà male. E' casa mia. Sempre meglio di
Azkaban, no? O della pena di morte.-
- Tu ti sei fottuto il cervello! Tu e
quei bastardi del Wizengamot!- se ne uscì Sedwigh, facendosi dare una sigaretta
da Larissa, riprendendo così a fumare dopo la bellezza di due anni - Tu non hai
fatto niente di male, perché devi andarci di mezzo tu per colpa di tutti i
deficienti che camminano sui cadaveri dei mezzosangue e dei babbani?!-
-
Perché io posso far finire tutto.- Tom si alzò finalmente, traballando
appena.
Raggiunse il lavandino e immerse la faccia nell'acqua gelida.
Già.
Con lui sarebbe finito tutto.
Basta guerre.
Proprio come avevano sempre
sognato Harry, Draco, Hermione e tutti gli altri.
- Voglio stare solo.-
mormorò Tom di colpo, senza guadarli - Per favore.-
I ragazzi si scambiarono
degli sguardi pieni di frustrazione, rabbia, impotenza.
Ma fecero come
chiedeva.
- Se non ti vedo a cena...- l'ammonì Sedwigh prima di sparire
-...sappi che verrò a prenderti. Dovessi trascinarti passo per passo in Sala
Grande.-
La porta sbatté. Tom immerse di nuovo il viso nell'acqua.
A cosa
serviva ormai mangiare?
Voleva solo lasciarsi morire.
Chissà quanto ci
avrebbe messo a prosciugarsi, se avesse smesso anche di bere.
La porta si
aprì di nuovo e un paio di fianchi sinuosi si appoggiarono al suo
lavandino.
- E così finalmente ti mettono in gabbia. Era ora.-
Il
Grifondoro rise vagamente, asciugandosi la faccia.
- Cosa vuoi
Asteria?-
La McAdams nascose l'irritazione, cercando di risentire il
desiderio di rivalsa che l'aveva condotta da lui.
- Ti hanno abbandonato
tutti. Il tuo migliore amico, Beatrix...la tua preziosa e sacra ragazza dal
sangue puro come l'oro.- la Serpeverde ridacchiò modulando bene la voce - E'
questo che succede ai vigliacchi traditori.-
Tom non si prese la briga di
rispondere.
Si asciugò anche le mani e dopo essersi ripreso il mantello si
diresse alla porta.
- Non scappare.- continuò la scozzese imperterrita -
Sapevi che prima o poi questo momento sarebbe arrivato, no? In fondo tu non fai
parte di questa gente, né di questo mondo.-
- E tu?- Riddle si volse sopra la
spalla.
- Io sono una McAdams.- replicò con alterigia, le spalle dritte e il
capo orgogliosamente eretto.
- Figlia di Mangiamorte.-
- No, i miei non
sono Mangiamorte.-
- Continua a crederlo.-
- Cosa ti dà tanta sicurezza di
essere migliore di me?- gli sibilò, perdendo la sua facciata controllata, che
era andata miserabilmente in mezzi una settimana prima, quando Riddle l'aveva
pubblicamente messa di fronte la verità davanti a tutti i Caposcuola - Cosa ti
fa credere di essere migliore di un assassino? Solo perché in questi anni hai
fatto finta di essere una pecorella accanto a Harry Potter? Eh? Non farmi
ridere! Sai bene di essere diverso, sai bene di non poter stare qua!-
- E
infatti me ne vado.- rispose semplicemente - Io però ho un posto dove tornare.
Tu invece?- e la vide tremare, ma non se ne curò. Non se ne curò nemmeno quando
gli occhi della strega divennero vitrei - I tuoi sono Mangiamorte, ammazzano
babbani, Magonò e Mezzosangue. Tu invece ti sei venduta a un uomo che ammazza i
gagia, che ha ucciso donne e bambini esattamente come mio padre. Che ha perfino
ucciso molti dei tuoi compagni.-
Asteria tacque. La bocca serrata in una
smorfia sottile.
Tom rise, desolato, amareggiato...eppure sollevato. Era il
figlio di un assassino ma...non era come lei.
- Io se non altro non tornerò
mai da mio padre. Ma tu ti sei venduta a un uomo al pari del Lord Oscuro. Fra
noi due, non sono io l'assassino Asteria. Meglio la prigione che sangue
innocente sulle mani.-
L'urlo di rabbia della strega riecheggiò nel
corridoio, alle sue spalle, forse per colpirlo come un pugnale ma Riddle se ne
andò via senza più voltarsi indietro.
Non sapeva che quella sarebbe stata
l'ultima volta in cui avrebbe visto Asteria McAdams viva.
Though i know i won't win
I'll
take this one on the chin
We'll raise a toast and i'll pretend
I got
something to believe in
Draco Lucius Malfoy alzò la spada in alto, sopra la propria testa.
E
la riabbassò con violenza, andando a colpire la schiena di Harry James
Potter.
La lama si ruppe in quattro frammenti che schizzarono ovunque, uno si
piantò dritto nel divano dov'era seduto Ron Weasley. Il rossino fece una
smorfia, senza muoversi.
- Fatto male?-
Harry si massaggiò la schiena.
Dalla felpa strappata la pelle emergeva intatta.
Per un attimo delle scaglie
dorate balenarono sull'epidermide ambrata del ragazzo, ma poi tutto tornò
normale.
- Io te l'avevo detto.- disse Hermione Hargrave, seduta sul bancone
della cucina.
- Cosa? Che anche da babbano sono soggetto a questa tortura?-
sibilò il moro, gli occhi verdi incendiati.
- Considerala una fortuna.- gli
disse Edward Dalton, intento a farsi qualcosa di forte - Anche senza poteri sei
comunque invulnerabile. L'unica cosa che poteva fermarti è l'Avada Kedavra ma
visto che ne sei immune, sei praticamente in una cassaforte.-
- Dì la
verità.- Hermione lo guardò attenta - Ci avevi pensato, vero?-
- Mi prendi
per un fottuto kamikaze?- replicò Potter, levandosi la maglia e restando a torso
nudo - Certo che ci avevo pensato. Voldemort a quest'ora sarà venuto a sapere di
tutto...lui e i suoi staranno banchettando alla mia faccia.-
- E' la tua
massima preoccupazione ora è lui?- lo sfidò Ron senza abbassare lo
sguardo.
Harry non rispose.
S'infilò una camicia nera che non era sua ma
di Malfoy, infischiandosene e ributtandosi a sedere.
- Quanto durerà questa
follia?- gli chiese ancora Weasley - Harry...tu sei un mago. Non un babbano
qualunque.-
- Ho vissuto da babbano per undici anni. Non cascherà il mondo
tornare a esserlo.-
- Ti diverti a dire certe stronzate o ti vengono fuori
così?- ringhiò il rossino - Harry, per Dio...siamo in guerra! E tu per punire
mezzo Ministero e ...Tom...- aggiunse Ron, facendo irrigidire tutti i presenti -
Tu rinunci ai tuoi cazzo di poteri di mago! Quella formula dannata neanche
dovevi conoscerla! Dove cazzo l'hai letta, si può sapere?-
- La conosco a
memoria da quando avevo quindici anni.- rispose Harry, sconvolgendo anche
Malfoy, semi sdraiato sul divano vicino al camino - Quando Sirius è caduto oltre
il Velo mi sono fatto due ricerche. Fine della storia.-
- Perciò resterai
così.- sindacò anche la Grifoncina.
- Non farmi la paternale.- le rispose con
tono duro - Ho dato abbastanza. Anche troppo. E non ero tenuto neanche ad
immischiarmi in queste cose. Ne ho ricevuto più male che bene.-
- E di tutte
le persone che hai salvato che mi dici?-
Potter si girò verso la scala.
Elettra stava scendendo dopo aver messo a letto i bambini.
- Allora?- lo
incalzò sua moglie, inflessibile - Che mi dici anche della gente che
morirà?-
- Sarebbe colpa mia?- replicò furente - Intendi questo?-
-
Intendo che potresti salvare decine e decine persone e invece per un capriccio
te ne stai qua senza poteri come uno stramaledetto babbano in attesa che venga
l'ora!-
- Capriccio?-
- Perché, non lo è?- Elettra allargò appena gli
occhi azzurri, nella parodia di un'amara presa in giro - Chi è che vuoi punire?
Orloff? O Tom?-
- Lui non è più affar nostro.- rispose calmo.
- Perché si
è permesso di andare contro i tuoi desideri?-
- Perché quando uno pensa da
solo per sé, significa che può cavarsela da solo. Semplice.- spiegò con finta
dolcezza.
- Tu non capisci.- Elettra scosse il capo - Leggi i giornali,
ricorda gl'incidenti di quest'ultima settimana, guarda le lettere...- e
gl'indicò i sacchi pronti a essere bruciati, sacchi pieni di missive che lui non
aveva nemmeno aperto - Dio, possibile che tu non l'abbia mai capito? La tua sola
presenza porta agli altri coraggio e speranza! Tu sei...un'idea, qualcosa a cui
i maghi fanno appello. Cosa faranno senza di te?-
- I maghi si sono salvati
dall'estinzione prima della mia nascita. Ce la faranno anche ora.-
-
Harry.-
Hermione posò la tazza, sospirando pesantemente.
- So che sei
arrabbiato.-
- No, non lo sai.-
- Si che lo so.- replicò snervata - Come
credi che mi senta io? Tom non è cresciuto solo con te e Draco in questi anni.
Tutti noi ci siamo presi cura di lui e mi si spezza il cuore al pensiero che se
ne vada ma quel contratto parla chiaro. Ostinandoti a chiamarti fuori rischi che
Tom nemmeno arrivi vivo alla Sigillazione, lo capisci o no?-
- E cosa dovrei
fare? Fare finta di niente?- sibilò, alzandosi di nuovo pieno di ribellione
repressa - Trattarlo come al solito quando neanche s'è preso la briga di dire a
me, a Draco e a sua madre che andava al Ministero a farsi mettere agli arresti?
Lo sai che Lucilla è chiusa in camera a Cedar House da una
settimana!?-
Hermione e gli altri tacquero, esausti.
Stremati.
- Quindi
non farai davvero nulla.- sussurrò Ron - Resterai a guardare.-
- Ci penserò
quando sarà ora. Ora sono stanco, vado a letto e non svegliatemi per cena, tanto
non ho appetito.-
- Vado a riposarmi anche io.- mormorò Draco, mettendosi in
piedi a fatica.
Hermione lo raggiunse, toccandogli ancora la
fronte.
Scottava sempre.
Quella febbre maledetta non accennava ad
andarsene.
E il dolore che leggeva negli occhi di suo marito la
uccideva.
Perché non sapeva come aiutarlo.
Ammesso che in quella
situazione qualsiasi tipo di aiuto sarebbe mai servito a qualcosa.
If i don't believe in jesus, how can
i believe the pope
If i don't believe in heroin, how can i believe in
dope
If there's nothing but survival, how can i believe in sin
In a world
that gives you nothing
We need something to believe in
Mary. J. Lewis si mise il mantello sulle spalle e uscendo dalla camerata del
settimo anno si voltò indietro a guardare il letto vuoto di Cloe King. Maddy,
Maggie e Olivia non seppero dirle dov'era andata.
Sospirando e scuotendo
il capo dai lunghi crini biondi, Mary raggiunse la sala comune di
Grifondoro.
Erano le undici e quel venerdì c'era il turno di ronda con gli
altri Caposcuola.
Tom l'aspettava fuori come ogni volta, cortese e
gentile.
Gli sorrise a malincuore, provando un dolore fortissimo per lui ma
cercò di non dargli a pesare nulla.
Le fu grato di come parlò di argomenti
leggeri durante il tragitto fino al primo piano, dove c'era la stanzetta din cui
i Caposcuola si riunivano per dividersi i compiti.
- Buona sera ragazzi.- li
salutò Jeff Lunn, Corvonero, quando entrarono.
- Ciao.- sorrise Mary, facendo
dei cenni a Patience Hogs di Tassorosso insieme a Flanagan e Fern Gordon di
Serpeverde, affiancata ad Adam Broody.
Solo Neely non sprecò il
fiato.
Posò per un attimo lo sguardo su Tom, poi tornò ad alzare le fiamme
del camino anche se ormai non ce n'era più così bisogno.
Solitamente era il
Grifondoro a dividere le ronde, visto che tutti si fidavano molto del suo
giudizio ma quella sera fu Lunn a dividerli. A quanto pareva il quarto piano era
stato nuovamente imbrattato di scritte.
Le divisioni quella notte però non
furono a favore di Riddle, purtroppo.
Neely Montgomery ottenne insieme a lui
la ronda dell'ala nord del quarto piano e le scritte rosse come sangue erano un
insulto anche per le peggiori orecchie.
"Morte ai Traditori"
Tom
lesse quella scritta, restando immobile. Rabbia. Densa come petrolio.
Ma
lui lo era poi davvero un traditore?
- Evanesco.-
Neely lo guardò di
sbieco, mentre la scritta scemava via.
- Non mi piace.-
- Che cosa?-
mormorò, facendo sparire altre minacce.
- Come ti comporti.-
Sempre
sincera. Cara Neely.
Era preoccupata per Damon. E lui non riuscì a impedirsi
di chiederle come stava.
- Lo sapresti se andassi a parlargli.- gli disse di
nuovo, schietta e franca.
- Dubito che riuscirei ad aprire bocca, prima che
mi maledica.-
- Siete due poveri idioti.-
Tom rimase in silenzio,
continuando il suo lavoro.
Fu lei a riprendere il discorso, quando si
sedettero sui gradini della scala per riposarsi un attimo.
- Non sogna più. E
parla sempre meno.-
- L'hai visto oggi?-
- No. Non è venuto a nemmeno a
cena. Come Beatrix del resto.-
Già. Nessuno più aveva voglia di mandare giù
bocconi amari.
Si piegò sul gomito, passandosi una mano fra i capelli.
Era
così stanco. Così stanco.
- Perché non parli con loro?- gli chiese,
carezzandogli un ginocchio.
- Perché sarebbe inutile.-
- Loro ti vogliono
bene.-
- Ma io ho detto solo bugie. Sapevo che sarebbe successo, speravo solo
di potermene andare senza dire nulla a nessuno. Mi sono sbagliato.-
- Volevi
andartene senza una parola?- la Corvonero assottigliò i lineamenti in
un'espressione colma di dolore e delusione - Così, senza un saluto?-
-
Sarebbe stato meno tragico.-
- E li avresti lasciati senza una
spiegazione.-
- Di spiegazioni ne ho a migliaia. Ma a quanto pare non
interessano a nessuno.-
- Non se implicano un sacrificio di una persona che
si ama.-
Tom estrasse un portasigarette dal mantello. Si era messo a fumare
regolarmente in quei giorni, per stordirsi, per impegnare le mani.
Si accese
la sigaretta da cui uscì un fumo azzurrognolo che si levò in alto in rivoli
tondi.
Sacrificio.
Era sempre stato un'animale sacrificale, solo che non
l'aveva mai capito prima.
In fondo però...si, Cameron Manor era stata la sua
casa.
Non era l'idea di tornare nel Golden Fields a farlo star male.
Era
il fatto...che sarebbe rimasto isolato lì, per tutta la vita.
Basta esseri
umani, nemmeno Trix sarebbe mai potuta entrare.
E il Ministero avrebbe
mandato i Controllori Magici ogni settimana, per seguire ogni suo
movimento.
Niente posta, niente contatti.
Nulla.
Si, la sua casa di un
tempo sarebbe diventata la sua prigione.
Lui, che temeva più di ogni
altra cosa la gabbia, le sbarre...che inceneriscono l'animo fino a quando non
rimane che polvere dei sogni che un tempo covavi dentro.
Lui ci si era
rinchiuso da solo stavolta.
E i casi della vita...ora non la temeva più
così tanto la gabbia.
Perché l'odio che leggeva negli occhi delle persone che
amava l'avevano anestetizzato.
Ormai non temeva più nulla. Neanche la
morte.
Quando finì il loro turno, Jeff Lunn gli chiese se volesse andare al
Circolo dei Duellanti per una bevuta e una mano a carte coi Serpeverde, ma Tom
rifiutò con la solita cortesia, promettendo che sarebbe andato a trovarli un
altro giorno.
Neely lo accompagnò verso Grifondoro, in
silenzio.
All'ingresso delle scale, mentre queste cambiavano, la Montgomery
lo afferrò per un braccio.
- Dimmi.- le sussurrò.
Lei scosse la testa,
stringendolo forte.
- Promettimi che andrai a parlargli.-
- Lui non vuole
parlare con me.-
- Per lui sei un fratello.- lo supplicò - Tom, sta
male...senza di te.-
- Io non sto meglio di lui.- ammise, carezzandole la
mano che lo stringeva come in una morsa - Ma non credo che ci sia più nulla da
fare. Scusami Neely.- e si staccò, facendo appena un passo indietro.
La vide
mordersi il labbro, forse trattenere una lacrime furtiva.
Finì per
abbracciarlo stretto, cingendogli il collo con le esili braccia.
Quel dannato
veleno che aveva suppurato le loro ferite si era allargato a tutti coloro che
stavano nelle vicinanze.
Neely si staccò di colpo, fissando un punto sulle
scale di Grifondoro oltre la spalla di Riddle.
Anche Tom si volse...e il suo
cuore smise di battere per un istante.
Cloe era seduta sulla balaustra
dell'ingresso al Quadro della Signora Grassa.
I suoi occhi nocciola
scrutavano lui e Neely.
E se non era ira pura quella, non avrebbe saputo dire
cos'altro fosse.
La Corvonero se ne andò senza dire altro, salutando a mezze
labbra senza emettere un suono.
Raggiunta Cloe, che non vedeva che di vista e
di sfuggita da sette giorni dopo quella notte in cui gli aveva giurato odio
eterno, capì che la sua punizione non era ancora finita.
Non c'era amore in
quello sguardo.
Non c'era compassione, né pietà.
Vendetta.
Ecco cosa
c'era.
Vendetta.
If i don't believe in heroin, how can i believe in dope
If there's nothing but survival, how can i believe in sin
In a world that gives you nothing
We need something to believe in
Something
To Believe
In, These Days .
Bon Jovi.
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