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Autore: paoletta76    26/10/2012    1 recensioni
Non sarai re, ma che t'importa..? Puoi essere un milione di altre cose.. con le tue capacità, con il potere che hai fra le dita.. puoi guarire, puoi salvare.. puoi essere più che un re.
La storia introduce un nuovo personaggio (ma quanto, nuovo?) accanto agli Avengers..
Genere: Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Thor, Un po' tutti
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Million Other Stories'
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Il medico lo congedò dicendogli di ritenersi fortunato. Solo un paio di costole incrinate ed una frattura alla gamba risolvibile in meno di un mese.
Le è andata bene..
 
Loki annuì, leggero, osservando il movimento di quegli esseri in camice verde attorno al proprio corpo. Lo bendarono con delle pezze inumidite, che dopo qualche minuto diventarono scomodamente rigide. Per un attimo, si sentì intrappolato. Prese di nuovo fiato, lento e profondo: il dolore era ormai praticamente nullo, ma meglio non farlo sapere a nessuno.
 
Qualcuno trovò dei vestiti e glieli diede, dicendo che quel poco che restava dei suoi era stato tagliato e gettato via dagli infermieri del pronto soccorso.
Indossò quella camicia e quei pantaloni sentendosi di nuovo come in prigione.
Poco male; mi abituerò anche a questo..
 
Fu quando l'uomo in divisa gli chiese le generalità, che il dio degli inganni non seppe dove andare a parare.
 
Aveva una grande esperienza, in fatto di bugie. Ne aveva sapute snocciolare di stupende, nel corso della sua vita, e qualche volta era riuscito ad ingannare pure suo padre e sua madre.
Non aveva nessuna esperienza di nomi midgardiani.
 
Il poliziotto lo squadrò con sospetto, vedendolo guardarsi intorno come se stesse cercando di temporeggiare.
- Ecco, io..- portò una mano alla testa, recitando la parte del soggetto colpito da amnesia, e contemporaneamente continuando a guardarsi intorno in cerca di suggerimenti utili.
- Lucas..- mormorò, notando quel nome scritto a pennarello su una bacheca, e constatando quanto avesse assonanza col suo.
 
Loki.. Lucas.. bravo. Cerca ancora.. pensò, mentre l'uomo in divisa prendeva nota e si rimetteva in attesa.
Chiuse gli occhi e corrugò la fronte, fingendo di cercare di ricordare.
- Si prenda il tempo che le serve - disse il poliziotto, senza nascondere però una nota d'impazienza - con la botta che ha preso, è normale che faccia fatica.
Si alzò dalla sedia, fece l'atto di uscire:
- Caffè?
Loki lo fissò per un istante, cercando di capire. Cosa?
- Le ho chiesto se vuole un caffè.
- Ah.. ok.. sì. Grazie. - replicò il giovane, quasi stupendosi di quanto stesse recitando bene.
 
Non dico questa parola da quando ero bambino..
Sorrise, leggero.  E riprese ad elaborare le assonanze. 
Laufey. Laufey-son. Laufeyson. Se poteva essere quello che gli umani chiamavano un cognome, questo era il suo. Il figlio di Laufey, re dei giganti di ghiaccio. Per un attimo, gli parve una cosa veramente ridicola.
 
Mi serve qualcosa che gli assomigli..
 
Il suggerimento gli arrivò dallo schermo che, di fronte a lui, trasmetteva immagini di non si capiva quale città. 
La donna parlava velocemente, con un tono quasi eccitato. Sullo sfondo, immagini a cui lui non fece alcun caso; la sua attenzione era concentrata sulla scritta bianca e rossa che compariva sul bordo inferiore dello schermo.
La corrispondente dal Canada, Anna Lawson.
 
- Ecco.
L'uomo in divisa rientrò, sedendosi davanti a lui e coprendogli di nuovo la visuale sullo schermo.
Loki gli caricò addosso una decina di accidenti. Se avesse potuto usare la magia, l'avrebbe trasformato all'istante in una rana. Le labbra s'incresparono in una smorfietta.
- Tutto ok? - l'uomo notò quell'espressione, e si voltò verso lo schermo, che ora trasmetteva i risultati di una qualche partita di baseball.
- Sì..
- Ricorda?
- Sì.. ora sì. Lucas.. Lucas Lawson. Sono un medico, sono.. qui per una convention. Almeno credo..
- Nazionalità? - l'uomo appoggiò il caffè e riprese a scrivere.
- Canada.. canadese. Non ho con me nessun documento.. mi devono essere..
- Probabilmente è stato vittima di un'aggressione a scopo di rapina. Ormai succede più spesso questo, che trovare gente onesta, a New York..- fece il poliziotto, con tono rassegnato.
 
New York.. bene.. pensò Loki. Non era servito più di tanto, per farsi dare le proprie coordinate. E il midgardiano s'era bevuto in pieno la storia del medico canadese.
Sorrise. Raccolse il bicchiere, trovandolo per un attimo insopportabilmente caldo al tatto. Lo portò alle labbra, tornando ad osservare l'umano che scriveva, e sorseggiò un po' a fatica la brodaglia che quello aveva definito caffè.
 
- Che ci faceva, dopo il tramonto, nel parco? Era solo?
- Passeggiavo. Così, per rilassarmi, schiarirmi un po' le idee. Sì, ero solo.
L'uomo quasi prese a sghignazzare.
- Qui non siamo in Canada.- disse.
Loki fu tentato di metterlo con le spalle al muro, prendendolo per il collo. Insolente..
- Da voi è tutto più.. elegante, gentile. Educato.- replicò il poliziotto, quasi a scusarsi della temporanea mancanza di tatto - non credo succedano di queste cose.
- Invece sì..- Loki riprese alla grande la recita, emettendo un sospiro  e fissando un punto sul tavolo - solo che non ci si abitua mai.. ci fidiamo dell'onestà degli altri..
- Ed è allora che restiamo fregati.
Già..  replicò il giovane, con un cenno della mano.
 
Recita perfetta.. dieci e lode, vostra altezza..
Dopo una manciata di minuti, era fuori dall'ospedale, con in tasca un documento falso ed una manciata di dollari appositamente creati grazie alla magia. Fin troppo facile..
 
Era quasi assurdo, come si fidassero facilmente, i midgardiani. Se avesse voluto, un paio di settimane e li avrebbe messi tutti in ginocchio. L'idea lo stuzzicava. 
Un regno. Era un re senza un trono, esule da due dei nove mondi conosciuti. E questo sembrava decisamente il più facile, da conquistare..
 
Basta elaborare un piano..
Del resto, era un maestro, nell'elaborare piani, nello studiare le mosse del nemico. Non era destinato ad avere sempre la vittoria in tasca, questo era vero. Ma anche solo cercare un'idea e lavorarci sopra poteva dargli soddisfazione.
 
Ecco, Loki.. adesso studiati un piano per sopravvivere..
Gli scappò da ridere, sentendo il proprio stomaco che brontolava reclamando cibo. Un sospiro, raggiunse la prima tavola calda disponibile, ed andò a sedersi nell'angolo più defilato.
La vetrina rifletteva un'immagine stanca, provata. Chissà per quanto tempo era precipitato nel vuoto, prima di finire in quel posto.
 
Ordinò la prima cosa che vide scritta sul menu; non male, il sapore, ma niente a che fare con i ricchi pranzi del palazzo reale.
Ecco, adesso ci manca solo che provi malinconia per quella prigione..
 
Non ci sarebbe tornato, ad Asgard. Non da esule sconfitto, non chiedendo perdono come s'aspettavano tutti.
Non era quello, il suo posto.
 
E qual'è, il tuo posto? Questo?
Un boccone, un altro. Uno sguardo distratto verso la strada. 
Fuori era buio, troppo buio. Un'oscurità ostile e fredda, ben diversa da quella che circondava le notti del giardino segreto..
 
Ecco, cosa gli sarebbe mancato. Il giardino, il gazebo delle rose. Tutti i momenti trascorsi in solitudine in quell'oasi di pace.
Chiudeva gli occhi, e vi si rivedeva, sdraiato viso all'aria. Accanto alla sua spalla, la spalla di Sif.
Chissà perché adesso s'era messo a pensare a lei.
 
Non mi manca, non mi manca per niente.. 
Provò a ripeterselo, inutilmente. Ogni pensiero ed ogni immagine lo riportavano lì. Sotto quel gazebo, o sulla grande terrazza. Alle labbra della donna che gli aveva lasciato rubare un po' del proprio calore.
Il cuore sembrò appesantirsi nel suo petto.
 
Sei un dio. Ce la farai anche senza di lei.
- Posso?
Aprì gli occhi, e si trovò davanti la figura imponente della cameriera. La sua mano indicava il piatto ormai vuoto, e lo sguardo mal celava la voglia di toglierselo di torno.
Un'occhiata all'orologio bastò per capire il perché di quell'espressione; erano quasi le tre di notte.. sicuramente la voluminosa umana desiderava tornarsene a casa..
 
Casa.
Merda.
 
Una volta fuori dal locale, prese a guardarsi attorno, senza trovare la forza di muovere un passo. 
Camminare? In quale direzione? Verso casa? Quale, casa?
Non l'avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, ma di casa ne aveva avuta una sola, ed era quella di Odino.
 
Bravo, idiota.. lasciare la presa sullo scettro.. e adesso?
Sorrise. Poi prese a ridere, nevrotico. Era solo, in una città che non conosceva di un pianeta che non conosceva. Tutto per non volerla smettere, di comportarsi da coglione orgoglioso.
Forse aveva davvero ragione Sif.
 
Continuò a camminare, finché quell'accidente rigido che gli avevano piazzato sulla gamba glielo consentì senza provare fastidio.
Un albergo. Niente di elegante, leggermente defilato rispetto al resto delle facciate. Poteva andare.
 
Il portiere non fece domande, riportando distrattamente i dati del falso documento ed allungandogli le chiavi.
La stanza era al secondo piano, affacciata sulla strada. Il letto abbastanza comodo, il bagno grande un decimo di quello che aveva nelle proprie stanze a palazzo.
Un sospiro.
Cazzo, Loki.. ma perché perdi tempo a pensarci ancora? Li odi, li detesti tutti. Detesti quel palazzo, quella città, la maledetta prigione dorata. Nessuno ti ha mai amato, nessuno ti ha mai apprezzato. Hanno sempre finto, con te. E poi dicevano che eri tu, il bugiardo..
 
Uno sguardo oltre la strada, al marciapiede umido e semibuio. Gli occhi si chiudevano, la stanchezza si faceva sentire anche nelle gambe. Si sedette sul davanzale, in modo da avere la destra stesa abbastanza da tagliare quell'orribile roba con un cenno della mano. Se ne liberò in fretta, lasciandola cadere a terra. Poi passò a quella che gli costringeva il torace.
Sfilò la camicia, osservò per un attimo il proprio riflesso nella finestra. Passò la mano come prima e lasciò cadere anche quella.
 
Libero. Finalmente.
 
Un altro sguardo verso la strada, e gli sembrò di vederla.
Lei, Sif.
Non ne era sicuro a 100%, ma quel poco bastò a fargli raccogliere la camicia e correre giù lungo le scale.
 
Sicuramente il portiere aveva pensato che fosse un cretino. Mezzo nudo, fuori in strada con una nottataccia come quella.
Lo vide rientrare e non gli disse nulla; il giovane appariva scosso, nervoso. Come avesse visto un fantasma.
 
Un canadese. Forse una spia, o uno sotto la scorta della protezione testimoni, che aveva visto qualcuno in grado di riconoscerlo. Non aveva la faccia da canadese.
 
Loki non gli fece neanche caso, rientrando in camera a passi stanchi.
Si lasciò cadere sul letto, e bastarono pochi minuti perché i suoi occhi si chiudessero, rimandando il pensiero di Sif a domani.
  
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