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Autore: Luli87    26/10/2012    9 recensioni
Amo le long, non posso farci niente. Qui c'è tutto: un omicido, anche due o tre... poi scene Caskett, scene erotiche, discussioni, sentimenti contrastanti, ansia, paura di morire, coraggio, intelligenza e ironia... Spero come sempre di non deludere nessuno seguendo lo stile del telefilm! Buona lettura!
Genere: Azione, Erotico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Capitolo 12
“Occhi negli occhi”
 
Il cardiogramma segnava battiti lenti e regolari da almeno un paio d’ore. Lanie si era addormentata quasi all’alba, quando Kate entrò nella stanza d’ospedale in cui era stato trasferito Javier dopo il ricovero. In ambulanza i paramedici erano riusciti a mantenere regolare l’afflusso di ossigeno al cervello di Esposito e, con una forte dose di benzodiazepine, erano riusciti a limitare l’effetto della stricnina, dandogli ancora una speranza di vita. In ospedale, il medico di turno aveva portato il detective in sala operatoria, ma non fu necessaria alcuna operazione: il cuore dell’uomo riprese a battere e non diede più segni di pericolo.
Kate si avvicinò al letto e appoggiò sul comodino due tazze di caffè ancora caldo. Poi afferrò la giacca di Lanie e la pose sulle spalle dell'amica, sorridendo all’immagine e alla tenerezza che provò nel vederla addormentata, con una mano sotto la testa e l’altra stretta in una mano di Javier.
Osservò il collega, steso e immobile. Sembrava come se dormisse normalmente, se non fosse per quel tubicino localizzato sotto il naso. Ma ormai l’uomo era fuori pericolo, respirava bene e il cuore batteva.
Il dottore, poco prima, le aveva comunicato che gli esami avevano rivelato una dose di stricnina minima: la Mantide Violet era riuscita a somministrare a Javier poco più di 20 milligrammi di alcaloide tossico, mentre una dose letale avrebbe dovuto superare i 50 milligrammi.
Mentre rifletteva e si domandava curiosa come diavolo avesse potuto Esposito cadere nella trappola della Mantide, nella stanza entrò Castle.
“Tutto bene?” chiese.
Kate si portò un dito alla bocca e gli fece capire di abbassare la voce, indicando poi Lanie.
Castle sorrise teneramente e si avvicinò all’anatomopatologa, sistemandole meglio la giacca sulle spalle.
 
Passarono solo pochi secondi che Javier aprì gli occhi e sbattè le palpebre una decina di volte, guardando in alto, confusamente.
Kate fu la prima ad accorgersene e gli si avvicinò accarezzandogli una guancia.
“Bentornato tra noi, detective!” gli sussurrò felice.
Esposito sospirò e chiuse gli occhi per pochi istanti. Sorrise appena e in quel momento ringraziò Dio e tutto il cielo per essere ancora vivo. Si ricordava perfettamente il dolore provato quella notte, tra le grinfie di quella donna. Gli sembrò di sentire ancora quella fitta maledetta al petto ma, quando fece per muovere una mano e portarsela all’altezza del cuore, fu allora che sentì un contatto, una mano calda e morbida stringere la propria.
Abbassò gli occhi e appena vide Lanie addormentata al suo capezzale, gli si sciolse il cuore di felicità.
“E’ qui da tutta la notte, non ti ha lasciato un attimo.” Sussurrò Castle, salutandolo e mettendosi al fianco di Kate.
Esposito annuì e sollevò la mano libera, portandola sulla nuca di Lanie, per poi accarezzarle dolcemente i capelli.
A quelle carezze Lanie non rispose, esausta per la notte insonne e lo stress. Non si mosse, continuò a dormire stringendo forte la mano dell’uomo. Esposito, dal canto suo, non volle lasciargliela un solo secondo.
Kate e Castle si scambiarono uno sguardo d’intesa e li lasciarono soli. “Riposati Javi, torniamo più tardi.” Sussurrò la donna.
 
“E’ stato un bene che Esposito non abbia bevuto tutta quella dannata birra.” Commentò Castle, seduto sulla panchina del giardino dell’ospedale. “A sentire il medico, pochi milligrammi di stricnina in più e per Javi non ci sarebbero state speranze.” Kate, al suo fianco, con un enorme bicchiere di caffè bollente tra le mani, annuì: “Ryan ha fatto un ottimo lavoro stanotte. Ha torchiato Violet fino allo sfinimento, l’ha proprio torturata.”
 
L’irlandese aveva trattenuto la Mantide in una sala interrogatori per tutta la notte e l’aveva sfinita a furia di domande, di urla, di minacce. La sua rabbia per il timore di perdere l’amico e collega l’aveva fatto esplodere e aveva pregato Beckett in tutte le lingue per lasciargli la possibilità di interrogare la donna. Era riuscito a restare concentrato e a non farsi sopraffare dallo stress e dall’ira che lo bruciava dentro: aveva fatto confessare la Mantide riguardo ogni singolo omicidio.
La donna non aveva alcuna strategia nello scegliere le vittime ed Esposito era stato solo uno dei tanti uomini che l’avevano notata, per il suo bell’aspetto, ma, a parere della donna stessa, nessuno di loro meritava di essere felice. La verità era che Violet era stata duramente ferita in passato: aveva perso il bambino che portava in grembo per un bastardo che una notte, di rientro dal lavoro, l’aveva stuprata e picchiata in uno squallido vicolo, abbandonandola lì. E il compagno di allora, non riuscendo ad accettare cosa fosse successo, aveva chiuso la loro storia, lasciandola e non facendosi più vivo. Dopo un periodo di depressione in cui si era costantemente sottoposta a sedute di psicanalisi, era riuscita a dimostrare di stare bene ma, in realtà, la sua anima era ormai rovinata. Si era convinta che nessun uomo meritasse felicità e, soprattutto, soddisfazione. Aveva deciso così di non permettere più a nessun uomo di ferirla prima che lei stessa potesse ferire lui. E, leggendo per puro caso un giornale scientifico, un giorno decise di testare gli effetti della stricnina, recuperata facilmente tramite internet. L’unica cosa che le premeva nei propri omicidi, era di osservare la vittima nella sua lenta agonia, come se provasse gioia nel vederla morire. Infine Violet si preoccupava sempre di far sparire le proprie tracce, pulendo alla perfezione i luoghi dei delitti.
Era stata una fortuna per Esposito non aver bevuto tutta la birra: Violet gli aveva sciolto nel bicchiere una concentrazione pari a 80 milligrammi, letale in un tempo abbastanza breve. All’uomo però, troppo eccitato dall’idea di poter passare una notte con quella bella donna, la sete era fortunatamente passata.
 
Ed eccoti lì, davanti a quella vetrina. Non sai quanto tempo sei stato lì a pensare e a riflettere. Su che cosa poi?
Su di te.
Su di lei.
Su di voi.
Sul passato e sul presente…
Sul futuro. Sì, che cosa succederà? E se dovesse andare male? E se dovesse riemergere il tuo lato egoista e ancora immaturo?
Il tuo profilo si riflette appena nel vetro e non puoi fare altro che rivolgergli una smorfia, come per dire, e per dire a te stesso: “Beh, potrebbe andare peggio di così?”
E’ inutile soffermarsi ancora, ormai il fatto è fatto e la tua decisione è stata presa.
La decisione finale spetta solo a lei.
 
I suoi occhi brillano felici e colmi di gioia. Non riesce a esprimere a parole cosa sta provando in questo momento. C’è però un’espressione strana sulla sua bocca, che le impedisce al momento di farti capire la sua risposta.
Le tue ginocchia iniziano a farti male, sei abbastanza scomodo sull’asfalto. Lanie sembra averlo capito dal tuo tremore. La scatoletta che tieni tra le mani infatti non è più ferma immobile ma inizia a vacillare e con essa anche tu. 
“Ti prego, ti prego, ti prego. Non lasciarmi qui così. Ho bisogno di te.” Sussurri convinto.
“Javier Esposito, mi stai dicendo che vuoi veramente impegnarti con me, solo con me?” ti chiede sognante e un po’ incredula.
“Solo con te, Lanie. Non voglio nessun’altra. Non desidero nessun’altra. Non chiedo di meglio perché il meglio non esiste. Sei tu. Solo tu. Risvegliarmi dopo quel coma e trovarti addormentata sul mio letto, sentire il tuo calore e il tuo respiro, sentire il tuo cuore.. Ti sentivo anche mentre non c’ero, sei dentro di me. Lanie, sposami, accettami per tutta la vita.”
Non aveva dubbi, lei voleva te: aveva solo bisogno di sentirselo dire, occhi negli occhi.
  
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