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Autore: iwashere    27/10/2012    4 recensioni
Basata sugli spoiler usciti sulla 4x06 e sulla mia mente malata che mi fa sognare i Klaine anche la notte.
Hope you enjoy it! :3
Dal primo capitolo: E quando Blaine si siede allo sgabello, l’unica cosa che vorrebbe è che tutti quei ricordi non lo investissero come un uragano o una calamità simile.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Rachel, Kurt/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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E' inevitabile.



Blaine camminava distrattamente per il corridoio del McKinley.
Nell’ultimo periodo la parola distratto lo accompagnava dappertutto, come un amico fidato.
 
Anderson, potresti stare attento alla lezione?
Blaine, se smettessi di essere così distratto riusciremmo a fare una coreografia decente.
Blaine, smettila di lasciare i tuoi libri in giro per casa! Sta più attento, sai che tuo padre odia il disordine.
 
Eppure dire che Blaine era distratto, con la testa fra le nuvole, nel suo mondo personale, non sarebbe stato del tutto giusto. Blaine era attento, solo, a cose diverse rispetto a quelle che cercavano la professoressa Hagberg, Will o sua madre. Blaine passava la maggior parte del suo tempo a cercare di ricordare e di capire. Cercava di imprimersi nella mente tutto ciò che era stato e di capire cosa aveva fatto. Quando, circa un mese prima, era andato a New York, non aveva intenzione di far male a nessuno. Avrebbe di gran lunga preferito vendersi un braccio piuttosto che fare del male a Kurt. All’amore della sua vita. Blaine tutte le mattine, prima ancora di alzarsi e fare qualsiasi cosa, ricordava il modo in cui il viso di Kurt si era illuminato quando l’aveva visto sedersi al piano, il modo in cui le sue guancie erano diventate leggermente più rosse quando l’aveva guardato pronunciando quelle parole, il modo in cui i suoi occhi dicevano Sei l’amore della mia vita anche tu.
Quando invece sceglieva che vestiti indossare per andare a scuola, cercava di ricordare tutti i consigli che Kurt gli aveva dato in quei due anni. Due anni. Blaine continuava a chiedersi come avesse potuto buttare via un amore così duraturo e sincero, e per cosa poi? Per un ragazzo conosciuto da due settimane. Se ci pensava ora, il confronto non reggeva. Non poteva reggere. E non poteva reggere, semplicemente perché Kurt sarebbe sempre stato il meglio, per lui.
 

* - * - * 


Blaine, quel pomeriggio, cammina distrattamente per i corridoi del McKinley. Dopo aver finito le prove del Glee – Blaine non devi girare a destra! Blaine tu sei in coppia con Brittany non con Marley! Blaine, ci sei? – sta andando a prendere i libri di algebra lasciati nell’armadietto. Non lo faceva mai, lui. Finite le lezioni, solitamente, si portava dietro tutto l’occorrente per poter correre a casa senza perdere altro tempo. Ma questo era prima, si ricordava, prima quando avevi voglia di studiare e di finire in fretta per poter andare da Kurt. Scuote la testa e si da dello stupido perché aveva pensato di poter arrivare alla fine della giornata senza pensare a lui. Ma poi si da dello stupido di nuovo, perché lo sa benissimo di non poter passare una giornata senza pensare a lui e senza odiarsi un po’ di più per l’errore che ha fatto. Non fa in tempo ad aprire il lucchetto con la combinazione – sempre quella, la data dell’anniversario suo e di Kurt, giusto per farsi male un po’ di più – che sente una voce che intona qualche parola di una canzone che lui conosce benissimo. La sua prima reazione è quella di sorridere e di chiudere gli occhi, godendosi al meglio quella canzone che lui adora,  perché si sente di nuovo parte di qualcosa che conosce, che è realmente sua. Poi però si costringe a riaprire gli occhi e, in seguito, a spalancarli mentre nella sua testa si forma una sola e chiarissima domanda: cosa diamine ci fa Rachel Berry a Lima?
Allora decide che rimanere lì con i libri in mano e con la tracolla in spalla senza fare nulla, non gli darà mai una risposta. Ci mette meno di dieci secondi a ributtare dentro i libri come capita e a chiudere violentemente l’armadietto, prima di cominciare a guardarsi intorno per capire dove sia Rachel. Cerca con lo sguardo e con le orecchie di capire in quale corridoio o aula sia, ma in giro non vede nulla se non una fila identica di armadietti. Per un momento, dopo aver girato quattro volte davanti alla sua tracolla lasciata ai piedi della parete vicino alla fontanella, pensa di essersela immaginata, pensa di essere ufficialmente uscito di testa. Ma dura solo un secondo perché poi vede la porta dell’auditorium aperta e sente di nuovo Rachel cantare con la sua voce potente e pulita sulle note di “Big girls don’t cry”.  Blaine non è davvero sicuro di voler entrare, adesso che è a pochi passi dalla porta. Perché infondo, entrare in quella sala e parlare con Rachel, renderebbe ogni cosa più reale e dolorosa. E Blaine non è sicuro di riuscire a sopportare dell’altro dolore. Non è sicuro di poter controllare Rachel, che ovviamente gli urlerà contro per la cosa orribile che ha fatto al suo migliore amico, e non è nemmeno sicuro di riuscire a controllare se stesso. Proprio mentre comincia a ripetersi che no, non è una buona entrare in auditorium e che lui dovrebbe essere già a casa dai suoi genitori, la voce di Rachel si fa sempre più vicina fino a che si spegne, dopo lo scricchiolio della porta. E quando Blaine riesce a specchiarsi nei grandi occhi scuri della ragazza davanti a lui, che lo guarda con un sorriso a metà tra il soddisfatto e il dispiaciuto, decide che la scelta migliore sia decisamente quella di scrivere un messaggio.
 
Mamma, arrivo a casa tardi oggi, il professor Shue vuole che io ripassi ancora la coreografia. In ogni caso, non aspettatemi per cena.
 
“Allora, come stai Blaine?” gli chiede Rachel, non riuscendo proprio a togliersi quel sorriso dalla faccia e non sopportando più il silenzio che si era creato dopo che si erano seduti sul palco del teatro.
Blaine per un momento vacilla, si chiede se sia il caso ti tirare fuori tutto ora o se sia meglio fingere anche con lei, e quando risponde “Bene, tu invece?” si sente immediatamente falso e sbagliato, di nuovo. Ma alla brunetta non sembra importare, perché lo guarda e non dice niente, lasciando che Blaine capisca da solo che lei è sempre la stessa Rachel, anche sotto qui vestiti scelti con più cura e quei capelli lunghi. Perché anche lei è cambiata, negarlo sarebbe come mentire, però dentro è la stessa ragazza di sempre. La stessa Rachel che aveva costretto Blaine a duettare con lei a Natale, la stessa ragazza che lo aveva spronato a dare il meglio per il musical scolastico, la stessa Rachel che a New York lo aveva sentito andare via ma che non era riuscita a fermarlo.
È dopo un altro minuto buono di silenzio che Blaine decide di parlare di nuovo.
“Ok, non sto bene, d’accordo? Non mi piace stare qui, non riesco a concentrarmi su niente, e-“ si ferma di nuovo, perché ancora una volta si rende conto che parlare con qualcuno, nonostante sia liberatorio e non possa che fargli bene, rende tutto più vero e tangibile. “E mi manca Kurt. Da morire.” Blaine tira un sospiro, ma non sa se sia di sollievo o a causa della fitta al cuore provocata dal nominare Kurt. E poi aspetta. Aspetta che Rachel dica qualcosa, che lo prenda a schiaffi, qualunque cosa, purché faccia qualcosa. Perché, Blaine se ne rende conto proprio in quel momento, lui non può più fare niente. In queste settimane è andato avanti per inerzia, solamente perché il suo corpo lo obbligava a farlo. Andava a scuola, studiava, litigava con suo padre, dormiva. Quasi sempre in quest’ordine, ma senza realmente seguire cioè che stesse succedendo intorno a lui. Perché ormai si è reso conto di essere bloccato a quel giorno nel parco, o forse ancora prima, a quando nella classe del glee si era arreso. Perché era questo che Blaine aveva fatto, si era lasciato andare. Aveva permesso che il suo corpo affondasse, perché senza Kurt, che è sempre stato la sua roccia, la sua salvezza, la sua ancora, lui non era niente. E quando uno sconosciuto gentile non aveva fatto altro che cercare di tirarlo su, di salvarlo, lui l’aveva lasciato fare. Aveva lasciato che gli facesse la respirazione bocca a bocca e che cercasse di dargli un po’ di quell’aria che in quei mesi, da quando Kurt era partito, aveva perso.
Blaine è così preso dai suoi pensieri che non si accorge che Rachel si alza e torna verso lo sgabello dove era seduta prima, mentre cantava. “Quanto tempo è che non canti Blaine?” chiede lei, con voce gentile, come farebbe una mamma. E a Blaine quella sembra una domanda stupida, perché è sicuro che lei sappia che era alle prove del glee fino a qualche manciata di secondi prima. E probabilmente la mora si accorge di essere stata poco chiara, così aggiunge “Cantare per davvero, Blaine. Cantare con l’anima, come facevi prima.” e quando vede i suoi occhi ambrati velarsi per un secondo, capisce di aver fatto centro. Perché Rachel è tornata a Lima, in quella città che le sta decisamente troppo stretta, non sono per i suoi genitori, ma anche per Blaine.  Perché lei sa che Blaine merita un’altra chance, e non pensa solo a quella che potrebbe concedergli Kurt. Lei non sa la storia, perché quando i rispettivi fidanzati – State ancora insieme? Non lo so. – se n’erano andati, lei e Kurt non avevano fatto altro che passare le giornate come se fosse tutto normale per poi ritrovarsi alla fine della giornata abbracciati insieme nel letto, una volta di Kurt, una volta di Rachel, perché per loro dormire da soli lì ormai era insopportabile. L’unica cosa che Kurt le aveva detto, trattenendo le lacrime e chiudendosi in bagno successivamente, è che Blaine l’aveva tradito. Non aveva detto come, né perché, né con chi. E inizialmente lei aveva pensato di lasciargli i suoi spazi, di non intromettersi. Ma quando si era resa conto che quello che vedeva non era altro che una brutta copia del suo migliore amico, aveva deciso che per il ringraziamento sarebbero tornati a casa, e Kurt con lei.
Rachel sta ancora aspettando una risposta e Blaine si siede di fronte a lei con le gambe incrociate. Lei sostiene il suo sguardo perché esige una risposta, ma il riccio non ci riesce, e per rispondere abbassa gli occhi fino a guardare il pavimento. “Da quel giorno a New York, credo. Prima, ogni volta che cantavo, anche se indirettamente, lo facevo per lui. Adesso ogni volta che canto mi viene da piangere”.
Blaine non sa quando ha deciso di essere così aperto con lei, di fidarsi così tanto, però sa che gli riesce bene. Così, quando Rachel timidamente gli chiede se ha voglia di cantare qualcosa con lei, e specifica che può scegliere lui la canzone, accetta con piacere. Si spostano velocemente dal centro del palco al lato destro, dove c’è il piano che entrambi adorano. E quando Blaine si siede allo sgabello, l’unica cosa che vorrebbe è che tutti quei ricordi non lo investissero come un uragano o una calamità simile. Perché comparare quel giorno a tutti gli altri duetti cantati con Kurt, a tutte le volte in cui suonava da solo a casa sua quando era ancora solo un bambino, all’ultima volta che ha suonato Teenage dream e si è distrutto da solo, è inevitabile.

   
 
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