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Autore: HellWill    27/10/2012    1 recensioni
Emily è una bambina non-umana con un problema singolare alle ossa: braccia e colonna vertebrale sono perfettamente sani, mentre tutto il resto è fragile come stuzzicadenti. Ciò ovviamente le impedisce di camminare e di condurre una vita normale, ma sotto questi problemi ci sono cause che non possono essere risolte normalmente...
Genere: Fantasy, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Gli occhi azzurri dell'uomo seguirono apprensivi il contorno della bambina immersa nella penombra, prima che le dita frugando sul muro riuscissero a trovare l'interruttore della luce.
«Emily...» mormorò, accorrendo in suo aiuto, ma lei si voltò verso di lui, fermandolo con lo sguardo.
«No, no, ce la faccio da sola» dis
se, testardamente. Mosse appena le gambe sottili e si aggrappò ai sostegni ai lati del letto, issando il proprio corpicino troppo fragile sul materasso con la sola forza delle braccia. Il padre scostò la sedia a rotelle per poterle stare vicino e l'aiutò a sistemare le piccole gambe sul letto, ma lei si scostò dall'uomo, infastidita. Lo inchiodò con lo sguardo.
«Ti ho detto che ce la faccio da sola, uffa!» borbottò, ma l'uomo le prese le mani e gliele baciò, ignorando le proteste.
«Ti voglio bene, sai?».
Lo sguardo della bambina si addolcì un poco e l'uomo le baciò ancora le mani, scostando le coperte per metterla a dormire. La bambina cercò di non essere d'impiccio pur essendo limitata nei movimenti e stette buona mentre il padre le rimboccava le coperte.
«Non dovresti fare questi sforzi, lo sai?» mormorò, dandole un bacio sulla punta del naso. La bambina fece una smorfia che era per metà un sorriso.
«E invece li faccio».
«E quindi sei stupida» rispose lui, pazientemente. La bambina rise appena, divertita, e l'uomo scosse la testa.
«Buonanotte, Emilly» mormorò, dandole un ultimo bacio sulla fronte. Lentamente uscì dalla stanzetta e si diresse in soggiorno, dove si lasciò semplicemente cadere sul divano, esausto.
La nascita di Emily era stata tanto attesa e, quando era finalmente avvenuta, tanto festeggiata. La bambina era cresciuta velocemente, troppo come tutti i suoi figli.. ma qualcosa era andato storto.
Si erano rivolti quasi subito ad un medico, uno di fiducia, che con queste cose sapeva averci a che fare.
«Adam, lo sai che..» aveva cominciato il mezz'elfo, evitando di guardare negli occhi lui e la sua compagna. Adam lo aveva interrotto subito.
«Sì» rispose semplicemente. Lo sapeva che non era normale. Lo aveva intuito, quanto meno. Che non riuscisse a gattonare era un conto.. a volte si imparava prima a camminare e poi a gattonare. Ma così.. Emily si era spezzata un femore a due mesi, cercando di muovere i primi passi. Questo no, non era normale.
Ilana si era stretta ad Adam e l'aveva guardato come se da lui fossero dipese le sorti del mondo. Nijka, lasciando ondeggiare il camice bianco e passandosi una mano sul viso, si alzò sospirando e guardò le radiografie sulle tavole illuminate.
«Quanto ha la bambina, avete detto?».
Stavolta Ilana precedette Adam, ansiosa.
«..Quattro mesi» mormorò. Nijka si voltò verso di lei, studiandola, e strinse appena gli occhi.
«Tu sei..?» chiese, curioso. Ilana si irrigidì appena, come sempre quando le facevano quella domanda, e Adam le strinse appena un po' di più la mano, riportandola alla realtà.
«Sono.. una specie di mezza fata. Mia nonna era una fata completa ma le furono strappate le ali. Visse per duecento anni fra gli uomini, in campagna, e diede alla luce mia madre. Mia madre aveva le ali più piccole e deboli di una fata normale, io non le ho affatto» spiegò, con voce rotta e quasi torta dal nervosismo.
Nijka annuì, poi si morse il labbro e si sciolse in un sorriso che avrebbe voluto essere dolce.
«Quindi.. si può dire che tu abbia una struttura ossea più delicata di quella di un umano o anche di un elfo?» chiese gentilmente e Adam strinse gli occhi: aveva capito dove voleva andare a parare. Ilana annuì con un impercettibile tremito delle mani.
«Pensi che ci sia una base biologica ereditaria per i problemi di Emily?» chiese Adam, fra i denti, e Nijka gli diresse uno sguardo penetrante, studiandolo per qualche attimo, poi annuì incerto.
«Non lo so, ma è il mio sospetto. Immagino che ciò sia legato a qualche tua caratteristica recessiva...» disse, grattandosi la tempia. Adam annuì lentamente, stringendo i denti. «Dopotutto ci conosciamo da anni, lo so cosa hai in giro per le vene» mormorò poi Nijka, sedendosi nuovamente dietro la scrivania e guardandoli grave mentre intrecciava le dita sul piano del tavolo.
«È mio parere che se Emily presenterà questa struttura ossea per il resto della sua vita, potrebbe non essere mai in grado di reggere il suo peso sulle gambe senza romperle quasi immediatamente. Come infilzare una palla di creta su due stuzzicadenti: va giù nel migliore dei casi, nel peggiore spezza gli stuzzichini. Emily si trova in questa situazione, attualmente: ha le gambe e i cranio sottili come un foglio di carta, mentre le braccia e la colonna vertebrale sono perfettamente in grado di mantenere il peso intero della bambina, forse di più. Le costole sono piccole e alte, ma sottili, sembrano formare una specie di barriera protettiva per gli organi interni; sono fragili anche loro, il rischio maggiore è che rompendosi una costola qualche scheggia penetri nei polmoni o nel cuore.. in tal caso sarebbe molto arduo mantenere in vita la bimba per più di ventiquattro ore».
Ilana si portò una mano al ventre, come se le avessero strappato la bambina direttamente dal grembo, e Adam le strinse più forte la mano che continuava a tenere nella sua.
«La mia speranza è che questa sia solo una fase di passaggio e che, crescendo, il tutto si normalizzi. Vi ho informati dei rischi, quindi non fatele compiere sforzi eccessivi che potrebbero causarle semplicemente dolore, e soprattutto evitate urti di qualsiasi genere, botte, movimenti bruschi e quant'altro, poiché possono rivelarsi pericolosi per la sua stessa vita» mormorò, alzandosi. Adam capì che in pratica li stava cacciando e diede una piccola pacca sul fianco della compagna, che si alzò dalla sua coscia come imbambolata, porgendo la mano al dottore. Il suo sguardo vacuo cercò il compagno, che le scoccò un'occhiata impenetrabile, e Nijka parlò ancora.
«Spero che con il tempo migliori, con gli hybris non c'è granché da prevedere, vanno come vogliono» mormorò, affranto. Ilana annuì e uscì dallo studio senza Adam, mentre il medico le teneva la porta aperta. L'uomo fece per seguire la donna al parcheggio, ma titubò uscendo e si volse verso il vecchio amico, che lo fissò. Poi sospirò e scosse la testa.
«Adam, io..».
«Lo so. Uno come me non dovrebbe mettersi a procreare» l'uomo s'irrigidì e il medico si volse di scatto verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.
«Non volevo dire questo né l'ho mai pensato, Adam, lo sai» obiettò, irritato ed offeso, poi si ricordò della brutta notizia che aveva dato e scosse ancora il capo, lasciando perdere le 'buone maniere' che gli stava dimostrando l'amico. Adam restò a fissarlo in silenzio, in attesa che completasse la prima frase. Nijka ricambiò lo sguardo, titubante. «Il corpo di Emily, Adam... io penso che sia fatto per avere le ali» disse. L'uomo inarcò le sopracciglia, ma Nijka continuò: «Se non le spuntano prima di un anno penso che non ci sia null'altro da sperare, se non applicando rinforzi metallici alle ossa... E si dovrebbe aspettare il completo sviluppo della bambina: dieci, dodici anni» concluse il medico. Adam fissò il vuoto per qualche istante, prima di rendersi conto della notizia.
«Si può fare qualcosa per capire se le spunteranno o meno..?» sussurrò, a fior di labbra, anelando ad una risposta affermativa. Il medico si strinse nelle spalle, entrò nello studio e ne uscì subito dopo con una delle lastre in mano, che pose in controluce.
«L'attaccatura per delle future e possibili ali c'è, è per questo che mi permetto di dirti queste cose. Il problema è un altro» disse, abbassando la lastra con la colonna vertebrale e tornando a guardare l'uomo, che sostenne il suo sguardo.
«Che problema?».
«Che i geni sono troppo dispersivi. Tua moglie è un hybris di fata alla lontana, tu sei un hybris che più hybris non si può... nessuno di voi due ha ali o parenti vicini di sangue che hanno ali. Ergo, la base biologica non c'è, si limita a dare una certa predisposizione» spiegò il mezz'elfo, passandosi una mano fra i capelli candidi. Adam restò pensieroso per qualche istante prima di sospirare.
«Possiamo fare qualcosa che favorisca lo sviluppo delle ali?» chiese, come se fosse deciso a minacciarle, quelle ali, purché spuntassero prima o poi. Nijka si sciolse in un sorriso tirato e si strinse nelle spalle.
«Qualcosa tipo darle da magiare farfalle vive a colazione? Non credo funzionerebbe» rispose, scuotendo il capo divertito. «No, non c'è nulla che tu possa fare per accellerrare il corso degli eventi. In più se pure ci fosse qualcosa io non me la cavo molto bene con i bambini, lo sai, gli hybris sono strani e gli adulti sono più... 'lineari', ecco».
Adam si voltò verso l'amico, sorridendogli pallido.
«Solo tu riesci a fare di una parola disgustosa come "ibrido" una parola elegante come "hybris". Davvero» disse, porgendogli una mano per salutarlo. Nijka sorrise e gliela strinse, attirandolo in un veloce abbraccio fraterno prima di lasciarlo andare.
«È greco, non mi sono inventato nulla» disse, salutandolo con un cenno del capo. «Stammi bene, Adam».
«Stammi bene anche tu, Nijka».
Da allora, inutile dirlo, Emily non era affatto migiorata. Come al solito, il destino sembrava godere nel dotare un corpicino così fragile di uno spirito così forte da muovere le montagne.. ma non da sosterene quel peso leggero in piedi. Il suo carattere allegro entrava nettamente in contrasto con un corpo troppo piccolo e delicato per poter vivere normalmente.
In quei dodici e rotti mesi lui si era incupito sempre di più, trascurando lavoro e allenamenti vari, mentre Ilana si era ridotta sempre di più ad una specie di fantasma che seguiva i regressi della figlia e le azioni del marito; agiva a molla: si caricava e scaricava continuamente, priva di uno stimolo era pressoché priva di vita.
Un anno e mezzo: la loro bimba era senza ali. Le braccia e la colonna vertebrale restavano le uniche cose quasi umane, forti e potenti: tutto il resto era fragile come rametti secchi.
«Adam».
Il sussurro di Ilana e il rumore di lei che si sedeva accanto a lui sul divano. L'uomo aprì gli occhi e la guardò, cercando di imprimere un po' di dolcezza allo sguardo; e invece si scontrò con la disperazione di due occhi che avevano appena pianto, che piangevano da un anno e mezzo, ma nonostante questo non davano segno d'aver esaurito le lacrime.
«Ilana» mormorò l'uomo, porgendole una mano e allargando le braccia. La donna ci si tuffò e si aggrappò a quella mano ferma, cominciando nuovamente a piangere.
«La nostra bambina...» piagnucolò, fra i singhiozzi. Adam l'attirò a sé, chiudendo gli occhi e cercando di calmarla con il solo respiro; eppure, il cuore gli batteva troppo forte per poterci credere davvero.
«La nostra bambina» ripeté l'uomo, sussurrando.
Seguì un silenzio denso e spesso, per niente piacevole, interrotto solo di quando in quando da sporadici singhiozzi; e quando anche questi cessarono, fu un silenzio disperato, rabbioso, ma non rassegnato.
Il sonno li colse così, stretti l'uno all'altra, e così li ritrovò il mattino.
   
 
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