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Autore: Mokusha    27/10/2012    5 recensioni
E'... Prima.
Prima della fama, prima degli Echelon, prima dei 30 Seconds To Mars.
Solo Shan, e Jay.
Ed una giovane mamma.
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Shannon Leto
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi qua!
Finalmente sono riuscita a pubblicare il trezo, che però non vale assolutamente la pena del tempo che vi ho fatto aspettare. ç_ç
Eh, diciamo che mi sono ingarbugliata in una situazione tutt'altro che semplice con questa storia, bwha.
Vi ringrazio di cuore per le recensioni positivissime che mi avete lasciato, non avrei mai pensato che la Fan Fiction vi prendesse tanto *-*
Grazie, sapete sempre come farmi allargare il cuore <3
Vi voglio bene, e spero che 'sta cosa non vi faccia troppo schifo :3
-Ale



Constance bussò alla porta di Eloise, che le venne ad aprire con un sorriso.
"Connie, cara" la accolse spostandosi per farla entrare "Com'è andata? Come sta il piccolino?"
La ragazza le rivolse un sorriso tirato.
"Un po' ...meglio. Carl, il... dottor Leto, ha detto che è solo un febbrone, ma che preferisce tenerlo sotto osservazione per un po'. Non... Ho idea di come farò a pagare le spese dell' ospedale", mormorò scuotendo la testa, finchè due lacrimoni le rigavano le guance "Proprio non lo so."
Eloise la abbracciò di slancio.
"Andrà tutto bene tesoro. Vedrai, si risolverà tutto. L'importante è che Jared stia meglio. Il resto lo risolveremo un po' alla volta. Okay?"
Constance si staccò dalla donna e annuì. Si asciugò gli occhi.
"Dov'è Shannon?"
"Di qua. Abbiamo fatto amicizia noi due." le spiegò, finchè la accompagnava in cucina.
Shannon era seduto a tavola, con uno scolapasta in testa, tutto preso a sbatacchiare delle pentole con due bacchette cinesi. Non appena vide la madre però, mollò i giochi e corse da lei.
"Mamma!"
Un sorriso si allargò subito sul volto della ragazza, che si abbassò al livello del figlioletto, abbracciandolo forte. Lo prese in braccio e gli tolse lo scolapasta dalla testa.
"Ciao ometto!" lo salutò, coprendolo di baci. "Come stai? Ti sei divertito con Eloise?"
Il bambino annuì, appoggiando le manine sulle guance della madre.
Constance adorava quando i figli la toccavano. Sentiva che ogni gesto dei bambini nei suoi confronti era amore.
Non si era di certo pentita di essere diventata mamma così giovane.
"Mamma, Eloise mi ha detto che sono un batterista!"
"Davvero?"
"Sì! Ma dov'è Jay?" chiese Shannon, guardando oltre la spalla della madre.
"Jay aveva un po' di febbre, amore. E' in un posto dove gliela manderanno via."
"Ma poi torna?"
"Ma certo che sì. Anzi, sai cosa ti dico? Questa sera lo andiamo a trovare."
"Ma è lì da solo?"
Contance ridacchiò. Era incredibile il senso di protezione che Shannon dimostrava verso il fratellino, pur essendo così piccino.
"No, ha un nuovo amico, che gli farà compagnia. Si chiama Carl."
"E gli manderà via la febbre?"
"Proprio così. E quando gli sarà passata, lo riporteremo a casa?"
"Nel camper?" domandò il bambino.
Constance sentì una fitta di dispiacere allo stomaco, ma si sforzò di nasconderla.
"Sì, amore." spiegò dolcemente "Nel camper."
Lo rimise giù per potersi togliere il cappotto di lana arancione, e gli accarezzò i capelli.
"Connie, Shan, che ne dite di una bella tazza di cioccolata calda?" domandò Eloise
"Direi che è un'ottima idea, non è vero?" rispose la mamma, sedendosi al tavolo, mentre il bimbo gli si arrampicava nuovamente sulle ginocchia.
Eloise servì loro due tazze fumanti di cioccolata. Osservò i suoi ospiti. Era incredibile come Constance fosse riuscita a nascondere tutte le sue angosce e ansie, di fronte al figlio e a mostrarsi sorridente e spensierata. Era un inno alla more vedere come si prendesse cura dei suoi figli, come li coccolasse, ed era una gioia vedere i suoi occhi azzurri illuminarsi ogni volta che li vedeva.
Ne aveva passate davvero tante, e lei stessa era ancora una bambina, tuttavia stava crescendo i figli in una maniera esemplare, trasmettendogli dei valori che molti adulti non avrebbero mai potuto arrivare a serbare in cuore.
Si sarebbe tolta l'anima per il bene di quei bimbi, che erano tutta la sua vita.
Ed Eloise sapeva quanto in realtà Constance si rimproverasse di poter fare abbastanza per loro. Avrebbe davvero voluto che vedesse che, nonostante la situazione, i suoi bambini erano felici.
Shannon, con i baffi di cioccolato, stava giocherellando con il ciondolo del simbolo della pace del braccialetto della mamma, mentre lei aveva poggiato il mento sulla sua testina, con lo sguardo perso, e milioni di pensieri ad affollarle la mente.

"Allora, come ti è sembrato il dottore?"
La voce di Eloise la fece sussultare.
Strinse più forte la tazza che aveva tra le mani.
"E' stato.. gentile" ammise, senza poter impedire alle proprie labbra di curvarsi all'insù.
L'anziana signora sorrise. Aveva lavorato per anni con Carl, e sapeva che era dotato di un'umanità e un'empatia disarmanti, tutto ciò di cui la ragazza aveva bisogno.
"Per una volta qualcuno è riuscito a farmi credere davvero che le cose si aggiusteranno. E che non sto per precipitare in continuazione. Che posso allontanarmi dal baratro, invece che sentirmene trascinata verso."
"Lo so, Carl è così. Ti dà sicurezza."
Constance annuì.
"Sì. E' riuscito a fare in modo che io mi fidassi di lui dopo pochi minuti. Se così non fosse stato non gli avrei mai lasciato il mio bambino."
"Certo. Non preoccuparti. Jared è in ottime mani."
"Lo so, ma..."
"Ma cosa, tesoro?"
"Il fatto che il dottor Leto sia stato così gentile con noi, non risolve i... problemi." sussurrò. "Rimane la questione che non ho i soldi per pagare l'ospedale, e probabilmente non avrò nemmeno quelli per le medicine, e l'inverno è appena cominciato, e io... Io non ho una soluzione."
"Connie, stai tranquilla. Cosa dice sempre John Lennon? 'Non esistono problemi, ma solo soluzioni.' Le cose si sistemeranno. Vedrai."


Jared spalancò gli occhioni, incrociando quelli dell'uomo in camice binaco seduto vicino a lui sul letto.
L'uomo gli sorrise.
"Ciao, piccolo Jay."
Il bimbo lo fissava.
"Io sono Carl, sono un amico della tua mamma."
"Mamma?" chiese il piccino.
"Sì. La tua mamma. "
Il labbro inferiore del bambino cominciò a tremare, finchè si guardava intorno spaurito.
"Ehi, soldato." gli disse Carl, prendedolo in braccio, tenendolo avvolto nelle coperte. "Non piangere. Sei in un posto che si chiama ospedale, che è un brutto nome per chiamare un grande palazzo pieno di stanze dove vengono mandati via la febbre e il raffreddore, sai?"
Jared si era ficcato il pollice in bcca ed aveva preso a tormentarsi un orecchio. Annuì timidamente.
"La tua mamma torna tra un pochino. E' andata a prendere Shannon."
Jared annuì di nuovo.
"E' il tuo compleanno oggi, vero? Guarda cos'ho qui." gli disse, prendedo dal comodino un pacchetto avvolta nella carta da regalo con orsetti e palloncini.
"Un regalo per te!"
Il bimbo lo fissò, ma non si mosse.
"Vuoi che lo scarti io?" gli domandò.
Il piccolo annuì. Carl scartò il pacchetto, e gli porse l'album da disegno e la scatola dei pennarelli.
Un sorriso si allargò sul volto del bambino, che, toltosi il dito di bocca, allungò le manine verso i suoi regali.
"Ti piace colorare, vero?"
"La mia mamma è una pittrice" spiegò Jared, strascicando le parole.
Carl annuì.
"Allora, possiamo essere amici io e te?"

 



   
 
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