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Autore: Rosie Bongiovi    27/10/2012    3 recensioni
' "Kayla! Apri questa porta!".
"Richie ma.. Richie, sono le due di notte!".
"Sì, lo so, lo so. Però è urgente. Dai, fai veloce che sto congelando!".
"Ti ammazzo, stavolta lo faccio sul serio!".
E glielo ripetevo così spesso, che il signorino in questione avrebbe dovuto morire una trentina di volte. Però, per qualche arcano motivo, non ci sarei mai riuscita a fare a meno di lui'.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Senza troppi convenevoli e senza crearmi ulteriori problemi, mi alzai e decisi di fingere di stare andando a fare la spesa, e non a parlare con Kayla. Lei.. Lei l'avrei incontrata per caso, nel reparto cereali, come nei peggiori telefilm americani. Non badai nemmeno a sciacquarmi il viso, visibilmente provato dal viaggio e dall'orario del mio arrivo.

Credevo di essermi svegliato intorno alle cinque volte, durante quella nottata. Gettavo un'occhiata all'orologio e, vedendo che erano solamente le 2.00, piuttosto che le 3.00 o le 4.00, tentavo sconsolatamente di riprendere sonno.

Guardai il mio riflesso nello specchio. Non c'era niente di nuovo, solo delle occhiaie che mi facevano assomigliare vagamente ad un panda. Erano le 8.00 e se la cerimonia cominciava alle 11.00, significava che Kayla era già sveglia e, forse, in panico.

Osservai ogni mio singolo movimento, come se non fossi nel mio corpo e stessi guardando il tutto comodamente seduto sulla poltrona.

Mi aggiustai una ciocca di capelli, che profumavano ancora di shampoo, lo stesso che mio padre utilizzava dalla notte dei tempi. Mi sistemai il colletto della camicia, accarezzando la stoffa e togliendo da essa un filo, probabilmente appartenente al sedile dell'aereo. Ascoltai il suono dei miei passi fino all'entrata e mi piegai per “lucidare” la punta della scarpa destra, sulla quale si era adagiata un po' di polvere, in netto contrasto col nero della pelle.

: - Ora sì che sono presentabile -.

Risi tra me e me, pensando a quanto facessi schifo a mascherare il mio nervosismo. Mi mordicchiai il labbro inferiore, mentre la mia mano, appoggiata sulla maniglia, aspettava che il mio cervello le ordinasse di farmi uscire.

: - 1 -.

I denti? I denti erano puliti? Nessun residuo di insalata o qualsiasi altro cibo? Mi passai la lingua sulla dentatura curata – mia madre ci teneva e ogni due per tre mi portava dal dentista per qualche controllo -.

: - 2 -.

E l'alito? Non potevo farla svenire per via del mio alito. Con la mano sinistra raggiunsi la mia tasca. Avevo l'abitudine di portare sempre un pacchetto di mentine con me. La mia strana consuetudine si era rivelata utile.

: - 3 -.

Nell'arco di qualche istante, mi ritrovai nel corridoio, dalle pareti rosse, il soffitto dorato e la moquette della stessa tonalità dei muri, il tutto illuminato da numerose lampade di cristallo.

In meno di dieci passi avrei raggiunto quella porta costosa dal legno pazientemente lavorato. Bastava semplicemente che avanzassi.

: - Prima un piede e poi l'altro, Richie. Prima un piede e poi l'altro -, come mi ripeteva mia madre, quando mi insegnò a camminare.

Ad aprire la porta fu una Kayla con indosso una corta vestaglia di seta, rosa antico, che arrivava a coprirle metà coscia. I capelli erano ondulati e non ricci e ribelli come al solito. Evidentemente qualcuno era già intervenuto con un asciugacapelli ed una piastra. A giudicare dalla rosa bianca che aveva nella mano destra, dalla quale sporgeva un piccolo e sottile elastico dello stesso colore dei suoi capelli, stava per legare la folta chioma in uno chignon. Il fiore avrebbe dato un tocco di purezza ed eleganza in più.

Notai che gli occhi erano arrossati, esattamente come la punta del naso. Sembrava che avesse pianto fino a qualche minuto prima. Magari era semplicemente stress. Al di là delle occhiaie livide (a quanto pare non ero stato l'unico a riposare male, quella notte), il suo viso era bello come al solito. La sua era una bellezza tangibile, non fredda o irraggiungibile. Con quel leggero trucco sulle palpebre, sicuramente da aggiustare e completare, mi resi conto di quanto fosse penetrante il suo sguardo. Emanava sicurezza. Una sicurezza falsa, che ingannava chiunque, ma non me.

Incrociò le braccia, spaesata. Forse si stava chiedendo “Ancora lui? Ma quando la smetterà di darmi il tormento?”.

“Ciao, Kayla” la salutai, con voce ferma. Se voleva ingannarmi con la sua di fermezza, allora avrei usato la stessa carta del 'ho tutto sotto controllo e non mi spaventi'.. Meno male che i pantaloni erano leggermente larghi sulle ginocchia, così non avrebbe visto che stavano tremando un poco.

“Giorno a te”. Volevo che fosse lei a fare il primo passo. O meglio, il secondo; il primo l'avevo fatto io venendo a bussare a quella porta, per l'ennesima volta. Chissà se me ne sarei pentito o meno. “Devi.. Dirmi qualcosa, o..”.

Le porsi l'invito al matrimonio. Non ero sicuro che Cameron lo avesse ottenuto 'legittimamente', ma non importava.

“Sono venuto per questo”.

“Oh” disse lei, semplicemente. Annuì, fingendo di leggere con attenzione il nome suo e quello di Alexander, come se fosse una poesia impegnativa che le stava richiedendo chissà quale sforzo intellettuale. Trascorsi alcuni secondi, fu Kayla a sentirsi in dovere di parlare. “E' un po' presto per andare a prendere posto” commentò, allontanandosi dalla porta, per appoggiare la rosa su un tavolino sul quale c'erano anche un paio di chiavi ed un vaso blu. La interruppi velocemente, varcando la soglia e chiudendo la porta alle spalle. Era arrivato il momento in cui Kayla avrebbe dovuto far sì che si dissolvessero tutti i miei dubbi riguardo questa storia.

“Non sono venuto qui per assistere alla cerimonia” dissi. “Questo è proprio all'ultimo posto nella classifica dei miei pensieri” aggiunsi.

La vidi arcuare le sopracciglia, perfettamente sistemate. Le conferivano un'aria piuttosto.. Professionale e seria. Ricordava vagamente la professoressa di letteratura, sotto quel certo punto di vista. E no, non era un fatto positivo.

“Allora mi chiedo per quale motivo ti sia presentato qui”.

: - Lo faceva a posta o proprio non lo capiva? -.

Respirai profondamente, espirando a lungo l'aria che aveva riempito i miei polmoni. Dovevo fare molto attenzione alle parole giuste da dire.

“Ti ricordi cosa ci siamo detti due settimane fa?”. Camminai per la stanza, mentre lei si stava sedendo sul fondo del letto. Notai l'abito bianco, steso sul materasso. Non aveva spalline e la gonna di tulle sotto al corpetto lavorato non era per niente esagerata.

: - Deve proprio starle un incanto -. Allontanai quel pensiero: non potevo di certo permettermi distrazioni di quel tipo.

“A grandi linee sì, me lo ricordo. Perché hai preso questa brutta abitudine di scavare nel passato?” mi domandò. Sembrava realmente incuriosita.

Ignorai il suo quesito e proseguii.

“Risponderò alla tua domanda, quando tu risponderai alle due che ti ho fatto e che sono rimaste in sospeso. Dato che ti ricordi solo a grandi linee, ti rispolvererò io la memoria: tu ami Alexander, Kayla?”. Accennò una risatina imbarazzata, che mi fece innervosire. Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi e strinsi le mani in due pugni, per scaricare il mio nervosismo improvviso.

“Non vedi?” iniziò, indicando il vestito dietro di sé. “Mi sto per sposare, Richie”.

“E questa non è una risposta” mi imposi io. “Pensa ai matrimoni combinati. Tutte quelle donne si sposavano, certo, ma quante di loro, nonostante questo, erano realmente innamorate?”.

“Questo non è un matrimonio combinato”.

“Non mi stai rispondendo”. Si morse il labbro inferiore e incrociò le mani. Due segni di timore che l'avevano sempre contraddistinta. Mi aveva raccontato che era stato così che sua madre aveva scoperto che era stata lei a rubare la marmellata appena preparata e lasciata incustodita sul bancone della cucina.

“Tieni quella domanda per te, non ti do fretta. Insomma, che razza di persona sarei se non ti lasciassi il tempo per ragionare? Anche se, insomma, per cose del genere bisognerebbe avere la risposta pronta.. Ma non importa. Chi sono io per giudicare?”. Arrossì leggermente e abbassò lo sguardo sulla moquette grigia. “Veniamo all'alto quesito. Aspetta, cos'è che ti avevo chiesto?”. Sapevo che non avrebbe detto nulla, perciò decisi che avrei condotto io il gioco. Mi avvicinai, con le mani in tasca, e guardai a terra, fingendo di essere tremendamente interessato alle mie scarpe. Dovevo interpretare la parte di quello pensieroso. “Ah, giusto. Ora ricordo”. Quando fui davanti a lei, mi abbassai appena, costringendola a puntare i suoi occhi nei miei. Quello era l'unico modo per decifrare i suoi pensieri. “Sei innamorata di me, Kayla?”. Deglutì rumorosamente e capii che se ne pentì immediatamente. Indietreggiò sul letto, convinta che servisse a qualcosa; mi sporsi in avanti, continuando a fissare le sue iridi. Le pupille cercavano di guizzare ovunque tranne che verso il mio viso. “Allora?”.

“Mi devo sposare, Richie”. Arretrò ancora.

“Sei innamorata di me?”. Appoggiai i palmi sul materasso e mi ritrovai alla stessa distanza che c'era tra di noi fino a pochi secondi prima.

“Ho detto che mi devo sposare”. Retrocedendo di altri venti centimetri, si ritrovò con la schiena contro la spalliera.

: - Sei alle strette, Mitchell -.

Gattonai, annullando di nuovo quell'eccessiva distanza e ritrovandomi ancora una volta di fronte al suo volto spaventato.

“E io ti ho chiesto: sei innamorata di me, Mitchell?”. La sua cassa toracica continuava ad alzarsi ed abbassarsi. Chissà il suo battito cardiaco che razza di velocità aveva raggiunto. Di fronte al suo ennesimo silenzio e alla sua indecisione assoluta, sapevo già quale fosse la risposta. Mi faceva male il fatto che fossimo arrivati fino a quel punto, a poche ore dal matrimonio con qualcuno che, a quanto pareva, nemmeno amava.

“Richie, io..”.

“Io?”.

“Tu..”.

“Egli, noi, voi, essi. Arriva al dunque”.

Ancora respiri alterati e occhiate imploranti, come se la stessi sottoponendo a quale atroce tortura.

: - Beh, Mitchell, mia madre mi ha raccontato che, per capire se quella è la persona giusta, bisogna sentire il solletico in gola e i brividi lungo tutta la schiena. Vediamo se così li senti -.

Finsi di stare ascoltando Bruce Springsteen e la E Street Band mentre cantavano e suonavano She's the one, come durante quel primo bacio. La dinamica fu più o meno la stessa, atmosfera a parte. Stavolta, però, da un bacio dipendevano milioni di cose.

La posta in gioco era troppo alta.

: - Li senti i brividi, Mitchell? Sono l'unico dei due che ha la sensazione di stare prendendo la scossa? Eppure, se tu sei la persona giusta per me, sarebbe inverosimile se io non fossi quella adatta a te -.

Riaprimmo gli occhi nello stesso istante. Nemmeno mi ero accorto di aver schiacciato il vestito con la gamba. Beh, se quel bacio aveva avuto l'effetto che mi aspettavo, non ci sarebbe stato il bisogno di un abito da matrimonio.

“Credi di poter rispondere alla mia domanda, ora?” sussurrai io, a qualche millimetro dalle sue labbra. Rimase in silenzio ed una lacrima solcò la sua guancia. “Se devi sposarti oggi.. Sposa me, Kayla. Sposa me”.

“Oh, Richie..”. Si asciugò lo zigomo col palmo della mano, che poggiò sulla mia spalla. “Non posso sposarti.. Senti, noi..”.

: - No, non ancora -.

“Dieci anni, Richie. Cinque dei quali sono stata fidanzata con la persona che mi ha chiesto di diventare sua moglie. Sei ricomparso e.. Non so con quali scopi, non so con quali pretese, ma mi hai stravolto la vita e io.. Io devo essere più oggettiva possibile, okay? Perché.. Perché, con qualche uscita e un paio di baci.. non si può buttare all'aria qualcosa che qualcuno ha costruito in cinque anni. E' troppo, Richie. E se tu fossi al mio posto..”.

: - Se fossi al tuo posto, sposerei la persona che hai davanti. Ma perché per me sono passati solo alcuni mesi, forse. O forse perché mi hanno insegnato a rimanere fedele a chi amo. Chissà quale delle opzioni è quella giusta -.

Le lasciai un impercettibile bacio sulla fronte, interrompendo le sue parole: non volevo sopportare altro.

“Poi chiedi a Hilary di portarmi una bomboniera. Adam è ancora ghiotto di confetti”.

 

Il cielo era coperto da nuvole scure, che minacciavano pioggia per le prossime ore. Mi aggiustai il cappello nero da cowboy che un ragazzetto mi aveva venduto a qualche metro dall'aeroporto. Aveva allestito una bancarella con i suoi amici. Sembrava di rivedere me insieme ai miei compagni di scuola, quando avevamo appena undici/dodici anni. Eravamo ragazzini ingenui che speravano di potersi acquistare chissà quanti fumetti vendendo giocattoli mezzi rotti o ai quali non davamo più attenzione.

C'erano parecchie persone, piene di valigie, zaini, borse e bagagli vari. Avevano l'aria di essere parecchio spossati. Uomini in giacca e cravatta camminavano nervosamente, attenti a non pestare i piedi a qualche turista sperduto. Mi addentrai nella calca di viaggiatori, pensando a quanto il mal di testa mi stesse scombussolando.

Non avevo avuto il tempo per acquistare un biglietto di ritorno, perciò mi toccava rimanere in fila per prendere il volo delle 10.30. E mancavano venti minuti scarsi. Mi massaggiai le tempie, mentre la fila diminuiva sempre di più.

: - Finalmente il mio turno -.

“Un biglietto per l'aereo delle 10.30”. La dipendente dai capelli rossi legati in una coda laterale annuì vivacemente.

“Richie!”. Una voce femminile richiamò la mia attenzione, ma non riuscii a capire da dove provenisse. “Richard Stephen Sambora!” urlò ancora, più forte di prima. Kayla si stava sbracciando tra la folla, cercando di superare degli omoni impegnati coi loro cellulari. “Richie!”. Probabilmente aveva capito che l'avevo notata, perché stava sorridendo.

: - No, stavolta non mi fermerò. Mi dispiace. Dovevi pensarci prima, Kayla. Se mi vuoi, sai dove trovarmi. E se ti conosco bene, non accadrà altro  -.

Presi il biglietto in mano e sorrisi alla rossa, ringraziandola. Poi, sistemandomi il cappello sulla testa, mi avviai verso il corridoio che mi avrebbe fatto salire sull'aereo.

: - Addio, Mitchell. A te e al tuo orgoglio -.

 

Nota dell'autrice:

...

Siete tutti vivi? E' un po' pesantuccio come capitolo, lo ammetto. E per tutti coloro che si aspettavano un lieto fine................................... Prima di disperarvi, aspettate l'epilogo (che pubblicherò molto, molto presto. Domani sera, massimo lunedì pomeriggio).

Finalmente (e dico finalmente perché, se fossi stata al posto di Richie, avrei ucciso Kayla al primo rifiuto.. Ma mr.Sambora ha più pazienza della sottoscritta, quindi..) il nostro Riccardo Stefano si è rifiutato di ascoltare Kayla. 'Dovevi pensarci prima'. E non ha tutti i torti.

Ma la domanda è: la signorina Mitchell andrà a trovare il nostro Richie o lascerà correre e sposerà Alexander? 

*solita musichetta che crea suspense*

 

E' il momento dei ringraziamenti!

Uno alle co-protagoniste/comparse, alias Marzia, Ilaria e Diletta (alla quale dedico questo capitolo, nella speranza che Ispy -ispirazione - si faccia viva, perché mi manca da morire leggere un suo capitolo <3) e uno a quelle martiri di Valentina (Vale Trilli) e Angelica. Grazie davvero ragazze, vi voglio un bene immenso <3

  

Ringrazio poi le persone che seguono questa storia:

_Angel BJ

_BrianneSixx

_Chiaretta78

_DadaOttantotto

_DodoBJ

_Fra_Rose

_KeepSmiling

_Lady Phoenix

_ _ILoveRnR_

_ _Runaway_

_ _Vicky_

 

e quelle che l'hanno inserita tra le preferite:

_Angel BJ

_barbara83

_CarrieLaRocker

_DodoBJ

_GioTanner

_ValeTrilli

E, dulcis in fundo, chi ha recensito uno o più capitoli:

_Lady Phoenix
_GioTanner
_ Vale Trilli
_Angel BJ
_CarrieLaRocker
_DadaOttantotto
_ _Vicky _
_chiaretta78

A presto,

Rosie
  
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