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Autore: Agapanto Blu    28/10/2012    3 recensioni
Anno Domini 1234.
Chatel-Argent, feudo dei Montmayeur, Francia.
Quando Daniel Freeland decide, come ultimo tentativo di aiutare la figlia diciottenne, di portare la sua Alexandra nel passato, non si aspetta certo l'immensità di sciagure che, con più foga e sadismo del solito, Hyperversum gli scatenerà contro...
Tra un rapimento, segreti che tornano alla luce e giovani amori, sembra che tutto si stia rivoltando contro il gioco di maschere dei Ponthieu e perfino la morte potrebbe non essere così certa...
Ma chi si cela dietro tutto ciò?
**********
Quando i battenti furono aperti di nuovo, il Falco d’Argento non esisteva più e Ian Maayrkas veniva portato fuori dalla sala con i polsi incatenati dietro la schiena e due guardie ai fianchi.
Lo sgomento della corte francese fu totale.
*****
Daniel non voleva crederci, non riusciva a crederci.
Eppure davanti a lui, terribili nelle loro armature, l'una con un leone d'oro rampante in campo rosso e l'altra bianca con una croce nera centrale, stavano gli incubi più tremendi che Hyperversum gli avesse mai fatto incontrare.
Jerome Derangale sorrise.
"Chi abbiamo qui?"
Al suo fianco, il barone Gant rise.
"Una spia senza signore!".

Alcuni personaggi leggermente OOC.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Daniel/Jodie, Etienne/Donna, Geoffrey/Brianna, Ian/Isabeau
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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4. Ritardo

 
Daniel si guardò un po’ attorno sorpreso.
“Dov’è Ian?” chiese Jodie dando voce ai suoi dubbi.
Eh già, dov’è?, pensò l’uomo.
“Forse è al monastero…” azzardò Alexandra.
Daniel la guardò: non tremava né per il freddo né per la paura, la sua voce era controllata e sul viso c’era la solita maschera di ghiaccio. Ripensò a Isabeau: anche lei aveva sempre il totale controllo di sé.
“Andiamo…” suggerì prendendo piano la figlia per mano e tirandola lentamente con sé per guidarla nel bosco.
Jodie li precedeva con le orecchie tese.
“Eppure deve essere per qui, no? È lui che fa scattare il meccanismo…” borbottò.
Daniel le sorrise e proseguirono a tentoni nel bosco buio. Dopo qualche minuto gli alberi si interruppero rivelando la strada sterrata che portava a Saint Michel ma non fu il monastero ad attirare i ragazzi quanto il convoglio nobiliare che si stava allontanando verso Lunes.
“No!” borbottò Daniel riconoscendo, nonostante il buio, lo stendardo del Falco d’argento che scintillava alla luce della luna.
“Perché se ne va?” chiese Jodie.
“Papà?” chiamò Alexandra alzando un sopracciglio, “Sei sicuro di aver impostato l’ora giusta?”
“Sì!” le rispose secco Daniel.
 
“Daniel, io resterò al monastero di Saint Michel fino alle tre del mattino, Guillaume vuole partire presto: se verrai, dovrai farlo prima di quell’ora…”
 
“No…” mormorò di nuovo l’uomo.
“Vuoi dire che abbiamo mancato Ian e che ora dobbiamo farcela a piedi fino a Chatel-Argent?!” esclamò Jodie arrabbiata.
“Adesso stiamo calmi!” disse Daniel alzando le mani come un vigile, “Andiamo al monastero e chiediamo ai frati: l’ultima volta avevano un cavallo…”
“Già! Uno!” sbraitò Jodie.
“Credo di sapere chi se la farà a piedi…!” commentò sarcastica Alexandra.
“Zitta tu!” borbottò Daniel.
I tre si recarono in fretta al monastero e bussarono con energia.
Il frate che aprì loro riconobbe senza esitare Sir Daniel e li fece entrare con calore per poi chiamare l’abate che arrivò subito.
Daniel rimase sorpreso nello scoprire che l’anziano padre che controllava il monastero era venuto a mancare ed era quindi stato sostituito da un suo confratello, di poco più giovane in verità.
“Ma cosa fate qui?” chiese l’uomo, comunque a conoscenza dell’identità dell’americano.
“Padre, permettetemi di presentarvi mia moglie Jodie e mia figlia Alexandra.” rispose Daniel facendo le presentazioni.
La ragazza si inchinò con deferenza ma scoccò un’occhiata all’abate che vide i suoi occhi.
“Cercavamo il mio signore ma siamo arrivati in ritardo e abbiamo solo potuto vedere il suo convoglio che partiva…” continuò l’americano ignorando la figlia.
L’abate non fece una piega ma annuì.
“Siete fortunato: il vostro signore era venuto qui per la donazione che ci fa sempre ma si trovava a Parigi fino a pochi giorni fa. Ha lasciato due cavalli e delle armi…”
Daniel lo guardò confuso.
“Visto cosa vi è già capitato in passato è stata una saggia precauzione in più…” spiegò l’abate.
“Che altre notizie mi sapete dare?” chiese lui.
“Beh, il vostro signore e suo fratello sono impegnati a corte per sostenere la nostra regina fino al matrimonio del figlio, mentre Dama Isabeau si sta dedicando anima e corpo a mandare avanti il castello: il conte Jean Marc le ha lasciato la reggenza del feudo in sua assenza…”
“La cosa non è piaciuta a qualcuno?” chiese Jodie sorpresa dal tono amaro del frate.
“All’inizio erano in molti a dubitare ma la contessa si è rivelata abile tanto quanto il marito. Sono i ‘vicini’ che non sembrano molto contenti di avere a che fare con una donna…”
“E i figli del mio signore?” chiese Daniel, “Marc dovrebbe avere ormai diciannove anni.”
“E Michel de Ponthieu diciassette. Sì, sono stati introdotti alla corte proprio poche settimane fa: Sua Maestà la regina conta molto sul loro appoggio in futuro…”
Daniel annuì. Era ovvio che la regina contasse su di loro: Ian era sempre stato un suo sostenitore sin da quando sul trono c’era Filippo Augusto.
“Vorremmo partire subito allora.” disse, “Con un po’ di fortuna dovremmo poterli raggiungere…”
“Ma… Siete sicuro?” chiese l’abate apprensivo, “Il conte sta viaggiando con una scorta che comprende i suoi soldati e quelli di suo fratello, che gli è assieme, mentre voi siete solo, non mi pare una buona idea. Sono diretti a Chatel-Argent, se anche partite all’alba conoscete la strada…”
Daniel e Jodie si guardarono, un conto era viaggiare soli loro due, che erano abituati, ma con Alexandra…
“Avete ragione, padre.” ammise quindi la donna, “Aspetteremo che sorga il sole per partire.”
Il frate annuì e fece approntare una stanza dove i tre potessero riposare in attesa dell’alba.
Come ci fu abbastanza luce i tre raggiunsero l’abate all’uscita del monastero.
L’uomo porse a Daniel una cotta di maglia e un arco con una faretra piena di frecce.
“Il vostro signore le ha fatte lasciare qui.” disse mentre un altro frate portava due cavalli per le briglie.
Jodie venne fatta montare su una delle due bestie mentre Daniel faceva salire Alexandra all’amazzone sull’altra e le si sedeva dietro dopo aver indossato le armi.
“Non so come ringraziarvi!” disse all’abate con sincera gratitudine.
“Non mettetevi nei guai!” si raccomandò l’uomo.
Daniel sorrise, sperando davvero di poter mantenere la promessa, poi spronò il cavallo. Alexandra lanciò un gridolino di sorpresa ma poi si calmò, era andata a cavallo per un po’ di tempo prima dell’incidente e ci mise poco a riabituarsi al movimento dei muscoli della bestia sotto la sella.
Si fermarono a Lunes per pranzare con le poche monete che l’abate aveva dato loro ma Daniel evitò accuratamente la locanda fuori città dove si erano fermati lui e Ian anni prima*.
Jodie sorrise ma non disse nulla.
Ripartirono in fretta, decisi a raggiungere il castello di Ian prima che facesse buio.
 
***
 
“Jean?” chiamò Guillaume de Ponthieu sporgendosi sulla sella per osservare meglio il viso di suo fratello.
Ian sobbalzò e si voltò.
“Perdonami, stavo riflettendo.” rispose, imbarazzato, sotto lo sguardo indagatore dell’altro uomo.
Il conte annuì.
“Mi era parso.” commentò, “Cosa turba il Falco? Filippo Augusto, che riposi in pace, sosteneva che la tua agitazione era dovuta alla vicinanza di nemici. Spero che non si tratti nuovamente di questo!”
E invece sì!, pensò amaro Ian tornando con la mente ai ricordi sulla Storia.
“Sono preoccupato, Guillaume.” ammise, “Mi pare, ma non vorrei sbagliarmi, che qualcuno non sia felice dell’ascesa al trono del giovane principe Luigi…”
L’uomo si rabbuiò.
“Non ti smentisci mai, il tuo occhio di falco è sempre vigile. Anche quando gli si consiglia di chiudersi per un po’.” replicò l’uomo fulminando il fratello minore al quale aveva ordinato di star fuori per un po’ dagli intrighi politici.
“Perdonami.” rispose Ian tentando un lieve sorriso a cui Guillaume rispose.
“Non è colpa tua se hai un dono che può essere una maledizione, ma ti ripeto che preferirei che tu te ne stessi fuori dalla politica. Almeno finché non sarò spiritualmente pronto a sostenere un’altra delle tue rivelazioni!” commentò il conte.
Ian sorrise poi tornò a guardare avanti e passarono, in quel momento, nella porta della cinta esterna di Chatel-Argent. Le guardie salutarono festosamente i fratelli feudatari di ritorno da Parigi e la gente fece gesti amichevoli nei confronti del piccolo convoglio in entrata. Il conte cadetto Jean Marc de Ponthieu sorrise a tutti ma si sentiva triste: Daniel non si era presentato al loro appuntamento e la prossima data concordata sarebbe stata solo due mesi dopo.
L’uomo sospirò ma poi il profilo del castello argentato lo distrasse dai pensieri più cupi.
Stava per rivedere Isabeau e i suoi figli, chissà se era andato tutto bene durante la sua assenza. Una volta dentro la corte interna, Ian scese da cavallo con un sospiro di sollievo che non sfuggì a Ponthieu.
Il conte aggrottò un sopracciglio.
“Tua moglie non sarebbe felicissima del tuo sollievo nel vedere il castello ancora integro!” commentò acido.
Ian arrossì ma scosse la testa.
“Ero preoccupato per lei.” chiarì con un sorriso poi spostò lo sguardo al castello, “Dove sarà? Non l’ho vista alla finestra…”
Guillaume seguì il suo sguardo e annuì.
“Non l’ho vista nemmeno io ma sarà occupata: le hai lasciato un grosso fardello, per una donna.”
“Credimi, fratello: Isabeau è molto più brava di me!” replicò Ian cercando di non prendersela per quella mentalità Medioevale che non riconosceva la parità tra i sessi.
Prima che il conte Guillaume de Ponthieu potesse replicare, la voce dolce della signora De Montmayeur li interruppe.
“Jean!” chiamava festosa.
Isabeau stava arrivando quasi di corsa con un sorriso splendente sulle labbra e negli occhi da cerbiatta, i capelli d’oro le rimbalzavano in boccoli sulle spalle e sulla schiena mentre il corpo alto e snello, senza residui delle due maternità passate, stava fasciato in un morbido abito azzurro trapuntato d’argento: i colori del suo feudo.
La donna si lanciò al collo del marito abbracciandolo e strappandogli una risata.
“Isabeau!” scherzò Ian, “Ma cosa fai? Ti sembra il comportamento adatto alla moglie di un feudatario?”
La donna gli sorrise maliziosa stando al gioco.
“Certo che no ma, a quanto pare, è il comportamento tipico di un feudatario.” replicò pungente e Guillaume de Ponthieu alzò gli occhi al cielo.
“Di alcuni feudatari, purtroppo, sì.”
“Vi siete alleati contro di me?” chiese Ian sgranando gli occhi con finta offesa.
Isabeau scoppiò a ridere e lo abbracciò di nuovo.
“Mi sei mancato.” gli sussurrò all’orecchio, “Grazie…”
Ian annuì ma rispose solo alla prima affermazione, certo che Guillaume avrebbe preferito dimenticare al più presto l’ultimo colpo di testa del fratellino cadetto: affidare il feudo a una donna.
“Anche tu mi sei mancata.” le disse prendendole le mani tra le sue e portandosele al petto mentre posava con delicatezza la fronte su quella della moglie.
Entrambi chiusero gli occhi per un istante assaporando il contatto poi li riaprirono, si sorrisero e Ian prese la moglie per mano e si voltò verso Guillaume che, di nuovo, storse il naso a quelle effusioni pubbliche ma non commentò.
“Beh?” chiese l’uomo voltandosi, “Dove sono i miei nipoti?”
Isabeau rise.
“Si stavano allenando! Non si saranno nemmeno accorti dell’agitazione del castello.”
Ian alzò gli occhi al cielo.
“Non si accorgerebbero nemmeno del crollo del castello! Quando combattono sono in un altro mondo!” bofonchiò.
“Chissà da chi avranno preso.” insinuò il conte un po’ scocciato facendo abbassare il capo a Ian.
Isabeau scosse la testa.
“Vado a chiamarli…” disse ma Guillaume la fermò.
“Vengo anche io: voglio controllare che quel testone del mio figlioccio stia continuando ad addestrarsi come si deve anche ora che è un cavaliere.”
Ian annuì.
Marc, figlio maggiore del conte cadetto, aveva svolto l’apprendistato da cavaliere in famiglia, ovvero ad Auxi-Le Chatêau in Piccardia, sotto lo sguardo attento di Guillaume de Ponthieu, suo padrino d’investitura, al quale il ragazzo aveva fatto da scudiero per anni; Michel, invece, in quanto figlio minore, aveva avuto una scelta più ampia e aveva seguito il barone Geoffrey Martewall in Inghilterra. La scelta del giovane aveva causato l’ira del capofamiglia Ponthieu ma Ian era riuscito a calmarlo e a ribadire che il barone inglese era un fedele alleato della corona francese. Era sembrato uno schema che si ripeteva ma, al ritorno dall’Angleterre, il giovane era ancor più legato alla sua patria per via della lontananza.
Comunque, Guillaume era deciso ad osservare i progressi di entrambi i nipoti.
 
***
 
I due cavalieri si squadrarono per un istante mentre riprendevano fiato dopo l’ultimo assalto.
Fu un istante poi il cavaliere di destra si lanciò contro l’altro che parò a stento il colpo a sorpresa ma riprese l’assetto con calma senza scomporsi. Nemmeno il primo mostrò sorpresa o fatica ma, silenziosamente, riprese a scambiar stoccate con l’avversario.
I due erano alti, sul metro e ottanta uno e l’altro sul metro e settantacinque, ed entrambi muscolosi e dalle spalle larghe. Con gli elmi e le armature era impossibile distinguere i tratti del viso ma erano necessari per allenarsi sul serio.
All’ennesimo colpo parato ma non restituito entrambi i contendenti si stufarono. Si allenavano quasi perennemente assieme da quando avevano ricevuto l’investitura e conoscevano alla perfezione l’uno le mosse dell’altro.
“Non c’è più gusto!” sbottò il più basso togliendosi l’elmo e abbassando il camaglio.
Marc rise all’espressione di disappunto sul volto del fratello mentre lo imitava.
“Non è colpa mia!” scherzò.
Michel fece un sorrisetto furbo.
“Se ti decidessi a migliorare, forse…” insinuò.
Marc lo fulminò con un’occhiataccia.
“Bada a quel che dici!” bofonchiò.
“Tuo fratello ha ragione!” si intromise una voce dal bordo della piccola arena.
I due giovani si votarono giusto in tempo per trovarsi davanti lo zio Guillaume affiancato dai loro genitori.
“Zio!” escalmò sorridente Michel raggiungendolo e poi si voltò ad abbracciare anche il padre.
“Sei mancato, qui.” gli sussurrò all’orecchio cercando di non farsi sentire dallo zio che non apprezzava le dimostrazioni pubbliche d’affetto.
Ian rise e rispose al figlio minore con un occhiolino.
Marc li raggiunse subito dopo e abbracciò e salutò lo zio con più calore rispetto al fratellino. Si era sinceramente legato a Guillaume durante il suo apprendistato e capiva perfettamente la fedeltà di suo padre.
Si staccò e raggiunse Jean che, però, lo tenne un istante a distanza mettendogli le mani sulle spalle.
“Cosa c’è?” chiese Marc sorpreso.
“Sei cresciuto ancora in queste due settimane!” bofonchiò Ian notando che ormai il figlio lo aveva eguagliato sia in altezza che in misura di spalle.
Il ragazzo rise.
“Ma non è vero! È già un po’ che ti ho raggiunto!” insinuò.
“Ma va’!” replicò Ian ridendo e stringendolo a sé in un abbraccio.
Da lontano, era impossibile distinguere il padre dal figlio.
I due si staccarono e si osservarono negli occhi: occhi dello stesso medesimo azzurro cielo. La tonalità esatta della casa dei Falchi.


*La locanda in questione, per chi non lo ricordasse, è quella in cui Daniel e Ian furono fatti prigionieri da Martewall nel secondo libro 'Il Falco e il Leone': possiamo capire perché Daniel voglia evitarla, no? ;P





Ed eccomi qui a implorare perdono... Già al quarto capitolo... -.-
Mi dispiace, mi dispiace davvero per questo ritardo ma ieri Internet non funzionava a causa di un temporale perciò non ho potuto aggiornare...
Mi scuso con tutti quanti, anche se ammetto che la motivazione che vi do per perdonarmi è davvero stupida e mi sento in colpa da morire!
Detto questo, attenti! Questo capitolo è uno di quelli che sembrano totalmente inutili ma non lo sono assolutamente! Tenete conto di ciò che succede perché più avanti servirà!
Inoltre, (lo so che detto da una in ritardo fa proprio ridere) posso finalmente permettermi di aggiornare una volta ogni dieci giorni!
Ho un nutrito gruppo di capitoli di vantaggio sulla pubblicazione e spero quindi di farcela...
Ah, mi scuso per i '...': temo ce ne siano troppi ma non saprei dove sostituirli e con cosa... Ancora scuse da parte mia!
A presto!
Ciao ciao!
Agapanto Blu
  
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