8. Rivelazioni
Gli
occhi di Kes non gli erano mai sembrati più tristi, così agghiaccianti.
Trasmettevano tutte emozioni nuove e…inquietanti, chiuse in quella stanza
rischiarata dai colori del tramonto.
-dov’è
Kei?- chiese ancora la ragazza impassibile, immobile in attesa di riposte.
Takao incrociò le braccia al petto, tentando d’imitare l’amico, abbassando il
volto:
-davanti
a te!- e a quella risposta Kes lo guardò ancora un po’, per poi gettarsi a
sedere sul letto. Incrociò le gambe e portandosi una mano d’appoggio al mento,
continuò ad osservare il blader appoggiato di schiena alla sommità della porta.
Dal comportamento del blader, la bella Kes aveva capito che quello doveva
essere un suo amico, magari mandato per tranquillizzarli… dopotutto era riuscito
a far sorridere Krist.
Ma
era anche evidente che quello non era sicuramente Kei. Lo conosceva bene, più
di quanto lui stesso sospettava, negli ultimi tempi era rimasta sveglia, tutte
le notti, ad aspettare che rientrasse dai suoi pericolosi turni spartiti equamente
con Yuri e gli altri della squadra russa. Appena sentiva i suoi passi nel
corridoio scendeva le scale a piedi scalzi senza far rumore e si fermava sulla
soglia della porta della stanza di Kei giusto in tempo per vederlo crollare dal
sonno.Molte volte il suo viso era teso anche mentre dormiva quel poco e la
mattina presto, poco prima del sorgere del sole, era già sparito verso una
nuova pericolosa giornata.
Chissà
con quale scusa Kei aveva convinto il suo amico? Tuttavia avrebbe dovuto
metterlo al corrente della pericolosità della sua situazione, anche se non in
modo esplicito.
Però
si sarebbe divertita con lui, e questo non poteva impedirglielo nessuno!
-…
Kei…quella foto, te la ricordi?- Takao s’avvicinò alla ragazza e fissò immobile
la foto che quella mattina l’aveva come incantato. Ora, con la luce del sole
del tramonto, poteva notare particolari che prima non gli era possibile
percepire, ad esempio il fatto che la foto fosse tutta stropicciata, in alcuni
punti bagnata, sfocata.
-…non
molto…!- rispose allora, curioso come non mai di scoprire cosa nascondesse
l’amico, quale fosse la sua storia. Kes sorrise:
-dovresti
ricordare più di me!…Tua madre era veramente bella, in quella foto non sembra
che sia preoccupata!- quindi, quella donna nella foto era la madre di Kei!
pensò Takao dato che la somiglianza tra i due era molto sfocata.
-la
piazza centrale di Mosca, è lì che è stata scattata…- disse in tono disinvolto
riconoscendo lo scenario alle spalle della donna. Kes, con un mugolio, gli fece
intendere che aveva ragione:
-è
stata scattata poco prima che morisse.- Takao spalancò gli occhi: anche sua
madre era morta.
-Kei…quante
lacrime hai versato su quella foto? La tenevi sempre con te, anche quando il
nonno ti ha portato al monastero. Un giorno riuscirai a dirmi cosa pensavi
quando la guardavi, ferito e solo com’eri nei sotterranei del
monastero?…-nonostante non fosse mai stata così libera di parlare con qualcuno
anche solo somigliante a lui, Kes sentì le parole soffocarsi nella gola: non ce
la faceva, era troppo dura ricordare tutto quello che gli avevano fatto, e
parlarne era ancora più dura.
Takao
rimase come paralizzato. Finalmente riusciva a intravedere qualcosa dietro
l’atteggiamento freddo e distaccato dell’amico, dietro le sue risposte approssimative,
il suo modo così scontroso di fare…
Ma
c’erano ancora segreti troppo dolorosi per essere rivelati, indispensabili.
-…un
giorno…- rispose approssimativamente. Kes non osò alzare lo sguardo, ma notando
che il blader stava per andarsene con quel suo silenzioso passo, altrettanto
silenziosamente lo abbracciò dalla schiena. Takao arrossì dalla gioia, ma la
sua mente non era mai stata così colma di pensieri che decise che avrebbe
trascorso qualche tempo con la splendida Kes più tardi, tanto se la situazione
restava così complessa non ci sarebbero state svolte decisive per un pezzo.
Ora
sentiva il bisogno di schiarirsi le idee…
-vado
a fare una passeggiata, ho bisogno di restare solo…- Kes lo lasciò andare,
osservandolo mentre scompariva dietro il portone della villa, lo sguardo basso
in cerca di risposte.
Il
cielo cominciava a diventare più scuro e le prime stelle stavano lentamente
apparendo nell’immensità della volta celeste, le vie cittadine non era poi così
affollate come durante il giorno.
Takao
camminava a volto basso, coperto dagli argentei ciuffi del russo, le mente
piena di pensieri: dopotutto certi aspetti del passato di Kei li capiva
benissimo. Entrambe erano cresciuti senza una madre, entrambe avevano dovuto
cavarsela da soli, entrambe avevano scelto
strade diverse che alla fine si erano incrociate.
Un
cigolio poco rassicurante lo distrasse presto dai suoi pensieri ed ebbe appena
il tempo di voltarsi che subito riconobbe davanti a se una figura inquietante
nell’oscurità di quella stradina. La figura di un uomo alto, con un profilo
marcato ( e un prorompente naso!nd Au) dal ghigno avido e crudele, un uomo che
si avvicinava a lui con fare poco rassicurante. Quando fu illuminato dalla
flebile luce di un lampione lo riconobbe sentendosi gelare il sangue nelle
vene: Vorkof!