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Autore: ammhazzathazza    28/10/2012    7 recensioni
Stay strong, because you're incredible.
Storia drammatica, commovente.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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PRIMA DI LEGGERE LA STORIA:
Ho trovato questo video su youtube, non so chi l’abbia fatto, ma lo ringrazio perché è questo che mi ha ispirato.
Prima di mostrarvelo, vi avviso che il video non c’entra con la storia, ma ci sono comunque i due protagonisti di questa OS, Harry Styles e la mia dea, la Gomez <3
Questo è il video:
http://www.youtube.com/watch?v=pMT2UMhXuyM&feature=fvwrel
Mi dispiace se penserete che questa one shot può sembrare molto depressa, volevo solo vedere come veniva.
Sottolineo che all’inizio ci saranno dialoghi con MOLTE parolaccie.
Buona lettura. <3
-E

 

 
 
 
 
“Pss, Gomez? Gomez, mi passi la penna? Psss” Un altro scassa ovaie che mi bisbiglia da mezz’ora.
“Raccoglitela.” Dissi rivolta al tipo dietro di me che cominciò a picchiettarmi sulla sedia.
Picchiettava.
Picchiettava.
“Hai rotto il cazzo.” Mi voltai di scatto.
Dopo meno di un minuto mi arrivò una penna in testa, e si scatenò qualche risatina che purtroppo il professore non sentì.
“Ti piace tanto ridere? Fallo di nuovo e questa te la ritrovi nel naso.” Dissi indicando la penna che spezzai in due parti per poi sbatterla sul banco di quella troietta dalle tette rifatte che tutti amano.
“Aggressiva la ragazza.” Commentò l’irlandese, quanto è gnocco..
“Non c’è bisogno che ti comporti da stronza.” Rispose la finta bionda mentre infilava la sua penna che avevo spezzato nell’astuccio.
“Almeno io posso comportarmi da stronza, tu invece lo sei.” Continuai attirando l’attenzione di altri compagni.
“Prof, la signorina Gomez non smette di tormentarmi! Mi ha addirittura spezzato una penna!” Ribattè con voce stridula senza ottenere neanche un po’ di attenzione da parte del professore.
“Oh perdonami immensamente, mi metto in ginocchio!” Dissi sorridendo.
“Okay fallo.” Ribattè tirandosi su le tette.
“Ero sarcastica, stronza.” Spiegai aggiungendo una parolaccia, a quanto pare bastò quella per farmi mandare dal preside, di nuovo.
Camminai per i corridoi della scuola senza guardare dove mettevo i piedi, ed entrai nella prima porta che mi ritrovavo accanto. A quanto pare ero in bagno.
Mi accasciai in un angolino e cominciai a piangere.
Ero stufa della mia inutile vita di merda.
Andai verso lo specchio, lo guardai e vidi la mia immagine divisa in due, dato che quello specchio era caduto diverse volte era rigato, lo presi e lo buttai a terra, c’erano tutti i pezzi di vetro sparsi per le mattonelle.
Mi sedetti nel poco spazio senza pezzi rotti e appoggiai la schiena al muro.
Continuai a piangere mentre notai le mie dita che sanguinavano.
Mi nascosi il viso con le mani, senza dare importanza al fatto che mi sarei sporcata il viso, mi vergognavo di me stessa, sapevo che qualcuno mi stava fissando, ma non mi fregava minimamente chi fosse.
Sentii dei passi, venivano verso di me.
Alzai lo sguardo mettendomi le gambe davanti alla faccia, e vidi un ragazzo dai capelli ricci che si stava avvicinando.
“Non ti avvicinare.” Gridai con un filo di voce prendendo in mano un pezzo di vetro.
“Tranquilla, non faccio niente.” Continuò a camminare lentamente verso di me.
“Stai fermo ho detto.” Avvicinai il pezzo di vetro a me, come se fosse una minaccia.
Si bloccò e io tornai alla posizione di prima, ma tenevo ancora il pezzo dello specchio in una mano.
Ad un tratto una mano mi accarezzò la spalla, e mi accorsi che quel ragazzo si era seduto di fianco a me.
Feci uno scatto avvicinandomi quell’oggetto tagliente alle vene.
“Ferma. Ci sono solo io.” Disse lentamente, nello stesso modo in cui faceva i movimenti, come se volesse tranquillizzarmi.
“Non sono pazza.” Sussurrai con voce tremante.
Quando guardai negli occhi quel ragazzo mi accorsi che era lo Styles, frequentiamo lo stesso corso di scienze.
Feci un altro scatto come per alzarmi, ma venni trattenuta.
Lui non riusciva a non guardare quel coso che tenevo prontamente in mano.
Sapeva cosa ci avrei voluto fare.
Lentamente la sua mano si avvicinò alla mia, come per farmi capire che dovevo appoggiare giù quell’oggetto.
“Non devi permettere che ti faccia del male.” Sussurrò con voce rauca.
“Non sono pazza.” Ripetei cominciando a respirare affannosamente.
Appoggiai di scatto quel pezzo per terra, facendo quasi spaventare il riccio.
“Non sono pazza.” Crollai ricominciando a piangere.
Sentii le sue braccia stringermi, era una sensazione che non avevo mai provato.
Alzai il viso verso di lui, anche se lo vedevo male, le lacrime mi sfuocavano tutto. Mi pulì il viso dalle probabili macchie di sangue con le dita.
“Non lo sei.” Cercò di tranquillizzarmi, ancora.
Non sopporto questi atteggiamenti, come se le persone volessero sembrare buone, e invece dopo non ci sono mai per te.
“E che ne sai tu?!” Urlai attirando l’attenzione della bidella, che a quanto pare, mi sentì ed entrò nel corridoio del bagno.
“Santo cielo che avete combinato?! Tu, vai dal preside, non devi entrare nel bagno femminile, e tu, lavati e ti porto di sotto.” Ordinò la donna dai capelli rossi camminando verso di noi con una scopa.
“Non, si, avvicini.” Dissi accentuando ogni parola prendendo in mano un altro pezzo tagliente.
“Selena, fa quello che ti dice, ti prego.” Mi guardò lui negli occhi prima di raggiungere la presidenza.
Sapeva il mio nome.
Appoggiai il pezzo di vetro per terra per poi farmi lavare le braccia dalla bidella, mi sentivo impotente, inutile, debole.
Dopo qualche minuto non riuscii a capire dov’ero, era come se mi avessero addormentato la mente ma vedevo comunque delle immagini.
Dei corridoi, una mano che mi stringeva, e poi una stanza, piccola, un tavolo e delle penne.
Mi sedetti davanti ad una donna.
“Selena? Selena?” Una dolce voce cercava di farmi riprendere.
Ma niente, vedevo solo immagini sfuocate. Non riuscivo a comandare il mio corpo.
“Harry… Harry..” Riuscivo solo a pronunciare.
“Cosa ti ha fatto? Selena cosa ti ha fatto quel ragazzo?” continuò a chiedere quella voce femminile.
“Lui, salva, Harry salva..mi..” Le parole uscivano senza il mio comando, pensavo a lui, allo specchio rotto, e a quello che mi sarei potuta fare se lui non c’era.
“Faccio entrare Harry? Selena vuoi che entri?” Chiese nuovamente quella bella donna.
“Dove sei .. Specchio… Vetri… dolore..” Le parole non avevano senso, ma erano le ultime immagini che ricordavo.
“Selena?” Delle mani grandi e calde strinsero le mie, piene di graffi e tagli.
“a cosa stai pensando Selena?” Quella voce mi dava sicurezza, non ero sicura di chi fosse ma sapevo che mi avrebbe salvato.
“Harry.. dov’è lui..”
“Sono io Selena, cosa ti ricordi?” Continuò quella voce molto bassa.
“Vedo sfuocato Harry, dove sono i tuoi occhi?” Finalmente riuscii a dire una frase con un senso.
“Guardami Selena.” Finalmente riuscii a vederlo.
Gli occhi chiari, la pelle non perfetta, i capelli spostati da una parte come una paglia.
Sembrava così perfetto, anche con quei piccoli difetti.
Lo abbracciai, come se tutto ciò di cui avessi bisogno fosse un ragazzo con cui non ho mai parlato.
“Lei ha bisogno di te, ti prego, aiutala.” La stessa voce femminile di prima si stava dirigendo ad Harry.
“Non so cosa sia ad avermi portato qui, ma io voglio stare con te, ok?” Harry mi diede forza con queste parole.
“Vuoi chiamare a casa?” Quella voce incoraggiante si fece sentire di nuovo.
“E chi dovrei chiamare?” Pensai ad alta voce.
“Non so, la tua famiglia.” Quell’altore che notavo in lui si spense insieme a me.
“Io, io non ho nessuno.” Ammisi.
Quelle furono le mie ultime parole prima di ritrovarmi in ospedale.
Su un lettino, uno stupido lettino in cui ci si erano sdraiate già diverse persone, uno stupido lettino enorme con le lenzuola bianche.
Io odio gli ospedali.
Odio ogni cosa che mi ricordi un ospedale.
Negli ospedali c’è la gente che sta male, la gente che non si sente bene né con se stessa né con gli altri, gli ospedali son fatti per distruggere le speranze di qualcuno che vorrebbe stare bene.
Io sto bene, è la bugia che sono abituata a dire.
Ero legata, avevo dei fili attaccati alla fronte e nel petto, cosa dovevano farmi? Credono di poter controllare i miei pensieri?
Controllai di essere sola nella stanza, e iniziai a staccarmi con foga quegli oggetti dal corpo, provocando dei suoni simili alle sveglie nelle macchine che controllavano il mio battito cardiaco.
Scesi in fretta dal letto e diedi un colpo secco a quell’affare che continuava a suonare, facendolo tacere definitivamente.
Sbucai con la testa fuori dalla porta, controllando che il corridoio fosse vuoto. Ma non lo era.
Aspettai che un’infermiera finisse di camminare nel corridoio, poi uscii e a passo veloce percorsi a piedi scalzi il pavimento ghiacciato che mi stava provocando la pelle d’oca.
Bam, andai a sbattere contro una ragazza sulla sedia a rotelle.
“Mi dispiace.” Mi scusai.
“Anche a me.”
“Come fai a vivere così?” Mi riferii al suo stato fisico.
“Io non sto vivendo, sto solo aspettando di morire.” Rispose quella dolce ragazza come se non avesse altra via d’uscita.
Questo è troppo. Diedi un calcio al distributore di acqua che si trovava davanti a me e feci cadere tutti i bicchieri.
Rimasi ferma, immobile, non potevo fare altro perché due braccia mi stavano stringendo da dietro.
“Harry, perché sei rimasto?” Non lo avevo guardato, ma ero sicura che fosse lui.
“Smettila Selena, io devo solo proteggerti.”
“E perché?!” Urlai per poi essere bloccata dalla sua mano che mi tappò la bocca.
“Non lo so.” Ammise.
“Non lo so. Non lo so!!” Urlai di nuovo per poi buttarmi a terra accanto a tutti quei bicchieri di carta.
Ne presi uno e cominciai a spezzarlo formando una specie di fiore, poi staccai un ‘petalo’ in modo da averne la punta tagliente e cominciai ad accarezzarmi i polsi con essa facendomi venire i brividi.
Harry, seduto per terra affianco a me, mi stava fulminando, terrorizzato a cosa potessi fare io con un semplice pezzo di un bicchiere di carta.
“Non lo farai.” Quasi ordinò.
Girai il polso in modo da avere il palmo della mano verso l’alto e con un colpo secco mi avvicinai la punta affilata del bicchiere sul polso ma Harry fece in tempo a lanciarmela via.
Lo fulminai con lo sguardo, in quel momento potevo fare male anche a lui.
“NO!” Urlai facendo scattare la ragazza sulla sedia a rotelle che per poco non cadeva, mi scaraventai verso quel bicchiere ma il ragazzo dalle mani grandi riuscì a bloccare le mie facendomi appoggiare la testa per terra con lui davanti a me.
“Non farlo.
Posa quella lametta, quel bicchiere o quell’oggetto con cui ogni volta riesci a farti del male. Mettilo giù. Non ti meriti tutto questo.
Smettila. Non puoi sempre inventarti stupide scuse, anche con gli altri. Non è mai stato il gatto, e non tieni quei bracciali solo per seguire la moda.
Quei tagli non ti faranno stare meglio.
Il polso ti brucia tanto, ma non è nulla in confronto a quello che hai dentro.
E non puoi staccarti il cuore a morsi.
La verità è che ti sei intrappolata da sola in una bolla, le persone da fuori vogliono solo scoppiarla per farti cadere.
Ma tu sei più forte di tutti loro messi insieme.” Quelle parole vennero pronunciate dolcemente come un fiume che scorreva limpido in una valle in primavera, nessuno aveva mai provato tante volte ad aiutarmi come faceva lui, ma in quel momento ero troppo impotente da capirlo.
Mi alzai avvicinando il viso a lui, e in un momento venni stretta da due grandi arti in un abbraccio di cui tanto avevo bisogno.
Non avevo mai ricevuto un abbraccio del genere.
“Come fai?” Lo interpellai.
“Cosa?” Scosse la testa.
“Come fai a farmi cambiare idea ogni volta? Come riesci a fermarmi? Nessuno ci è mai riuscito, tantomeno ho mai ascoltato qualcuno che non mi conoscesse a fondo.” Continuai.
“Mi sento protettivo verso di te, e mi sento pentito di non averti aiutata fin dall’inizio, lo meritavi.” Spiegò.
“E perché? Tu non mi conosci bene, non hai motivo di preoccuparti per me.”
“Invece sì, so che ti piace quando qualcuno ti accarezza le braccia, so che adori abbracciare il cuscino prima di dormire, e so che sei la persona più coraggiosa che possa esistere.”
“E anche la più debole.” Aggiunsi.
“Questo sei solo tu a deciderlo.”
“Voglio andare via.”
“Ti porto a casa?”
“No, voglio andare via con te.”
“Con me? E dove?”
“Dove vuoi tu, basta che stai con me.”
“Mi prometti prima una cosa? Non farti più del male, abbi cura di te. O almeno, fallo per me.”
“Lo prometto.”
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Troppo drammatica, non sapevo come finirla hahaha
Che ne pensate di questa OS? Volevo vedere come ci si sente a scrivere cose drammatiche, ma visto che non piacciono a tutti era meglio se la facevo solo di un capitolo haha
Grazie per aver letto, so che non è il meglio, ma spero di non avervi fatto perdere tempo. <3
Ps. Passate nella mia ff! “Mi piaci più della pizza, e mi piace davvero la pizza.” Nel caso siate nuovi:)
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-Ammhazzathazza

  
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