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Autore: HeavenIsInYourEyes    28/10/2012    11 recensioni
Così la strinse piano, trattenendola un po’ di più a sé, sussurrandole a fior di labbra un debole –Resti qui?- che era un po’ come dirle "Ho bisogno di te".
-Quanto vuoi.- la sentì bisbigliare dopo quella che gli parve un’eternità.
E si fece bastare quel "Quanto vuoi", che era un periodo di tempo ragionevolmente lungo visto che spettava a lui decidere quando mandarla via.
Già.
Peccato che in un momento di completo blackout mentale, si disse che nemmeno tutto il tempo del mondo gli sarebbe bastato.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T.O.P.
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Vip’s corner (1):

*Buondì! Vi chiederete cosa mai stia combinando la vostra Heaven per rompervi le palle già prima delle note finali. Beh, il perché è presto spiegato: causa forze maggiori, mi ritrovo costretta ad interrompere la fic per-Naaaaah, non siete così fortunate. Mi spiace, ma non vi libererete tanto facilmente di me :P

Volevo solamente ritagliarmi un piccolo (piccolo? Cosa mai vorrà dire cotale blasfemia? xD) spazietto per esporre alcuni punti della mia storia che io reputavo chiari, o almeno, davo per scontato lo sarebbero stati, ma forse mi sbagliavo. Perché me ne esco dal nulla con queste riflessioni? Perché una lettrice gentilissima ha avuto la pazienza di scrivermi, in un mex privato, una bellissima recensione in cui mi ha confidato di aver trovato delle pecche nel capitolo precedente -pur continuando ad apprezzare la storia-. O per meglio dire, le cose che l’hanno lasciata perplessa arrivati a questo punto. Non starò a scrivere cosa mi è stato esposto, vi limiterò a dire la mia visione delle cose sperando che implicitamente se ne colga il contesto. Se vi state chiedendo perché faccia ciò sappiate che no, non lo faccio perché voglio la vostra compassione o sbeffeggiarmi di lei, non è mia intenzione. Lo faccio perché se si sono fraintesi gli atteggiamenti dei protagonisti, significa che forse non sono stata brava nell’esprimerne i pensieri. O i miei, che poi sono i loro. E se così fosse, mi dispiacerebbe. Perché io scrivo, voi leggete, ed è giusto che tutto vi arrivi in maniera cristallina.

Quindi, se volete sorbirvi un papiro di spiegazioni, continuate a leggere. Se non vi va, procedete pure e godetevi il capitolo 17. In entrambi i casi, spero che un occhio lo butterete; possono aiutarvi a comprendere perché scrivo certe cose, perché i miei personaggi reagiscono in determinate maniere. E perché, arrivati al diciassettesimo capitolo, Seung-Hyun e Lin non si sono ancora detti un misero Ti voglio bene:

-Lin e i ragazzi: Lin è una ragazza facile/disinibita? Sì. Ne ho mai fatto mistero? No. Ho lasciato vari indizi più o meno velati riguardo ciò, le ho messo in bocca parole che fanno ben comprendere come lei vivesse la vita sentimentale con i ragazzi quando stava a New York. Quindi, a seguito del concretizzare quelle che erano solo parole o aneddoti, elencando i ragazzi con cui è stata nel suo soggiorno settimanale a NY, l’ho sporcata? Sì. Era mia intenzione farlo? Assolutamente sì. Quando ho creato la storia, ho voluto dar luce ad una ragazza che non fosse perfetta e che fosse immatura dal punto di vista sentimentale, che vive la propria sessualità in maniera molto libera. E’ vero, Lin nel sesso, nei baci agli ex, cerca di trovare quelle sensazioni nuove che Seung-Hyun le ha dato perché lei ne è attratta, ma proprio per questo suo atteggiamento non si può parlare di amore (di questo punto parleremo poi). Può piacere o non piacere il fatto che Lin sia un po’ (tanto) libertina, ma la storia si basa sui gusti di un’autrice che preferisce vedere (sì, anche nella realtà) una ragazza che ammette candidamente di essere così invece di nascondersi dietro una candidezza fasulla. E Lin non manca di rispetto a sé stessa se va a letto con tanti per il semplice motivo che a lei, il sesso, piace. Il rispetto viene a mancare nel momento in cui le faccio fare qualcosa controvoglia.

-Lin e il suo cambiamento: mi sembra palese che sia cambiata dal primo capitolo, su questo non ci piove. La cosa che mi preme specificare però, e davvero, ci tengo, è che non è stato solo Top a dare il via al cambiamento; intorno a lei ci sono una Ginko che si dimostra una buona amica, una Chyoko che si dimostra più madre di Emily e un Mark che cerca di essere un buon padre. Sono tutti i personaggi che, nel bene o nel male la influenzano e influenzano le sue scelte. Mi spiace che si venga a pensare che solo un ragazzo possa tanto (anche perché credo di aver dimostrato quanto Lin sia abbastanza capace di cavarsela da sola), perché sto cercando di dare una psicologia ben distinta a tutti e per quanto Chyo e Mark compaiano poco, non sono solo macchie di contorno. Vedete il cambiamento come una torta: Top è la fetta più grande, le fettine sono gli altri e per quanto piccole, sono buone lo stesso ;)

Ciò mi ricollega ad un’altra questione: Lin e l’università. È vero, quando Lin pensa al perché è tornata a casa, ripensa a Top che le dice E’ stato stupido sbagliare il test, ma non è la causa principale. È uno dei tanti fattori scatenanti, quello che agisce dall’inconscio, unito al suo voler cercare di far comprendere ad Emily e Mark che è padrona delle sue scelte. Vuole la sua rivalsa, con o senza Top fra i piedi. Perciò vola a NY e chi si è visto si è visto, che tanto lui è sul palco a sbagliare i passi :P

-I due punti iniziali mi servono per parlare di quello che, forse, è il tasto dolente di tutto: l’amore. Partiamo da un presupposto: io, HeavenIsInYourEyes (potrei dirvi il mio nome ma non ve ne fareste niente :P), ventiduenne che sta dietro il PC e scrive Something about you, non so cosa sia l’amore, ma ne parlo (bel controsenso, eh?). Come faccio a parlare di una cosa che non ho mai provato? Semplice: parlo di un amore che mi piacerebbe vedere o addirittura vivere, scrivo di quella che secondo me è una “bella” (termine da prendere con le tenaglie) storia d’amore. Perché sono circondata da gente che decanta amore eterno e si lascia dopo un mese; amici che dicono di amarsi, fanno progetti e mentre si tengono per mano sotto il tavolo, il/la fidanzato/a accarezza la coscia dell’amante; amici o gente che dice Ti amo come se avessero appena detto l’ora e poi, ehi, soffocavano e si sono lasciati. E non bisogna essere veterani in questo campo per capire quanto tutto ciò non sia amore e quanto un Ti amo venga detto con superficialità. E, almeno nella mia storia, voglio che l’amore non sia superficiale. Per questo tutto va a rilento (oltre ad un mio gusto personale nel vedere tutti i passaggi ben delineati). Perché reputo più romantico (sempre io, Heaven) una Lin che decide di giocare a Super Mario con Top rispetto ad un suo inaspettato Ti voglio bene; reputo più romantico un Seung-Hyun che le confessa quanto lei non sia banale piuttosto che un Credo di essermi innamorato di te. Sono gusti, sono opinabili, ma sono miei e quindi scrivo di tutto questo, così come scrivo di tutto quello di cui sopra che mi ha influenzata, con la speranza che possa piacere :) Una Lin che passa di letto in letto (perché decide di farlo) quando Top non c’è, non è innamorata; una Lin che nonostante tutti i dubbi prende in mano la propria vita non è innamorata. Se lo fosse stata, avrebbe vegetato in Corea per due mesi per poi andare da Top a chiedergli come si fosse permesso di baciarla e poi andarsene come se n’è andato. Lei ci pensa, si fa la sua buona dose di paranoie, ma perché si è ritrovata a fare i conti con un ragazzo di cui è attratta, che le è diventato amico, si è dimostrato in un modo e poi ha stravolto il suo punto di vista. Nella vita reale, credo che chiunque si sentirebbe un tantino frastornato. Così come credo che si frequenti qualcuno solo perché all'inizio ci si piace, non perché si è innamorati. Ed è pur vero che Top è parecchio cotto, sarei scema a dire il contrario. Ma tra l’essere cotto e l’essere innamorati direi che ci passa un mare. E per quanto si pensino, non sono ancora dipendenti l’uno dall’altro. Io sto cercando, per quanto opera di fantasia, di dare un minimo di veridicità ai loro sentimenti: Lin è una ragazza spaventata dall’amore, circondatasi da ragazzi che ne hanno assecondato la sua visione distorta (lei non vuole finire come i genitori, lo ha ammesso) e che si ritrova ad affrontare un ragazzo che le sta facendo provare nuove sensazioni (e che dopo sedici capitoli, che in tempo sono mesi, non l’ha ancora portata in branda); Top è un idol che si ritrova a pensare ad un’estranea che, pur sapendo la sua condizione sociale, l’ha trattato come un idiota e, non dico per la prima volta, ma dopo tanto, come un comune ragazzo, rendendosi unica in mezzo al branco. Direi che è normale che si sentano frenati, no? ;)

Tutto questo per dire che, certi passaggi a me chiari e che davo per scontato lo sarebbero stati anche per voi, hanno sollevato questioni interessanti e che mi hanno fatto comprendere come molte cose magari scritte siano scivolate via. Quindi ho preferito spiegare (con la mia solita logorrea) quanto sopra. Non è un modo per dirvi Se non vi piace, non leggete; è un modo per dirvi: se volete leggete, ditemi la vostra anche se non vi piace, ma è giusto che sappiate che la storia si basa su queste premesse e che per me non è un Ti amo che fa la differenza in una storia d’amore. E spero di non aver deluso nessuno se mi sono permessa di spiegare tutto questo.

Quindi, carissima Appler_Girl, ti ringrazio infinitamente per avermi scritto, ma dal profondo del mio cuore accartocciato. Perché il confronto che ne è nato mi è piaciuto un sacco e perché ricevere delle critiche costruttive con al tua pacatezza e analisi fa sempre bene. Spero di non essere risultata dura o infastidita o supponente. Tendo ad essere distaccata quando scrivo (ma pure nella realtà D:) ma non fraintendetemi, non sono affatto arrabbiata e, anzi, sono davvero felice che tutto ciò sia poppato fuori ♥

Concludo dicendo, per chiunque si sia soffermato a leggere sta’ roba, che se vuole dirmi la sua può tranquillamente farlo a patto che si parli solo dei punti sollevati, non sul perché/su chi li ha sollevati. Le critiche erano rivolte a me perché ha ammesso di tenere molto alla storia e si è sentita in dovere di dirmele, le ho accettate e ho ringraziato. Questo basta :)

Ah sì, per concludere. Un amico una volta mi disse che un buon regista non spiega mai la trama di un suo film, altrimenti non è questo granché nel suo lavoro. Io non so se è vero, ma se anche lo fosse, ora mi sento in pace con me stessa :)

 

Buona lettura *

 


 


 

 

 

Capitolo 17

She danced on tables


 

That last kiss I'll cherish until we meet again

 And time makes It harder, I wish I could remember

 But I keep Your memory

 You visit me in my sleep

 My darling, Who knew

-Who knew, Pink-


 


 


 


 

Era tornato a casa.

Dopo due lunghi ed estenuanti mesi, era tornato in Corea, nel proprio appartamento. Un sorriso intorpidito spuntò sul volto mentre faceva scroccare le ossa del collo, udendo gli altri barricarsi nelle proprie camere per riposarsi.

Chiuse il mondo fuori dalla stanza, spegnendo la luce, lasciando che sola quella dell’abatjour colorasse il muro con la sua ombra slanciata. Fu allora che si fermò, lanciando un’occhiata un po’ più attenta all’ambiente circonstante, la giacca a mezz’aria e la certezza che qualcosa non andava. Come se ci fosse un tassello fuori posto, smarrito, senza il quale quell’incasinato puzzle che era ultimamente la sua esistenza, non sarebbe mai stato completato.

Eppure, non se ne preoccupò. La diversità, da un po’, non lo spaventava più di tanto.

Lasciò cadere il borsone ai propri piedi, accarezzò uno dei pupazzi che svettava dalla pigna di gadget a cui ne avrebbe presto aggiunti altri, fino a che lo sguardo non cadde dritto davanti a sé, su quell’esatto punto che, più di tutto, gli diede da pensare: il letto appoggiato contro la parete destra, le coperte sfatte e sommerso di abiti smessi. Si avvicinò, scostando il ciarpame con un sonoro sbuffo e qualche bella imprecazione, giusto per distendere i nervi.

Storse il naso e corrugò la fronte; eppure ricordava di aver messo in ordine, prima di chiudere la propria camera per due lunghi mesi.

Scrollò le spalle; magari era solo la stanchezza dovuta al lungo viaggio che lo stava riducendo ai livelli di uno psicotico…

-Bentornato, Seung-Hyun…-

O, forse, psicopatico lo era diventato davvero.

 

Chiuse gli occhi, assaporò la benefica sensazione che il proprio nome, risuonato con voce vellutata, gli procurò, e solo dopo aver udito il cuore rallentare volse il busto, pregando di non essersi illuso come suo solito.

 

Lindsay era di fronte a lui.

Snella, gracile nella sua imperturbabilità, rivestita di una delicata bellezza che non venne minimamente intaccata dai capelli ribelli o dal trucco sbiadito che le impiastricciava il volto pallido, velato di sottile malizia.

Un nodo di parole si attorcigliò in gola, spezzandogli il fiato.

A quella deliziosa visione, si chiese cosa diamine ci facesse lì, nella sua stanza, con le mani dietro la schiena e il suo ritmico dondolarsi sulle punte. Ma ad un’occhiata più attenta, questo quesito sfumò nel baratro della libidine che lo aveva dolcemente lambito, portandolo a domandarsi come potesse una ragazza emanare una così elevata carica erotica con indosso una maglietta dei Metallica. Larga il doppio e che le arrivava a metà coscia. Che non sottolineava le sue forme. No, cioè, dei Metallica…

-Lindsay…- fu tutto ciò che riuscì a mormorare, frastornato nel ritrovarsela lì, nella propria stanza, cinque minuti dopo essere rincasato. Era forse stato quello stronzo di Ji Yong a preparare tale, ben congegnato scherzo alla sua regale persona? No, perché sembrava tanto una cosa in suo stile.

La classica scena alla “Noi due dobbiamo parlare” si stava manifestando davanti a sé e lui non aveva alcunché da dirle. E Top sapeva bene come quel momento sarebbe prima o poi dovuto giungere, che doveva farsi perdonare per il suo essersi comportato da cretino. Ma Lin non sembrava minimamente scheggiata da ciò che era accaduto e anzi, forse, tra i due l’unico ad essere agitato, era lui.

Deglutì all’udire della porta che si chiudeva con un rumore secco, la chiave che girò nella toppa. E quando lei si volse nuovamente, costringendolo a lasciar perdere per un attimo la linea morbida del suo sedere fasciato dalla maglietta, si rese conto di essere in una sconvolgente quanto meravigliosa trappola. Una trappola fatta di ricordi, di parole che racchiudevano più del loro banale significato e di sentimenti che aveva cercato di reprimere con tutto sé stesso –Ti stavo aspettando.- ma che ritornavano a galla con  un solo mormorio.

E solo allora la osservò davvero, rapito dalla sua immagine così prorompente da rendere il resto una mera futilità. I suoi occhi nocciola enormi e dal taglio occidentale brillavano nel semibuio della stanza, le sue linee delicate vennero disegnate dalla scarsa luce dell’abatjour che tracciò la sua figura anche sul muro, in un’ombra che desiderò restasse per sempre impressa non solo sulla parete della camera, ma anche della sua mente.

Si sedette sul bordo del letto, incapace di reggere tutto quel miscuglio di emozioni che, insieme, furono capaci di togliere ogni residuo di energia. Avrebbe solo voluto chiudere gli occhi e risvegliarsi da quel sogno dolce amaro, dello stesso sapore che le sue labbra gli avevano lasciato in una fredda nottata di novembre, a monito di ciò che li aveva legati seppure per qualche breve frazione di attimo.

-Da tanto, desideravo vederti.-

Lo zampettio leggero di Lin rimbombò pesantemente nella sua mente pesante e prima che potesse dar libero sfogo ai propri, turbinanti pensieri, si ritrovò ad osservare la sua lenta movenza, un avvicinarsi scandito da una fluidità che mai le aveva visto. E, deglutendo, si rese conto di quanto fosse ormai vicina. E non aveva dovuto alzare lo sguardo, per accorgersene. Gli era bastato inspirare profondamente per riprendere fiato, e subito il suo buon odore di pesca lo aveva prepotentemente assalito.

-Tu no?-

Fissò le sue punte dei piedi laccate di rosso, frastornato da quella sequenze di immagini e domande che lo fecero sentire in bilico sul filo della ragione. Perché quella Lindsay che emanava sensualità da ogni poro e dalle labbra socchiuse, rosse ed invitanti, poco aveva a che fare con l’immagine che aveva custodito dentro sé della ragazzina scazzata e dall’imprecazione facile. Tramortito di fronte a quell’impercettibile ma desolante cambiamento, Seung-Hyun si stropicciò il volto, pregando che qualche insulto gli venisse indirizzato. O avrebbe voluto sentirsi rivolgere le sue solite domande, un “Hai mangiato?”, pronunciato con materna dolcezza, un “Hai dormito?”, detto con severità. Avrebbe voluto sentirsi rivolgere tutto quello solo per riuscire a trovare in quella Lindsay così diversa, quella che aveva lasciato indietro. Che gli avrebbe ricordato quanto cretino fosse ad aver mangiato poco e dormito ancora meno, che gli avrebbe rammentato quanto tutto, tra loro, fosse salvabile nonostante il suo cercare di rovinare quel poco che avevano costruito, per la troppa paura che l’attrazione stava inesorabilmente trascinando con sé.

-Perché?- la propria voce risuonò rauca e bassa, in un mormorio che ben manifestava il suo timore.

Avvertì i suoi polpastrelli scottanti sulle guance e che lo costrinsero a sollevare il volto per poterla guardare finalmente in viso. Passando prima dalla scollatura generosa che venne messa in bella vista e che gli procurò una scarica di brividi che lo costrinsero a sistemarsi meglio sul letto.

Pessima, pessima mossa.

Perché Lin aveva accolto questo suo movimento come un invito a farsi più vicina e prima che potesse alzarsi, gli fu a cavalcioni. E allora addio a quello straccio di razionalità che aveva stretto a sé nel vano tentativo di non comportarsi da animale e benvenuta, pazzia.

-Perché mi sei mancato, Seung-Hyun.- Lin prese le sue mani strette sulle lenzuola e le portò sulle proprie cosce, bianche e lisce, accompagnandolo in una lenta carezza che ebbe il potere di procurargli scariche di piacere che dalla linea dorsale si diramarono per tutto il corpo.

Soffocò un gemito quando avvertì i loro bacini collidere e a quel punto, comprese.

Si volevano entrambi nella stessa, viscerale e passionale maniera. Probabilmente, anzi, sicuramente se l’avesse posseduta una volta per tutte, magari si sarebbe finalmente accertato di quanto quella sciocca attrazione fosse solo una richiesta del suo bassoventre a digiuno da mesi.

-E io?- un sussurro sulle labbra, che sapevano di neve –Io ti sono mancata?-

Lo sguardo carezzò con sfibrante lentezza le sue braccia tatuate, la linea morbida del collo candido, indugiando su ogni centimetro del suo volto così vicino da fargli perdere un battito, sulle sue lentiggini, sul trucco colato che la fece apparire una bambola di porcellana crepata. Posò le mani sulla schiena stretta e la fece aderire meglio a sé, dichiarando la propria resa, preceduta da un sospiro. Avrebbe accettato la sua concessione, avrebbe accettato tutto, a patto che, una volta sdraiato al suo fianco con respiro irregolare, gli avesse restituito con gli interessi quel barlume di lucidità che si era permessa di strappargli.

-Non immagini nemmeno quanto.- sussurrò sulla sua spalla, assaporando quel profumo di pesca che aveva lasciato sulla propria felpa della Fubu, ma che aveva qualcosa di diverso, quasi fosse stato intaccato da un altro odore a lui sconosciuto. Più virile, che non le apparteneva.

Ma non gli importò, giacché lei era lì, per lui.

Sfiorò i suoi fianchi stretti, fece scorrere le dita sul tessuto della sua maglietta nera e quando avvertì la sua pelle fresca sotto le proprie dita, sentì l’attrazione bruciare, premendo sul suo petto affinché potesse consumarsi una volta per tutte. Ma Lin si mosse un poco e quando gli parve in procinto di scomparire, il ragazzo saldò la presa, avvertendo la sua risata leggera spandersi nell’aria –Non me ne vado.- mormorò pacata, sfiorando con le dita il suo collo e portando le braccia dietro esso.

E, ancora un volta, si ritrovò a sorridere di fronte alla sua impercettibile dolcezza, quel suo modo così nascosto di fargli capire come riuscisse a captare ogni suo pensiero, rendendolo più bello, meno lacerante. Perché, nonostante tutto, lei restava fra le sue braccia, nei suoi ricordi e non sembrava intenzionata ad andarsene.

Una spinta di bacino e gettò la testa all’indietro, il fiato completamente spezzatosi in gola, ogni pensiero libratosi lontano. Mentre lei si faceva sempre più vicina. Mentre le sue parole, lo colpirono come uno schiaffo intriso di biasimo –Per me non è stato solo un bacio- sgranò gli occhi, la strinse a sé pur di farle comprendere la sua incertezza –Per te, sì?-

Studiò i suoi occhi colmi di logorante malinconia, accentuata dal mascara colato. E quando vi riconobbe la paura, quella stessa paura che gli aveva rivolto prima di baciarla sotto la neve, si ritrovò a scuotere la testa –No. Non lo è mai stato.- per infonderle un po’ di coraggio, per farle cambiare idea su di sé. Per farle comprendere che, se fosse tornato indietro, le avrebbe detto qualcosa del tipo “Quando torno, ti porterò a vedere Seoul” che suonava decisamente meglio di un implicito “Ho avuto quel che volevo. Ci si vede tra due mesi”.

Ma lei non replicò, limitandosi a sorridere prima di concedergli uno sguardo languido da sotto le ciglia nere. E Top, lasciò cadere ogni barriera. Si prese il permesso di baciarla, di stringere i capelli arruffati sotto le proprie dita, di farla gemere mentre l’altra mano si intrufolava sotto la maglietta. Dio, quanto aveva desiderato poter assaporare ogni centimetro della sua pelle diafana.

-Seung-Hyun…- il proprio nome, etereo e magnifico, pronunciato da quelle labbra carnose. Fece per sfiorarle con le proprie un’altra volta, ma lei glielo impedì, concedendogli solo una misera porzione di collo. Lin vibrò sotto i suoi tocchi delicati, permettendo che la sua mano vagasse sul suo ventre piatto, per raggiungere l’elastico delle mutandine di pizzo nero. La vide mordersi il labbro inferiore, concedendogli mutamente di procedere oltre. E lui rabbrividì, al pensiero di poterla avere tutta per sé.

E quando Lin mosse ancora il bacino, inebriandolo con l’ennesima scarica elettrica che lo fece smarrire per un misero istante, si disse che poteva pure tenersela la sua razionalità, che il suo –Seung-Hyun…- sussurrato contro l’orecchio era forse il suono più dolce che lo avesse sfiorato in tutti quei mesi lontano da casa. Deglutì quando le dita cominciarono la loro lenta discesa, vedendola schiudere le labbra per poter respirare. Chiuse gli occhi, gustando quel momento che aveva bramato da tempo. Mancava così poco, per poterla avere…

-Ah, ma che disastro!-

-Cosa?-

-Ho messo a posto ieri, dannazione!-

 

-Dae?!-

Ritrasse la mano, guardandola con spavento. Lin ridacchiò e lo coprì con la cascata di capelli neri che strinse sotto le proprie dita, quasi volesse ripararlo dalle intemperie di quel mondo che non c’entrava con loro. Quasi volesse proteggerlo, con quel suo modo un po’ impacciato ma che sapeva trasmettergli calore.

-Lin…-

Le sue labbra carnose contro l’orecchio –Seung-Hyun, è tardi…-

-Ma ancora dormi?-

-Non puoi restare?-

Lei rise un poco, annunciando la fine di tutto.

 

-Forse dovresti svegliarti ora, non credi?-

 

 

-Oi, forse dovresti svegliarti.-

Cosa?

-Il sole brilla! Alzati e splendi!-

Aprì un occhio, un po’ per mettere a fuoco, un po’ per osservare più attentamente chi fosse quel maledetto che aveva osato invadere il suo mondo con: a) la propria voce, candida e melassosa come nemmeno una torta Saker; b) con la luce che filtrava dall’enorme finestra, causa tendine spostate.

E quando volse il volto assonnato alla propria destra, comprese come quel bagliore accecante non provenisse da un Giappone ormai illuminato dai raggi del sole, bensì dallo sfolgorante sorriso a trentadue denti che quel dannato di un Daesung gli stava regalando.

Sbuffò sonoramente mentre, pancia in giù, tornò a far sprofondare il volto sul morbido cuscino, facendogli ben intendere come non avesse intenzione di alzarsi da quel torpore. Un torpore che, si rese amaramente conto, altro non era stato che un bellissimo sogno –Sono le due, Hyung. Non vorrai dormire tutto il giorno, vero?- il lapidario rimprovero di Dae piovve come una manciata di sassi, costringendolo a guardare in faccia quell’orrenda realtà. Solo allora, aprendo gli occhi gonfi, si accorse di un piccolo, quanto visibile particolare… E fanculo, ecco. Maledetti sogni che gli facevano perdere il controllo. E maledetta pure quella ragazzina, che lo stava facendo sembrare un adolescente con gli ormoni impazziti che organizzavano rave party ad ogni minuto.

Allontanò la mano dall’elastico dei pantaloni della felpa, ringraziando tutti i santi di non essere andato troppo in avanscoperta, che venir beccato con le mani sul pacco –o nel sacco, nella fase Connecting people non gli sovvenivano i modi di dire- non era esattamente un bel modo di cominciare la giornata. Con un Daesung in stile perpetua, poi, che gironzolava per la stanza con fare da mamma severa e dal rimprovero facile.

-Che palle- mormorò asciutto, schiarendosi la gola mentre si accasciava con la schiena sul letto, stropicciandosi il volto su cui ancora poteva avvertire i polpastrelli di Lin, nemmeno gli avesse lasciato profonde cicatrici –Si può sapere che ci fai qui?- domandò scorbutico, guardando il soffitto color panna.

Dae arricciò le labbra –Sono venuto a svegliarti. Tra tre ore dobbiamo andare, ricordi?-annuì, ricordando vagamente di un’intervista radiofonica che avrebbe dovuto quella sera. E a proposito di interviste, lo sguardo cadde malamente sul calendario appeso alla parete di fronte, ricordandogli che il 16 gennaio si stava inesorabilmente avvicinarlo. Ma non poteva volare avanti nel tempo? Oppure, non potevano cancellare l’intervista? O ancora, cancellare direttamente il numero sedici dal calendario? –Oh, Hyung, quando ti deciderai a mettere un po’ in ordine?-

Avrebbe voluto chiedergli se si riferisse ai vestiti sparsi in giro ai suoi pensieri sconnessi. Gettò una rapida occhiata alla stanza sommersa nel caos come nemmeno la Zona Contaminata della Capitale * e comprese che no, Dae non doveva aver intercettato lo stato di inquietudine che lo aveva accolto quella mattina.

-Sì, poi, dopo- e visto che solo quel coccolone di Dae sembrava l’unica presenza umana gironzolante per la propria stanza, Seung-Hyun si lasciò andare a confessioni imbarazzanti, che tanto sapeva che con lui non avrebbe corso il rischio di incappare in scene al limite dell’illogico –Nh, stavo facendo un bel sogno.-

Mangiucchiò le parole impastate dal sonno, sollevandosi su di un gomito per poterlo guardare meglio…

-Quindi stavi sognando America?-

E si lasciò ricadere con un tonfo sordo, che quella voce melliflua aveva sgonfiato ogni suo desiderio di sorridere alla vita. Contò fino a tre, con l’intenzione di voltarsi alla propria sinistra e trucidare, con la sola forza del suo sguardo tagliente, l’intruso. Ma non si volse, Seung-Hyun, chiedendosi ancora cosa ci facesse quel pirla nel suo antro oscuro.

Rassomigliante ad una stella marina vegetante sulla sabbia piuttosto che ad un sonnolento venticinquenne, Seung-Hyun capì che quel sogno altro non era stato che un presagio dell’orrenda giornata che lo aspettava al varco –Ci ho preso?- un varco segnato da una poltrona in tessuto ruvido rosso, con abbarbicato sopra un Ji Yong sghignazzante e dallo sguardo derisorio di chi ha compreso la dinamica delle cose. Conoscendolo, era stato sicuramente in grado di cogliere ogni sfaccettatura del suo libidinoso sogno e ora si godeva il suo imbarazzo. Grazie ai Kami non lo aveva colto in flagrante che lì, le prese per il culo, si sarebbero sicuramente sprecate.

Seung-Hyun grugnì, senza dargli alcuna conferma, che tanto quello capiva ciò che più gli aggradava. Ma quello stronzo rise, e allora comprese di essere un maledettissimo libro aperto, per lui.

Che risveglio di merda!

Dae, invece, sembrava il classico ingenuo estraniato dall’universo -Oh, andiamo, Ji!- rivolse un’occhiata materna ad un tremebondo Top –Hyung, hai sognato Lindsay?-

-Nh.-

-Che tenero!- civettò Dae, che forse non gli avrebbe rivolto quel complimento se solo fosse stato a conoscenza di cosa aveva effettivamente elucubrato.

-Scommetto che anche America era tenera.-

-Non sono affari vostri.- scostò le coperte, posò i piedi scalzi sul pavimento mentre brividi di freddo si intrappolavano nelle sue ossa, nonostante fosse avvolto da ben tre felpone. Dae si corrucciò, lanciando un’occhiataccia a Ji Yong, facendogli comprendere che se continuava a restarsene lì, lui non avrebbe fiatato.

Il leader, per tutta risposta, sbadigliò –Oh, andiamo, me lo dici cos’hai sognato?- sporse il labbro -Perché a lui sì e a me no?-

Perché tu sei uno stronzo.

Sventolò una mano -Vado a farmi una doccia.-

-E’ meglio se te la fai fredda.- sogghignò l’amico, lanciandogli contro un asciugamano mentre si accasciava sul letto, rotolandosi dalle risate. Lui invece sbatté la porta, allontanando la sua maledetta risata che continuava a rintronargli il cervello. E nemmeno i rimproveri di Daesung erano lenitivi alla sua rabbia.

Che idiota di un leader…

Quel decerebrato se ne era rimasto per tutto il tempo seduto sulla poltrona senza fiatare, senza farsi scorgere! E aveva deciso di dargli il colpo di grazia con la sua raccapricciante candidezza, cosa di cui avrebbe fatto volentieri a meno quel giorno. Grugnì quando uscì dalla doccia, così come grugnì quando si rivestì, pronto ad affacciarsi a quella lugubre giornata e grugnì anche quando ricomparve in camera, ritrovandosi ad osservare un Ji Yong che faceva zapping sul televisore e un Daesung che sbuffava alla vista delle felpe sgualcite.

-Ti si sono calmati i bollenti spiriti, Hyung?- melassoso, sbatté le ciglia sottilissime, lanciando un rapido alla sua figura ingobbita.

Guardò Dae che, canticchiante e nei panni di una Biancaneve dalla pelle un po’ troppo olivastra, continuava a mettere in ordine il suo disastro. L’occhiata più fulminante si adagiò però su GD che, con un sorriso a fargli traballare le labbra sottili, sembrava in estenuante attesa di qualche sua sparata, così da poterla prendere al volo segnare punto con una schiacciata perfetta.

Ma Top emise uno scazzato -Vado a mangiare qualcosa.- ignorando la sua domanda pregna di sarcasmo e che andava a punzecchiare la sua perversione ora mogia in un angolo. Ah, maledizione! Non era la prima volta che la sognava in quelle vesti, era un uomo e i suoi bei pensieri sconci sulla Moore li aveva avuti da molto prima di quel loro unico e reale contatto fisico. Solitamente, la scena si svolgeva nella sua macchina, o sul tavolo da biliardo, o in sala di registrazione. Sì, proprio tutti quei posti in cui serbava il ricordo straziante di lei. Ma mai si era addentrato così oltre. Solitamente al suo Mi faccio prima io la doccia, o tu? O vuoi che la facciamo assieme?, si svegliava, incapace di reggere il peso di quell’eventualità.

Era la prima volta che Lin osava tanto, in una sua fantasia.

Buttò in avanti il capo con indolenza, avvertendo dei passi dietro di sé che gli procurarono solo tanto nervoso. E la voce che si aggiunse a loro, gli fece perdere quel briciolo di pazienza che aveva faticosamente riguadagnato in quei lunghi mesi –Ti faccio compagnia, Top.-

-Gira a largo, Ji.-

Sentì scoccare la sua lingua -Qualcuno si è svegliato con la mano sbagliata nei pantaloni.-

Fanculo…

-O era con la luna storta?-

Lo ignorò -Si può sapere che vuoi?-

-Mangiare con il mio Hyung preferito.-

Sì, mangiare quel briciolo di autocontrollo che si trascinava dietro Dio solo sapeva con quale forza. Sbuffò, incapace di rispondere a quel cretino che continuava a trotterellargli al fianco e che, da quando gli aveva aperto gli occhi sulla sua attrazione per la Moore, sembrava essere diventato la sua ombra, quasi volesse carpire più informazioni di quelle che gli aveva concesso. La verità, però, era che nemmeno lui aveva più qualcosa da dire. Aveva esaurito tutte le risposte ai suoi perché e quando ne poppavano fuori di nuovi, li rinchiudeva nella propria mente, pregando che svanissero.

Lo guardò di sottecchi, studiando il suo profilo delicato –Sarebbe meglio se tu andassi a prepararti.- Basta che ti levi dalle palle…

Lo vide scuotere la nuca dopo aver fatto finta di pensarci su. Sicuramente, se Ji Yong continuava a stare attaccato alla sua felpa, significava che qualcosa di grosso bolliva in pentola. Infatti, tempo nemmeno due secondi, e l’infausta domanda venne posta –Allora, com’è la Moore nuda?-

E Top morì. Nel corridoio di un albergo che ricordava il set di Shining, tanto era orribile. Chi aveva scelto quel posto doveva essere un nemico del buongusto, convenne con sé quando adocchiò l’ascensore. L’unica nota positiva? Le 2NE1 erano state relegate al piano sotto al loro, quindi niente urla o casino fino a notte fonda gli aveva ammorbato le orecchie. Chiusa quella triste parentesi, che era stato solo un cameo per poter seriamente pensare a come ammazzare il capo del gruppo, Top gli scoccò un’occhiata torva –Non era nuda.-

-Vedo che ciò ti rende molto frustrato.- ecco, l’aveva detto lui che tanto quello capiva quel cazzo che voleva.

-Tu mi rendi frustrato.-

-Oh, fidati, nudo non sono questo granché.-

Guardò il soffitto, chiedendosi perché quell’ascensore sembrava farsi sempre più lontano quando ci si avvicinava –Ti ho detto che non era nuda!- Dalla vita in su, almeno… Arrossì al ricordo delle sue gambe bianche e scoperte, delle sue cosce candide che aveva avuto il piacere di avvertire sotto i polpastrelli bollenti. No, decisamente, quell’immagine pregna di sensualità era forse valsa più del suo corpo nudo.

-Allora è vero- GD gli rivolse un sorriso sornione –Hai sognato Lindsay.-

Seung-Hyun, sei ufficialmente un coglione.

Si morse la lingua, evitando di esalare un’imprecazione che avrebbe fatto tremare le pareti dell’albergo. Possibile che lui riuscisse a cogliere tutte le sue turbe? Diamine, era davvero irritante, tutto ciò. Avrebbe voluto custodire gelosamente quel bel sogno per sé, ma se l’amico ne coglieva ogni più piccola sfaccettatura, tanto valeva rassegnarsi e gettarlo nel dimenticatoio.

Si strinse nella felpa, ancora scombussolato dal calore che le braccia illusorie di Lin avevano prodotto su di lui. Si stupì del fatto che Ji Yong non avesse infierito nel silenzio che era conseguito alla sua constatazione, conscio che il suo ammutolirsi era, in fin dei conti, un dargli ragione su tutta la linea. Così approfitto di quel momento di serietà da parte dell’amico, domandando un incerto –Secondo te, cosa vuol dire?-

GD arcuò un sopracciglio –Non crederai mica all’interpretazione dei sogni.-

-Intendo- si morse l’interno delle guance –E’ la prima volta che la sogno così.-

-Vuoi dire nuda?-

-E’ che palle! Ti ho detto che non era nuda!- si mise a braccia conserte, pentendosi di avergli chiesto consiglio –Mi ha solo parlato- lo vide farsi attento –Ha detto che gli sono mancato, che mi ha aspettato e scemenze varie- deglutì, avvertendo il senso di colpa premere sullo sterno –E che per lei non è stato solo un bacio.- alzò le spalle, che altro da dire non c’era.

Ji Yong annuì, arricciò le labbra e solo dopo essersi fermato davanti all’ascensore, annunciò il proprio Vangelo -Allora, vuol dire solo una cosa…- la frase del leader aleggiò sospesa nell’aria, sfibrandolo visibilmente ad ogni secondo che passava. Lo guardò arcigno, intimandogli mutamente di continuare –Che te la vuoi portare a letto.-

-Ji Yong.- lo rimproverò stancamente. Come se non lo sapesse da sé che voleva spalmarsela fra le lenzuola.

-E come li spieghi i sogni erotici su di lei?- domandò annoiato, giocherellando con i lacci della felpa, guardando svagato il pavimento.

Seung-Hyun si scompigliò i capelli ancora umidi –Non che me la voglio portare a letto.-

-Le bugie portano all’Inferno, Hyung- un sorriso di sfida deformò le labbra del leader –E anche i sogni erotici.-

E Seung-Hyun capitolò con un sospiro e uno scossone del capo –No, cioè, non solo quello- guardò l’ascensore divenire sempre più vicino, segno che la propria liberta stava per avvolgerlo –Forse voglio solo rivederla.- aggiunse sconsolato, richiudendosi in un mutismo che, sapeva, sarebbe stato presto scalfito da Ji Yong. Ma l’amico gli lasciò del tempo per pensare a ciò che aveva appena detto, all’eventualità che davvero lui e Lin potessero ricontrarsi. Cosa sarebbe successo? Lo ammetteva, aveva spesso immaginato un loro incontro fatto di abbracci che sapeva non ci sarebbero stati, parole pregne di significato che non gli sarebbero state rivolte e sguardi colmi di imbarazzo che non si sarebbero scambiati, giacché lei non lo avrebbe sicuramente guardato; perché aveva il timore che lei gli sarebbe sfuggita dalle mani, rendendosi ancora una volta irraggiungibile. E, diamine, aveva faticato solo per poterle rivolgere civilmente la parola che proprio non se la sentiva di riaffrontare quell’insormontabile salita.

A lenire tutti i suoi dubbi, giunse la voce assorta di Ji Yong, stranamente poco incline alle prese per il culo -Forse ti senti in colpa.-

Sì, beh, nh, forse…

-E cosa dovrei fare?- con indolenza, premette il pulsante dell’ascensore.

-Prendere del sonnifero.-

-Sono serio!- sbottò in direzione della sua voce strascicata, quasi si stesse burlando della sua patetica situazione. Cosa di cui si sarebbe preso per il culo da solo se non si fosse risvegliato in una bagno di sudore con due dei suoi amici a girovagare per la camera.

Ji Yong guardò il soffitto, scoccando la lingua, quasi fosse scocciato dal suo non cogliere sottigliezze a lui banali  –Andarle a chiedere scusa, quando torni- annuì. Quella era decisamente una saggia decisione –Oppure fartela e toglierti il pensiero.-

Ecco, quella era decisamente una cosa da non prendere nemmeno in considerazione. Ci mancava solo che aggravasse la sua posizione –Qualcosa che non implichi il vederla, magari- suggerì, avvertendo strani rumori provenire dalla tromba dell’ascensore –O il violentarla.-

Ji Yong rise un poco alla sua decisione, mormorandogli un velato –Come se potessi stare lontano da lei- che cercò di fasi scivolare di dosso, incapace di riuscirci davvero –Potresti sempre scusarti nella prossima intervista.-

-Sì, così poi andranno a linciarla sotto casa. Ma figurati.-

-Non devi fare il suo nome, eh- lo guardò con tedio e un pizzico di delusione, quasi fosse increscioso da parte sua non essere giunto a tale, semplice conclusione –Ti basterà scusarti e dirle che non è stato solo un bacio. Così non dovrai dirglielo di persona.-

-Facciamo che dirò solo: Scusa per averti baciata.-

-Ma così che gusto c’è?- borbottò l’amico ad occhi socchiusi, posandogli una mano sulla spalla. Seung-Hyun si divincolò, mettendo in mostra un’espressione burbera ora rivolta al pulsante dell’ascensore ridivenuto grigio. Ji Yong se ne accorse e dopo averlo ripremuto, tornò a guardarlo –Dubito che il problema del tuo nervoso sia solo lei, vero?-

Lo guardò ad occhi sgranati, spaventato al pensiero che riuscisse davvero a leggergli nel pensiero. Perché era effettivamente così: al sogno maledetto, si era aggiunta l’angoscia che quel sedici gennaio fosse ormai alle porte, pendendo sul suo capo come una ghigliottina.

Seung-Hyun gonfiò le guance –Posso non venire al Go-Show?- lo guardò con occhi brillanti e tremuli, facendo leva sul suo senso paterno di leader; ma quello stronzo gli risolve un ghigno e uno sguardo luminoso, segno che non sarebbe caduto nella sua rete -L’ultima volta hanno mostrato una foto delle mie mutande con le paperelle- rammentò con imbarazzo e il classico tic nervoso all’occhio destro –Mi chiedo ancora chi l’abbia passata alla redazione.- aggiunse lugubre, riponendo il proprio astio in uno sguardo che convogliò sulle porte dell’ascensore che tardavano ad aprirsi.

Un verso strozzato provenne al suo fianco e di sottecchi, si ritrovò ad osservare un GD accartocciato che tratteneva le risate –Già, chissà chi è stato. Certe infamie andrebbero punite.-

Tanto so che sei stato tu, stronzo2.

-Posso fingermi malato e non partecipare?-

-Il CEO ti licenzia se non porti lì il tuo culo.- di fronte a cotanta finezza, uno sbuffo misto a risata gli venne strappato senza che potesse trattenerlo a sé. Quel cretino riusciva sempre a tirarlo un po’ su, anche quando tutto sembrava un po’ più brutto. E sì, anche quando i maledetti ascensori non volevano saperne di aprire le porte.

-Speriamo non accada nulla.-

-Le morti per ascensore difettoso sono improbabili.-

-Non intendevo questo- si stropicciò il volto –Parlavo dell’intervista.-

-E del fatto che tu non voglia andarci.-

-Eh.-

-Guarda il lato positivo- Ji Yong indicò con un cenno del capo le porte di metallo che si aprivano –Se lei ti stesse guardando e sentisse le tue scuse, sarebbe un problema in meno, non credi?-

Certo, se lei lo guardasse…

Sembra tu non ci abbia mai visto in tv!-

-Ed è così.-

Come fan fai schifo.-


 

La sua voce tornò a fargli visita, il suo scazzo tornò a permeare nella sua mente e nonostante tutto, sorrise malinconico.

 

-Vi vedo già dal vivo abbastanza, non sono così scema da andarvi a cercare su Youtube.-

 

E se lo fece sfuggire –Lei non ci guarda.-

-Come?-

-A lei non importa nulla. Lei non ci guarda.-

Scivolò di fianco all’amico, posizionandosi davanti alla fotocellula per far sì che Ji Yong, ora immobile, potesse seguirlo. Che idiota… Aveva fissato la sua condanna a morte e nemmeno se ne era reso conto. Perché dal casuale –In che senso?- che GD pronunciò qualche istante dopo non percepì alcuna nota di divertimento, solo una leggera confusione.

E quindi lui si era ritrovato a continuare quel tira e molla di aneddoti che trasudavano banalità –Dice che non le va, quindi non guarda le nostre interviste- entrò dentro, arcuando un sopracciglio di fronte alla lentezza dell’amico. Lentezza che, avrebbe dovuto immaginarlo, non avrebbe portato a nulla di buono. Perché si appoggiò alla fredda parete di metallo prima di premere il piano terra, le mani dietro la schiena e lo sguardo rivolto alla fioca luce del soffitto, guardando poi l’amico immobile oltre l’uscio –Beh, non vieni?-

Il rumore metallico delle porte che si apprestavano a chiudersi, lo costrinse a guardarlo con la fronte corrugata. Ma Ji Yong non si mosse, si limitò a scuotere la nuca prima di sollevare il capo con lentezza, rendendolo partecipe di un’espressione inquietantemente rilassata…

-No. Mi sono ricordato di una cosa. Bye bye.-

E il sorriso raccapricciante ma al contempo dolce che gli rivolse prima di vederlo scomparire dietro le porte dell’ascensore, avvertendo i cardini trasportarlo sempre più giù, gli fecero comprendere che il fondo del baratro in cui stava precipitando, non era ancora arrivato.

 

******

-Lei non ci guarda.-

Poteva una misera, sciocca frase, racchiudere tanta bellezza?

Kwon Ji Yong, in quella fredda mattina di un gennaio ormai inoltrato, iniziata con assoluta noia, si disse che sì, poteva eccome. Soprattutto se a pronunciarla era stato uno Hyung dall’aria abbacchiata, reduce da un sogno a luci rosse con un’americana che gli aveva fuso il cervello e che si stava dimostrando più divertente di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Perché era convinto che mai e poi mai, dopo la loro chiacchierata cuore a cuore, Top lo avrebbe reso partecipe dei suoi pensieri che avevano come epicentro Lindsay, che di cose da dire ne erano state esalate fin troppo.

Ma poi, la madre di tutte le notizie. La lieta novella che avrebbe rallegrato la sua giornata…

-A lei non importa nulla. Lei non ci guarda.-

 

La dolcissima consapevolezza che un nuovo gioco stava per avere inizio.

Perché l’espressione che Seung-Hyun gli aveva rivolto era stato di idillio puro, marchiata a fuoco nella sua mente in arrovellamento per cercare di rendere tutto ciò ancora più interessante. E, oh, lui sarebbe riuscito in siffatta, epica impresa. Perché da quando quei due beoti erano lontani si era parecchio annoiato e stuzzicare una Dara alle prese con la sua nuova fiamma non era così estasiante come pungolare Top e le sue perversioni; pizzicare un Ri single non era così beatificante come quando una sanguisuga di cui non ricordava il nome gli stava alle calcagna. Perché era stanco, annoiato e quei due mesi di lontananza stavano gravando sulla sua sanità mentale. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma tutto quel tempo lontano dall’idiozia di Top che si risvegliava quando la Moore orbitava nella sua atmosfera, stava cominciando a fargli provare nostalgia di casa.

E aveva bisogno di nuovi stimoli, di qualcosa che potesse saziare il suo appetito.

E quando incrociò Ri per i corridoi, la lampadina si accese. Eureka! Si morse il labbro inferiore, un bagliore di genialità a solleticare il suo cervello e con un balzo, fu subito dal suo maknae di fiducia che, ignaro della sua prossima mossa, gli rivolse un sorriso ampio –Ciao, Ji!-

-Stavo cercando proprio te, Ri.- mormorò il suo nome con lentezza, rapendo la sua svagata attenzione, tutta riversa sull’Iphone bianco.

Il maknae inviò un messaggio, poi si concentrò su di lui con espressione interrogativa –E’ successo qualcosa?-

-Non ancora- ghignò –Non ancora, ma accadrà- portò le mani in tasca, guardandosi attorno per prendersi un po’ di tempo prima di sganciare la bomba, dando così il via al proprio geniale piano –E mi servi tu.-

-Ti servo io?- corrugò la fronte, diffidente –Sia chiaro: io non porto più in giro i festeggiati a sorpresa!- si impuntò, agitando un delizioso indice davanti al suo naso. Oh, quale meravigliosa visione gli si stava parando davanti agli occhi: un Ri sulla difensiva prima ancora che si fosse prestato ai suoi giochi cervellotici. Le sue cavie gli stavano donando molte gioie, in quel giorno funesto.

Ignorò il suo sproloquio, concedendogli un altro assaggino del suo pregevolissimo piano –E ho bisogno della Fujii.- e con quella frase mormorata con pacatezza, comprese di aver sganciato la vera bomba. Se ne sorprese, a dir la verità. Credeva che Ri avrebbe assunto l’espressione alla Mamma ho perso l’aereo solo dopo aver scoperto i suoi loschi progetti e invece se ne stava lì, bocca spalancata e mani sulle guance, nel bel mezzo della discussione. Ribadiva il suo amore per lui, non poteva farci nulla.

Un vistoso rossore gli aveva colorato le guance e Ji Yong capì di averlo portato sui binari sbagliati –Oi, oi, oi, io non sono da giochi a tre. Io non le faccio quelle cose!- volse il volto di lato, nascondendo un’espressione di vergogna che lo fece sghignazzare e anche un po’ intenerire. Ma solo un poco, giusto il tempo di rendersi conto che non poteva perdere tempo a prenderlo in giro, che qui ne andava della vita sentimentale del loro Hyung e del proprio divertimento.

-Non farmi venire i brividi- sventolò una mano –Figurati se sceglierei voi per una cosa del genere- poi, gli scoccò un’occhiata amorevole –Te la lascio tutta per te, visto che ti piace tanto.-

Ri sgranò gli occhi, biascicando frasi sconclusionate che lui nemmeno captò, tanto era preso dal crogiolarsi nella meraviglia del suo solo balbettio –E cosa vuoi da lei?-

-Da lei niente. Voglio solo il suo numero.- gli passò l’Iphone, dicendogli implicitamente che avrebbe dovuto sottostare ai suoi giochetti senza fiatare.

Ma poi, le sua domanda colma di scetticismo, lo colpì in pieno petto -Perché vuoi il suo numero?-

-Tu lascia fare al tuo Hyung. Il resto, verrà da sé- avrebbe voluto svelargli il suo geniale piano con noncuranza mentre allungava una mano per prendere il cellulare, ma sentiva che prima tutti i tasselli andavano messi al loro posto; solo allora, gli avrebbe mostrato quel bellissimo e raffinatissimo puzzle che, per ora, custodiva gelosamente nel proprio cervello. Ma mentre SeungRi pigiò con un leggero cruccio sui tasti dell’Iphone nella rubrica, ci fu un guizzo di fastidio che il più piccolo cercò di mascherare chinando il capo ma che a lui, sommo conoscitore del linguaggio del corpo, non sfuggì affatto. Così, quando con nonchalance e una punta di impazienza esalò un asciutto –Cos’è quello sguardo?- GD si aspettò il suo lagnoso Non è niente.

Quello che non si aspettò, fu il suo replicare con estenuante serietà un infastidito –Nh, non mi va che tu abbia il suo numero.- che lo fece ridere. Ma ridere di gusto, eh. Di quelle belle risate potenti che lo costringevano ad accasciarsi sul muro con una mano allo stomaco per riprendersi.

Si asciugò le lacrime di fronte al suo cipiglio irritato –Oh, il maknae è innamorato.- appurò deliziato dal suo sbattere freneticamente le palpebre quando lo si prendeva in contropiede.

Ri, però, a dispetto di ogni sua previsione o anche solo certezza, si limitò a scuotere la nuca prima di tornare a comporre il numero sul cellulare –Non voglio che finisca come con le altre.-

GD, a questo punto, comprese come Ri stesse nascondendo più di quanto avrebbe dovuto. Guardò la cavia insolente con un lampo di severità negli occhi scuri ed affilati, richiamando a sé l’impassibilità che lo contraddistingueva da quella massa di idioti che si lasciavano trasportare dai sentimenti con fin troppa facilità e, spalla appoggiata al muro e mani in tasca, lo guardò –Quali, altre?-

-Lo sai quali.-

-Aha, proprio no.-

-Ci credo che non te ne ricordi. Tu non ricordi mai quelle che ti porti a letto!- saltò Ri guardandolo minaccioso, brandendo i due telefoni con troppa foga.

GD si grattò la punta del naso –Ma non sono andato a letto con la Fujii. Quindi non è come le altre.- scacciò dal cuore quello strano senso di calore che lo aveva pervaso nel pronunciare quella frase senza scopo alcuno e tornò ad inebriarsi dell’isteria dilagante dello sfidante.

-Beh, e non devi andarci!- ordinò perentorio, puntandogli contro il dito.

-Quindi sei geloso.-

-No!-

-E perciò la ami.-

-No, certo che no! Ma non voglio che finisca come le altre!-

-Ma le altre chi, si può sapere?- ah, oh sommo gaudio! L’espressione arcigna del maknae era quanto di più idilliaco potesse mai mostrarsi davanti ai suoi occhi ora ripieni di affetto, capace di illuminare quella giornata all’insegna del grigiore.

Un grigiore che divenne ancora più colorato quando Ri si mise ad elencare le innumerevoli sventole che avevano avuto l’onore di stendersi sotto le sue coperte e il suo corpo –Maiko, Sumie, Yutsuko- fino a che, dalle sue labbra tirate, un flebile –Nana.- fuoriuscì intriso di amarezza e delusione.

E GD si sentì mancare, per un istante, incapace di reggere il peso che quel nome portava con sé. Un peso che credeva di aver lasciato scivolare dalle proprie strette spalle ma che, a ben vedere, se ne stava ancora appollaiato su di esse. Guardò il muro, ringraziandolo per il suo essere lì a sorreggerlo e senza guardare l’amico, replicò con un indifferente -Ormai è andata.- che, da copione, avrebbe dovuto far cessare ogni lamentela, ogni futile discorso.

Ma Ri sembrava intenzionato a voler improvvisare.

-Sì, beh, sì. Ma lei mi piaceva- premette invio sull’IPhone prima di porgerglielo con una delicatezza che ben si discostava dal suo sguardo perforante -Io voglio vederla ancora, quando torneremo a Seoul- strane fiamme di aspettativa brillavano nei suoi occhi –Voglio andare al Tribeca dopo aver svuotato la valigia. Voglio andare da Ginko e darle il souvenir- arricciò le labbra mentre guardava le punte delle scarpe –Se te la porti a letto, poi scompare come le altre. Ma lei è simpatica.-

Diversamente simpatica, forse…

Avvertì le sue dita sulle sopracciglia che venivano torturate dalla sua indelicatezza –Che fai?-

-Togliti quello sguardo- gli sorrise prima di portare le mani dietro la schiena –Sai che non ce l’ho più con te, no?- gli lanciò uno sguardo sincero prima di dargli le spalle. E in mezzo a tutta quella bontà che avrebbe potuto risparmiargli, sentì che una misera concessione gliela poteva concedere…

-E’ per aiutare Top, Ri- per non avere più debiti da saldare –Non è per me.- guardandolo con serietà, nella speranza che non facesse domande.

Ma Ri, ormai, stava uscendo dai suoi canoni, costringendolo a dover fare un backup dei suoi dati e ripristinare il sistema, che di questo passo sarebbe perito sotto la sua idiozia –Aiutare Top Hyung?- mormorò confuso, aggrottando le sopracciglia –E chi aiuta te?-

Il suo sussurro rimase a fargli compagnia per qualche tempo, anche dopo che la sua schiena fu diventata un piccolo puntino. Nessuna risposta aleggiava invece nell’aria, chiaro segnale che non gliel’aveva concessa. Perché lui non aveva bisogno di essere aiutato, stava bene così. E il loro stargli vicini, bastava più di centomila ragazze che gli facevano la corte.

Una cameriera lo salutò cordialmente, passando di là, riportandolo con le ciabatte sul parquet blu scuro, facendogli un occhiolino che lui prese al volo e gettò dietro le proprie spalle, conscio che misero gesto non valeva nulla in confronto alla chiamata che sarebbe giunta. Sorrise appena nella stramba quanto disdicevole sensazione di essere appena stato battuto al proprio gioco. Da Ri… Sconvolgente, decisamente. Ma, beh, anche i grandi geni perdevano. E poi era una partita su mille.

Si passò una mano sul volto, stropicciandolo e scrollandosi di dosso quell’espressione tremebonda che lo aveva assalito. Scrollandosi di dosso quella voglia pazza di premere sul tasto invio quando si sarebbe presentata la scritta Cancellare Ginko Fujii dalla rubrica?

Che significava cancellarla anche dalla propria vita, sotto una certa angolatura, come aveva fatto con le altre che, inevitabilmente, erano finite nel cestino della memoria del suo Iphone…

-Tu… Tu… Tu…-

Ma a lui, del resto, cosa gli importava di tale eventualità? Era una ragazza, come tante. Una fan, ne più né meno. Che se la tenesse Ri, quella psicolabile che costruiva gli altarini in suo onore e glielo confidava con bambinesca allegria…

-Tu… Tu… Tu…-

E dopo quella chiamata, l’avrebbe davvero cancellata, che la sua utilità sarebbe stata solo quella. Del resto, della sua gentilezza, della sua isteria nevrotica che la rendeva un po’ più simpatica delle altre, non se ne faceva niente. Di lei, non se ne faceva niente…

Eppure c’era l’attesa snervante di udire la sua voce da cornacchia…

-Pronto?-

E quando la udì, si dimenticò per un istante del motivo per cui l’aveva chiamata.

 

******

 

Il telefono rovente fra le mani, cercando di capire se si trovasse in un sogno o in una splendida realtà…

-Oi, Fujii, sono io…-

L’orecchio bollente mentre si beava delle dolci parole di Ji Yong che si mescolavano nel suo cervello ora rintronato, quasi la portinaia di quel largo androne non riuscisse a mettere un po’ in ordine lo sfacelo che vi albergava.

E Ginko, pur cercando di trattenersi dal comportarsi da fangirl isterica, si ritrovò a sdraiarsi sul futon ancora adagiato a terra nonostante il sole del pomeriggio filtrasse da un po’ dalle piccole finestrelle, le gambe che si muovevano frenetiche per aria, e il suo squittio a riprova del fatto che, di fronte a tali melodiosi suoni, il suo cervello partisse per la tangente -OhMio- Ji Yong! OssantoCielo sto parlando al telefono con Ji Yong!- udì un respiro profondo e una minaccia in stile Se non la smetti, chiudo., che la costrinse a darsi un certo contegno –Qual buon vento ti po—

-Sì, sì, senti- grugnì in disapprovazione per essere stata bruscamente interrotta. Ma proprio mentre stava accarezzandosi le pieghe che la sua fronte corrugata aveva assunto, con labbra arricciate e sguardo furibondo rivolto al poster del ragazzo che svettava nella parete dietro sé, Ginko udì una frase capace di farle scorrere migliaia di brividi –Ho bisogno di te.- e che, nel profondo, fecero scattare un campanellino d’allarme.

-Sono tutta tua!- fu un’esaltazione durata un battito di ciglia, seguita dal suo mettersi seduta con velocità –Cioè, tutta orecchie! Sono tutta orecchie!-

Si coprì il volto con la manina ingioiellata, pastrugnandolo. Possibile che si comportasse sempre da perfetta cretina quando quel figo pazzesco si faceva vivo? E a questo rimprovero nei propri confronti, seguì un logicissimo dubbio che ancora non si era minimamente posto: perché Diavolo l’aveva chiamata? Chi diamine gli aveva dato il suo numero?

Domande lecite, certo, ma che finirono nella spazzatura quando udì nuovamente la sua voce strascicata, capace di trascinarla in un universo parallelo fatto di zucchero filato e tanti Ji Yong pronti a soddisfare qualsiasi sua richiesta -Devi aiutarmi con America.-

E che le ridussero il suo cuore in minuscole scaglie di vetro. Il ragazzo continuava a parlare, udiva benissimo la sua voce, ma per qualche strana ragione, il suo cervello non sembrava intenzionato ad assimilare il tutto. Nella mente confusa, un solo quesito, scalpitante e doloroso: cosa voleva, Kwon Ji Yong, da Lindsay?

Avvertì la gelosia premere contro il petto, mentre le lacrime premevano sui suoi occhi divenuti lucidi. E proprio come da bambina, si ritrovò ad arricciare le labbra nel vano tentativo di frenarle, giocherellano con un lembo delle coperte a fiori.

-Ah.- la sua voce uscì a scoppio ritardato, forse un po’ più secco di quanto avrebbe voluto.

A questo, seguì un secondo di silenzio, poi la voce divertita di Ji tornò a farle compagnia -Non in quel senso.-

-In che senso, scusa?-

-Lo sai benissimo di che senso parlo.-

-Beh, sì, nh, scordatelo!- si ritrovò a mormorare con stizza, avvertendo un peso a livello del cuore che raramente aveva provato. Di quelli che, da bambina saltellante all’asilo, l’avevano presa in contropiede quando si era ritrovata ad osservare il bambino che le piaceva mano nella mano con quella che, fino al giorno prima, era stata la sua migliore amichetta di giochi –Non ti aiuto.- decretò perentoria, circondando le ginocchia piegate con un braccio, appoggiandovi sopra il mento.

Volse il volto verso lo specchio posto sul muro, scorgendo la propria immagine; diamine, sembrava un’adolescente cretina e alle prese con il figo della scuola che le chiedeva di farlo fidanzare con la migliore amica! Cioè, e lei che credeva di aver passato quel periodo odioso della sua giovane vita… Ma a quanto pareva, era destino che i fighi le chiedessero una mano con le migliori amiche, le classiche belle ragazze che venivano guardate per la loro sinuosità innata. Lei invece era una barista dai corti capelli rossi che si aggirava fra i tavoli come un’ape impazzita e che, di sicuro, riscuoteva meno successo in campo maschile rispetto ad una Lindsay Moore. Per farla breve, si rese conto di come lei fosse una specie di casalinga disperata mentre Lin svettava in un calendario di Playboy nello studio del marito, ecco.

-Oh, mio— udì un verso strozzato provenire dall’altro capo del telefono, poi la sua risata gioviale, un suono così cristallino da sbaragliare per un istante la sua rabbia. Diamine, era decisamente uno spettacolo quel ragazzo; peccato non poterlo vedere in quel momento.

Si ridestò, un asciutto –Che c’è da ridere?!- pronunciato con sgarbo, mentre attendeva in desolante silenzio la sua condanna a morte.

-Fujii, mettiamo le cose in chiaro- GD sembrò riprendersi e con tono strascicato, aggiunse –Non me ne frega niente della Moore. La lascio a Top.-

-E allora cosa vuoi da lei?- si grattò la punta del naso schiacciato, non capendo nulla di ciò che stava accadendo. E non era perché la sua voce la trasportava lontano, almeno, non in quel frangente. Lei ce la stava mettendo tutta per capirlo, ma proprio non voleva rendersi più trasparente quel maledetto.

-Voglio che guardi il Go-Show. E qui entri in gioco tu.-

Ma questo è scemo…

-Il Go-Show?- storse il naso –E io cosa c’entro?!-

Un sospiro pesante giunse in risposta, poi la sua voce annoiata –Devi farglielo vedere. A quanto pare, lei non ci guarda. Ho bisogno che lei ci veda.-

Ma che razza di richiesta era?!

-Non vi guarda?-

-Già.-

-Ma perché deve guardarvi?- corrugò la fronte, il mal di testa cominciava a farsi sentire –E poi quand’è?-

-Il sedici.-

-Lavoriamo. Forse.-

-E’ giovedì. Voi non lavorate, giovedì.- staccò il telefono dall’orecchio e lo fissò con gli occhi ridotti a due puntini. Inquietante… Sapeva il calendario dei loro turni a memoria! Volse il volto al proprio calendario su cui, in rosso, svettavano le date di tutti i loro concerti e interviste. Sì, beh, anche lei non scherzava in quanto a stalkeraggio.

Sospirò -Sì, ma, perché?- solo allora si rese conto di quanto tutto quello non andasse, di quanto nella voce di Ji Yong ci fosse troppo trasporto –Che intenzioni hai?-

-Nulla di male.-

-Non vorrai mica-- si bloccò agitando una mano –Non farmi soffrire Lin! Ci ha già pensato il tuo amico!-

-Oh, Top le ha spezzato il cuore?- la sua voce le arrivò sarcastica, come un pugno sul volto –E io che credevo che quella non lo avesse nemmeno.-

-N-no, beh- portò le dita alle labbra; Lin era l’anti-sofferenza in persona, probabilmente il gesto di Top era paragonabile ad una tirata di capelli tra bambini dell’asilo che, impacciatamente, si dimostravano affetto –Non è che sta soffrendo. Cioè, non lo so.- Non sembra, ecco…

Perché, effettivamente, Lindsay non le dava l’idea di una che se la stesse passando così male. In quei mesi, l’unica volta che aveva nominato Top era stato per dirle che era uscita una canzone carina che si intitolava Top of the world. Nh, ok, rettificava, lui non c’entrava granché…

-Credimi, Fujii- la sua voce giunse civettante la portò col sedere sul futon –Dopo tutto questo, le cose cambieranno.- e dal modo in cui l’aveva pronunciato, sembrava quasi in procinto di chiudere la conversazione.

E Ginko, che si sentì quasi cullata in un sogno al pensiero di poter conversare con lui in maniera così normale, si ritrovò a domandargli un pacato –Ma lì, a voi, come sta andando?- a cui seguì silenzio, un silenzio che non riuscì a decifrare. Ma lui non aveva chiuso, perché poteva udire ancora suoni ovattati provenire dall’altra parte.

-Bene. Non male, ecco.-

Ginko sorrise di fronte alla sua risposta, segno che non le avrebbe chiuso il telefono in faccia. Rifocillata da ciò, si mise a gambe incrociate e continuò –E i concerti? Vanno bene?-

-Sì, certo.-

-E com’è il Giappone?-

-Ma cos’è, un terzo grado?-

Ridacchiò di fronte al suo scetticismo –Si chiama conversazione civile, Ji Yong! Non ne hai mai avuta una?-

Silenzio, poi il suo biascicante –No, da un po’- che le fece stringere il cuore in una morsa. A volte si dimenticava che dietro il suo essere leader si nascondeva un comune di ragazzo dalla capacità comunicativa dell’Enigmista di Batman. Comunque, Ginko schiuse le labbra, pronta a lasciarlo andare che le pareva un Pokemon stanco di starsene chiuso nella sua sfera, ma quando meno se lo aspettò, la voce di GD decisamente più pacata, tornò a bearle l’orecchio –E a te?-

-Ahm, sì, t-tutto bene.- biascicò incerta, coprendosi il volto rosso con una mano. Ah, proprio non ci sapeva fare con i ragazzi.

-Ri sarà contento- Perché, tu no?! –Credo che passeremo a trovarvi, tornati a casa. Certo, sempre che Seung-Hyun non decida di uccidersi.-

Rise a quell’eventualità. Poi si corrucciò, che solo le brutte persone ridono delle disgrazie altrui. Ad ogni modo, Ginko si fece bastare quello striminzito scambio di battute, già al settimo cielo per il semplice fatto che GD si fosse interessato alla sua salute fisica, giacché quella mentale era andata a farsi benedire –Senti, ma per l’intervista- tornò sull’argomento chiave –Sicuro che non succederà niente?-

-E chi lo sa?- storse il naso –Ma fidati. Un giorno, ci ringrazieranno- corrugò la fronte e aggrottò le sopracciglia, conscia di non aver capito niente di niente –Beh, ora devo andare.-

-B-buon lavoro, eh!- sollevò un braccio in aria –Fighting! Mi raccomando!-

Udì la sua risata svagata -Fujji- la chiamò piano e a lei parve che stesse sorridendo –Conto su di te.- poi il silenzio.

Si lasciò cadere sul futon, le braccia aperte e lo sguardo perso sul soffitto. Un sorriso spuntò. Non sapeva che diamine sarebbe successo quel sedici gennaio, ma per un istante non le importò. A GD non interessava Lindsay e questa certezza la rincuorò un poco.

Sghignazzò mentre stringeva il cuscino…

-Alla fine del video, il pistolero e il cactus si fidanzano.-

Il cactus stava avendo la meglio.

 

 

*****
 

 

Un buon odore di the alla pesca l’avvolse, mischiandosi a quello di the verde proveniente dalla sua tazza. La tv accesa le faceva da sottofondo mentre una Seoul in pieno movimento, fuori dalla finestra, la fece sentire nuovamente a casa.

-Ahia! Il mio mignolo!- e Ginko, con la sua solita bambinesca giovialità, l’aiutava a lasciarsi alle spalle NY e una Emily decisamente meno riconoscibile delle altre volte. Lasciarla sulla soglia di casa era stato quasi difficile, anche se non impossibile. Ma quando aveva udito il chiudersi della porta alle spalle prima di uno sfiancato Il taxi ti aspetta. Fai in fretta., beh, allora scendere le scale del palazzo non era poi stato così tremendo.

Scosse il capo quando vide Ginko saltellare su di un piede mentre enormi lacrimoni scendevano sulle sue guance. La barista l’aveva invitata a casa perché Ehi, mi devi raccontare tutto quello che hai fatto!, cosa che ovviamente le aveva fatto venire l’orticaria. Ma grazie al cielo, l’amica l’aveva fatta parlare poco o niente come suo solito, quindi per il momento, le domande scomode erano state evitate.

Guardò il salotto immerso nel buio.

Le parve di essere tornata mocciosa, quando andava a casa dell’amichetta di turno per i classici Sleepover che, all’età di tredici anni, aveva deciso di abbandonare che proprio di parlare di ragazzi non aveva voglia.

E ora, all’età di ventidue anni suonati, si ritrovava seduta a gambe incrociate su di un cuscino bordeaux, dietro un basso tavolino su cui svettavano sacchetti di patatine, ciotole colme di biscotti, bottiglie di Coca Cola e pile di cartacce, già con indosso la felpa dei Rolling Stones rubata a uno che aveva frequentato, che fungeva da pigiama. Alle dieci di sera. Quando il mondo là fuori si stava svegliando…

-OhMamma è tardi! È tardi! Ora inizia!-

Con l’immagine raccapricciante di una Ginko in fermento che, bigodini in testa e zampettante sui talloni per non rovinare lo smalto sulle unghie e ancora con il mignolo urlante per lo scontro ravvicinato con un comodino bastardo, si tuffò in picchiata di fianco a lei.

-Spiegami ancora cosa ci faccio qui.- sbottò mentre quella faceva zapping, il volto interamente concentrato nella ricerca del canale giusto.

-Sei qui per vedere la tele e dormire!- trillò seria, quasi non avesse colto l’ironia della sua voce.

Lin morsicò l’interno delle guance mentre andava a massaggiare le tempie –Lo so. Ma non dovremmo guardare un film?-

Ginko le rivolse uno sguardo allucinato, nemmeno avesse detto una blasfemia –Con i Big Bang in tele?!- agitò il telecomando –Blasfema!- Appunto.

-Ma non mi va di vederli.-

-Casa mia, programmi miei- sciorinò spiccia, facendola sonoramente sbuffare mentre guardava il soffitto –Oh, eccoli!- trillò felice, battendo le mani prima di indicare la tele –Ma quanto è figo GD?!-

E Lin, mezzo sorriso sul volto, tornò a guardare la tele. E, forse, sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto.

 

-Oh, mamma— l’intervistatrice si avvicinò –Certo che si proprio bello dal vivo, Top!-

 

L’immagine di Seung-Hyun la destabilizzò per un istante, lasciandola con la tazza di the a mezz’aria e l’espressione di pura confusione sul viso. Assottigliò gli occhi prima di esalare un incerto –Oh, no- che venne captato da Ginko come chissà quale criptico messaggio d’amore. Perché aveva sventolato le mani mentre tratteneva il respiro, attendendo un seguito che tardava ad arrivare –Si è fatto moro.-

Ginko la guardò corrucciata –Non ti piace?-

-Nh, ora come potrò prenderlo per il culo?- il tonfo sordo della fronte di Ginko che sbatté sul tavolo, non la fermò dal procedere con la propria, logica spiegazione –Non prendi per il culo un che ha i capelli del tuo stesso colore.-

-Non dovevi prenderlo in giro nemmeno prima!-

-Ma aveva i capelli turchesi- Ginko le fece la linguaccia, decantando le innate qualità del ragazzo che, subito dopo, vennero sommerse dalla miriadi di difetti che era riuscita a tirare fuori dal cilindro di cazzate senza che lei nemmeno avesse proferito parola. E un po’ si sentì intenerita dal senso di protezione che le parole veloci di Ginko le stavano donando. Come due bambine di cinque anni che insultano il bambino carino che ha rifiutato una loro avance -Però non gli stanno male, così.- mormorò assorta, lo sguardo rivolto alla tele. E perso completamente sul suo primo piano del rapper.

Erano passati due mesi, eppure le parve un’infinità di tempo dacché i suoi occhi avevano avuto il piacere di posarsi sulla mascolinità del suo viso, accentuata ora dai capelli di un colore nero chiaro che gli conferivano un’aria più matura, meno adolescenziale di quel menta che, ammise a sé stessa, le sarebbe mancato. Gli occhi scuri taglienti si scontrarono per una frazione di secondo con la telecamera e a lei parve di venir perforata da parte a parte, riconoscendovi quello stesso sguardo che le aveva lanciato prima di lasciarla uscire dalla sua macchina.

-Non ti è mancato?- la voce assorta di Ginko, viso rivolto alla tele, un barlume di sorriso ogni volta che la telecamera inquadrava JiYongLoStronzo, la riportò col sedere sul cuscino.

-Nah.-

-Come Nah?!-

Indicò con il pollice la finestra dietro sé –Seoul è tappezzata di sue foto.- come poteva mancarle qualcuno che, per cause avverse, continuava a tener viva la propria presenza? Che poi, non è che da quei cartelloni pubblicitari spiccasse la sua essenza eh, non era così psicopatica, ma in qualche modo era come averlo sempre alle calcagna. Inquietante, ora che ci pensava.

-Ma non è la stessa cosa!- berciò l’altra, mugugnando quanto poco romantica fosse –Però sono vestiti bene.-

-Il loro sarto chi è: il Joker di Batman?-

-Perfida! Sono solo eccentrici, tutto qua!-

-Sì, certo.- no, dai, quelle giacche sgargianti erano un pugno per i suoi occhi pesanti e stanchi.

Lin, alla fine, decise di ammutolirsi e crogiolarsi nella noia, che tanto quella psicopatica di Ginko continuava a zittirla con gesti secchi, arrivando anche a darle manate sul braccio pur di udire la sola voce dei suoi amati aleggiare nell’aria.

E Lin, in tutta quella matassa di idiozia, si chiese cosa diamine ci facesse nella gabbia di una fangirl in preda ad una crisi di astinenza da Big Bang. Perché quella Ginko che si dimenava come una forsennata la stava parecchio spaventando, quando cantava le canzoni in sottofondo sembrava una psicolabile fuggita dal manicomio e quegli urletti striduli che lanciava quando Ji Yong si esprimeva in tutta la sua cretineria, le stavano perforando le orecchie. Oltre che al cervello, eh.

 

-Oh, quindi nessuno di voi ha la ragazza?-

Un coro di –No.- si levò tra le fila dei Big Bang.

 

Ginko esultò a quella notizia. Lin imprecò. Ma che palle! Queste interviste erano tutte uguali.

Ma ci fu un momento, più o meno a metà intervista, in cui l’atmosfera nello studio cambiò e, volente o nolente, lei stessa si ritrovò ad ascoltare partecipe il mucchio di assurdità che l’intervistatrice andava sparando…

 

-Hyung, non si dicono le bugie.- e la voce di Ji Yong, melliflua e delusa, che sovrastò il chiacchiericcio in sala.

-Ji Yong!- starnazzò Dae, perforandolo con lo sguardo mezzo chiuso.

-Ma che vai dicendo?!- Seung-Hyun lo fissò arcigno –Non c’è nessuna!-

 

L’intervistatrice prese la palla al balzo; non paga di aver torturato un povero Taeyang riverso sulla sedia per la sua situazione cronica da single, volse lo sguardo colmo di curiosità in direzione di un Seung-Hyun conficcato sulla sedia, come se avesse captato il pericolo imminente.

 

-Oh, quindi Top- si sporse dalla scrivania dietro la quale era seduta, insieme ad altri comici. -C’è qualcuna che ti piace?- gli occhi scuri di Seung-Hyun si  allargarono, segno che un tasto dolente era appena stato premuto.

 

Ma davvero quella si aspettava una risposta da parte sua? Come se un idol andasse a spifferare i fatti propri con nonchalance. Nessuno sano di mente avrebbe mai dato voce ad una domanda così stupida…


 

-Certo che c’è!-


 

Ah, già, dimenticava che c’era Ri, lì in mezzo.

A quell’intervento urlato mentre balzava sulla poltrona rossa, ricevendo l’occhiata bieca di un Top che, oltre lo schermo, le sembrava un Pikachu nelle mani del Team Rocket, Ginko squittì –Sta parlando di te!-

-Ma per favore.-

-Oh, non essere cieca!-

-Disse Ray Charles.-

-Questa era pessima- agitò l’indice –E poi lo sai benissimo che sta parlando di te!-

-Ma non lo odiavi?- arcuò un sopracciglio.

Ginko balbettò, poi sventolò le mani –Tu non capisci niente!-

Lin per tutta risposta guardò il soffitto, pregando che un'astronave aliena decidesse di passare là e trascinarla via, magari dicendole Il nostro pianeta ha bisogno di te!, ma gli alieni erano come l’amore: non esistevano. E mentre lasciava che Ginko insultasse un Seung-Hyun visibilmente desideroso di andarsene, Lin appiattì la schiena contro il divano. Come disilludere la sua amica spiegandole che, in quei due mesi, il ragazzo aveva sicuramente avuto tante ragazze proprio come lei aveva avuto un mucchio di prestanti giovani? La guardò di sottecchi; no, non glielo avrebbe confessato. Sarebbe morta sul colpo.

-OhMioDioJiYongMaQuantoSeiBello? Oh, respira Ginko, respira!- sempre che lo sguardo suadente di Ji Yong oltre lo schermo non l’avesse accoppata prima, ovvio –Tu non lo trovi stupendo?!- un paio di occhi brillanti la abbagliarono e Lin, che ci teneva alla propria sanità mentale, si alzò in piedi.

-Sì, come un Picasso.-

-Tu hai il gusto dell’orrido!- rimbrottò asciutta, lasciando che un sospiro trasognato si spargesse nella stanza scarsamente illuminata. Lin scosse la nuca, divertita dalla sua isteria dilagante quando si trattava di quel debosciato. Ginko le sembrò Minji, mentre la scrutava appoggiata alla dispensa, la tazza nuovamente riempita di the caldo fra le mani gelide. Ricordava ancora che, appena rincasata da New York, la bambina le si era aggrappata alle gambe e, trascinandola a vedere la Bella e la Bestia in salotto, le aveva raccontato di un certo Kim Jin che le aveva sollevato la gonna della divisa. Bah…

 

SeungRi dice che qualcuna ti sta facendo perdere la testa!- la commentatrice gli lanciò un’occhiata curiosa mentre il pubblico si lasciava andare a grida di sconforto
 
 

Lindsay sbuffò al suono di -Lui vede solo Lindsay!- cavallo di battaglia della Fujii.
 

-Non c’è nessuna.- si limitò a biascicare il ragazzo, deglutendo mentre la giornalista scuoteva la nuca.

-Solitamente reciti meglio- gli strappò una risata –Andiamo, chi è la fortunata? Puoi non dirci il nome, ma almeno un indizio puoi darcelo!-

Seung-Hyun sembrava a disagio, stringeva le labbra e cercava di sfuggire allo sguardo incuriosito e attento dell’intervistatrice. Dopo qualche secondo e qualche pacca sulla spalla da parte di un divertito GD, il ragazzo si decise a parlare –E’ solo un’amica.-

-Allora c’è qualcuna!- saltò l’uomo di fianco a lei mentre le urla di sconforto aumentavano.

 

Lin rivolse un’occhiata esasperata quando vide Ginko trinciarla con la forza del proprio sguardo nascosto dalle lenti spesse degli occhiali.
 

-Sì, ma è un’amica. Niente di più.-

La donna lo ignorò -Oh, e dove l’hai conosciuta?-

-In giro.-

-In giro?-

 

Lin buttò la testa all’indietro, lo sguardo rivolto al soffitto con sottofondo il chiacchiericcio del pubblico, i gracidii di Ginko e i propri pensieri, turbinanti. Chissà che sembianze aveva questa fantomatica ragazza che stava rendendo Seung-Hyun carne da macello. Probabilmente era una strafiga in stile Park Bom, la classica bambolina fragile che rapiva il cuore dei malcapitati; o magari era una ragazza dell’alta società che ben si accostava ai suoi modi fini e gentili. O magari era una matura donna d’affari che lo aveva scelto come valvola di sfogo per sfuggire ad un matrimonio che non l’appagava più come quando aveva vent’anni e credeva che nella sua vita contasse solo quello.
 

-Non è nessuna di importante.-

-Non dire che non è importante!- lo rimproverò Dae. -Ci hai detto tu che ti piace!-

Si voltò, allucinato -Ma vi siete messi d’accordo?!-
 

Qualsiasi fosse stata, doveva essere davvero speciale per essere riuscita ad accalappiarsi le attenzioni di un idol del suo calibro. Di sicuro, il loro incontro non sarebbe sicuramente avvenuto con lanci di Coca Cola in un locale dove le ballerine indossavano abiti di dubbio gusto; probabilmente aveva partecipato a qualche festa di gala e ne era rimasto fulminato. Sorrise. Un problema in meno le stava facendo Ciao ciao con la manina: se Seung-Hyun si trovava una brava ragazza, non avrebbero mai dovuto parlare del loro bacio.

 

-Oh, quindi ti piace!- la donna sventolò una mano, interrompendo un Seung-Hyun che farfugliò un arrendevole Sì, ma--, prima di sporgersi ancora –E dove l'hai conosciuta?!-

-Ma l’ho detto. L’ho conosciuta in giro.-
 

Magari si sarebbe presentato al Tribeca con il braccio sulla vita di questa ragazza, presentandogliela con un ampio sorriso colmo di felicità. Lei gli avrebbe solamente detto di aver sopperito la propria attrazione per lui nel letto di un mucchio di ragazzi, a NY. Anzi, no, non glielo avrebbe detto. Sarebbe parsa una scema che lo aveva pensato notte e giorno quando, a ben vedere, lui era stato un pensiero fra tanti. Solo un pensiero, né più né meno.


 

-E non puoi dirci dove?- insistette la donna, alimentando la curiosità delle fan.

Top si ammutolì, scuotendo la nuca.


 

Quindi, tutto si sarebbe dovuto concludere in siffatta maniera. Che calasse il sipario sul suo volto mascolino, che le telecamere si spostassero su altri membri del gruppo. Che calasse il sipario su loro due, che erano stati un bruttissimo film di serie Z, senza alcunché di interessante da raccontare, non più …

 

-Lei ballava sui tavoli!-

 

O, forse, di cose da dire ce n’erano ancora, visto che Ri aveva appena dato il via alla scena madre.

Crack!

Qualcosa doveva essersi spezzato nel suo cervello, qualche filo conduttore che le permettesse di pensare e ragionare…

-Ah, la mia tazza!-

O forse era la tazza di Ginko che le era scappata dalle mani.

Ma che cazzo…?

-Lin, non stai bene?- la ragazzina la guardò preoccupata, poi si lasciò catturare dalle urla in sala.

 

Dae agitò l’indice –E lanciava Coca Cola.-

-E i libri.- soggiunse Tae, giusto per uscire dal coma in cui era caduto.

La voce di Ji Yong, divertita -Non c’è nulla di più romantico che ricevere Guerra e Pace sul naso.-

-Era Harry Potter!- berciò Seung-Hyun, coprendosi poi il volto con le mani mentre i ragazzi sorridevano estasiati.


 

L’urlo di stupore e prolungato di Ginko le perforò il cervello. Le parole di SeungRi, Dae e Tae le squarciarono il petto. E quelle di Ji Yong servirono solo a darle il colpo di grazia. E lo sguardo di sconforto che Top lanciò alla telecamera prima che calasse il sipario, le fece perdere un battito di troppo.

-Ma sei tu! Lin sei tu! Gli piaci! OhMioDio gli piaci!- Ginko saltò -Tu piaci a Top! Non è fantastico?!-

-Cazzo, no.- si lasciò sfuggire amara, stropicciandosi il volto.


 

E lei che credeva che il sipario sarebbe calato anche su loro due.

 

 

 

 

A Vip’s corner (la vendetta):

First pseudo sex scene badly written (ma veramente badly) … Dribblata agilmente ♥

Non mi dilungo sul sogno di Seung-Hyun. Fa schifo, punto. Ora andiamo avanti :D

Ooooh, ultimo capitolo imbuto… Complete! Ho cercato di renderlo il meno noioso possibile, spero di esserci riuscita. E parlando di questo capitolo… Sono commossa, sapete? Cioè, questa frase: -Lei ballava sui tavoli!-, è stata la prima in assoluto che ho abbozzato quando ho cominciato a scrivere questa long. Sapevo che doveva dirla SeungRi, che doveva dirla in un’intervista e che dall’altra parte un’anonima doveva riceverla. E sapevo che doveva dare il vero via a tutto.

Quindi, in breve, ringraziamo il nostro maknae. Senza di lui, Something non sarebbe mai nata

A tal proposito, l’intervista ho preferito scriverla con un font diverso perché altrimenti veniva fuori un macello. Non che così sia migliore, ma spero di aver reso l’idea :)

Non mi dilungo oltre che già l’inizio è stato bello pesante xD Spero solo di non avervi disilluse o peggio, fatto venire in testa strane idee :/ Vi lascio però con una bella notizia (no, non riesco a focalizzarmi su di un punto solo -.-): la lontananza è finita e al prossimo si rincontrano ♥ Magari non ve ne frega niente, ma a me rende felice il pensiero che questo branco di scemi si riveda *-*

Vi lascio ai miei ringraziamenti, segno che questa torturante logorrea sta per concludersi: a Fran_Hatake, Myuzu, hottina, Mion_GD, YB_Moon, Appler_Girl, lallinachan e Yuna_and_Tidus va il mio amore smisurato ♥ You make my days, sappiatelo ♥ Perché potreste leggere e poi premere sulla X rossa. Invece mi dite sempre cosa ne pensate *-*

Ringrazio di cuore chi ha inserito la storia fra le seguite/ricordate/preferite e chi legge in silenzio; mi rendete felici anche solo aprendo la pagina del capitolo ♥

Alla prossima (perdonate eventuali orrori grammaticali e lo schifo di capitolo ^^)!

Heaven.
 

P.S.: *Zona Contaminata della Capitale: OhMioDio ho citato Fallout 3! Che gioco pazzesco ♥ (Sì, la vostra Heaven gioca con gli spara-spara D:)

   
 
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