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Autore: Cherry_Blossom    28/10/2012    2 recensioni
E per una volta, aveva desiderato di sentirsi appagata. Faceva di tutto per sembrare perfetta, impeccabile, e quali erano i risultati? Essere ignorata, sentirsi dire “avresti potuto fare di meglio, orsacchiotta. Ti saresti potuta impegnare di più.”
Per una volta, aveva desiderato soddisfarsi con le proprie mani, sporcare quell'animo così nobile e gentile e renderlo finalmente imperfetto.
Bill ignorava che la belva era cresciuta dentro di lei, anno dopo anno.
Ma, d'altronde, conosceva davvero sua figlia?
Genere: Drammatico, Fantasy, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Weasley, Fleur Delacour, Minerva McGranitt, Victorie Weasley | Coppie: Bill/Fleur, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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“La (im)perfectiòn de la bête.”
 

Est impossìble”, sussurrò Fleur con un filo di voce.
Bill non ebbe nemmeno la forza di aggiungere altro. Semplicemente, credeva tutto ciò un'assurdità. La professoressa McGranitt lì guardò, comprensiva, ma d'altronde... Lei sapeva come si sentivano? Gli occhi della donna d'origine francese erano lucidi, e se non era ancora scoppiata in lacrime probabilmente era solo per la presenza della preside. Forse si sbagliava, Minerva. Forse per la prima volta nella sua vita stava commettendo un errore, perché doveva esserci un malinteso. Perché la ragazza di cui la preside aveva accennato non era sua figlia. Non poteva esserlo.
Mi dispiace” il tono della professoressa era tanto potente, quanto compassionevole. Come poteva quella donna racchiudere tante emozioni in sé, contemporaneamente? Fleur boccheggiò, lanciando una rapida occhiata al marito. Da un momento all'altro, sarebbe scoppiato.
“Neanche io l'avrei mai creduto, sono stupita quanto voi, Bill” la voce della donna, che aveva proseguito a parlare, lo ridestò dai propri pensieri. Aveva ripercorso varie tappe della propria vita, rivisto scene che mai più si sarebbero ripetute. E tutto gli sembrò ancora più assurdo. Ricordò quel lontano due Maggio del duemila, quando ebbe la più grande gioia della sua vita. Ricordò quanto bella fosse Fleur in quel momento, molto più di qualsiasi altra volta i suoi occhi si fossero posati su di lei. Sorrideva, e stringeva tra le braccia un tenero fagottino. Gli si avvicinò cautamente, dato che sembrava essersi appena svegliata. Aveva qualche lieve - se non invisibile - ciuffo biondo sulla piccola testolina, e delle mani ancora più piccole, specialmente se messe a paragone con le proprie. La piccola strinse un dito del padre con la propria manina. Bill era certo già in quel momento che mai avrebbe dimenticato quel giorno, quello in cui aveva ricevuto la sua vittoria personale. E si era sentito felice. Si era sentito completo.
“William.” La voce di sua moglie parve spezzata. Era certo che stesse per scoppiare in lacrime, ma lui non aveva voglia di parlare. Non aveva voglia di sentirsi dire che sua figlia, la sua bambina, fosse davvero capace di un tale gesto. Ricordò quando a due anni compì la prima magia, facendo levitare un barattolo di biscotti con gocce di cioccolato da poter mangiare con Ted. Ricordò quando le raccontava storie, quando la guardava librarsi in aria su di un'altalena. Quando gli fece vedere cosa aveva imparato alle lezioni di pattinaggio, e quel primo Settembre del duemilaundici, quando un pezzo del suo cuore era partito con l'Hogwarts Express, e lei gli aveva sorriso rassicurante, con quegli occhi che sembravano volessero dirgli “tranquillo, papino, tornerò presto.” Non poteva credere che quella ragazza, quella che per lui era ancora una bambina benché avesse diciassette anni, così pura, così leale e solare, con quei sorrisi meravigliosi, quella ragazza i cui occhi si illuminavano quando vedeva un paio di pattini, o una scopa, o scopriva di aver preso un'ennesima E ad un compito, potesse aver compiuto un simile atto. E poi lo vedeva nei suoi occhi. Trasparenti, innocenti. Erano i punti su cui si era anche basato Ted quando lo aveva affrontato e gli aveva rivelato di essere innamorato della sua primogenita, dei suoi occhi, dei suoi sorrisi.
Era così diversa da Dominique. Vic, la sua Vic era semplice, era tutto quel che si potesse desiderare da una figlia, e da una donna. Era perfetta sotto ogni punto di vista. Mai in vita sua l'aveva deluso.
“No” aveva detto, deciso.
Ma lui aveva visto l'orrore negli occhi della professoressa McGranitt mentre gli narrava ciò che era avvenuto. Aveva visto quanto fosse sicura, quanto ne fosse certa. Ma lui avrebbe creduto a sua figlia, in ogni caso.
Non immaginava quanto la sua bambina si fosse sentita insicura, quanto avesse desiderato essere come Dominique e, perché no?, anche come Louis. Non l'aveva vista piangere nel bagno mentre avrebbe dovuto avere il pomeriggio libero; non l'aveva mai vista distrutta, benché lo fosse di continuo. Ma, d'altronde, non era stato l'unico cieco. Perché Victoire sorrideva in continuazione. Sorrideva a Ted, quando la baciava, quando l'abbracciava, quando era convinto che tutto andasse bene. Sorrideva ad Albus, quando gli spiegava qualche argomento che non aveva capito, benché lei avesse già passato da diversi anni quella tappa. Sorrideva a James, quando lui le consigliava qualche nuova tattica, ignorando il fatto che la cugina fosse molto più pratica di lui. Sorrideva a Lily e Rose, quando le chiedevano timidamente di farsi raccontare qualche storia; di vedere qualche film insieme. Sorrideva al suo Lou, quando cercava di fare qualche battuta che nessuno prendeva sul serio. Sorrideva a Rox, quando era stanca, quando si ritrovava in qualche situazione poco piacevole. Sorrideva a Fred, quando ne combinava una delle sue e lei era costretta a risolvere la situazione. Sorrideva ai suoi amici, ai suoi compagni di Casa e di squadra, al suo ragazzo, ai cugini, ai professori, alla preside e perfino a fantasmi, elfi, e creature di ogni tipo. Ed, infine, sorrideva a Dominique, quando la vedeva così libera, così indipendente, quando la invidiava e desiderava essere come lei. Essere come la sua Domi.
E per una volta, aveva desiderato di sentirsi appagata. Faceva di tutto per sembrare perfetta, impeccabile, e quali erano stati i risultati? Essere ignorata, sentirsi dire “avresti potuto fare di meglio, orsacchiotta. Ti saresti potuta impegnare di più.”
Per una volta, aveva desiderato soddisfarsi con le proprie mani. Sporcare quell'animo così nobile e gentile e renderlo finalmente imperfetto.
Bill ignorava che la belva era cresciuta dentro di lei, anno dopo anno.
Ma, d'altronde, conosceva davvero sua figlia?
  
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