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Autore: Martunza    13/05/2007    1 recensioni
Come ci si sente a non avere niente? Come ci si sente a essere soli? Come ci si sente di notte,quando non si riesce a dormire e non si ha nulla,neanche un ricordo cui aggrapparsi? ...E come ci si sente dopo aver trovato qualcuno? Questa è la storia di due ragazzi soli,che si sono trovati davanti a un vicolo cieco. Che a nessuno di voi capiti mai una cosa simile...
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Silvia:
Il locale stava cominciando ad affollarsi. Lo si capiva non solo dal fatto che per parlare Silvia doveva urlare,ma anche perché era notevolmente aumentata la cappa di fumo nel piccolo locale.
Silvia buttò giù senza troppi sforzi anche l’ultimo sorso di birra presente nel bicchiere. Il quarto per la precisione,o forse il quinto. Non ne era più tanto sicura. Davide le diede una spinta:"Stai bene?Sei pallida…"disse."Pallida come sempre."Pensò Silvia,incurante del fatto che le girava parecchio la testa e che aveva una forte nausea.
Pensò che una sigaretta le avrebbe fatto bene e l’avrebbe aiutata a rilassarsi. Ne accese una e diede un tiro,ah,si,molto meglio.
"Silvia,ma questa sarà la ventesima che fumi!Basta!!"urlò Davide. Silvia si voltò lentamente,come se ci fosse stato qualcosa che le avesse dato incredibilmente fastidio,e che lei non potesse capacitarsi della sua esistenza. Guardò Davide con disprezzo e disse:"ma se tu fumi più di me!Zitto và!!". Silvia si girò seccata.Le dava fastidio il fatto che Davide le prestasse così tante attenzioni,e poi non capiva dove fosse il problema,fumava da quando aveva dodici anni,e comunque quella sera non aveva fumato più di altre sere quindi…
No.In realtà Silvia sapeva qual ‘era il problema. Il problema era che ultimamente Davide stava manifestando in maniera sempre più evidente il proprio interesse per Silia,interesse che andava oltre la semplice amicizia.E questo a Silvia non piaceva.In realtà a Silvia non piacevano parecchie cose,ma soprattutto non le piaceva nessun tipo di vincolo,di qualsiasi genere. Specie poi se riguardava i ragazzi. La parola "noi" era troppo grande,troppo seria per una come lei.
Anche perché se si parlava di noi,si comprometteva anche un'altra persona,una persona che avrebbe sempre preteso il massimo da lei. Silvia fece un sorrisetto beffardo tra se e se. Non avrebbe mai potuto. Mai.Silvia era sempre stata sola. Certo,c’erano i ragazzi della compagnia,ma nessuno di loro era veramente un amico.Silvia era una persona malinconica e solitaria per natura,non aveva mai veramente sentito il bisogno di rapportarsi seriamente ad altre persone.Ecco perché Davide con lei stava solo perdendo tempo.A Silvia un po’ dispiaceva per lui,in fondo era un bravo ragazzo e lei gli voleva bene,ma non ci sarebbe mai potuto essere niente.
A scrollarla dal suo stato di trance ci pensò la sigaretta,che nel frattempo si era consumata,e che le aveva bruciato il dito. Silvia affondò la sigaretta nel posacenere,e buttò un occhio all’orologio:le 2:30. Dato che il mal di testa si era un po’ calmato,come la nausea,Silvia decise che dopo quattro o cinque birre,e dopo una ventina di sigarette,la serata poteva dichiararsi conclusa. Salutò tutti con un bacio sulla guancia,tranne Davide,che si dovette accontentare di un ciao distratto e infermo con la mano,e si incamminò verso l’uscita.
Fuori faceva parecchio freddo.Dopo essere stata tutta la sera nel pub pigiata fra Davide e Flavia con tutto il resto della compagnia a ubriacarsi e a fumare deprimendosi,come ogni sabato sera ormai,adesso essere là fuori al freddo completamente sola non era una bella prospettiva.
Anche se conosceva quel vicolo a memoria,era proprio li che aveva mosso i primi passi,dato il primo bacio,e vomitato la prima volta dopo una sbronza,sapeva che non era un posto consigliabile da frequentare il sabato sera tardi,da sola:era il caso di sbrigarsi.Accelerò il passo anche se era ripreso il dolore alla testa e la nausea,e fu costretta a fermarsi e ad appoggiarsi ad un muro per riprendersi un attimo. Fu in quel momento che sentì una voce sommessa,la voce di un ubriaco,che le chiedeva se aveva una sigaretta. Per lo spavento Silvia fece un salto che per un attimo la fece vacillare,ma riprese quasi subito il controllo. Scosse la testa e biascicò un no.
Ricominciò a camminare,anche se più lentamente. Senti di nuovo quella voce dietro di lei,ma ora molto più vicina,l’uomo si era alzato e le stava dietro. Silvia si girò più velocemente possibile, ma mai abbastanza in tempo per rendersi conto di quello che stava succedendo:in un attimo l’uomo le era saltato addosso e l’aveva buttata a terra. Silvia cercò di divincolarsi,ma lui la teneva ben salda ed era molto più grande di lei.Tenendola ferma con un braccio,con l’altro cercò di strapparle la gonna,Silvia cominciò a tirare calci più forte che poteva e a urlare ma non servi a niente…
Chi mai l’avrebbe sentita?Era troppo lontana dal pub ormai…Che poteva fare? Silvia serrò gli occhi e strinse i denti. Qualsiasi cosa sarebbe successa,pregò un Dio in cui non credeva di farla succedere in fretta,e con il meno dolore possibile. Poi si impose di non aprire gli occhi per nessun motivo,ma soprattutto,Silvia non avrebbe pianto."Forza bastardo,-pensò- io sono pronta".

Andrea:
Andrea era esausto. Era dalle 7 di sera che serviva ai tavoli e al bancone e cadeva veramente a terra per la stanchezza. In teoria il suo turno era finito alle 12,così da poter essere a casa per le 12:30,e invece eccolo ancora li alle 2 di notte passate,a sgobbare per cosa poi? Perché quel demente di Fulvio- il suo capo –aveva detto che si aspettava parecchia gente quella sera e che quindi gli serviva tutto l’aiuto possibile. Ora finalmente,alle 2:30 passate di notte,Fulvio aveva fatto un cenno frettoloso con la mano a Andrea,poteva andare.
"Naturalmente già che ci sei sono sicuro che non vedrai l’ora di portare fuori la spazzatura…"aveva detto Fulvio.Tipico. Andrea era troppo stanco per ribattere qualcosa,così si limitò ad andare nel ripostiglio dove lasciò il grembiule e riprese le sue poche cose,salutò rapidamente tutti e,con la spazzatura in mano,chiaro,si avviò alla porta.
Era fuori. Era libero. Questa era la parte della sera che sicuramente Andrea amava di più:era un piccolo momento veramente solo suo,un momento in cui niente e nessuno poteva dirgli quello che doveva fare,c’era solo lui. La notte era sua. E Andrea non poté fare a meno di notare che nonostante la notte fosse sua,lui non era ancora capace di regolare la temperatura,e adesso con un solo maglione addosso più che felice e libero si sentiva solo infreddolito. Nel frattempo però era arrivato ai bidoni della spazzatura,dove tirò con un lancio particolarmente riuscito la spazzatura dritta nel secchio. Soddisfatto del risultato,si incamminò verso la strada di casa.
Fu in quel momento che Andrea sentì qualcosa,provò due sensazioni contemporaneamente,anche se tutte due completamente diverse:la prima sensazione fu quella di sentire delle voci nell’ombra,voci che avrebbe preferito non sentire,e la seconda sensazione fu semplicemente un brivido lungo la schiena,che però aveva un significato ben preciso:stava per succedere qualcosa,probabilmente qualcosa di brutto. Di nuovo delle voci.
Adesso le sentiva più distintamente,erano un uomo e una donna,forse stavano litigando per il posto letto. Andrea non ne era troppo stupito,in quel quartiere e specie in quei violetti non era affatto strano imbattersi in una situazione del genere,anche se lui era sempre riuscito ad evitarlo accuratamente."Maledizione Fulvio- pensò Andrea –è colpa tua se mi ritrovo in una situazione del genere,grazie tante!".Ancora quelle voci,anche se ormai erano più dei lamenti e dei rumori…forse la stava picchiando? Un urlo sommesso. Ma non sembrava la voce di una donna…più che altro una ragazza…una ragazza?! A questo punto Andrea non poteva più tirarsi indietro,doveva fare qualcosa,doveva.
Ma cosa? Andrea era abbastanza alto,ma anche mingherlino, non ce l’avrebbe mai fatta ad affrontare un adulto,specie se ubriaco. La voce della ragazza non si sentiva più ormai,e Andrea non lo interpretò come un buon segno. Doveva agire,e in fretta,doveva trovare un modo,un qualsiasi modo.Eppure purtroppo più tempo passava e più Andrea veniva preso dal panico,e non pensava più.
Si impose di mantenere la calma e di respirare in modo regolare,fatto questo decise che l’unica cosa da fare era sfruttare il fatto che molto probabilmente quel uomo era ubriaco:se avesse fatto rumore in qualche modo magari l’uomo avrebbe pensato che ci fosse stata la polizia o qualcuno che l’aveva scoperto e sarebbe andato via.Ad Andrea non sembrava un bel piano,anzi,era un piano piuttosto scadente, ma non riusciva a inventarsi niente di meglio. Quindi, raccolse tutta la forza che gli era rimasta,non molta in effetti,e diede un calcio al secchio dell’immondizia.
Fece molto più rumore del previsto,e per un attimo Andrea pensò che sarebbe arrivata davvero la polizia,eppure non successe proprio niente.
Andrea attese,incapace di muovere anche solo un muscolo,gli sembrava come se tutto ciò che lo circondava stesse tenendo il respiro insieme a lui,tutto era fermo. Ad Andrea si gelò il sangue nelle vene. Che era successo? Perché non sentiva più neanche la voce dell’uomo?Come era possibile che l’uomo non avesse sentito il rumore?
Poi Andrea sentì:passi. Qualcuno nell’ombra da dove provenivano le voci si era mosso. Passi affrettati. Andrea spalancò gli occhi e con orrore vide che un uomo stava correndo il più velocemente possibile verso di lui, in una frazione di secondo si spalmò sul muro del vicolo,e l’uomo gli passò davanti senza neanche degnarlo di uno sguardo. Andrea ebbe un flash:ovvio! Era lui l’uomo!!Aveva sentito eccome il rumore ed era scappato!E l’uomo non stava correndo verso di lui perché aveva capito tutto,semplicemente stava cercando di allontanarsi il più possibile da li,convinto che ci fosse chissà chi!Al solo pensiero che un uomo grande e grosso come era quello,avesse paura di uno come lui lo fece scoppiare a ridere. Poi però Andrea si ricordò della ragazza,e si precipitò dove aveva sentito la prima volta le voci per accertarsi che la ragazza fosse almeno in grado di tornare a casa.
Arrivò correndo al vicolo,e ciò che vide gli fece mancare il respiro. La ragazza era morta.

  
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