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Autore: violetsugarplum    29/10/2012    5 recensioni
[Future!Fic] Blaine ha sessantotto anni quando decide di non voler più essere un peso per la famiglia e vede in Villa Liberty il luogo adatto in cui trascorrere gli ultimi momenti della sua esistenza. Non sa ancora che questa sua scelta cambierà la vita di molte persone, soprattutto quella di una sua vecchia conoscenza.
Genere: Angst, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Nuovo personaggio, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Sebastian
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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4
. Sei sempre stato troppo buono


Il mattino successivo Blaine non fu svegliato dall’allegro cinguettio degli usignoli, ma da qualcosa che ricollegò al rumore della pioggia. Dopo aver raggiunto la finestra barcollando ancora un po’ intontito dal sonno, scoprì subito di avere ragione; il cielo era grigio, pieno di grosse nuvole che non promettevano nulla di buono per il resto della giornata.

Rose, che nel frattempo era entrata in camera e aveva appoggiato il vassoio della colazione –succo d’arancia e biscotto al cioccolato- sul comodino, lo scosse dai suoi pensieri.

“Brutto tempo, eh? Per fortuna ieri abbiamo finito tutto. Forse Annie non avrebbe dovuto dare così tanta acqua a quei poveri gerani...”

Blaine, mangiucchiando il biscotto e facendo cadere una quantità indefinita di briciole sul pavimento, diede un’occhiata al cartoncino verde appeso al suo armadio.

“Incontro con la psicologa e nel pomeriggio biblioteca?”

Rose annuì. “La dottoressa Goodman ti chiederà come stanno andando i tuoi primi giorni e non ti costringerà a rispondere a domande che non vuoi. Sei preoccupato?”

“No, no. È che credo di non avere nulla di interessante da raccontarle.”

“Oh, pulcino, credimi. Sono sicura che qualcosa ti verrà in mente. Ora bevi il tuo succo e, quando hai finito di prepararti, vieni in salone ad aspettare il tuo turno.”

Blaine fece quanto detto e si ritrovò presto seduto al tavolo impegnato in una noiosa partita a carte con Annie, Lucille e Frank. Ralph era appena uscito dalla sala accompagnato da un’infermiera quando arrivò Sebastian.

“Blaine?”, domandò appena superata la porta.

“Sono al tavolo con gli altri a giocare a bridge. Ti unisci a noi?”

Blaine lo fissò, senza avere grosse aspettative. E infatti rimase piacevolmente stupito quando Sebastian, nonostante una plateale alzata di spalle, si sedette tra lui e Frank.

“Hai già avuto il tuo colloquio?”, disse ripiegando il bastone e appoggiandoselo sulle gambe.

“No, Ralph è il primo ed è entrato giusto qualche minuto fa. Com’è la dottoressa Goodman?”

“Mmh, non è male per essere una strizzacervelli. Io, comunque, non le dico mai la verità. Non voglio che si faccia gli affari miei.”

“Ma quello è il suo lavoro, Sebastian.”

Sebastian ridacchiò. “Lo so, ma altrimenti che gusto ci sarebbe?”

Man mano che gli ospiti terminavano il colloquio facevano ritorno nelle loro stanze e Blaine non si sorprese affatto di essere stato lasciato per ultimo. Proprio quando stava per finire un poco avvincente solitario con le carte, fu accompagnato da un’infermiera nello studio della psicologa.

La dottoressa Goodman era bella e giovane, completamente opposta all’immagine che Blaine si era raffigurato nella sua mente.

Dopo le presentazioni di rito, la donna non lo fece sdraiare sul solito divano sempre protagonista di film e serie televisive, ma lo fece accomodare su... “...una poltrona gonfiabile?”, chiese Blaine un po’ interdetto continuando a osservare l’oggetto come se si aspettasse da un momento all’altro di vedere uscire una telecamera nascosta a riprendere lo scherzo.

“Sì, perché? Non ti piace? Dà un un po’ di vita a questa stanza così smorta. Accomodati, dai.”

Blaine si sedette con lentezza, temendo di cadere con la schiena per terra, e si schiarì la voce nervosamente.

“Allora, Blaine. Grazie a queste cartacce,” disse sventolando in aria alcuni fogli dall’aria ufficiale, “So che hai sessantotto anni, sei stato sposato, hai una figlia e ti sei fatto rinchiudere qui di tua spontanea volontà. È corretto?”

Blaine annuì, incapace di aggiungere altro.

“Molto bene. Ora dimmi come ti senti, come ti trovi qui. Ti trovi bene con gli altri ospiti?”

“Sì, sto bene. Sono trascorsi solo due giorni, ma mi piace stare qui. Vado d’accordo anche con gli altri.”

“Anche con Sebastian?”

“Anche con Sebastian,” sorrise incerto. “In realtà non è la prima volta che lo incontro. L’ho conosciuto anni e anni fa, quando andavo al liceo.”

“Lo so, me l’ha raccontato il giorno in cui sei arrivato.”

Blaine ripensò che Sebastian non gli aveva detto di aver incontrato la psicologa, ma decise di lasciar correre. Del resto, c’erano molte cose a cui gli mancava una risposta.

L’incontro fu piacevole e stimolante; la dottoressa Goodman era spigliata e comunicativa, un’attenta ascoltatrice ma anche un’ottima osservatrice.

“Vedo che indossi ancora la fede.”

Blaine portò subito le dita a torturare l’anello, stringendo forte la nocca fin quasi a farsi male.

“Sono vedovo da nove anni,” e continuò, sentendosi in dovere di puntualizzare. “Sono stato sposato con un uomo.”

“Quindi? Guarda che non ci vedo nulla di male. E questo vorrei farlo sapere pure al tuo amico Sebastian che dopo tutti questi anni continua a farmi credere di essere eterosessuale provandoci con me, come anche stamattina. Ma penso che lo faccia solo per farmi incazzare,” scoppiò in una breve risata. “Siccome il nostro incontro sta quasi per finire, facciamo una cosa? Ne parliamo quando te la senti? Che ne dici?”

Blaine riflettè per qualche secondo e fece di sì con la testa, un po’ dispiaciuto per il fatto che il colloquio fosse stato breve ma anche sollevato, perché non si sentiva ancora pronto per parlare di un argomento così pesante e così doloroso.

“Sono contenta che tu stia bene, Blaine. Sei come una boccata d’ossigeno in questo luogo. Qui la vita è monotona e ripetitiva, si fanno le stesse cose ogni giorno e sembra quasi che il tempo non trascorra mai e, se lo fa, nessuno se ne accorge. Ma credo che le cose stiano per cambiare. Forse l’hanno già fatto... E poi ti piace la mia poltrona gonfiabile e non sei caduto, quindi hai guadagnato già cento punti in più oltre alla mia stima.”

Dopo essersi congedati, Blaine tornò in camera ripensando alle parole della dottoressa Goodman. Sedendosi sul letto aspettando il pranzo, comprese perché Sebastian non la trovasse così male. Ci sapeva decisamente fare e sicuramente aveva capito più cose lei in una ventina di minuti che Blaine in tutta la sua adolescenza.

 


Quando nel pomeriggio Blaine entrò scortato da Ralph in biblioteca, Blaine vide subito Sebastian seduto ad un tavolo davanti a un libro aperto.

“Cosa leggi?”, gli domandò sedendosi accanto a lui, guardandolo sfiorare le pagine con la punta delle dita.

“Un libro che è arrivato qualche giorno fa. Ne hanno ordinati un paio anche per me, come se sapessi leggerli. Ci credi se ti dico che dopo tutti questi anni non conosco ancora perfettamente il braille? Confondo sempre alcune lettere.”

“È così difficile?”

“Non lo sarebbe, se l’avessi studiato con più attenzione. Ma, sai, ho sempre pensato di non averne bisogno, no? Perché ero sicuro che prima o poi avrei visto di nuovo.”

Blaine intensificò il suo sguardo sulla mano di Sebastian, ancora impegnata a scorrere i puntini in rilievo.

“Non c’è modo per... Voglio dire, interventi oppure...?”

“No.”

Il tono risoluto di Sebastian non ammetteva repliche e Blaine non disse altro, consapevole del fatto che quell’argomento, per quella volta, poteva essere considerato chiuso. Lo guardò sfogliare distrattamente altre pagine del libro prima di riprendere a parlare.

“Che libro è?”

“’Il piccolo principe’. È il mio libro preferito fin quando ero piccolo. La mia nounou me lo leggeva sempre per farmi addormentare. Lo hai mai letto?”

“Uhm, no.”

Sebastian si morse pensieroso il labbro.

“Io... In camera ho il libro. Scritto normale, non braille. Se ti va, posso prestartelo.”

Blaine rimase sorpreso dall’offerta. Sebastian non sembrava proprio il genere di persona così generoso da dare in prestito le proprie cose, figurarsi qualcosa così personale come il suo libro preferito.

“Oh,” mormorò Blaine. “Grazie, mi piacerebbe.”

Sebastian si girò verso di lui e gli fece un gran sorriso che Blaine ricambiò subito.

“Sono anni che non lo rileggo, ma penso che non abbia perso la sua magia.”

Senza nemmeno pensarci, Blaine si ritrovò ad afferrare la mano di Sebastian che si era fermata su una pagina.

“Vuoi che te lo legga?”, gli chiese cercando di ignorare la piccola fitta nel petto quando aveva visto il sorriso svanire sul volto di Sebastian al suo tocco. “Non mi darebbe disturbo. Così potrei leggerlo e tu potresti ascoltarmi. Non sono un narratore eccezionale, ma Virginie non si è mai lamentata... Forse perché le facevo anche le vocine...”

Lentamente e senza dire una parola, Sebastian fece scivolare via la sua mano da quella di Blaine.

“Non è necessario.”

“Lo so, ma mi farebbe piacere.”

Davvero?”

La mano di Sebastian si mosse leggermente, come se volesse tornare a toccare quella di Blaine, ma rimase sul libro.

“Sì, davvero.”

“Va bene, allora... Allora io vado a prenderlo e poi torno qui, ok?”, chiese Sebastian alzandosi dalla sedia.

“Ti accompagno?”

Blaine si dovette accontentare di un sorriso che interpretò come un assenso.

“La McDillon ha vietato l’ingresso nelle camere tranne ai parenti degli ospiti e al personale medico.” comunicò Sebastian con una finta aria solenne arrivati davanti alla porta della stanza.

“Quindi ti aspetto fuori?”

“Quindi entri. Quando mai ho rispettato le regole?”

Con una grossa risata aprì la porta e Blaine notò che la stanza non era molto diversa dalla sua, se non fosse stato per un mucchio di volumi stipati alla bell'e meglio nella libreria, sul comodino e perfino sul pavimento. Sulla scrivania, anch'essa ingombra di libri, Blaine vide un vaso contenente il fiore che aveva raccolto il giorno precedente e sorrise tra sé e sé.

“Credo che tu stia aspettando delle scuse per il disordine, ma sappi che non le avrai.”, ridacchiò Sebastian mentre soppesava due libri presi sul comodino accanto al letto.

Blaine alzò le spalle. “Mi sorprende che le infermiere non ti dicano niente.”

“Oh, lo fanno, ma le ignoro. Mi sono sempre circondato di libri, tutte le camere in cui ho vissuto erano così.”, disse portando davanti al suo volto un piccolo volume dalla copertina ingiallita dal tempo e dall'usura. “È questo, vero?”

Blaine strizzò gli occhi per riuscire a leggere il titolo. “È proprio lui. Torniamo di là?”

Sebastian non rispose e posò distrattamente l’altro libro sul comodino.

“Quando sono venuto qui sono arrivato con due valigie,” disse sedendosi sul bordo del letto. “Una conteneva i miei vestiti; l’altra, invece, era piena di tutti questi libri.”

Blaine si guardò intorno un’altra volta e rimase in piedi di fronte a lui. Non aveva ancora capito che stava per assistere ad un altro raro momento in cui Sebastian si sentiva in vena di raccontare qualcosa in più di sé.

“Non so ancora perché li abbia portati. Forse, stupidamente, pensavo che qualcuno me li avrebbe letti. Appena entrato in camera, ancora prima di disfare l’altra valigia, li ho messi a posto. Ogni tanto ne prendo uno, lo sfoglio, sento il suo profumo e cerco di riconoscerlo. Ma non ho mai avuto nessuno che mi dicesse se avessi ragione o no. Ti dicevo, ogni stanza in cui ho dormito era sempre piena di libri. Sono gli unici che mi hanno sempre tenuto compagnia nel corso degli anni...”, si fermò per un momento. “Gli unici che non mi hanno mai abbandonato e che non mi hanno mai mentito, mai giudicato.”

“Ma...”, Blaine cercò di interromperlo.

Sebastian lo fermò con un gesto della mano.

“Anche se non parlo molto e praticamente non partecipo a nessuna attività, non mi sento solo. Capisci, Blaine? Sono scontroso, un vecchio rompicoglioni ma qui, in questa stanza, c’è qualcuno che mi aspetta e, anche se non posso vederlo, so che c’è e non mi giudica per quello che sono o quello che ero.”

Blaine fissò i suoi occhi spenti e respinse l’istinto di ribattere perché non voleva iniziare un altro litigio, non adesso che Sebastian sembrava aprirsi senza pressioni.

“Non so cosa ti ricordi di me, di quando eravamo giovani. Sicuramente non hai dimenticato quello che ti ho fatto. Nemmeno io l’ho dimenticato. E mi ricordo benissimo del male che ho causato quando ero solo un ragazzino viziato, troppo pieno di soldi e di sé, sicuro di avere le spalle protette da un padre influente immischiato in qualcosa di grande come la politica. E riesco anche a ricordare quel ragazzo, quello che ha tentato di ammazzarsi...”

Blaine non ricordava né il suo nome né il suo volto, ma capì subito a chi Sebastian si stesse riferendo perché l’accaduto aveva sconvolto la sua classica vita piatta da studente liceale.

“Ecco perché penso che la situazione in cui mi trovo ora sia ciò che mi merito. È quella cosa che chiamano karma, non è vero? Ho cercato il perdono, ho provato a scusarmi, ma nessuno mi hai mai creduto e non posso certo biasimarli.”

“Non penso sia così.” Le parole uscirono dalla bocca di Blaine senza che riuscisse a fermarle.

“Disse quello che non mi diede un’altra possibilità.”

Una risata sarcastica riempì il silenzio della stanza facendo rabbrividire Blaine che, però, decise di sedersi sul letto di fianco all’uomo.

“Sebastian...”

“No, Blaine. Non dire altro. Lasciami parlare.”

Blaine lo guardò di traverso prima di iniziare a tormentarsi ansiosamente la fede al dito.

“Non sono mai stato il figlio, l’alunno, il compagno perfetto. Ho sbagliato tante cose nella mia vita e solo poche volte ho chiesto scusa per il mio comportamento. Ma non è mai stato sufficiente. Forse tu sei stato il primo a cui abbia mai chiesto di essere perdonato. Però ho cercato di andare avanti, di migliorare il mio stupido atteggiamento e forse un po' ci sono riuscito, ma sai quant'è difficile essere buoni in un mondo come questo?”

Sebastian abbassò il viso e lisciò nervosamente il copriletto aspettando una qualsiasi risposta da parte di Blaine.

“L’ho fatto lo stesso giorno in cui mi chiedesti scusa.”

Blaine dovette combattere contro l’urgenza di afferrargli la mano e stringergliela tra le sue. Vide Sebastian mordersi il labbro, probabilmente in cerca di parole giuste.

“Sei sempre stato troppo buono.”

“Lo so, me lo dicono in tanti. Anche Virginie me lo dice sempre.” Blaine sorrise debolmente.

“Perché è la verità.”

Sebastian alzò il volto incontrando quello di Blaine e Blaine avrebbe dato qualunque cosa pur di specchiarsi in quegli occhi color smeraldo che un tempo brillavano sul volto di quel ragazzo allampanato e arrogante, mentre adesso erano sbiaditi, come se il tempo li avesse consumati.

Perdonami, Blaine.”

E Blaine non fece altro che sfiorargli il dorso della mano, mettendo in quel gesto tutte le parole che non aveva potuto dire quel giorno e i successivi cinquant’anni.




Una volta rientrati in biblioteca, si sedettero di nuovo vicini al tavolo. Sebastian aprì lentamente il libro e ne annusò soddisfatto le pagine. Blaine si chiese se stesse ancora pensando a ciò che era successo pochi minuti prima o quali ricordi potessero affollare la sua mente, quando si ritrovò il volume tra le mani.

“Dai, Blaine, incantami.”

Blaine si schiarì la voce sentendosi stranamente nervoso. Guardò Sebastian, che si era appoggiato allo schienale della sedia e aveva chiuso gli occhi in attesa che iniziasse a leggere, e tossì brevemente.

Un tempo lontano, quando avevo sei anni...







Questo è il punto in cui dovrei scrivere qualcosa di forte e memorabile, ma ho la febbre troppo alta per farlo LOL

Quindi preferisco riempire queste righe con qualcosa di interessante. Scrivendo questo capitolo, mi sono informata sulla scrittura braille e mi si è aperto veramente un mondo. Lo sapevate che l'alfabeto braille è stato inventato da un ragazzo sedicenne francese, cieco dall'età di tre anni, alla fine dell'Ottocento? Il suo nome era Louis Braille e da lui, infatti, derivò poi il nome.
Vi lascio con lo
schema dei simboli. In tutto sono solo 64, ma assumono significati diversi a seconda dell'argomento trattato, spaziando dalla matematica alla musica.
Io sto provando a impararlo da autodidatta e mi confondo spesso, proprio come il nostro Sebby :)

Vi ringrazio per seguire la storia con così tanta passione. Mi risollevate un po' il morale che è terra per colpa di questa influenza orribile. Grazie 


-violetsugarplum


  
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