Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Acquamarine_    29/10/2012    3 recensioni
«L'innocenza che un ragazzo della sua età doveva possedere era andata perduta quella sera d'estate, tra un alito di vento e il cantare dei grilli, una sera vestita del sangue delle vittime che avrebbe collezionato, delle grida degli innocenti, del sussurro della donna in nero. Era rimasto solo nella polvere, a rimuginare sui suoi errori, con una bacchetta puntata alla tempia e un sussurro gelato fra le labbra, incapaci di articolare parola. Una tacita richiesta negli occhi, riflessi in quelli azzurri di sua madre.»
Sulle note di Knockin/ on Heaven's Door, di Bob Dylan, una one-shot What?If... su Draco Malfoy e il suo Marchio.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Narcissa Malfoy
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

«Mama, take this badge off of me

I can't use it anymore».

Knockin' on Heaven's Door – Bob Dylan

 

  Osservò il cielo, coperto da una cupa coltre, la stessa che era calata sulla sua vita. Scuro quanto l'inchiostro che gli aveva impresso sul braccio – per sempre – ciò che era. Un codardo, un sottomesso.
  Il Marchio bruciava come fuoco vivo, come la disperazione negli occhi plumbei, un tempo accesi di una luce diversa.
  Moriamo dentro nel momento stesso in cui crediamo di non poter sopravvivere; lui era morto molto tempo prima, quando aveva accettato di farsi marchiare.
  Era una sera d'estate e l'aria era fresca, nonostante la mattinata fosse stata afosa, almeno per i suoi standard. Aveva passato il giorno nella propria camera, a riflettere su ciò che di lì a poche ore sarebbe accaduto: la sua vita sarebbe cambiata per sempre e lui sarebbe stato un Mangiamorte, un seguace di Colui che non deve essere nominato, un nemico del Mondo Magico e di tutto ciò che lo aveva ospitato fino a quel momento.
  In un primo tempo, ne era stato entusiasta; la fame di potere e fama lo avrebbero spinto a fare qualsiasi cosa.
  Aveva passato sei anni della propria vita a cercare di non farsi oscurare dal più celebre Harry Potter, il Bambino che è sopravvissuto, senza successo.
  Ora aveva la possibilità di vendicarsi, di aiutare ad ucciderlo, di avere l'ammirazione che – lo sapeva – gli spettava di diritto.
  Sin da bambino gli era stato fatto credere di essere superiore, di meritare il rispetto e l'apprezzamento – se non l'invidia – di tutti.
  A quel tempo non avrebbe ancora potuto saperlo, eppure la fama e il rispetto non sono nulla, se paragonati alla dignità, al rispetto verso se stessi, all'onore. Cose che lui, compiendo quella scelta, aveva deciso di gettare via.
  Tempo dopo si era chiesto se l'avesse mai avuta, una scelta. Lord Voldemort aveva fatto capire chiaro e tondo che, se non avesse accettato, sia lui, sia i suoi genitori, avrebbero potuto benissimo dire addio alla luce del sole. L'unica luce che avrebbero potuto vedere era quella smeraldina dell'incantesimo preferito del mago oscuro più famoso del suo secolo.
  Aveva sentito il braccio ardere, aveva gridato così forte da non avere più voce, aveva artigliato il terreno, riempiendo le mani di scuro terriccio. Il cuore aveva preso a palpitargli nel petto, le vene a pulsare e la carne si era lacerata, per poi riempirsi dello scuro e denso colore della morte, che sarebbe rimasto impresso per sempre sulla sua pelle e nel suo cuore.
  Quasi un anno dopo, la consapevolezza di ciò che aveva fatto gli era crollata addosso come un palazzo, ferendolo dovunque e facendo vacillare le sue certezze.
  La vita di una persona non poteva valere così poco, nemmeno quella di Potter. I drammi e l'odio che lo avevano spinto ad accettare – oltre alle minacce, poiché, doveva essere sincero, non erano state le uniche cose – gli sembravano solamente i capricci di uno stupido, viziato bambino troppo cresciuto. Non erano motivazioni abbastanza serie da poter giustificare ciò che era diventato. Ciò che aveva permesso a Voldemort di farlo diventare.
  L'innocenza che un ragazzo della sua età doveva possedere era andata perduta quella sera d'estate, tra un alito di vento e il cantare dei grilli, una sera vestita del sangue delle vittime che avrebbe collezionato, delle grida degli innocenti, del sussurro della donna in nero. Era rimasto solo nella polvere, a rimuginare sui suoi errori, con una bacchetta puntata alla tempia e un sussurro gelato fra le labbra, incapaci di articolare parola. Una tacita richiesta negli occhi, riflessi in quelli azzurri di sua madre.
  Un sussurro, quasi impercettibile. «Aiutami, mamma. Non posso più sparare, mamma. Non posso più uccidere. Toglilo, portalo via. Togli questo marchio, mamma».
  Le ginocchia nella polvere che aveva sui vestiti, sotto le unghie, nel petto. La sofferenza nei suoi occhi, il suo “non posso” non pronunciato, il rumore dei suoi passi che si allontanano, arrancando stancamente nel terreno ghiaioso.
  Solo nella polvere, a rimuginare sui suoi errori, con una bacchetta puntata alla tempia e il cuore che batteva a mille. Le lacrime che scorrevano copiose sul viso, portando via il terreno, la polvere. Il sussurro impercettibile, inudibile, ma che la bacchetta sentì.
  «Avada Kedavra».
  Il vuoto, scuro silenzio del nulla infinito, la carezza della morte, la chiusura del sipario alla fine di quel breve spettacolo, finito in tragedia. Un lampo smeraldino che illuminò l'intera radura. L'urlo straziato di quella madre, le sue gambe stanche che correvano veloci, a ritroso, lungo il cammino marchiato per sempre dalla falce insanguinata della cupa mietitrice.

 

«Sto bussando alle porte del Paradiso, mamma. Mi apriranno?»

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Acquamarine_