Sono partiti.
I ragazzi sono partiti.
Quattro
Lunghe
Settimane
Senza
Lui.
Senza
Gerard.
Non è facile.
Per fortuna non sono sola.
Jamia
mi fa compagnia.
Anzi, ce ne facciamo a vicenda.
Qualche giorno sto io a casa sua e di
Frank.
e qualche giorno viene lei da me.
Ci troviamo benissimo insieme. Ridiamo
Tanto.
E poi, naturalmente, c'è Walter. Il
mio cagnolino.
Ultimamente, però, non mi sento molto bene.
Mi sento strana. Debole.
Mancamenti, forti mal di testa, nausea...
Nausea.
Una volta è successo al lavoro.
Ho dovuto chiamare Jamia che mi venisse
a prendere. E' arrivata
Subito.
...
'Eccomi!' dice ansimante dopo una
corsa da casa, con una mano sulla porta d'entrata della pizzeria e la frangetta
tutta spettinata sulla fronte.
'Oh...' Ricky rimane un attimo
senza parole.
Lei è
Bellissima.
Poi si riprende. 'Vieni... è
qui...' indicandole il retro.
Jamia, con un'espressione preoccupata in volto e a passo
svelto si dirige verso la porta del piccolo bagno di servizio. La spinge piano.
E trova me. China sulla tazza. Pallida. Ed ora imbarazzata.
'No... non guardarmi...' le dico
voltandomi dall'altra parte.
'Andrea, non pensarlo neanche. Come
ti senti? Sei fredda...' Col
dorso della mano mi tocca la fronte.
Sudo freddo.
Tremo.
'Ti porto a casa.' mi dice
autoritaria, aiutandomi ad alzarmi.
Ricky, senza pensarci due volte mi dà qualche giorno di
riposo, anzi
'Bellissima, prendi tutto il tempo
che vuoi. Il tuo posto è sempre qui, lo sai. Pensa solo a rimetterti.' Non l'avevo mai visto così
preoccupato.
Gerard e
Frank
ci chiamano ogni giorno.
Tre volte.
Per sentirci. Per sapere come
stiamo.
Gerard non sa nulla riguardo questi miei malesseri.
Ed ho pregato Jamia di non dirlo né
a lui, né a
Frank.
Perché...
Non voglio.
E poi... non è ancora sicuro.
Non lo è.
Per ora.
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'Oggi lo fai!' mi dice Jamia, con
voce decisa, ma conservando sempre un pò di dolcezza, anche nello sguardo.
Tiene una mano sul fianco e l'altra con l'indice puntato
verso di me.
Non è proprio capace di minacciare.
E' troppo dolce.
'Va bene. Va
bene!' le dico io, ironica, sgranando gli occhi. E
sempre ironicamente continuo 'Sono state le quattro settimane più lunghe della
mia vita!' e le faccio una smorfia.
Si.
Sono passate quattro settimane.
Senza
Lui.
Senza
Gerard.
Non è stato facile.
Nostalgia.
Tanta.
Mancamenti, forti mal di testa, nausea.
Nausea.
Ma è stato comunque bellissimo
condividerle con Jamia.
Risate.
Tante.
Chiacchierate, scherzi, affetto.
Lei è
Unica.
Ora, davanti a me nella sua posa da 'dura', si lascia
scappare un piccolo sorriso.
E' troppo dolce.
Prende una busta di carta sul banco della cucina. Ha l'aria
di essere lì da molto tempo.
'Vai!' mi ordina.
'Vado, vado!' le rispondo
afferrando la busta.
Mi dirigo verso il bagno sbuffando, con la
schiena un pò curva.
Sono agitata.
Ma non ho paura.
...
'Come va?' mi chiede Jamia dopo
qualche minuto, a voce alta dalla cucina.
'Bene!' le dico io, con un tono tra
il dolce ed il nervoso.
'Allora...?' incalza lei, curiosa.
Non le rispondo.
Ad un tratto il campanello suona.
E'
Gerard.
E' tornato.
Lo so.
Esco dal bagno e a tutta velocità raggiungo l'ingresso. Non alzo neanche il citofono, apro direttamente il portone.
Mi metto ad aspettarlo sulla porta.
Come sempre.
I suoi passi corrono veloci su per le scale, rimbombando sui
muri.
E finalmente
Eccolo.
E' bellissimo. Lo è sempre.
Dannazione, quanto mi è mancato.
Appena mi vede lascia cadere la valigia. In mezzo al
pianerottolo.
Non importa.
Viene verso di me, con quel suo
sorriso sul viso che amo. Amo tutto di lui.
Vedo i suoi occhi brillare, mentre sento i miei umidi.
Sono agitata.
Tremo.
Non ci diciamo neanche una parola. Non facciamo in tempo.
Non vogliamo.
Mi prende il viso tra le mani e spinge forte le sue labbra
sottili contro le mie.
Mi lascia senza fiato.
Le mie mani sul suo petto lo spingono un pò indietro,
delicatamente. Solo un pò.
'Ti devo dire una cosa.' faccio io,
con voce dolce.
Jamia è seduta sul divano, ed assiste alla scena
sorseggiando il suo thé caldo. Sorride. E' felice
Per noi.
Walter è accucciato al suo fianco.
'Dimmi.' mi dice Gerard.
Siamo ancora sulla porta d'ingresso. Lui
sul pianerottolo con la valigia a pochi passi.
Non mi chiede perché non lo faccio entrare. Non vuole. Non
gli interessa. Gli interessa solo
Sapere.
Ora è sicuro.
Lo è.
Gli prendo la mano, piano, tra le mie. La accompagno sotto
la mia maglia. E la poso. Proprio lì.
Sulla pancia.
che inizia ad essere più dura. Più
gonfia.
Lo sente.
'Noi
Siamo una famiglia.'
Davvero.