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Autore: Soleil Jones    29/10/2012    1 recensioni
― Raccolta di One-Shot ; Inghilterra/OC!Londra ― Arthur Kirkland/Charlotte Doyle.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come si suol dire, l’amore non è bello se non è litigarello. Arthur e Charlotte poi avevano caratteri di per sé abbastanza diversi, anche se uguali sotto certi aspetti: naturale quindi che vi fossero molte questioni sulle quali discutevano.
Tra ii primi posti tra le loro litigate c’era di certo quella in cui Londra era poco convinta dell’entrata in guerra della loro nazione, nella prima metà del ‘900, la Seconda Guerra Mondiale.
A darle ragione quanto torto, quella volta era stata la Battaglia d’Inghilterra.
Ecco, quella volta entrambi avevano capito quanto fossero importanti l’uno per l’altra e viceversa.
Del resto non ci si rende conto di ciò che si ha finché non si rischia di perderlo. E questo due Nazioni, in quanto immortali e che quindi vivendo attraverso i secoli ne vivono di cotte e di crude, l’dovrebbero dovuto sapere bene.
Lo sapevano e lo sanno, certo, ma capita di dimenticarsi di questa consapevolezza.
Quella sera avevano avuto un’altra piccola discussione, abbastanza accesa, e che aveva portato Arthur a dire: -Sai quanta pazienza mi ci vuole per badare a una come te e rimediare ai suoi casini?! Se non ci fossi stata me la sarei cavata più facilmente, in qualsiasi occasione!-
Ora però, se n’era pentito: non lo pensava davvero, tutt’altro, era stata la rabbia del momento a dargli voce. Inoltre, Charlie ne era rimasta ferita a giudicare dal ruolo che una delle opere di Shakespeare, Romeo and Juliet, aveva giocato in quella vicenda.
Ora guardava il soffitto, nella sua vecchia stanza, che occupava quando ancora non si era dichiarato a Londra. Sperò con tutto se stesso che lei capisse che in fondo in fondo nelle sue parole c’era un fondo di verità, e che non era sua intenzione ferirla.
Con questo pensiero, Inghilterra prese sempre più sonno, fino a chiudere gli occhi.
 
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Macerie. Ecco quel che vedeva attorno a sé.
Ad Arthur sembrava di riconoscere quel luogo, ma non ricordava quale fosse.
“Dev’essere molto molto presto, a giudicare dal fatto che il sole stia ancora sorgendo, lentamente.” Pensò, notando che i raggi solari erano pressappoco debolissimi e ancora nascenti.
La gente sembrava disperata, i palazzi erano in buona parte crollati, e … E sembrava che in quegli sguardi ci fosse la speranza di miglioramenti e prosperità che se ne andava, sconfitta.
Aspetta un secondo però! Crepe a terra, profonde e molteplici.
Palazzi crollati.
Speranza che va via.
“Ma … Ma in che anno siamo?”
I suoi pensieri vennero interrotti sul nascere; aveva sentito qualcuno correre…
Si voltò alla sua destra, e vide America. Era lui che correva e … E quella era California!
-A-America …-
Perché era così piena di graffi, sangue e ferite?
Perché nella sua voce non c’era quell’allegria trasmessale da Spagna ed evidente da quando aveva incontrato Alfred?
Perché le gambe avevano ceduto e ora lui la teneva stretta a sé con gli occhi che lacrimano?
“Maledizione, che succede?!” Si chiese confuso quanto esasperato. Insomma, non aveva mai visto America piangere, non così. No di certo.
Non l’aveva mai saputo così disperato a parte quella volta in cui aeva temuto di aver perso Frances, nel 1906 … L’occhio gli cadde su un giornale abbandonato a terra e tutto sporco, su cui distinse l’anno di pubblicazione.
1906 …
“Ma che senso ha?! Per quel che ne so io, non è andata così!”
Esitante e incredulo, Arthur si avvicinò alla figura china della sua ex colonia, allungando una mano a toccargli una spalla ma, lui stranamente non faceva una piega.
-M-ma, Alfred …- Subito pensò che tutta quella devastazione non potesse essere reale: cioè, quella mattina del 1906 lui la sapeva diversa; era stato il giorno in cui America si era dichiarato a California, avendo capito quanto ci tenesse dopo aver temuto d’averla persa per sempre!
“L’ha capito, perché ha rischiato di perderla per sempre …” Quella frase gli suonava famigliare, come se a lui fosse successo lo stesso …
Si mise davanti ad America, tentando di attirare la sua attenzione, ma poi si rese conto che la sua teoria doveva essere sensata, per quanto inverosimile.
-Cali-California …- Con la voce interrotta dai singhiozzi, la stringeva al petto tenendo la sua fronte poggiata su quella del suo “Golden State”, come l’aveva definita lui ore prima … Le sue lacrime andavano a bagnarle il volto, e continuava a chiamarla, ma niente. I suoi occhi erano chiusi, e entrambi temevano che  la luce del Sole californiano non li avrebbe più animati; né loro, né la California stessa.
Però Alfred non era il tipo da arrendersi, ecco perché perseverava nel chiamarla.
-F-Frances … Apri gli occhi … Look at me …- Le sue suppliche e il suo scuoterla delicatamente e speranzoso, sembrarono funzionare. Anche se debolmente, i suoi occhi color dell’oscurità si aprirono un poco.
-A-Al … Estàs aqui …-
-Caly!- Fu l’esclamazione sollevata sia di Inghilterra che di America, nei cui occhi tornò un po’ di luce.
-Già, è il mio nome …- Ribatté debolmente e con un sorrisetto dolce quanto beffardo, il che dava la speranza che se avesse la forza di fare dell’ironia l’avesse anche per superare quella situazione.
-Non ti preoccupare, ti porto a casa mia e …- -A che scopo?-
America assunse un’espressione confusa, mentre Arthur sbarrò gli occhi, e non solo alla vista del fiordaliso che Frances era solita portare tra i capelli perché regalo di America e simbolo della loro relazione macchiato di rosso ...
-I’m sorry but …- Sentiva che il suo respiro: era chiaramente affannato –No puedo màs …-
-C-come sarebbe a dire? Non devi dirlo nemmeno! Io devo ancora dirti tante cose, non puoi lasciarmi così!- Esclamò contrariato il biondo americano, e lì Inghilterra si allontanò scuotendo la testa.
Aveva capito: California sapeva quanto America, che stava scomparendo.
-T-te quiero, America … Per questo non voglio che tu pianga …- Disse asciugandogli le guance col dorso della mano, e con la tristezza e la desolazione che pian piano prendevano il posto della luce e dell’allegria nei suoi occhi.
Le sua mano stava … Stava via via svanendo, lentamente, ma stava scomparendo!
-Non può essere …- Si disse Arthur, alla sola vista della reazione che Alfred ebbe al sentire che la calda mano affusolata del suo trentunesimo stato si faceva sempre più assente sulla sua pelle.
-C-California!- Esclamò più disperato di quanto l’avesse mai visto Inghilterra, Alfred.
Sembrava così reale … Era così reale!
-N-no … Nonononono! Non è giusto!- Si disse contrariato e con gli occhi sbarrati e lucidi dal dolore che gli attanagliava il petto, anche se sicuramente inferiore rispetto a quello che provava la sua ex colonia.
Si chiedeva come mai tutto quello: cosa c’entravano America e California con lui e Charlotte?
 
Si contorse nel letto, strizzando gli occhi.
-F-Frances … Al-Alfred … Aspettate …-
 
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Le loro figure si fecero lontane, e Arthur si ritrovò con la testa che girava e in tutt’altro luogo rispetto a prima.
Un paesaggio come quello per lui era difficile dimenticarselo: era la Sicilia. Me non era in condizioni ottimali,  giudicare dal fatto che fosse poco meglio messa di quando lui e gli Alleati vi sbarcarono, durante la Seconda Guerra Mondiale.
Nell’aria c’era ancora l’odore della Guerra, da poco finita. Se Inghilterra aveva ben capito, doveva essere da poco finita la Seconda Guerra Mondiale, però non capiva: California e America erano un conto, ma l’Italia era molto distante da casa sua.
Il Sole caratteristico del Sud della penisola italiana si faceva sentire, e coprendosi la fronte Arthur ebbe una visuale migliore, e riuscì a distinguere la figura bionda di Flavia Vargas.
-Sicily?- Era piena di graffi, e sembrava essere debole.
Fosse per quella storia di Salvatore Giuliani, dell’EVIS e di tutto ciò che era accaduto nel periodo del dopo guerra?
Al vedere che si era voltata, quasi credette che l’avesse sentito (Magari fosse stato così) ma non era così invece.
-Sicilia!- Accento prettamente italo-meridionale alle sue orecchie riconoscibile tra mille.
-Mh? Soth Italy …- Anche lui non molto ben messo a quanto vedeva però … Perché Sud Italia aveva un tono così allarmato mentre correva verso di loro, o meglio, verso di lei?
-R-Romano … Cosa c’è?- Chiese confusa la bionda regione mediterranea, totalmente ignara del perché il fratello (O forse è meglio fidanzato?) sembrasse tanto spaventato.
-Sicilia, togliti di lì! Ora!-
-Eh?-
Inghilterra fece appena in tempo a voltarsi dalla parte di Flavia, che sbarrò gli occhi dal terrore.
Un colpo.
Uno sparo.
Sangue.
La mafia.
Sicilia si irrigidì e cadde a terra con gli occhi sbarrati e senza vita, in quanto la sua morte era stata istantanea.
-Oh God …- Arthur corse verso il corpo della regione amica della sua Charlie, ma anche se voleva, non poteva sentirla sotto al tatto.
Romano fu veloce ad accorrere e a chinarsi tremante, voltando il corpo di Flavia in  modo tale che non stesse a pancia sotto.
-Nonno Roma, Sicilia! SICILIA, RISPONDIMI!- La scosse violentemente fino a che non poggiò la testa sul suo petto, constatando che il cuore era fermo. Eppure, le Nazioni non morivano così! Nemmeno le regioni o gli stati!
“Probabilmente le sue condizioni erano critiche, sarebbe finita comunque …” Che andava a pensare?! Poco importavano le cause accidenti, le era morta davanti agli occhi!
-Maledetti …- Romano stava chino sul corpo immobile della sorella, a terra, con le mani a sorreggerlo mentre le sue lacrime andavano al terreno. Gli occhi chiusi come se sperasse che al riaprigli si sarebbe ritrovato nel suo letto, e i denti stretti.
Il dolore lo attanagliava stretto in una morsa dacciaio, per aver perso una sorella, per aver perso chi amava più della sua stessa vita.
Tutto quello perché? Per l’agognata Indipendenza della Sicilia?!
-Maledetti bastardi … LA PAGHERETE!-
Personalmente, Inghilterra non l’aveva mai visto piangere seriamente, non per paura o per altro, e questo gli faceva uno strano effetto.
-Flà …- Lasciando perdere la vendetta contro a quegli schifosi mafiosi, Lovino chiuse gli occhi con tocco leggero alla sorella minore, abbassando sempre più il capo fino a che la testa non tornò a poggiarsi sul petto di Sicilia.
A vedere la scena, Arthur si chiedeva innanzitutto che stesse accadendo per fargli avere certe allucinazioni (Perché dovevano essere solo allucinazioni!), e immaginava la sofferenza che Romano poteva provare per non avere nemmeno la forza di urlare, tanto i singhiozzi erano forti e frequenti.
-Io … Mi dispiace tanto …- Disse a testa china.
“Forse è una realtà alternativa, o roba simile. Magari qualcuno dei miei incantesimi ne è la causa …”
Preso per com’era a pensarci, Arthur non si accorse che il vuoto era tornato ad impossessarsi di lui.
 
Cominciava a sudare, e non per il caldo … Mugugnava qualcosa nel sonno, rigirandosi più volte nel letto.
 
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Le immagini sfocate si fecero nitide davanti ai suoi occhi chiari, ma al vedere la scena che gli si presentò davanti, Arthur desiderò quasi che fossero rimaste indistinte e confuse.
La sua capitale …
Le bombe dei tedeschi …
-Oh God, Charlotte!- Qualcosa, nel suo petto, si spezzò. In quel momento Inghilterra si sentì incompleto, e ciò non gli piacque a prescindere.
Corse in mezzo a tutta quella desolazione, tra corpi privi di vita, fumo, pozzanghere e macerie, finché non la trovò.
Si fermò riprendendo fiato per poi raggiungerla, rallentando il passo man mano che le si avvicinava.
-L-Londra … Oh my God …- Si lasciò cadere sulle ginocchia, sconfitto.
I lunghi capelli zuppi dell’acqua della pioggia non gli permettevano di guardarla in volto, era rannicchiata in posizione fetale, gli abiti erano sporchi di sangue e terra, e il pallore della sua pelle era da far spavento.
Non riusciva a muovere un solo muscolo, si sentiva a pezzi, incompleto e completamente svuotato.
Gli occhi versavano calde e amare lacrime, senza fine e senza meta.
La sua bocca si muoveva, ma non ne usciva niente se non singhiozzi sconnessi e irregolari.
Cosa pensava? Che non poteva essere vero.
Che doveva essere solo un incubo, come ciò che aveva visto precedentemente.
Che poteva anche aver detto cose che non pensava realmente a Charlie, ma che non intendesse dire che non la voleva con sé!
No, questo mai!
 

Sentì Arthur stringerle la mano destra con la sua sinistra,
mentre lacrime silenziose e dedicate alla condannata le colavano sul viso.
-Non guardare- Si sentì sussurrare Londra da Inghilterra, e non lo fece.

 
-C-charlie …- Il suo nome risultava tanto debole in quel momento … Era appena un sussurro, ma non riusciva a dire nient’altro o a concepire qualunque altra azione.
Quella vista, gli faceva credere che d’ora in avanti le stelle non sarebbero più brillate alte in cielo, non la loro stella perlomeno.
 

–Guarda come brilla! Lei merita un nome speciale, non credi?- 
Londra annuì pensandoci un momento, per poi uscirsene con: -Arlie!-
Il bambino dai capelli biondi la guardò confuso –E che nome è?-
-Ma come, non ci arrivi? Arlie, uguale ad Arthur e Charlie messi insieme!

In pratica, rappresenta il nostro legame!-
Affermò sorridendo e un po’ rossa la piccola capitale,
facendo a sua volta andare a fuoco le guance del bambino,
che cominciò a balbettare qualcosa.
-Ecco … S-sì, beh … Non è, insomma,
non è malaccio come idea …-
Borbottò guardando altrove.

 
Assieme alla pioggia, le sue guance furono allagate di lacrime.
Che ne sarebbe stato di lui?!
Che razza di inferno era quello che aveva davanti agli occhi, maledizione?!
In quel momento, dov’erano tutte le loro promesse? Dov’era il loro amore immortale?!
L’ennesima lacrima andò a bagnare stavolta il fiore di pesco spiegazzato e malconcio che Londra teneva tra i capelli, Arthur aveva chinato la testa.

-Wow, che bel fiore- Commentò assorta London,
accarezzando i petali chiari e morbidi del bocciolo,
mentre Arthur arrossiva e guardava altrove.
-Ehi England, che vuol dire
“Fior di pesco” nel linguaggio dei fiori?-
Chiese curiosa lei.
-E-eh? E io che ne so!-
Sbottò rosso come un pomodoro
e lasciandola perplessa.

 
Non poteva non esserci più.
Eppure, quel fiore tanto delicato e bello era ormai appassito, lì in mezzo alla folta chioma castana della sua Londra.
 

-Happy birthday, my sweet pirate!-
Gli sussurrò all’orecchio.
-Happy birthday, my lovely little mermaid!-

Fu la risposta che precedette l’unione.
 

Lo accarezzò delicatamente, sembrava che riuscisse a muoversi ora, benché una forte fitta al petto lo attanagliasse in una morsa. In un dolore che sapeva di fiele.
Ma il colpo più grande fu, quando sotto al suo tocco l’intera figura di Londra scomparve.
Inghilterra sbarrò gli occhi, ritraendo la mano all’istante per portarsela al petto e piegandosi in due dal dolore, fino a ritrovarsi a terra e ansimante.
Il suo cuore, Charlotte, non esisteva più. Come poteva esistere anche lui quindi?
“No, non voglio! Non è vero! È solo un sogno maledizione!” Si disse digrignando i denti dal dolore e vedendo passare davanti a sé qualcosa.
-C-che succede ora?!- Biascicò debolmente e ansimando, concentrandosi sulle immagini.
-A-Ame-America? …-
Già, proprio lui.
 

-C-California!- Esclamò più disperato di quanto l’avesse mai visto Inghilterra, Alfred.
Gli occhi di lei si chiusero sereni –I love you, Al …- e nel momento in cui la sua mano cadde al suolo, lasciando la guancia di America, di lei rimase solo il fiordaliso che era solita portare tra i capelli.
Con gli occhi sbarrati e vuoti di sorpresa e disperazione, America si chinò completamente al suolo, battendo i pugni più volte al terreno inn preda alle lacrime e alla rabbia.
-NON È GIUSTO, MALEDIZIONE! FRANCES!-
Per la prima volta in vita sua  s’era arreso alla realtà dei fatti, non per sua volontà ma perché non avrebbe potuto fare niente comunque.
Con le mani strette a pugno e abbandonate al suolo, che avevano colpito tanto da crearvi delle crepe, America guardò il fiordaliso con immensa tristezza e nostalgia quanto amore.
-Good night, my little angel.-

 
Ancora dolore.
Ancora buio.
E poi, la Sicilia.
 

Un Vargas in quello stato, che schifo!
Romano alzò il capo dal seno di Flavia, guardando come meglio poté il suo volto, per quanto glielo permettessero le lacrime.
A quanto pareva, anche la sua Sicilia avrebbe fatto la fine del loro nonno.
Lovino si sporse in avanti, esitante se farlo o meno, ma alla fine si decise a poggiare la sua bocca sulle fredde ma ancora candide labbra della regione bionda. A riscaldare la sua pelle bianca, ora erano le lacrime del fratello, che andavano a cadervi.
Però, staccandosi lentamente da lei, Lovino dovette sopportare il vederla sparire sotto i suoi occhi, segnando la fine di una parte di sé.

 
Inghilterra si svegliò di colpo, urlando qualcosa e prendendo a respirare affannosamente, sudato.
Guardandosi attorno riconobbe la sua stanza da letto, quella vecchia, e si sentì sollevato dal fatto che quelle orribili sensazioni provate prima fossero solo frutto del suo subconscio.
-Charlie!- Si alzò dal letto correndo fuori, e aprendo la porta si scontrò contro la stessa Londra, che lo guardò a occhi spalancati e sconvolti.
-Arthur, stai bene allora!- Sembrò immensamente sollevata nel constatarlo. Ma come mai?
-C-che significa? Non dovrei?-
“Menomale, era solo un brutto sogno” Pensò sospirando, ancora spaventata
da cos’aveva visto prima.
 
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11 settembre 2001, New York.
Le Twin Towers crollano, e California era lì di fronte, a guardare la scena con occhi increduli e sbarrati.
-A-Alfred … Non può essere …- Si lasciò scivolare al suolo, inginocchiata e dovette sorreggersi per non piegarsi in due dal dolore, mentre con una mano premeva sul seno, lì dove batteva il suo cuore.
In mezzo a macerie e desolazione, era crollato un mito, e si era portato via il suo Alfred.
-No puede ser … No, non ci credo!- Scosse il capo, non voleva crederci.
Una lacrima, poi un’altra e un’altra ancora.
Non avevano fine, e non ce l’avrebbero mai avuto senza qualcuno che le asciugasse.
Lo cercò tra le vittime del crollo, fregandosene altamente se non poteva girare tra le macerie o se doveva stare attenta a non ferirsi.
Eppure quando lo vide, non fu più sicura della sua decisione, totalmente dettata dal cuore e non dalla testa.
Con le gambe tremanti si inginocchiò al suo fianco, e gli scostò i biondi capelli dal viso, sporco di sangue e polvere.
-America, maldiciòn, apri gli occhi … Lo so che mi senti! Lo so …- La mano sinistra della Nazione venne condotta sul basso ventre dello Stato americano, i cui occhi erano grondanti di lacrime.
-Ehi, lo senti? Non credo, è ancora presto ma, è qui dove batte il suo cuore!- Affermò speranzosa di una qualsiasi reazione a una simile dichiarazione. Doveva dirgli quello, appunto.
Ma l’unico risultato fu un incresparsi appena in un dolce sorriso delle labbra dell’americano.
E il suo disperato urlo di dolore, trattenuto dalle vaghe speranze di vedere quegli occhi color cielo aprirsi, non ricevette risposta dalla voce squillante ed energica che lei conosceva.
-AMERICA!-
Non ce l’avrebbe mai avuta.
 
Scene che avrebbero straziato il cuore e segnato l’anima anche alla più indifferente delle persone.
E non era stata solo quella.
 
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Seconda Guerra Mondiale.
La follia tedesca coinvolse anche l’Italia, sia del Nord che del Sud.
Pur non volendo, anche lui era partito a combattere.
E pensare che l’esercito italiano era debolissimo in confronto ai fronti nemici!
Con quale faccia Ludwig si fece ancora vedere per dare ai Vargas del Sud Italia una simile notizia!?
Con quale coraggio le aveva detto che Romano era … Era …
-Se è uno scherzo è di pessimo gusto, brutto bastardo d’un bifolco!- Disse in tono tagliente e minaccioso Calabria, prendendo Germania per il colletto e tirando fuori da chissà dove un pugnale fine quanto letale nelle sue mani esperte, puntandoglielo alla gola.
Il resto delle regioni meridionali fu subito d’accordo con lei, specie Basilicata, la cui espressione irata quanto disperata era la medesima, identica, che aveva la sorella e che avrebbe avuto Lovino al posto loro.
Sicilia però non ebbe la forza di fare niente, Campania dovette sostenerla perché non svenisse.
 “Fratellone … Amore mio …”
Lì in mezzo era forse l’unica che non si sarebbe mai ripresa da una tale perdita.
-Prima nostro fratello Veneziano, e ora anche Romano … È TUTTA COLPA TUA! QUESTA NON TE LA FACCIO PASSARE LISCIA, GENOCIDA!-
Prima d’ora nessuno avrebbe mai creduto che Francesca fosse davvero in grado di uccidere qualcuno seriamente; ma in quel caso, avrebbe fatto anche di peggio!
-A che scopo? Lui non c’è più.- L’aveva interrotta apatica e con lo sguardo vitreo Flavia, prima che rabbia e dolore muovessero al posto del cervello il braccio armato della regione mora.
Dopo quello, Sicilia non avrebbe avuto un futuro.
Non ci sperava, non ci credeva.
Le lacrime calarono per la prima volta dai suoi occhi, e non le nascose o altro.
-Io mi arrendo. Non voglio più combattere.-
Come se la vita avesse lasciato i solitamente allegri occhi verde menta.
Come se non ci fossero più ragioni per cui continuare quell’esistenza immortale.
Come se il suo punto di riferimento se ne fosse andato, portandosi dietro ogni sua emozione, anche la Sicilia quell’oggi si spense, per sempre.
 
-Ehi Charlotte, ma stai piangendo …-
Sì, stava piangendo; perché quello non era stao nulla in confronto al seguito.
 
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-Che succede? Perché sono tutti così tristi?- Si chiese London, guardando quel luogo triste, che poi era Buckingham Palace.
Cos’altro l’aspettava dopo quello che aveva dovuto subire prima?!
Perché anche Scozia era vestito di nero e non aveva la solita, odiosa, spavalderia e sicurezza negli occhi?!
Anche Galles e Irlanda, che avevano?!
Si voltò e … E il mondo le cascò addosso.
-OH MY GOD! E-E-England …- Per poco non ebbe un mancamento alla sola vista della Grandiosa Inghilterra, morta.
Il volto bianco come un lenzuolo, i capelli sempre spettinati ma dal colorito insolitamente spento, le sue mani … Quella bara …
-Arthur … Arthur, non volevo … È tutta colpa mia, vero?-
Charlotte sapeva di non poter essere vista da nessuno lì in mezzo, si avvicinò con una mano a impedirle di urlare e che ogni tanto andava ad asciugarle gli occhi, e poggiò l’altra mano su quelle fredde di Arthur, giunte.
-Perché?- Si chiese accarezzandogli il viso. Sembrava stesse dormendo.
-Perché?!- Sentiva il cuore accelerare, e poi rallentare.
-PERCHÉ?!?- Si lasciò cadere tremante per quanto singhiozzava, scuotendo la testa e col viso completamente bagnato.
 
-Non volevo litigare con te!- Affermò all’improvviso la londinese, gettando all’improvviso le braccia al collo della Nazione bionda, la quale non fece altro se non assecondare il suo abbraccio –Io non volevo dirti quelle cattiverie invece-
-Promettimi di non lasciarmi, ok?- Gli disse seria in volto e guardandolo ben bene negli occhi. Non voleva mai più pensare a quell’incubo, anzi, sperava ardentemente di dimenticarselo.
Lui la guardò con un sopracciglio alzato, non sapeva che avesse ma condivideva appieno il suo pensiero!
-Mh, solo se tu mi giuri sul tuo nome la stessa cosa!-
Annuirono insieme.
 
ANGOLO DELL’AUTRICE ,ORESAMA, DI QUESTA MAGNIFICAMENTE MAGNIFICA RACCOLTA
 
Questo è un periodo cupo cupo cuuuuuuuuuuuuuuupo, e con le giuste canzoni (Scelte non a caso) ho scritto este capitulo ^^
Waaaaaaaaaa, com’è triiiiiiiiiiiiiiisteeeeeeeeee! D:
Il prossimo vi(?) farà ridere di più, parola di Sol! U_U
 
SOL F. JONES
  
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