Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: aryabrightmore    30/10/2012    7 recensioni
Costruire una propria identità che sia realmente tale non è facile; soprattutto in un periodo quale l'adolescenza, infatti, è difficile distinguere dove finisce la nostra personalità ed inizia quella degli altri. Prima o poi tutti dobbiamo imparare ad indossare una maschera, uscire in scena e sorridere sicuri come se attorno a noi tutto ci scivolasse addosso, tralasciando le nostre paure e i nostri dolori e mandando in scena quello che gli altri si aspettano di vedere;
Indossare una maschera, quindi, in teoria, è molto più facile che essere se stessi.
In pratica, però, è tutta un'altra storia...
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Prologue: Arya.

Continuavo a muovermi sul sedile rosso sbiadito dell'autobus, impaziente, cercando invano di guardare fuori dal finestrino e concentrarmi sul paesaggio che scorreva lento lungo il tragitto. 
Di solito mi riusciva facilmente, soprattutto grazie alla complicità del mio i-pod. Quella sera, invece, il pensiero di dovermi abituare ad una nuova routine, ad una nuova casa, ad una nuova scuola.... praticamente mi ossessionava.
Eppure avrei dovuto esserci abituata: con papà ero stata costretta a cambiare casa perennemente; il periodo più lungo l'avevo trascorso a Manchester, e non era durato nemmeno un anno. Ogni volta che mi facevo degli amici finivo per doverli salutare nel giro di pochi mesi, perciò ormai mi ero abituata a non cercarne nemmeno più.
Papà diceva sempre che era un peccato, che mi stavo chiudendo troppo in me stessa e che ciò andava contro la mia natura estroversa e socievole. Più volte mi ero dovuta trattenere dal rispondergli amaramente che fosse tutta colpa del suo lavoro... ma avevo sempre evitato, pensando a quanto quella situazione pesasse anche a lui. 
Quando, però, gli avevano "proposto" il trasferimento in Cina, sapendo che l'alternativa sarebbe stata il suo licenziamento, avevo preso una decisione drastica: mi sarei trasferita da sola ad Holmes Chapel, il paesino del Cheshire dove era nato mio padre; sapevo che per lui sarebbe stato molto più facile ingoiare la pillola sapendomi in una piccola cittadina tranquilla, piuttosto che in un'enorme città come Manchester.
Da parte mia, mio padre mi sarebbe mancato da morire: la vita con lui non era stata certo delle più tranquille e serene, ma nel complesso non mi dispiaceva. La nostra complicità, la cena del giovedì, il suo sguardo dolce e quel suo irrimediabile vizio di venire a darmi una buonanotte "come si deve" nonostante non fossi più una bambina. 
Da un altro punto di vista, però, dovevo ammettere che l'idea di andare a vivere da sola e diventare più o meno indipendente mi elettrizzava. Che poi, in realtà proprio da sola non sarei stata. Informandosi, papà era venuto a conoscenza di una zona residenziale per gli studenti della Holmes Chapel Comprehensive school, l'unico liceo della cittadina: per farla breve, avrei diviso la stanza con un'altra ragazza. Di lei non sapevo ancora molto se non che si chiamava Alis e che, ovviamente, frequentava la Comprehensive school. 
"Magari potremmo diventate amiche." pensai. Non ci sarebbe voluto molto prima che scoprissi quanto il potere precognitivo di cui ero dotata fosse decisamente tutt'altro che preciso. 

L'autobus che si fermò bruscamente mi distrasse dai miei pensieri: mi voltai qualche secondo verso le porte che si aprivano; se i miei calcoli erano giusti, questa doveva essere la quinta fermata, quindi ne mancavano altre due prima della mia.

Proprio quando stavo per distogliere lo sguardo vidi entrare un ragazzo alto, col cappuccio in testa, il cellulare in mano e le cuffie nell’orecchio. Fui sopresa io stessa nell'accorgermi che gli stavo prestando attenzione... eppure, inconsapevolmente, seguii i suoi movimenti con la coda nell'occhio; solo quando avvertii uno spostamento d'aria realizzai che si stava sedendo proprio nel posto accanto al mio.
A così poca distanza, potetti cogliere maggiori particolari. Indossava jeans scuri, converse bianche, una felpa blu notte e uno zaino Eastpack grigio. Ciò che mi colpì, tuttavia, furono le sue mani enormi, una impegnata nell'utilizzo di un I-phone 5 nuovo di zecca e l'altra che tamburellava sulla gamba destra: le sue dita si muovevano sul vetro come se stesse suonando qualche strumento, forse al ritmo della musica che stava ascoltando. 
Per il resto, dal cappuccio della felpa sbucava qualche ricciolo marrone, ma fu tutto quello che riuscii a scorgere senza sembrare troppo indiscreta; il suo volto mi era ancora ignoto.

Per poco mi accorsi che a breve sarei dovuta scendere. Cercai di alzarmi, ma mi risultò difficile avendo la valigia fra le gambe ed un enorme borsone in grembo. Sbuffai, strizzando gli occhi e rovesciando il capo all'indietro. Ero davvero a pezzi.
Poi, improvvisamente, sentii venir meno il peso sulle mie gambe: il ragazzo, che avevo scoperto essere riccio, si era alzato e aveva in una mano il mio borsone, mentre con l'altra si manteneva ad un'asta di supporto per non perdere l'equilibrio mentre l'autobus era ancora in movimento. Finalmente potetti osservare il suo viso: era indubbiamente stanco, forse anche turbato da qualcosa ma, allo stesso tempo, risultava... cordiale. Mi sorrise e gli si formarono ue tenere fossette agli angoli della bocca. Per un attimo rimasi interdetta nel constatare la sua non indifferente bellezza, poi mi decisi a ricambiare accennando anche un frettoloso << grazie>>: se non mi fossi sbrigata avrei perso la fermata.
Sperai di rivederlo. 

Villetta n°58, ero arrivata. 

Rimasi cinque minuti buoni a fissare la porta finchè, fatto un bel respiro, mi decisi a suonare. Uno, due, tre, quattro, cinque.. mi guardavo intorno senza realmente prestare attenzione a ciò che mi si posava sotto gli occhi; poi la porta si aprì. 
Davanti a me c'era una ragazza abbastanza alta, snella e bionda. Era indubbiamente bella, i capelli mossi le arrivavano fin sotto il seno, il viso tondo era perfettamente truccato nonostante fosse ormai ora di cena e anche il vestiario non assomigliava affatto alla tuta che usavo io per stare in casa.
Poi incrociai i suoi occhi, e dagli occhi delle persone si capiscono molte cose riguardo le persone, papà lo diceva sempre: erano celesti, grandi, contornati dalla matita nera. Glaciali. A guardarla bene, sembrava un po' la regina delle nevi, magari ringiovanita e con abiti normali. 
<< Ehm, ciao io...>> tentai, ma fui interrotta.
<< Lo so chi sei, sei la mia nuova coinquilina>> la sua voce era tagliente quanto lo sguardo.
<< Già. Tu devi essere Alis...>> constatai << io mi chiamo Arya>> cercai di essere garbata nonostante l'approccio non fosse stato dei migliori. 
<< Bene Arya, mettiamo subito le cose in chiaro...>> finalmente si degnò di farmi entrare << punto primo: sono stata costretta ad accettare questa convivenza in quanto questo era l'unico bungalow doppio disponibile, ma fosse stato per me avrei volentieri fatto a meno. Punto secondo: ognuno pensa alle proprie cose e si fa i fatti propri. Punto terzo: non mi rivolgere la parola se non in casi di estrema necessità. Per il resto, fai quello che vuoi>> concluse, secca.
Oh, molto gentile da parte sua.
Sospirai; normalmente non mi sarei fatta mettere i piedi in testa in quel modo, ma ero così stanca che avrei lasciato correre tutto, e questa ne era la prova pratica. << okay, ho afferrato. Potrei vedere la mia camera, per favore?>>
<< è quella a sinistra>> detto questo, sbattè violentemente la porta della sua stanza.

Wow, quella si che era un'accoglienza coi fiocchi.
  
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: aryabrightmore