Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: crushdizzies    30/10/2012    2 recensioni
“Il tuo segreto è al sicuro con me”, assicurò riportando la mia mano lungo il fianco.
Mi sorrise e si incamminò verso la mensa, i capelli biondi che le ondeggiavano attorno al viso come la criniera degli unicorni che aveva sulla copertina del quaderno di spagnolo.
Forse Brittany non era un granché in matematica, ma era davvero un genio a capire le persone.
Fan fiction incentrata sul personaggio di Santana. E' facilmente comprensibile anche da chi non segue Glee.
Genere: Angst, Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez, Un po' tutti | Coppie: Brittany/Santana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“Complimenti Santana! Come al solito riesci sempre a rovinare tutto!”, urlò mia madre.
Uscii dalla cucina quasi correndo e andai a rifugiarmi in camera mia.
Una volta lì mi sedetti per terra ai piedi del letto con le ginocchia strette al petto e iniziai a piangere.
Dio quanto odiavo quando mia mamma si comportava così! Odiavo quando doveva accusarmi di qualsiasi cosa.
Quello era il giorno del suo anniversario e, come al solito, a suo dire, ero stata troppo egoista e arrogante.
Erano quelli gli unici aggettivi che riusciva ad utilizzare con me.
La cosa che più mi dava fastidio, era il fatto che lei e mio padre si coalizzassero contro di me.
Lo facevano continuamente. Forse rendeva più forte il loro matrimonio o non so cosa… ma per me era demoralizzante.
Loro parlavano sempre della fiducia, che è una cosa che deve essere guadagnata, che io dovevo fidarmi di loro, che loro ci sarebbero sempre stati… Erano belle parole, davvero, ma molto spesso non corrispondevano con i fatti.
Questo non vuol dire che io odiassi i miei genitori, mio padre lavorava un sacco di ore al giorno per poter mantere la famiglia e mia madre era sempre super impegnata a tenere in ordine la casa.
Ma l’unica cosa di cui avevo bisogno era solo un po’ di affetto.
Una coccola, un abbraccio, un sorriso, una parola di conforto. Perché essere Santana Lopez era davvero difficile a volte.
Era difficile fingere di essere ricca, stare in mezzo a decerebrati il cui unico problema era apparire migliore degli altri.
Inspirai profondamente, per calmarmi, cercando di ignorare i borbottii sommossi provenienti dal piano di sotto.
Ero davvero esausta. Di tutto.


“Ragazzi, prego, prendete posto”, disse Mr Schuester, il professore di spagnolo.
Mi sedetti al mio banco come tutti gli altri. Il posto accanto al mio era vuoto.
Puck, il mio ragazzo, era stato sospeso per una settimana dal preside Figgins per aver distrutto le macchinette del secondo piano. Puck non è che fosse proprio il mio ragazzo.
In quel periodo ci frequentavamo e ci baciavamo, ma non eravamo coinvolti sentimentalmente o roba simile.
Io non ero coinvolta sentimentalmente con nessuno. Nessuno in quella cacchio di scuola meritava la mia fiducia.
“Ragazzi, potrei avere la vostra attenzione un attimo?”, ci richiamò Mr Schuester.
Sollevai lo sguardo verso la cattedra.
Il professore era in piedi appoggiato alla cattedra e di fianco a lui c’era… beh, c’era la ragazza più bella che avessi mai visto in tutta la mia vita intera.
Era bionda, i capelli lunghi sciolti sulle spalle. Tra le mani stringeva un quaderno con degli unicorni disegnati sulla copertina. Aveva gli occhi azzurri. O blu. Più blu che azzurri. Comunque erano fantastici. Luminosi e così… puri.
Pieni di bontà, come il sorriso che le illuminava il volto.
Il suo sguardo indugiò su tutti i ragazzi e le ragazze in classe, finché non si posò su di me.
Mi guardò negli occhi e io distolsi lo sguardo immediatamente.
“Lei è Brittany, la nuova arrivata. Trattatela bene, mi raccomando”, disse Mr Shuester con un sorriso.
“Puoi sederti lì, Brittany, vicino a Santana”. Mr Schuester indicò il posto vuoto di Puck accanto al mio.
La ragazza bionda si sedette e mi sorrise. Il suo sorriso fu contagioso e non potei non sorriderle anche io.
Poi mi diedi dell’idiota e tornai a fissare il banco. Era una cosa strana, che mi capitava da un po’… a volte succedeva che un sorriso o uno sguardo piuttosto intenso da parte di una ragazza particolarmente bella mi facesse sballottare.
Ma cercavo di non farci caso. Come facevo sempre.
Il professor Schuester cominciò con la sua pallosissima lezione. L’unica ragione per cui frequentavo quel corso era perché ero di origini spagnole e avevo bisogno di buoni voti assicurati per passare l’anno senza problemi.
Sbuffando appoggiai la guancia sulle nocche e guardai annoiata per la classe.
Non è che il professor Schuester fosse granché come insegnante di spagnolo.
La sua pronuncia era scadente e non riusciva proprio a guadagnare l’attenzione dei suoi studenti.
Così capitava che Finn Hudson e Rachel Berry limonassero in fondo alla classe, Artie Abrams superava l’ennesimo livello di uno dei suoi giochi super nerd per Nintendo DSi (o quel che era) e Rory Flanegann e il suo amichetto Sam Evans facevano palline di carta da lanciare alla bella e stronza quasi quanto me Quinn Fabray.
Era quasi ridicolo che il professore non si accorgesse di tutto questo.
Per non parlare poi della coppia asiatica Chan- CohenChang che si scambiava effusioni nei primi banchi o di Mercedes Jones che abbondava con la seconda o terza colazione del giorno proprio accanto alla cattedra.
A volte credevo che Mr Schuester fosse troppo buono per continuare a insegnare a una classe come noi.
Ma il fatto era che quei mille dollari al mese gli servivano davvero per dare da mangiare alla sua mogliettina Emma Pulizia e Ordine e al loro neonato pel di carota.
Non era granchè come insegnante ma almeno era un brav’uomo…
Per fortuna la campanella suonò e la tortura di William Schuester che si improvvisava spagnolo finì.
Ora mi mancavano solo altre sette pallosissime ore di scuola.
Avrei preferito spararmi.

“Oh e poi dopo il cinema mi ha portata al bowling, anche se io avrei preferito ballare!”, stava raccontando Rachel Berry.
“E’ la quinta volta che lo ripeti!”, esclamò Quinn facendo zittire Rachel.
Sorrisi divertita a quel battibecco fra quelle che consideravo le mie migliori amiche.
La professoressa Holliday entrò in classe, svolazzante come al solito.
“Buongiorno ragazzi!”, sorrise la professoressa e tutta la classe subito si fece attenta.
Al contrario del prof Schuester, la Holliday era una professoressa fantastica. Sapeva come spiegare i concetti in modo che i ragazzi non li dimenticassero ed era anche terribilmente simpatica.
Tutti amavano le lezioni di matematica con Holly Holliday.
“Oggi faremo un po’ di ripasso dato che la settimana prossima avremo la verifica”, annunciò sorridente.
In quel momento si aprì la porta.
“Salve. Sono Brittany Pierce, la nuova…”, iniziò la ragazza bionda appena entrata.
“La nuova studentessa! Oddio che sbadata, mi ero proprio dimenticata di questo particolare…!”, esclamò la Holliday evidentemente preoccupata.
“Prego Brittany, siediti!”. Brittany fece per sedersi in un banco lì davanti, nell’unico posto vuoto, quando la prof gridò: “NO!”. Brittany, terrorizzata scattò in piedi e tutti ci guardammo confusi.
“Forse è meglio se ti siedi vicino a qualcuno di bravo in matematica, così se hai qualche dubbio potrai chiedere a lui o lei, in modo da non rallentare tutta la classe, dato che la prossima settimana avremo un compito in classe”, spiegò la professoressa.
“Oh…”, mormorò Brittany evidentemente preoccupata.
“Tranquilla, andrà benissimo”, la rassicurò la Holly con un sorriso.
Dopodiché cominciò a scrutare per la classe finché il suo sguardo non si posò su di me.
“Santana! Sei appena stata nominata tutor di Brittany!”, esclamò.
“Se Joe per favore vuoi sedere al posto di Santana, così Brittany e Santana possono sedere vicine qui davanti sarebbe perfetto”, chiese sorridente la Holliday.
Joe fece ciò che la professoressa gli aveva chiesto e io andai a sedermi al suo posto, accanto a una Brittany ancora visibilmente preoccupata.
“Perfetto!”, disse felice la Holloday battendo le mani. Poi prese il libro e iniziò a scrivere un esercizio alla lavagna.
“Io non sono per niente brava con la matematica”, borbottò Brittany a fianco a me.
Mi voltai e la vidi mezza imbronciata a fissare la lavagna. Aveva un’espressione quasi… tenera.
Sorrisi. Lei si voltò e vedendomi sorridere mi sorrise a sua volta. Poi iniziò a copiare l’esercizio.
“Non è così difficile, sai?”, le assicurai.
La matematica, dopo lo spagnolo era la mia materia preferita, ed ero anche molto brava.
Per quello la Holliday aveva scelto me come “tutor” di Brittany.
Lei mi sorrise riconoscente e cercò di concentrarsi sui numeri scritti sul suo quaderno.
Trenta secondi dopo aver ricopiato l’espressione sul quaderno, l’avevo già conclusa, mentre Brittany continuava a cancellare e ricancellare sbuffando.
Sbirciai quello che aveva scritto sul quaderno e sorrisi.
“Hai sbagliato un segno”, le dissi. Lei si voltò a guardarmi, un po’ confusa.
“Qui. Diventa meno se lo porti dall’altra parte dell’uguale”, le spiegai indicando il numero.
“Oh”, mormorò lei. “Che idiota”, si disse Brittany, rabbuiandosi leggermente.
“Non dire così… capita… ti sarai distratta un attimo”, assicurai sorridendole.
“Grazie”, sorrise lei in risposta. Brittany corresse l’errore e riuscì a finire l’espressione dopo qualche altro tentativo.
Il grazie di Brittany mi fece uno strano effetto, il che era del tutto normale dal momento che nessuno mi ringraziava mai.
Dire che Brittany non era per niente brava con la matematica era un eufemismo… si sarebbe potuto dire, piuttosto, che era un totale disastro.
Era quasi buffo vederla alle prese con espressioni e potenze. Continuava a fare errori, anche elementari, ma non si arrendeva mai.
La maggior parte delle persone che conoscevo, dopo il secondo, massimo terzo tentativo si stancavano e lasciavano perdere.
Lei invece no.
Brittany ricominciava l’esercizio d’accapo finché, con un sorriso di trionfo, non trovava la soluzione.
Quando proprio non riusciva a saltarci fuori, allora a quel punto si voltava verso di me chiedendomi aiuto.
Era adorabile la sua espressione corrucciata quando scopriva quanto banale fosse il suo errore.
La campanella suonò e la Holliday si raccomandò di esercitarci e studiare a dovere per la verifica della settimana successiva.
Presi la mia roba diretta e mi alzai, dirigendomi verso Quinn e Rachel.
“Santana…”, mi chiamò Brittany con mia grande sorpresa. Mi voltai e lei mi sorrise.
Come potevano i suoi occhi essere così blu?
“Grazie per avermi aiutata”, mi disse. Io le sorrisi facendo spallucce.
“Figurati”, risposi non sapendo che altro dire.
“Allora vieni o no?”, chiese Quinn rientrando in classe. Sorrise a Brittany in segno di saluto e io le dissi: “sì, sì…”.
Poi, dopo aver salutato a mia volta Brittany, seguii Quinn fuori dall’aula di matematica.
“E’ parecchio strana quella Brittany…”, mormorò Quinn una volta in corridoio.
“Perché? A me sembra simpatica…”, risposi. Lei fece spallucce.
“Boh… dicono che si sia trasferita da New York… cioè, da New York cosa ci viene a fare uno a… Lima?”, disse Quinn come se fosse la cosa peggiore che una persona potesse mai fare nella sua vita.
“Beh, avrà i suoi motivi, no?”, risposi nel momento in cui Charlie, il ragazzo di Quinn si avvicinò a lei inghiottendola letteralmente in un bacio.
“Oggi pranzo con Charlie, non è un problema per te, vero Santana?”, chiese Quinn fissando il suo fidanzato.
“No, certo che no… sarà bellissimo pranzare con Berry e Finnocence”, le dissi con un per niente velato sarcasmo.
“Perfetto, allora ci vediamo dopo”, disse Quinn guardandomi di sfuggita, per poi svanire con Charlie nella massa di gente diretta alla mensa.
Sbuffai.
Non avevo per niente voglia di passare la pausa pranzo a fare il terzo incomodo, soprattutto con Rachel e Finn.
Andai al mio armadietto per posare i libri e prendere i buoni pasto e scoprii che Brittany aveva l’armadietto accanto al mio. “Ciao”, mi salutò.
“Ciao”, le sorrisi e aprii l’armadietto.
Ora, come al solito dovevo tirare i buoni pasto fuori dal libro dentro cui li tenevo e poi infilameli in tasca, il tutto nel modo più disinvolto possibile, cercando di non farmi notare da nessuno.
Ero abituata a farlo, lo facevo tutti i santi giorni. Infilai il libro di matematica sotto una pila di libri e, per non so quale principio fisico, l’ultimo libro in cima alla pila (quello dentro il quale conservavo i buoni pasto) cadde fuori dall’armadietto.
Per fortuna riuscii a recuperare il libro prima che cadesse per terra, ma quest’ultimo si aprì, lasciando cadere i buoni pasto. Vidi i biglietti svolazzare verso il pavimento come a rallentatore.
Rimasi a fissare i biglietti sparsi sul pavimento senza avere il coraggio di abbassarmi a raccoglierli, o di guardarmi intorno per controllare se qualcuno avesse visto. Ero pietrificata.
“Hey Santana!”, esclamò Erick Rick Stecchino con aria maliziosa da dietro di me.
Oh cazzo, pensai.
Aveva visto tutto. Mi voltai lentamente, pregando almeno che fosse da solo e non in compagnia di tutta la sua banda. Sarebbe stato davvero un casino se tutti avessero scoperto che in realtà ero povera e non ricca sfondata come fingevo di essere.
Avrei perso tutto. Era questo il prezzo da pagare vivendo in mezzo a gente materiale come quella.
“Ti sono caduti questi”, disse lui piegandosi a raccogliere i buoni pasto.
Sbiancai mentre lui me li porgeva.
“Non è roba mia”, ribattei con voce leggermente tremante.
Il mio sguardo corse intorno a noi, alla ricerca di aiuto forse, o di testimoni.
Magari potevo ancora ricattarlo.
L’unica che poteva accorgersi di quello che stava succedendo era Brittany, semi nascosta dallo sportello dell’armadietto.
“Ah davvero? Eppure mi era sembrato che fossero caduti proprio dal tuo armadietto…”, insistette Rick senza togliersi dal volto quel suo maledetto sorriso malizioso.
Non sapevo più cosa dire. Aprii la bocca senza però proferire parola.
“Oh, ecco dove erano finiti! Grazie per averli raccolti!”, disse Brittany all’improvviso chiudendo l’armadietto e porgendo il palmo aperto verso Rick. Sorrideva tranquilla.
“Ah, sono tuoi”, mormorò Rick arrossendo e porgendo i buoni pasto a Brittany.
Lei li prese ringraziandolo nuovamente.
Guardai Rick con la tipica espressione di Santana Lopez “vaporizzati o ti smaciullo i maroni”.
“Io… devo…”, balbettò Rick intimorito e corse via.
Tirai un sospiro di sollievo rilassandomi un attimo.
Ero salva, almeno da Rick.
“Perché lo hai fatto?”, chiesi a Brittany sorpresa.
“Beh, ho immaginato che non ti andasse proprio a genio l’idea che qualcuno lo venisse a sapere, e oggi sei stata davvero molto gentile con me, durante matematica, perciò…”, spiegò.
“Io… non so cosa dire”, mormorai.
“Grazie”, disse lei facendo spallucce.
La guardai confusa.
“Co… cosa?”.
“Puoi dire grazie”, ripeté con un sorriso, divertita dalla mia goffagine.
Arrossii.
“Oh. Grazie”.
Dio quanto ero imbambita. Il suo sorriso si allargò. Era un sorriso bello, sincero.
Mi prese la mano e io la guardai confusa e spaventata, senza capire perché lo avesse fatto.
Nessuno mi aveva mai presa per mano, anzi era strano che io non l’avessi ancora ritratta.
Forse c’era qualcosa in quel tocco, il calore della sua mano, la delicatezza della sua stretta, la morbidezza della sua pelle… qualcosa in quel gesto insensato mi ispirava fiducia.
Tutto acquistò maggior chiarezza quando sentii i biglietti dei buoni pasto scivolarmi nella manica.
“Il tuo segreto è al sicuro con me”, assicurò riportando la mia mano lungo il fianco.
Mi sorrise e si incamminò verso la mensa, i capelli biondi che le ondeggiavano attorno al viso come la criniera degli unicorni che aveva sulla copertina del quaderno di spagnolo.
Forse Brittany non era un granché in matematica, ma era davvero un genio a capire le persone.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: crushdizzies