Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
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Autore: iusip    16/05/2007    6 recensioni
...“Saeko, Reika e Kazue si vestiranno da ‘Occhi di gatto’, Miki da Lara Croft, e il Doc da Dottor House. Dovresti vederlo, con il bastone e le lenti a contatto azzurre, mentre cerca di fare il figone. Si è tinto pure i capelli!! Ahhh, indovina come si vestirà Umi???”...
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ryo si guardò intorno, leggermente spaesato.

Alla fine avevano partecipato alla festa in maschera così tante persone che non era stato possibile festeggiare all’interno del piccolo locale del Cat’s Eye, così avevano deciso di prendere in affitto un bella villa fuori città, con tanto di piscina e salone grande quanto mezza Shinjuku.

Non era abituato a tutta quella confusione, e i sorrisi maliziosi che le donne gli lanciavano, ben lungi dal fargli piacere, lo infastidivano alquanto.

Lui stesso ne era sorpreso.

Solo che...senza Kaori che lo martellava, non era la stessa cosa.

Era masochista? Autolesionista?

O forse semplicemente…innamorato?

Quando faceva lo scemo con le altre, quando si gettava addosso a Miki o a Saeko, quando la prendeva in giro…era solo perché sapeva che lei avrebbe reagito come suo solito, dimostrandogli la sua gelosia, dimostrandogli quanto ci tenesse a lui.

Era un gioco tra loro, un modo per parlarsi senza bisogno di parole, un patto che entrambi avevano tacitamente accettato e che costituiva una sorta di codice che apparteneva a loro soltanto.

A volte esagerava, lo sapeva bene, ed ecco che passava i limiti del gioco, ferendo Kaori.

Questo succedeva quando il bisogno di lei si faceva pressante e incontrollabile, e per evitare di afferrarla e baciarla fino al giorno dopo, la faceva arrabbiare.

Ma lei capiva, e lo perdonava, in una comprensione la cui portata gli sfuggiva.

Tutte le donne che aveva incontrato finivano per innamorarsi di lui, vedendo in Ryo Saeba un eroe dall’animo nobile e puro.

Si convincevano di poter restare al suo fianco, di poter condividere con lui gioie e dolori di quel mondo che non aveva scelto, ma che ormai faceva parte di lui.

Eppure non avrebbero resistito nemmeno una settimana se avessero saputo la verità su di lui, sul suo passato.

Non era facile essere lui, e non era facile stargli accanto.

Se ne rendeva conto ogni volta che avevano una nuova missione, ogni volta che Kaori veniva rapita, ogni volta che i suoi nemici se la prendevano con lui credendola la sua donna.

Ma lei non si lamentava mai, rimaneva tenacemente al suo fianco, pur conoscendo il suo passato, pur sapendo che le sue mani si erano sporcate di sangue tante volte, e non era più possibile ormai ripulirle del tutto.

Quella donna aveva deciso di sua spontanea volontà di assisterlo ogni giorno, di fargli da madre, da amica, da confidente, da moglie, senza mai pretendere niente, senza mai mettergli fretta, mettendosi anche da parte quando lo aveva ritenuto necessario, aspettando che si decidesse per otto lunghi anni.

Cosa poteva essere questo, se non amore?

E la cosa lo spaventava ancora, e lo avrebbe spaventato sempre perché era un sentimento che non aveva mai conosciuto prima, ma aveva deciso di essere onesto almeno con sé stesso e di ammettere che quella donna ormai gli era entrata sotto la pelle.

In punta di piedi, con la delicatezza e la leggerezza di una farfalla, senza un briciolo dell’irruenza e della presunzione di certe donne che pretendevano di cambiarlo da un giorno all’altro, aveva abbattuto le barriere invisibili che lui aveva eretto negli anni tra sé e gli altri.

L’aveva rieducato all’amicizia, all’affetto, alla fiducia…all’amore.

E gli venivano i brividi se ci pensava, ma loro due erano legati da un filo invisibile ma talmente presente che a volte se ne stupiva lui stesso, e che andava al di là della vita e della morte.

Una donna si avvicinò a lui ancheggiando.

Era vestita da Cat Woman, con un costume nero talmente attillato e scollato da non lasciare praticamente niente all’immaginazione.

“Ciao, bel gattone…mi faresti sentire i tuoi artigli sulla mia pelle?”

Aveva deciso di vestirsi da Wolverine degli X-men, senza nemmeno sapere perché.

O forse il perché lo sapeva fin troppo bene.

Forse aveva scelto quel costume perché aveva sentito una conversazione tra Miki e Kaori, una volta, nella quale la sua partner aveva detto che uno come Logan era il suo uomo ideale.

Un uomo selvaggio, impulsivo, testardo…

Squadrò la donna davanti a lui, provando quasi compassione per lei.

Credeva che avrebbe potuto avere il mondo ai suoi piedi solo perché aveva un bel corpo e un viso sapientemente truccato.

Ma non aveva capito che il mondo è delle donne semplici, di quelle intelligenti e dolci, di quelle che magari non si sanno truccare ma che sono sempre disposte a tendere una mano a chi ne ha bisogno, senza chiedere niente in cambio.

Delle donne che non si comportano da novelle principesse sul pisello.

Delle donne dignitose e orgogliose e testarde.

Delle donne come Kaori.

L’intensità del sentimento che provava per lei lo sconcertava.

Era circondato da belle donne, quella sera, eppure si era ritrovato diverse volte, inspiegabilmente, irrazionalmente, a far vagare il suo sguardo per tutta la sala alla ricerca di un paio di occhi castani che lo attraevano come una calamita.

Eppure sapeva che lei non ci sarebbe stata.

Aveva deciso di non accompagnarlo, accusando un forte mal di testa.

Il comportamento della donna era strano, molto strano.

Ma si fidava di lei, e sapeva che dietro ogni sua azione c’era un motivo ben preciso.

Gli restava solo da aspettare la sua prossima mossa.

Cat Woman gli posò la mano sul petto, accarezzandogli i pettorali attraverso il costume giallo che indossava.

Le scostò la mano, educatamente ma fermamente, e si allontanò da lei, piantandola nel bel mezzo del salone.

Era dura essere un figone innamorato, si ritrovava costretto a spezzare centinai di cuori…

Si guardò attorno cercando i suoi amici.

Mick, con la leggendaria “S” stampata a caratteri cubitali sul petto e un ridicolo mantello rosso, cercava di adescare una Wonderwoman, mentre Kazue, dall’altro lato del salone, prendeva la mira per schiantare sul cranio del suo ignaro e povero amico un martellone di qualche tonnellata di peso.

Il Doc offriva lavoro come sue assistenti ad un paio di ragazze vestite da infermiere sexy.

Saeko ballava scatenata con un Elvis Presley dai capelli gelatinati e l’immancabile ciuffo.

Quando localizzò Miki e Umi, non potè fare a meno di scoppiare a ridere.

Un povero Re Sole si era piazzato davanti ad una imbarazzata Miki e le stava offrendo da bere.

Accortosi della situazione, Umi si era avvicinato all’uomo, toccandogli la spalla per farlo voltare verso di lui.

Quando lo fece e si accorse della stazza dell’ex mercenario, l’uomo impallidì, e fu davvero sul punto di svenire quando, a voce alta e minacciosa, Umi gli disse: “Io ti spiezzo in due.”

Ma quello non era Ivan Drago in Rocky III?, si chiese Ryo.

Comunque, fu sufficiente perché l’uomo scappasse letteralmente a gambe levate.

Sorridendo, Ryo decise che era ora di prendere una boccata d’aria.

Per fortuna il salone era dotato di un ampio balcone, così, approfittando di un momento in cui tutti erano in pista a ballare, si defilò silenziosamente.

Proprio mentre stava per uscire, però, Ryo si bloccò.

Aveva visto qualcosa sul pavimento.

Era uno scialle dorato, finemente ricamato.

Lo raccolse e lo portò al viso, annusandolo.

Ebbe l’assurda sensazione che fosse impregnato del profumo di Kaori.

Adesso ne sentiva anche il profumo…era davvero senza speranza…

Chissà chi l’aveva perso.

Non appena superò le finestre aperte e mise piede sul balcone, ottenne la risposta alla sua domanda.

Una donna era poggiata alla ringhiera di ferro battuto e gli dava le spalle.

Era vestita da zingara.

Aveva lunghi capelli scuri e indossava una lunga e ampia gonna sfrangiata e una blusa bianca che le lasciava una spalla scoperta.

Si avvicinò a lei, inspiegabilmente attratto da quella donna di cui riusciva a scorgere appena il profilo alla luce della luna.

“Credo che abbia perso qualcosa, Zingara.”

La donna si voltò, e il cuore gli balzò letteralmente in gola.

Ecco perché gli era sembrato di conoscerla da sempre…

E così era questo, che quella streghetta strava tramando…

Le sorrise, e nel calore che lesse nel suo sguardo Kaori seppe che lui l’aveva riconosciuta.

Ma non le importava, anzi ne era contenta.

Quando vide il costume di Ryo, a Kaori venne quasi un infarto.

Cavolo, quel personaggio gli si addiceva alla perfezione…

“Mi scusi, è dall’inizio della festa che continuo a perdere il mio scialle. La ringrazio.”

Ryo ignorò la sua mano tesa e le poggiò lo scialle direttamente sulle spalle.

Kaori si lasciò cullare dal calore di quel gesto e ancora di più dalla consapevolezza che questa volta erano entrambi ben coscienti del ruolo che stavano recitando in quel sottile e tenero gioco.

“Lei prevede il futuro, Zingara?”

La donna gli sorrise.

“Nessuno può farlo. Però posso leggerle la mano, se vuole.”

Ryo le tese la mano.

“La prego, lo faccia.”

Kaori afferrò la sua mano, voltandola con il palmo verso l’alto.

Poi, con la punta dell’indice, cominciò a percorrere le linee marcate del suo palmo, sentendo sotto le dita le piccole cicatrici e i calli provocati dal fatto che lui impugnasse un’arma praticamente ogni giorno.

La donna si stupì di quanto il solo toccare una semplice mano potesse suscitarle tante emozioni.

Non aveva mai accarezzato Ryo in quel modo, non ne aveva mai avuto il coraggio, perché temeva il suo rifiuto.

Ma adesso lui sapeva chi lei fosse, e nonostante tutto non si era ritratto, anzi la guardava con una luce negli occhi che non gli aveva mai visto prima.

“Che cosa ti dicono le mie mani, Zingara?”

Era passato dal “lei” al “tu” da un momento all’altro. Non c’era più bisogno di inutili formalismi, ormai.

“Sai, Wolverine, le mani di una persona possono dire tante cose. Vedo dei calli sulle tue dita, quindi presumo che tu sia abituato ad impugnare pistole o altre armi. Hai delle mani robuste e forti, e con un pugno potresti stendere un uomo. Ma sono sicura che con queste stesse mani saresti in grado di accarezzare con estrema dolcezza il volto di un bambino.”

“Oppure quello di una donna”, disse lui con voce roca, accarezzandole il viso con il dorso della mano libera.

Kaori non aveva mai sperimentato un’emozione così forte.

Le gambe sembravano essere diventate di gelatina, il cuore le batteva forte nel petto e le sue guance si erano colorate di un rossore naturale che non aveva niente a che vedere con trucchi e fondotinta.

Rischiare la vita ogni giorno, impugnare pesanti martelloni per punirlo, aspettarlo otto lunghi anni…

E quel semplice gesto le aveva fatto capire che ne era valsa la pena, aveva cancellato in un secondo rabbia, dolore, gelosia, lasciandole solo una sensazione di languore e di soddisfazione in tutto il corpo.

“Le vedi queste linee che solcano la tua mano? Ognuna ha un significato particolare.”

Gli accarezzò la più marcata delle linee.

“Questa è la linea della vita. Nel tuo caso è irregolare, il che vuol dire che la sopravvivenza non è scontata, per te. Devi batterti ogni giorno per conquistarti il futuro, per restare in vita, per sopravvivere per la persona che ami…”

Quando sentì quell’ultima frase, Ryo avvertì un bisogno impellente di abbracciarla e di baciarla, perché quella era davvero una donna speciale.

Però per quello aveva tutto il tempo…adesso voleva giocare un altro po’, prima di gettare finalmente la maschera e arrendersi all’evidenza dei fatti.

“Tuttavia la tua linea della vita è anche molto marcata. Questo significa che hai voglia di vivere, che hai trovato un senso alla tua vita.”

Era vero, pensò Ryo.

Prima di conoscere Kaori, vivere o morire non aveva differenza, per lui. Non aveva niente da perdere, e pensava che, se mai ci fosse stata una vita dopo la morte, sicuramente sarebbe stata migliore di quella in cui lui viveva. E se non ci fosse stata, comunque la morte avrebbe rappresentato la fine di tutte le sue sofferenze terrene, quindi in ogni caso la morte non gli faceva paura.

Ma da quando aveva conosciuto quella donna così forte, così tenace, testarda, affettuosa, dolce e intelligente, la vita aveva acquistato un valore diverso, per lui.

Voleva vivere.

Lo desiderava con tutte le sue forze, e ogni volta che usciva vivo da un missione e rivedeva il volto di Kaori, magari tirato e preoccupato per lui, ringraziava il Cielo che gli aveva concesso una seconda opportunità.

Era vero, aveva trovato un senso alla sua vita.

Essere City Hunter dava un senso alla sua vita, ma era Kaori che rendeva la sua vita davvero degna di essere vissuta fino all’ultimo secondo che gli fosse stato concesso.

La osservò, mentre lei tracciava con l’indice un’altra linea della sua mano.

“Questa è la linea del destino. Questa linea non si rivela in tutte le mani, sai. La maggior parte della gente non la possiede, e la sua mancanza indica una vita priva di rilevanza. Ma la tua linea del destino è molto marcata, quasi incisa. Questo significa che il tuo è un destino che ti porta a compiere nobili azioni, che tu sei necessario e anzi indispensabile a molte persone. È un destino duro da accettare, e tu stesso a volte vorresti sottrarti da esso. Ma quando vedi il sorriso e il riconoscimento sul volto delle persone che aiuti, capisci che al proprio destino non si può sfuggire, e che forse tu sei nato appositamente per aiutare chi è in difficoltà. Hai una sorta di missione da compiere in questa vita, ma vedo anche che non sei solo. Ci sono persone che ti vogliono bene, persone a cui sei accomunato da una vita difficile e da un futuro incerto, ma anche da un affetto per il quale tu daresti la vita per loro e loro darebbero la vita per te. Siete una sorta di stramba famiglia, insomma.”

Ryo sorrise, pensando ai suoi amici.

Mick, Saeko, Miki, Umi, il Doc, Kazue, e lo stesso Makimura…Kaori aveva ragione, erano una famiglia, ormai.

A parte scherzosi litigi e gelosie varie, l’amicizia che lo legava a quelle persone speciali era un sentimento che non aveva mai conosciuto prima.

In guerra era abituato a non affezionarsi mai a nessuno per evitare di soffrire nel caso in cui la morte se li fosse portati via, ma adesso aveva capito che un uomo senza amici è spaventosamente solo.

E questa lezione l’aveva capita grazie ad una persona, che pazientemente gli aveva mostrato come ci si relaziona con gli altri.

Chiuse la mano, intrappolando nel suo palmo quella sottile di Kaori.

Con il pollice accarezzò la sua pelle diafana e, senza che nessuno dei due se ne rendesse conto, le loro dita si intrecciarono lentamente.

“E dell’amore, Zingara? Cosa mi dici dell’amore?”

Si sorrisero nell’oscurità, complici come non lo erano mai stati prima.

Ryo riaprì la mano, mentre Kaori gli indicava un’altra linea.

“Questa è la linea dell’amore. Dalla sua conformazione mi sembra di capire che sei sempre stato un tipo un po’ allergico, all’amore. Pensavi che l’amore ti rendesse debole, che fosse un sentimento di cui potevi benissimo fare a meno. Ti sei sempre accontentato di relazioni brevi, basate più sull’attrazione fisica che sul sentimento. Nonostante questo vedo una donna, nella tua vita. Un donna che non è mai stata una tua fiamma, ma che è al tuo fianco da tanto tempo. Credo si tratti della tua socia in lavoro. Questa donna ti aspetta da otto anni, e crede di meritare finalmente un po’ di felicità. Questa donna crede che tu meriti finalmente un po’ di felicità.”

Kaori aveva deciso di giocare il tutto per tutto, così gli aveva rivelato quello che pensava da tanto, troppo tempo.

Ryo rimase in silenzio, e lei lo capiva.

Aveva bisogno di tempo, per metabolizzare quello che lei gli aveva fatto comprendere.

Poteva sembrare superficiale e distratto, ma lei sapeva che Ryo rifletteva molto, prima di fare determinate cose che riguardavano anche lei.

Così gli lasciò la mano, sorridendogli.

“Oh, naturalmente queste sono pure congetture. Ora sta a te, decidere quanto la tua mano rispecchi davvero quello che sei, Wolverine.”

Ryo le sorrise di rimando.

Era rimasto molto colpito dalle ultime parole di Kaori.

Aveva parlato con il cuore, tanto che aveva percepito la sua anima in ogni sillaba che lei aveva pronunciato.

Aveva parzialmente calato la maschera, svelandogli una parte dei suoi pensieri e delle sue convinzioni.

Le mise due dita sotto il mento, facendole sollevare il viso verso il suo.

Si dice che gli occhi sono lo specchio dell’anima, e lui in quelle iridi castane ebbe davvero l’impressione di essere riuscito a scorgere uno scorcio della sua anima.

Abbassò il viso, sfiorando le labbra della donna con le sue.

Fu un leggero sfiorarsi di bocche, un bacio per nulla passionale, ma fu sufficiente per fargli perdere la testa.

Doveva allontanarsi da lei, doveva riflettere bene, prima di rischiare di fare un passo più lungo della gamba.

Si avvicinò alla ringhiera, poggiando i gomiti sul parapetto e dandole le spalle.

Rimase così, in silenzio, a guardare distratto le luci della città in lontananza.

Quando si voltò, scoprì di essere rimasto solo sul balcone.

Sorrise, senza preoccuparsene più di tanto.

Sapeva dove trovarla.

Poi il suo sorriso si allargò ancora di più, quando vide lo scialle di Kaori negligentemente abbandonato per terra, ancora una volta perso dalla sua sbadata partner.

Lo raccolse, poi tornò dentro e salutò i suoi amici.

Non aveva più senso rimanere a quella festa.

Si incamminò a piedi, visto che all’andata Mick gli aveva dato un passaggio ma adesso l’americano non intendeva rinunciare ad un ultimo ballo con la sua Kazue.

Meglio così, aveva voglia di fare due passi.

Calmo, senza fretta, raggiunse il loro appartamento.

Quando entrò in casa, lo accolsero un calore e una pace di cui ormai non poteva più fare a meno.

Quello era il primo luogo che poteva davvero definire “casa”.

Ricordò una frase che aveva letto in casa di un suo vecchio amico americano, quando era andato a trovarlo un paio di anni prima.

“A house is made of bricks and stones but a home is made of love alone”.

Una abitazione è costruita con mattoni e pietre, ma una casa è costruita soltanto con l’amore.

L’amore con cui ogni giorno Kaori riempiva ogni spazio di quel piccolo appartamento.

Strappò un foglietto dal block notes accanto al telefono e ci scarabocchiò sopra qualche frase, vergognandosi un po’ della sua calligrafia irregolare, quasi infantile, a differenza di quella precisa e sottile di Kaori.

Poi salì le scale, fermandosi davanti alla porta della camera di lei.

Era leggermente socchiusa, così la spinse un po’ e si intrufolò nella stanza.

La donna era stesa sul letto, coperta solo da un pigiama in cotone e un leggero lenzuolo, e fingeva di dormire.

Ryo sorrise nel buio, poi poggiò lo scialle e il bigliettino ripiegato sopra il comodino accanto al letto.

Le diede un leggero bacio sui capelli e lasciò la stanza.

Non appena sentì lo scatto della porta che si chiudeva, Kaori si tirò a sedere sul letto, e accese l’abat-jour.

Vide lo scialle posato sul comodino e si ritrovò a sorridere senza nessun motivo particolare.

Forse quello scialle le aveva ricordato un altro episodio, in cui si era ritrovata magicamente un paio di orecchini nella tasca dei suoi jeans e si era convinta che fosse solo un caso…

Lasciando da parte i ricordi nostalgici, afferrò il bigliettino, lo aprì e lo lesse.

“Una Zingara oggi mi ha detto che ti meriti un po’ di felicità, e che me la merito anche io. Sai, ho deciso che quella donna sapeva il fatto suo e che aveva ragione. Tu cosa ne pensi?”

Kaori lanciò un gridolino di gioia pura e istintiva.

Fuori dalla stanza della donna, un uomo, ancora vestito con un attillato costume giallo, sorrise dolcemente.

Quando Kaori indossò la vestaglia e uscì in fretta e furia dalla sua stanza, però, non ci trovò nessuno.

Anche la stanza di Ryo era vuota.

Salì le scale che portavano sulla terrazza, mentre il suo cuore aumentava il ritmo ad ogni scalino.

Quando arrivò davanti alla porta socchiusa, dovette fermarsi.

Si poggiò una mano sul cuore, quasi timorosa che prendesse il volo, e tirò un lungo sospiro.

Poi aprì la porta e lo vide immediatamente.

Le dava le spalle e aveva un bicchiere di spumante in mano, mentre la bottiglia era poggiata per terra, accanto a lui.

Indossava ancora quel fantastico costume giallo, e visto da dietro, non era davvero niente male…

Kaori non si stupì né si vergognò dei suoi pensieri audaci.

Era pur sempre una donna adulta, che cavolo!!

Lo raggiunse, issandosi sul parapetto e sedendosi proprio di fronte a lui.

Ryo sollevò la sguardo e i loro occhi si incrociarono.

Kaori gli sorrise, con un pizzico di malizia che lo deliziò.

“Sai, questo costume ti sta davvero benissimo. Ho sempre pensato che uno come Wolverine potesse essere il mio uomo ideale.”

“Lo so.”

“Lo sai?”

“Sì, l’ho scelto apposta.”

Kaori rimase un attimo in silenzio.

“Ryo, da quando ascolti le mie conversazioni con Miki?”

L’uomo scoppiò a ridere.

“Da sempre, mia cara. Quindi d’ora in poi stai attenta a non parlare di altri uomini, attori compresi. Sono geloso io, non lo sapevi?”

La prese per la vita, avvicinandola a sé e sistemandosi fra le sue gambe leggermente divaricate, in modo che i loro visi fossero alla stessa altezza.

Kaori gli prese il viso tra le mani, poggiando la sua fronte contro quella di lui e chiudendo gli occhi.

Aspettò qualche secondo, ma non successe niente.

Non avrebbe dovuto baciarla, arrivati a quel punto???

Riaprì gli occhi confusa, ritrovandosi davanti il ghigno sornione di Ryo.

“Non devo essere sempre io a baciarti, sai? Guarda che adesso puoi anche prendere l’iniziativa, Kaori. Wolverine è tutto tuo…”, aggiunse poi a bassa voce al suo orecchio.

Inutile dire che Kaori assunse una preoccupante tinta bordeaux.

Ryo sorrise, intenerito.

Non sarebbe cambiata mai.

Le prese delicatamente il volto tra le mani, baciandola leggermente.

Kaori rispose, con una istintività inesperta che gli fece perdere la testa.

Premette le sue labbra contro quelle della donna con passione crescente, mentre intrecciava le mani tra i suoi corti capelli rossi.

Kaori gli circondò il collo con le braccia e, quando il bacio ebbe fine per impellente necessità di ossigeno, nascose il suo volto contro la spalla di Ryo.

Doveva dire o fare qualcosa?, si chiese l’uomo.

Non era bravo con le parole, ma forse Kaori aveva bisogno di sentire quelle due paroline uscire dalle sue labbra.

Poi però la guardò, rannicchiata contro il suo petto, e decise che non ce ne sarebbe stato bisogno.

Tra loro non erano necessari formalismi e dichiarazioni varie, perché si parlavano con i fatti, e con gli occhi.

E poi, quando Kaori alzò il volto e lo fissò sorridendo felice, Ryo seppe che lei sapeva.

La afferrò per le anche, gettandosela sulla spalla come un sacco di patate.

“Ryo???? Ma che diavolo fai???”

“Non avevi detto che ti piacevano gli uomini selvaggi e un po’ primitivi?”

“Ho capito, ma così più che Wolverine mi sembri tanto Tarzan!!!”

“Ma sei io sono Tarzan, tu chi saresti, scusa?”

“Beh, Jane, è logico.”

“Mmmmh…io ti ci vedo più come Cita.”

“Ryoooooooooooooooooo!!! Sei sempre il solito, non camb…mmmm…”

Ryo aveva efficacemente silenziato la sua donna.

La gettò sul letto, da vero uomo delle caverne, poi chiuse la porta della sua camera alle sue spalle, porta che si riaprì solo il giorno dopo, a pomeriggio inoltrato.

Sulla terrazza, accanto ad una bottiglia di spumante, uno scialle ricamato svolazzava al vento, disegnando fantasiosi arabeschi che profumavano di felicità.



FINE



Ringrazio Giorgia, che mi ha lasciato un commento sul sito, e Helen che mi ha mandato una gentilissima mail. Vi ringrazio tanto, e spero che questo seguito non vi abbia deluse! Un bacione e alla prossima.
  
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