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Autore: Essemcgregor    31/10/2012    4 recensioni
Smythofsky Student/Teacher.
David Karofsky non avrebbe mai creduto un giorno di ritrovarsi dietro una cattedra ad insegnare in una scuola privata maschile, soprattutto non pensava di poter insegnare in QUELLA scuola.
E proprio lì, nella prestigiosa Dalton Accademy, incontra Sebastian Smythe, studente non proprio modello.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Sebastian Smythe, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Best friend

 
C’erano quei momenti in cui il tempo sembrava fermarsi, in cui i secondi e i minuti diventano ore e l’attesa diveniva snervante, quasi insopportabile.
Erano chiusi dentro il camerino da non si sa quanti minuti, ovviamente ci sarebbe stata la pausa, la votazione e poi la proclamazione dei vincitori, ogni anno era così.
Rachel era tesa, passeggiava avanti e dietro torturandosi le mani, Dave era seduto dalla parte opposta della stanza, rispetto a Sebastian, ogni tanto incrociava il suo sguardo ma nessuno dei due sorrideva.
Blaine e Kurt erano seduti su una poltroncina, entrambi fissavano il vuoto, mentre Brittany e Santana parlottavano in un angolo.
Solo le due ragazze sembravano apparentemente tranquille, sebbene la tensione si potesse leggere negli occhi della ispanica. Solo la biondina sembrava proprio spensierata.
Dave si alzò rapidamente da dove era seduto, non riusciva più a stare fermo e Rachel che passeggiava avanti e dietro cominciava a mettergli ansia.
- Miss Berry si sieda per favore.-
Rachel guardò Dave, stupita per l’appellativo, rimase ferma al centro della stanza, fino a che l’altro non la trascinò a sedere dove prima era seduto lui.
La porta si aprì di scatto facendo sobbalzare tutti, la testa del presentatore fece capolino nella stanza, fissò i volti dei ragazzi e sorrise.
- Le premiazioni stanno per avere luogo, vi prego di accomodarvi sul palco.-
Fu difficile far mantenere la calma, i ragazzi erano talmente tesi che quasi rischiavano di inciampare nei loro stessi piedi mentre si alzavano, raggiunsero la porta e si accalcarono per uscire. Uno schiocco di dita di Santana richiamò l’attenzione di tutti, guardò i ragazzi ad uno ad uno, sbuffando.
- Perché non provate ad uscire uno per uno? Magari ci riuscite.-
I ragazzi si guardarono in imbarazzo, sistemarono le giacche ed uscirono uno per uno, con calma.
Brittany saltellò dietro Santana e gli ultimi a lasciare la stanza furono il supplente e Sebastian. Kurt e Blaine lanciarono un’occhiata a Dave, mentre si preoccuparono di trascinare Rachel fuori dalla porta per lasciarli da soli. Avevano a disposizione qualche secondo prima che le premiazioni cominciassero.
Sebastian si avvicinò a Dave sorridendo, sfiorò la sua mano delicatamente posando un leggero bacio sulle sue labbra. Il supplente si guardò intorno preoccupato, tranquillizzandosi quando vide la porta accostata.
- Allora… ti siamo piaciuti?-
La mano di Dave afferrò quella di Sebastian sorridendo.
- Sì mi siete piaciuti, ma tu più di tutti gli altri.-
Avrebbe voluto stringerlo, baciarlo. In quei giorni a malapena si erano parlati, incontrarsi a scuola era diventato pericoloso e poco sicuro. Lo studente parve leggere i suoi pensieri, si avvicinò all’altro cingendo i suoi fianchi con le mani e tirandolo a sé lentamente. Quando le sue labbra si posarono su quelle dell’altro, fu come una continua esplosione di fuochi d’artificio. Dave posò le mani sul suo petto, non potendo evitare di farsi trascinare contro la porta. Grugnì quando la schiena urtò la maniglia, grugnito che fu soffocato da un altro bacio dell’altro, sempre più appassionato.
- Mi sei mancato.-
Le parole di Sebastian fecero sorridere il supplente, buttò le braccia intorno al suo collo e prese a baciarlo con più foga di prima. Le mani di entrambi erano desiderose di altro, i respiri di entrambi si fecero più pesanti. Fu Dave il primo a ritornare lucido. Spinse via Sebastian, con delicatezza, cercando di non cedere alla tentazione di non smettere.
Quando la campanella risuonò per il teatro, entrambi tornarono alla realtà, lo studente sbuffò ed uscì dalla stanza di corsa, non prima di aver dato un altro bacio al supplente, che rimase nel camerino ancora per un po’.
Quando uscì, si avviò velocemente sul palco, dove il gruppo di Warblers lo aspettava con ansia. Rachel e gli altri erano tornati in platea, sembrava che tutti loro avessero il fiato sospeso in attesa del verdetto.
Quando il presentatore si fermò al centro del palco, gli occhi di tutti si posizionarono su di lui, poco dopo li raggiunsero i giudici, che si spostarono ad un lato del palco, accanto al tavolo dei trofei.
Una piccola presentazione fu poi seguita da un rullo di tamburi, rullo che fu accompagnato dal battito cardiaco di tutti i ragazzi del Glee.
Il terzo classificato, come era prevedibile, era il Glee di una scuola privata nei pressi di Toledo, erano un coro polifonico piuttosto bravi a cantare i loro pezzi, ma la mancanza di coreografia era inevitabile che li penalizzasse molto. Sebastian applaudì educatamente, applauso che fu seguito da tutti gli altri Warblers.
Dave chiuse per un attimo gli occhi, lanciò uno sguardo a Blaine e Kurt in platea, i due ricambiarono il suo sguardo alzando due pollici in aria. Ma come facevano ad essere così tranquilli?
- Quest’anno è successa una cosa che di rado succede, l’ultima volta se non sbaglio, accadde molti anni fa, sempre ad uno dei Glee presenti in questa competizione.-
Aprì la busta lentamente, Sebastian non capiva, aggrottò le sopracciglia e incrociò lo sguardo di Dave, che ricambiò con la stessa medesima confusione. Deglutì guardando il presentatore, che dopo aver letto i nomi sul foglietto, sorrise verso la platea.
- Il Primo posto spetta a…-
Altro rullo di tamburi, Dave era quasi sicuro di dare di matto se avesse sentito nuovamente quel sono, era snervante e irritante.
- Ai Warblers della Dalton Accademy e alle Crawford Girls della Crawford Country Day!-
Dave deglutì di nuovo e spalancò la bocca per la sorpresa, entrambi i Glee si ritrovarono a festeggiare, mentre venne anche nominato il Glee che si era guadagnato il secondo posto, ma nessuno di loro ne sentì il nome. Il trofeo fu consegnato alle ragazze, con grandi occhiate di disapprovazione da parte dei ragazzi. Sebastian si fece avanti per stringere la mano della capo gruppo delle Crawford, la ragazza ricambiò sorridendo, un sorriso falso e quasi maligno.
- Allora sapete cantare e mettere insieme due passi di danza decenti.-
La frase della Crawford venne accolta da un grosso sorriso da parte di Sebastian.
- Stupita, gioia? Marilyn Monroe si sarà rivoltata nella tomba per la vostra esibizione, invece.-
La battuta fece ridacchiare la ragazza.
- Ho saputo che la famosa Rachel Berry vi ha dato una mano a prepararvi per la competizione, almeno noi siamo in grado di raggiungere un buon risultato senza l’aiuto di una super star di Broadway.-
Il Warblers fu rapidamente raggiunto da Thad e Jeff che guardarono la Crawford Girl con un certo astio negli occhi.
- Hai assolutamente ragione, veramente abbiamo provato anche noi a mettere in mostra le nostre grazie, ma come ben vedi non siamo molto forniti.-
Indicò il suo corpo con un sorriso.
- A parte Trent, ma lui è appetibile solo per pochi intenditori. Sono proprio curioso di vedere cosa improvviserete per le Nazionali, di sicuro risparmierete molto sui costumi.-
La ragazza fece per parlare, forse l’ultima frase l’aveva davvero punta sul vivo, o forse no. Preferì non scoprirlo.
- Risparmia le parole dolcezza, vi lasciamo anche quel pezzo di latta che voi chiamate “trofeo”, preferiamo festeggiare e stringere tra le mani, quello che vinceremo alle Nazionali.-
Salutò la ragazza ammiccando, allontanandosi seguito dai due Warblers. Non fece in tempo a muovere qualche passo che la voce di una ragazza lo fece fermare, ma non chiamava lui, chiamava qualcun altro.
- Jeff… posso parlarti?-
Era carina: bionda occhi azzurri, con quel trucco magari esagerato che non le stava proprio bene. Doveva saperlo anche lei visto il modo in cui sembrava essere a disagio. Mosse alcuni passi verso il gruppo dei tre, Jeff fece per voltarsi e riprendere a camminare, ma fu costretto da Sebastian a rimanere e ascoltare cosa la ragazza aveva da dire. Dave mosse alcuni passi verso di loro, gli altri Warblers erano tornati saltellando in camerino, Sebastian si voltò verso di lui, lasciando Jeff da solo con la ragazza. Thad lo seguiva da dietro come un cagnolino, cosa che infastidì l’altro.
- Il tempo di cambiarvi e possiamo andare.-
Dave avvisò lo studente lanciando anche un’occhiata all’altro Warbler, voltò loro le spalle e si avviò verso Kurt e Blaine che aspettavano ai piedi del palco.
Avrebbe voluto sapere cosa avevano scoperto, il problema era la presenza delle altre tre ragazze che cominciarono ad insistere per andare a mangiare qualcosa insieme. Dopo tutto se i Warblers avevano vinto era stato anche merito loro. Il supplente non poté rifiutare, annuì sorridendo e li seguì verso l’uscita del teatro. Sapeva che gli occhi di Sebastian erano incollati su di lui, nonostante tutto decise di non ricambiare il suo sguardo. Avrebbe avuto tempo e modo per parlare con lui più tardi, almeno lo sperava.
 

 
 
La cena fu consumata in uno dei ristoranti più chic di Westerville, era stata poi gentilmente offerta da Rachel, per festeggiare il suo ennesimo successo a Broadway. Kurt e Blaine avevano confermato che era stata grandiosa, aveva avuto la parte della protagonista nel “Fantasma dell’Opera”, che lui ovviamente, non sapeva neanche di cosa parlasse.
- Allora se vuoi te lo posso riassumere in breve.-
Rachel era così entusiasta che non riuscì a dirgli di no, soprattutto dopo aver notato le occhiatacce annoiate di Santana, Kurt e Blaine. Brittany era rimasta a sentirla facendo di tanto in tanto qualche domanda, mentre gli altri preferirono parlare della vittoria dei Warblers. Dave a malapena ascoltò ciò che Rachel aveva da dire, si ritrovò ad annuire ad ogni cosa, lasciando a Brittany l’onore di fare domande, concentrandosi su ciò che i suoi amici avevano da dire sul gruppo di studenti.
- Hanno talento non lo nego, ma potrebbero fare di meglio.-
Blaine sorrise orgoglioso, alle sue parole seguì un cenno di assenso di Kurt e una smorfia di Santana.
- Penso siano stati molti bravi, quel Smythe sa come dirigere il gruppo e la sua lingua tagliente non mi dispiace.-
A quanto pare anche loro avevano seguito il battibecco tra il solista e l’avversaria.
- Forse pecca un po’ troppo di superbia, potrebbe portare il gruppo a sottovalutare la prossima sfida.-
Il dubbio di Kurt fu seguito da un cenno di assenso dell’Ispanica, Dave si morse il labbro inferiore, avrebbe voluto ribattere ma doveva ricordarsi che solo Kurt e Blaine sapevano di lui e Sebastian e rispondere con Santana presente, avrebbe attirato su di lui l’attenzione della ragazza e sicuro come la morte, avrebbe scoperto tutto.
Non era riuscito a nasconderle di essere gay, dubitava di poterle nasconderle altro.
- Tutto bene Dave?-
L’ispanica inarcò un sopracciglio, anche Rachel smise di parlare guardando il ragazzone, preoccupata. Gli sguardi degli altri due si posarono su di lui, li guardò allarmato uno per uno, probabilmente era caduto nel suo solito stato di trance.
- No, no. Tutto ok. Sono solo un po’ stanco.-
Nessuno di loro ebbe nulla da dire, stranamente neanche Santana, che però guardò Dave, perplessa. Il supplente si lasciò scivolare ad un dolce torpore, sopportando con pazienza la fine della cena, desiderando di essere a casa in quel preciso istante. Rachel voleva aggiornarli tutti sul suo rapporto a distanza con Finn e Dave poté staccare il suo cervello, le emozioni di quel giorno erano state davvero troppo per lui. Si accorse di tenere a quel gruppo di ragazzi più di ogni altra cosa e le tensioni di quei giorni, le aveva subite come le avevano subite loro.
Quando finirono la cena raggiunse rapidamente la sua auto, Kurt e Blaine avrebbero riportato le ragazze a Lima, perciò neanche in quel momento sarebbe stato possibile parlare da soli.
Mise in moto la macchina sospirando, cercando di placare la sua curiosità crescente e partì velocemente verso Lima.
Rientrò in casa che era mezzanotte passata, posò le chiavi sul tavolinetto all’ingresso senza far rumore, spostando il suo sguardo verso l’unica fonte di luce che proveniva dal salotto: il televisore era acceso ed una figura sdraiata sul divano, respirava rumorosamente.
Il supplente si avvicinò lentamente senza far rumore, suo padre dormiva sdraiato su un fianco, indossava il pigiama e sotto il braccio teneva fermo il telecomando, doveva sicuramente essere crollato mentre aspettava il suo ritorno. Da quando aveva saputo del matrimonio improvviso con Melina, non si erano più parlati. Lui rincasava tardi apposta per non incrociare nessuno dei due, ed usciva presto la mattina riuscendo a malapena a salutarli. Per quanto Paul si sforzasse, non riusciva mai a prenderlo in disparte per parlargli e quello era l’ennesimo tentativo andato a male.
Si sentì leggermente in colpa per quel suo comportamento, cominciava a vederne l’ingiustizia, mentre l’uomo aprì e chiuse la bocca come per dire qualcosa, nel sonno.
Prese una coperta di pile da dentro il baule nella sua camera e la portò di sotto, posandola delicatamente su di lui, spense il televisore e ritornò in camera, senza far rumore.
Suo padre per lui c’era sempre stato, lo aveva difeso a spada tratta da sua madre, lo aveva supportato al liceo quando fu decretato responsabile degli attacchi di bullismo contro Kurt. Lo aveva giustificato e difeso più che poteva, non riuscendo a credere che suo figlio, il suo ragazzo, avesse fatto una cosa del genere. Aveva sempre creduto in lui, lui invece cosa stava facendo? Lo stava abbandonando in un momento delicato. S’infilò sotto le coperte cercando di soffocare i sensi di colpa, non aveva diritto di comportarsi in quel modo, non aveva diritto di arrabbiarsi, dopo tutto Paul aveva ancora una vita da vivere e non doveva di certo giustificarla con lui.
Si addormentò pensando a cosa avrebbe detto il giorno dopo, a come chiedergli scusa per il comportamento scorretto delle ultime due settimane. Si rigirò a pancia in giù, chiudendo gli occhi, era inutile pensarci in quel momento, sperava solo di non esser arrivato a quella conclusione, troppo tardi.
Inutile dire che la notte la passò nella completa agitazione, agitazione che aumentò quando si risvegliò il giorno seguente ad un orario improponibile e soprattutto, trovandosi solo in casa. Di suo padre, nemmeno la traccia. Provò a chiamarlo al cellulare e quando lo sentì suonare in casa, comprese che l’aveva dimenticato a casa. Melina non rispondeva al suo, cosa che non fece altro che far aumentare la sua agitazione. Doveva calmarsi, prima o poi sarebbero tornati, ma cosa sarebbe successo se non fossero tornati affatto? Battè le mano contro la fronte, doveva smetterla di fare quei pensieri assurdi. Pranzò in cucina preparando un pasto al microonde, tenendo la tv accesa per cercare di non pensare, si concentrò sul telegiornale del giorno, con scarsi risultati. Non si mosse dalla cucina, facendo zapping per tutto il pomeriggio e tenendo il telefono a portata di mano in caso Melina avesse richiamato. La porta di casa si aprì tardo pomeriggio, suo padre entrò ridendo insieme a Burt, il padre di Kurt. Entrambi posarono diverse borse a terra, vicino il divano, a quanto pare erano andati a fare la spesa insieme. Di Melina nessuna traccia. Suo padre sembrava rilassato, cominciò a parlare con Burt di una qualche partita che sarebbe cominciata di lì a poco e dopo averlo lasciato seduto sul divano, si recò in cucina per prendere un paio di birre.
- Ciao papà.-
Il saluto di Dave fece sobbalzare l’uomo, che chiuse velocemente la porta della cucina e fissò il figlio con gli occhi sgranati. Di certo non si aspettava di vederlo lì, quello era chiaro, probabilmente non si aspettava nemmeno che gli rivolgesse la parola.
- Dave. -
Abbassò lo sguardo e tirò dritto verso il frigo.
- Possiamo parlare?-
Paul evitò accuratamente il suo sguardo, prese due birre dal frigo e fece per tornare in salotto costringendo Dave a sbarrargli la strada prima che potesse raggiungere la porta.
- Tipo… adesso?-
L’altro continuò a tenere lo sguardo basso, sospirò e cercò di oltrepassare il figlio.
- C’è Burt di là, ci stiamo preparando per guardare la partita, magari più tardi.-
La risposta gelida fu come un pugno allo stomaco ma decise di non demordere, rimase fermo dov’era, incrociando le braccia al petto.
- Per favore papà. È urgente.-
L’uomo posò le birre sul tavolo, si appoggiò poi contro di esso passandosi una mano sul volto.
- Quando per te è urgente, io devo essere disponibile. Quando invece sono io che voglio parlarti, non c’è urgenza che possa tenerti fermo un minuto.-
Il supplente sapeva che suo padre aveva ragione, che non era obbligato a stare a sentirlo, non dopo il modo in cui l’aveva trattato in quelle settimane. Deglutì a fatica cercando di non cedere, di non spostarsi da davanti la porta e di non lasciargli la via libera per fuggire nella stanza accanto. Sentì distintamente il televisore accendersi, il volume alzarsi, e la voce del telecronista, commentare il pre - partita.
- Hai ragione, non hai motivo per starmi a sentire ma… ti prego. Non andartene.-
Paul alzò lo sguardo incontrando finalmente gli occhi di Dave, ridusse le labbra ad una fessura, smorfia che l’altro non seppe come interpretare, fece il giro del tavolo rotondo e si sedette alla prima sedia che trovò, opposta al figlio.
- Siediti.-
Dave eseguì, passarono alcuni secondi di silenzio prima che cominciasse a parlare, secondi in cui Paul lo fissò senza abbassare più lo sguardo. Nei suoi occhi si leggevano chiari, i sentimenti che a quanto pare lo avevano attraversato in quei giorni: rabbia, dolore, magari delusione.
- Papà, sono stato un emerito idiota. Mi hai sempre sostenuto, difeso, hai sempre creduto in me. Io invece ho dubitato di te senza neanche lasciarti modo di spiegare.-
Paul fece per aprire bocca, ma Dave lo interruppe alzando la mano.
- So di non essere il figlio perfetto, di non meritarmi il tuo affetto e nemmeno il tuo perdono. Avrei dovuto capire che il tuo silenzio era giustificato dalla tua intenzione a non voler ferire i miei sentimenti e l’ho capito solo ora. Mi sento malissimo al pensiero di non essere stato un sostegno per te, di averti solo puntato il dito contro accusandoti di avermi tenuto nascosto questa relazione. Hai tutto il diritto di rifarti una vita, e sono felice che tu abbia scelto una donna fantastica come Melina. Vorrei…-
Alzò lo sguardo verso quello del padre.
- Vorrei chiederti scusa, farmi perdonare in qualche modo. Per me non sei solo un padre, sei il mio migliore amico. Mi sono comportato male sia come figlio, che come amico e questo mi distrugge dentro. So che non mi perdonerai, probabilmente non questa volta.-
Abbassò di nuovo lo sguardo, le mani sul tavolo che tremavano insieme al resto del corpo. Paul schiarì la sua voce, passarono alcuni secondi prima che parlasse, secondi che per Dave sembrarono eterni.
- Hai ragione, non sono obbligato a perdonarti e non lo farò.-
Qualcosa si spezzò dentro Dave, dopo tutto, se l’era cercata, ma il dolore di aver potuto perdere la fiducia di suo padre, aver perduto il suo affetto, cominciò a lacerarlo dentro.
- Perché non hai nulla da farti perdonare.-
Alzò rapidamente lo sguardo, Paul lo guardava sorridendo, quel sorriso intenerito e carico d’amore che solo un padre o una madre riesce a riservare al figlio. Si alzarono entrambi e in un attimo, finirono dritti nelle braccia dell’altro, singhiozzando rumorosamente. Dave ringraziò mentalmente Burt per aver alzato il volume del televisore, almeno i loro singhiozzi non si sarebbero sentiti nella stanza accanto.
- Non devi chiedermi scusa Dave, anche io ho sbagliato. Avrei dovuto dirtelo subito, farti partecipe di ogni cosa. Da quando sei andato via per New York, mi sono sentito abbandonato.-
Dave strinse ancora di più suo padre, entrambi sapevano il motivo per cui era andato via, non ci furono bisogno di altre parole, rimasero stretti in quell’abbraccio che diede il via ad un dialogo silenzioso che cancellò in un attimo il dolore e l’angoscia provati in quelle settimane.
- Allora…-
Paul sciolse l’abbraccio asciugandosi le lacrime, cosa che fece anche Dave.
- Vuoi farmi da testimone?-
Quella domanda lasciò l’altro interdetto per alcuni secondi, annuì poi con un piccolo sorriso. Il minimo che poteva fare quel giorno, era rimanergli accanto in quello che sperava, sarebbe diventato il giorno più bello della sua vita. Furono interrotti da qualcuno che spalancò la porta di colpo, Dave si voltò di scatto ritrovandosi faccia a faccia con Melina, lo sguardo perplesso che andava dall’uno all’altro. Il suo sorriso si aprì quando notò gli occhi gonfi e rossi dei due, giunse le mani al petto con un sorriso e indietreggiò lentamente.
- Ero venuta a prendere una birra per Burt, ma vedo che sto interrompendo qualcosa. Ripasso più tardi.-
Dave fermò Melina afferrandole la mano.
- Non andare. Devo… devo le mie scuse anche a te.-
Arrossì lasciando andare la mano dell’altra. La donna si avvicinò e senza dire nulla lo abbracciò dolcemente. Dave si chinò leggermente verso di lei per permetterle di cingergli il collo con le braccia, la donna lo strinse per alcuni secondi lasciandogli poi un sonoro bacio sulla guancia.
- Non mi devi nulla. Sono felice che le cose siano tornate a posto tra di voi. Spero tu mi possa accettare come tua… matrigna.-
Il sorriso timido sul volto di lei, venne ricambiato a pieno dall’altro.
- Matrigna suona male, di solito le matrigne sono cattive. Diciamo che diventi la mia nuova mamma.-
La donna si aprì ad una risata, alla quale si unirono anche gli altri due. Dave sentì un macigno levarsi dal cuore, sentì finalmente il calore avvolgerlo e per la prima volta, si sentì davvero a casa.
Si rese conto che casa non era solo un posto dove sentirsi sicuro, ma che casa diventava quel posto dove c’erano quelle persone in grado di farti sentire in quel modo e quel posto adesso era a Lima non a New York.
Lasciò che suo padre tornasse in salotto da Burt, aiutò Melina a preparare un paio di spuntini per loro due e corse poi di sopra a chiamare Sebastian. Era il primo e l’unico con il quale voleva condividere quella notizia.
Prese il telefono e compose il suo numero che ormai sapeva a memoria. Il telefono squillò a lungo prima che l’altro rispondesse, e quando rispose, gli sembrò affaticato: aveva il fiato corto, come se stesse correndo.
- Ciao Bas… ti disturbo?-
Sebastian non rispose se non dopo aver ripreso fiato.
- No figurati, ero ad allenamento.-
Il supplente rimase spiazzato, non sapeva che avesse allenamento di Sabato.
- Ci hanno imposto una sessione straordinaria perché alcuni di noi li hanno saltati ieri per via delle Regionali.-
Dave non indagò oltre, la voce di Sebastian era sempre la stessa e quando finì di riprendere fiato, tornò giocosa e scherzosa come sempre.
- Allora, qual buon vento? Di solito non mi chiami mai a quest’ora, hai deciso di provare il sesso telefonico?-
Dave si lasciò andare ad una risata.
- A quest’ora? Se avessi voluto una cosa del genere non credi ti avrei chiamato a notte fonda?-
Continuarono a parlare in questo modo per alcuni minuti, e ci volle tutta la forza di persuasione di Dave per convincere l’altro a cambiare discorso, riuscendo finalmente a raccontargli cosa era successo poco prima in cucina.
Sebastian ascoltò in silenzio, commentando con qualche verso interessato, il resoconto dell’altro.
- Insomma tuo padre si sposa, tu farai da testimone e vivrete per sempre felici e contenti, giusto?-
Il supplente sospirò.
- Più o meno! Senti, avrei bisogno di chiederti un favore.-
- Qualunque cosa.-
Il ragazzone sorrise, sentendosi di colpo uno stupido adolescente in preda alla sua prima cotta, le attenzioni che Sebastian gli riservava, ancora lo lusingavano.
- Mi piacerebbe se i Warblers cantassero al ricevimento.-
Sebastian mugugnò pensieroso e Dave incrociò le dita, era anche un modo per poter stare con lui passando inosservati. Dopo tutto non era così strano che il gruppo di studenti volesse cantare al matrimonio del padre del loro insegnante preferito, almeno sperava.
- Penso sia possibile. Un piccolo allenamento in vista delle Nazionali. Sono sicuro che gli altri saranno d’accordo.-
- Ottimo, allora … devo fare una richiesta per iscritto, signor Solista capo dei Warblers?-
Sebastian rimase in silenzio per un secondo.
- Nessuna richiesta scritta. Ovviamente… la prestazione richiede un pagamento…-
Dave non ci aveva pensato, ma non era un problema, dopo tutto preferiva pagare loro piuttosto che ingaggiare e pagare un gruppo di intrattenimento che non conosceva.
- Ovviamente in natura e ovviamente solo al sottoscritto.-
- Ok Seb, buon resto della serata!-
L’altro ridacchiò.
- Cosa avrò detto mai! Pensavo ti piacesse parlare con me.-
- Non quando dici cose di questo tipo.-
- Ok.-
Caddero in uno strano silenzio, che per Sebastian forse era naturale, ma che Dave sentiva con imbarazzo. Sarà stato per il momento passato prima con suo padre, seguì semplicemente la scia delle emozioni provate, aprendo bocca e dicendo l’ultima cosa che mai si sarebbe aspettato di dire.
- Ti amo.-
Il silenzio che seguì dopo, fece gelare il sangue nelle vene di Dave. Sebastian non rispose, ma era chiaro che fosse ancora in linea, in sottofondo poteva sentire il rumore di qualcosa, magari fruscio di abiti?
- Ci sentiamo più tardi ok?-
Dave deglutì, aveva rovinato tutto, come suo solito. Non poteva stare zitto?
- Ok … ciao allora.-
Non fece in tempo a finire la frase, che la chiamata fu interrotta. Posò il telefono sul letto con cautela, come se fosse una bomba che potesse esplodere da un momento all’altro. La felicità dovuta alla riappacificazione con suo padre, fu spazzata via da quella strana telefonata e la non risposta dell’altro. Prese il telefono e chiamò Kurt, aveva immediato bisogno di un caffè e di buon amico.    


 
 
La caffetteria del Lima Bean era piena come ogni Sabato pomeriggio, da che lui ricordava, era sempre stato così. Il sabato poi era sempre pieno di studenti, giovani famiglie che corrono alla ricerca di una buona cioccolata calda o di una qualsiasi bevanda, oltre che di un comodo posto a sedere, e di gruppi di amici in cerca di un buon caffè.  Kurt e Dave a fatica trovarono un tavolino per loro due, occupandone uno appena liberato da una coppietta. Dave strinse con forza il suo caffè mentre osservava Kurt girare il suo latte con una cannuccia.
Cominciò a muovere il piede in ansia, per tutto il tempo era rimasto in attesa di un messaggio da parte di Sebastian, messaggio che non era arrivato. Si trovava dopotutto agli allenamenti, non poteva sbilanciarsi per telefono se fossero stati presenti i suoi compagni, anche se era solito allontanarsi quando rispondeva al telefono. Ma perché non mandargli un messaggio? O non rispondere a quello che gli aveva mandato poco dopo?
- Ricapitolando, gli hai detto che lo ami e lui non ha risposto.-
Dave annuì.
- Non so che dirti, forse si è sentito imbarazzato. Magari lui non prova lo stesso per te, o meglio…-
Kurt ritrattò le sue parole di fronte l’espressione sconvolta di Dave.
- Magari lui prova lo stesso ma non ancora se ne rende conto. Non è troppo presto per dire cose del genere?-
L’altro sbuffò.
- C’è un’età e un tempo anche per questo?-
Kurt scosse la testa.
- Prima di stare con te, non mi pare che Sebastian abbia mai avuto un rapporto solido e duraturo.-
- L’ha avuto con Harwood.-
Il soprano sbatté la mano contro il viso.
- Dave ascoltami, sono adolescenti, probabilmente il loro unico rapporto serio è quello avuto con il proprio compagno di classe, durato al massimo qualche mese.-
Il supplente sorseggiò il suo caffè poco convinto dalle parole dell’amico.
- Che vuoi pretendere da un ragazzo di 17 anni? A quell’età si pensa solo a divertirsi.-
L’altro inarcò un sopracciglio.
- Tu e Blaine siete stati un’eccezione?-
Kurt annuì.
- Ovviamente. Guarda Rachel e Finn, hai visto quante volte si sono lasciati e presi, come Santana che si è passata tutta la scuola prima di mettersi con Brittany.-
Possibile che Sebastian fosse come gli altri? Non era possibile. Lui era diverso. Il suo aspetto e magari i suoi atteggiamenti potevano farlo apparire un adolescente menefreghista, interessato solo a godersi la vita e prendere voti decenti a scuola, ma nessuno conosceva l’anima tormentata che si nascondeva dietro l’apparenza.
- Considera che è molto più piccolo di te, ha una visione diversa magari del rapporto di coppia. Magari lui non pensava sareste arrivati a questo punto.-
Dave non rispose, non sapeva più che pensare. Giocherellò con il bordo del suo bicchiere evitando lo sguardo di Kurt. Sebastian non era il tipo inconsapevole di cosa avveniva intorno a lui, era sicuro di sé proprio perché aveva il controllo di ogni singola cosa accadesse intorno a lui. E se non l’aveva, usciva fuori di testa. E non sembrava essere quel caso.
- Sì, forse hai ragione.-
Kurt parve soddisfatto di quella risposta, Dave non aggiunse altro e nemmeno espresse i pensieri che continuavano a vorticare nella sua mente.
- Quindi dicevi di tuo padre?-
La domanda di Kurt riaccese il sorriso sul viso di Dave, dopo tutto era importante che i rapporti con suo padre fossero tornati come prima, se non meglio di prima. Raccontò lui della loro piccola conversazione e del suo impegno a voler organizzare il matrimonio. Melina ne era stata entusiasta, tutto pur di vedere felice Paul e di vedere Dave coinvolto nel loro progetto di vita insieme.
- Il problema è che non so da dove cominciare.-
Paul aveva acconsentito a lasciargli organizzare il tutto spinto da Burt, che ricordò con le lacrime agli occhi, come il suo matrimonio fosse stato perfetto grazie a suo figlio. Dave però non era Kurt. Alzò lo sguardo verso l’amico sperando che cogliesse la sua richiesta di aiuto.
- Nessun problema, ti guiderò io. Tornerò a New York per qualche giorno, giusto il tempo di … fare alcune cose, e poi sarò tutto tuo.-
Dave si strofinò le mani con fare malvagio.
- Tutto mio? Potrei approfittare di questa frase, sai?-
Kurt gli tirò un pugno sul braccio che l’altro a malapena sentì.
- Se ti sente Blaine ti fa a pezzi.-
- Lo sai che scherzo! Ma cosa devi fare a New York? Un’altra audizione?-
Kurt scrollò le spalle con fare enigmatico.
- Più o meno. Senti poi, riguardo ciò che ho scoperto nell’ufficio del Preside…-
Dave si fece tutto orecchi, si era quasi scordato di quella piccola ricerca che aveva commissionato ai suoi due amici.
- Ho solo ritrovato strane ricevute di bonifici bancari, io e Blaine abbiamo le copie e controlleremo il tutto nel giro di un paio di settimane.-
Il supplente inclinò la testa di lato senza capire.
- Suo padre conosce alcuni banchieri della zona che possono aiutarci nella nostra piccola ricerca. Faremo un lavoro pulito.-
Quando Kurt parlava in quel modo, era preoccupante, ma quali alternative aveva? La Dalton nascondeva segreti piuttosto interessanti, almeno secondo lui ed immaginava che la maggior parte di quei segreti, ruotasse anche intorno alla vita di Sebastian. Motivo in più per indagare. Quell’ambiente così perfetto, dopotutto, non poteva non avere i suoi scheletri nell’armadio. Giocherellò di nuovo con il bordo del bicchiere e guardò Kurt negli occhi.
- D’accordo.-
Il suo amico si rilassò spostando la schiena contro lo schienale. Prese la borsa ed estrasse il suo iPad, Dave mugugnò qualcosa, indovinando cosa l’amico avesse intenzione di fare. Sbatté la testa contro il tavolo, mentre un sorridente Kurt cominciò ad armeggiare con la tavoletta.
- Ora… che ne dici di organizzare questo matrimonio?-
 


Ok ok come potete ben vedere sono tornata. 
Non so se questo capitolo vi piacerà, è incentrato molto sul rapporto Paul/Dave e niente... 
Ho cercato di immaginare come potesse essere il rapporto tra loro due, che già nel telefilm sembra essere stupendo. 

Mi dispiace non aver aggiornato fin'ora ma... tra lavoro e eventi che hanno sconvolto abbastanza la mia vita, non ho avuto tempo. 

Spero che il capitolo vi piaccia e che siate in tanti a commentare ( o che almeno torniate a commentare voi mie adorabili recensori <3 )

S.

   
 
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