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Autore: Francy_92    31/10/2012    11 recensioni
Gaia e Andrea sono compagni di scuola ma in classi diverse. Entrambi devono iniziare il quinto. Lei linguistico, lui scientifico. Prima che finisse l'anno prima, è stato annunciato un progetto scolastico che prevede un soggiorno di tre settimane in Inghilterra. Lui, rubacuori e bello, è conosciuto da tutti; lei, riservata e con un peso sul cuore, non conosce praticamente nessuno. Sin dal viaggio di andata cominciano a litigare, fin quando... qualcosa cambierà gli eventi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie ''A true love story never ends''
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Eccoci con un altro capitolo della vostra storia preferita (LOL)
No, comunque, a parte gli scherzi, sper che fin qui la storia vi sia piaciuta e che non vogliate prendermi a pomodori in faccia per i prossimi, nel caso in cui non vi piacciano! Spero di no! ^^
Bene, è ora di lasciarvi alla lettura.

 


Let's blame it on September

Capitolo 6

"Tu sei come il fuoco. Emani calore, ma ho paura di bruciarmi..."

 
Sento caldo, tanto caldo, ma sto bene. Sento due braccia circondarmi e stringermi forte. Apro gli occhi e mi ritrovo davanti il volto rilassato di Andrea.
Oh mio dio, ho dormito con Andrea. Sono stretta ad Andrea.
Mentre lo guardo lui apre gli occhi e abbassa la testa per guardarmi. «Buongiorno» mormora con voce roca.
«Ciao» rispondo sorridendo.
Cerco di alzarmi ma lui mi blocca per il braccio. «Aspetta…»
«Che c’è?» chiedo.
«Vieni qui» dice e mi circonda il viso con le sue mani. Mi bacia dolcemente, fin quando anch'io ricambio il bacio.
Da dolce il bacio diventa passionale, ma io non sono la sua amica abituale; non voglio che faccia con me quello che fa con le altre.
Non so nemmeno perché mi stia baciando di nuovo. Non so perché l’ha fatto ieri sera.
«Vado a vestirmi» dico fermandolo.
Lui sembra restarci male, quindi, approfitto di questo momento di pausa, per scendere dal letto, recuperare le mie cose dalla valigia e salire in bagno. Solo quando sono da sola mi fermo a pensare a quello che è appena successo.
Andrea mi ha baciata di nuovo. Il perché lo ignoro ma mi ha baciata.
Tocco le labbra e sorrido. Sento ancora le sue labbra sulle mie.
Bacia bene, accidenti.
«Gaia! Sbrigati. Devo andare in bagno» esclama Andrea bussando alla porta.
Quasi mi viene un infarto «Arrivo» esclamo e velocemente mi lavo e mi vesto.
Quando esco me lo ritrovo di nuovo troppo vicino «Dove credi di andare vestita così?»
«Scusa?» chiedo guardandolo di traverso.
«Ti si vede il reggiseno»
«Bello, vero?» gli rispondo ridendo.
Scendo velocemente le scale, vado in cucina per salutare la famiglia e fare colazione. «Buon compleanno!! » esclamano in coro, mentre i bambini urlano e strillano.
«Buongiorno» rispondo ridendo. «Grazie»
«Dov’è Andrea?» chiede Paul.
«In bagno. Scende tra poco»
«Bene. Nel frattempo…Vuoi del caffè?»
“Non bere il caffè inglese” mi aveva raccomandato Serena. «Si certo, grazie»
«Come è andata ieri sera?» chiede Paul mentre porge un piatto a Finlay.
«Ehm… è andata» rispondo sorridendo.
«E’ successo qualcosa?» chiede, questa volta, Michelle.
Improvvisamente mi ricordo di Max. «No» mormoro velocemente. Spero che oggi a scuola si ignorano.
«Buongiorno» 
È Andrea che è appena entrato in cucina.
«Buongiorno» lo salutano gli altri.
«Bene, adesso che siamo tutti qui, direi che è d’obbligo per la festeggiata spegnere le candeline»
«Cosa?!» esclamo sorpresa.
«Che ha detto?!» chiede Andrea guardandomi.
«Devo spegnere le candeline» gli spiego mentre Michelle e i bambini cominciano a cantare “Tanti auguri”.
«Oh mio dio» esclamo ridendo.
La canzoncina finisce e adesso davanti a me c'è una torta. Sembra buona…
«Su, spegnile» mi dice Andrea sorridente.
Il suo sorriso contagia anche me e, dopo aver ringraziato con lo sguardo la mia famiglia inglese, soffio sull’uno e sull’otto.
Partono gli applausi e, nello stesso momento, Anise e Talia mi stringono forte le gambe, a mo’ di abbraccio.
«Grazie piccole» dico abbassandomi per abbracciarle.
Michelle, Finlay e Paul continuano a farmi gli auguri e quando è il turno di Andrea, siamo un po’ in imbarazzo.
«Me li hai già fatti» gli dico evitando di entrare di nuovo in contatto con lui.
Lui annuisce e si siede in attesa della sua fetta di torta.
«Non occorreva fare questo, Michelle»
«Ma si invece. Non preoccuparti»
«Ecco, questo è per te» dice Paul porgendomi una busta contenente un pacchettino.
«Cos’è?»
«Aprilo e lo vedrai»
Guardo Andrea e lui guarda me, curioso. Mi incita ad aprirlo alzando le sopracciglia.
Dopo averlo scartato, tolgo il coperchio ad una scatola; tra le mie mani cade una fantastica collanina con un ciondolo.
«Aprila» dice Michelle emozionata.
Lo faccio e sento le lacrime riempirmi gli occhi. Li guardo e sorrido «Ti piace?»
«La adoro. Grazie mille» esclamo scendendo dallo sgabello per abbracciarli. «Grazie»
«Potrai averci sempre con te»
«Sarete sempre nel mio cuore» dico emozionata ed è la verità. Da quando faccio questo tipo di esperienze questa è la prima famiglia che mi è entrata così nel cuore.
Abbraccio anche i bambini, mentre apro la busta e leggo la loro lettera.
«Dovremmo andare adesso» dice all’improvviso Andrea.
Annuisco e mando giù l’ultimo pezzo di torta «La torta era squisita. Grazie»
«Figurati. Ci vediamo stasera»
«Certo. A stasera»
Corro velocemente in camera, prendendo giacca e borsa; indosso le scarpe ed esco.
Andrea è già fuori.
«Siamo in ritardo?» chiedo, rendendomi conto di non aver nemmeno controllato l’orologio.
«No, non siamo in ritardo, ma volevo restare un po’ da solo con te»
«Ah. E…e perché mai?»
«Per quello che è successo la notte scorsa e…questa mattina»
«Ti sei pentito?! Perché se è così lo capisco. Insomma… nemmeno io vorrei baciare una sfigata o passare la notte con lei…»
«Ehi… rallenta! Non mi sono pentito di nulla»
«No?»
«No» dice sorridendo.
«E allora di cosa dobbiamo parlare?! È stata una cosa senza importanza, no?»
«Beh, non so che importanza vuoi darle tu, però, a me è piaciuta. Tutto»
«E’ stato solo un bacio. Non significa niente»
«Quindi posso baciarti quando voglio?» chiede lui voltandosi verso di me e avvicinandosi pericolosamente al mio volto.
«Vuoi… vuoi baciarmi ancora?»
«Si»
«Ed Elena?!» gli chiedo ricordando quello per cui stavamo discutendo la sera prima.
«Elena non mi interessa»
«E allora perché la stavi baciando?»
Lui alza le spalle e riprende a camminare.
Sospiro e decido che, per il momento, è meglio accantonare l’argomento.
«Che ore sono?!» chiedo mentre arriviamo alla fermata.
«Appena le otto»
«Che cosa?! Mi hai fatto venire qui quaranta minuti prima?»
«Si, te l’ho detto. Così possiamo parlare»
«E allora avanti. Parla»
«Sei carina vestita così. C'è troppo nero, ma sei carina»
Alzo gli occhi al cielo e mi siedo accanto a lui.
Lo sento ridere; si avvicina un altro po’ a me e guarda la strada. «Non credevo potesse essere così piacevole passare il tempo con te, soprattutto la notte»
«Stanotte dormi nel tuo letto»
«Non ci penso proprio» risponde ridendo.
«Allora ci dormo io. Puoi tenerti il mio letto»
«Dai Bianchina, stavo scherzando…»
Lo guardo e, dopo averlo fulminato con lo sguardo, ritorno a guardare la strada. «Cosa ehm… cosa ti piacerebbe fare oggi?» chiede.
«Niente di particolare. Abbiamo la visita nel pomeriggio»
«Si, è vero» risponde lui. «Stasera posso portarti a cena fuori?» chiede, mi volto di scatto a guardarlo.
«Cosa?!»
«Vorrei invitarti a cena… per il tuo compleanno»
«Non occorre, davvero»
«Insisto»
«Anch' io. Sul serio, non è necessario che tu lo faccia, ma grazie per il pensiero. È stato… carino da parte tua» dico sorridendo.
Lui annuisce e distoglie lo sguardo da me.
I minuti passano e noi restiamo in silenzio, ma c’è una cosa che devo sapere e che devo chiedere.
«Perché mi hai baciata?»
A quanto pare non si aspettava questa domanda, perché mi guarda e si gratta la testa, confuso.
«Non lo so… voglio dire… tu eri lì, io ero lì e ho voluto farlo»
«Buono a sapersi» dico sorridendo.
«Tu hai detto che ti piaccio già»
«Non è vero, quando?!»
«Ieri sera, prima di arrivare a casa»
Scoppio a ridere nervosamente. «L’ho detto solo per distrarti e avere qualche secondo di vantaggio»
«Sei perfida»
Rido e lo guardo. «E’ acqua passata» rispondo alzandomi e sistemando la giacca.
«Comunque ehm…» si schiarisce la voce e si alza anche lui.
«Che c’è?»
«Dovresti vestirti più sportiva» dice sorridendo.
«Cos’ha che non va il mio modo di vestire?» chiedo guardandomi.
«No, sei perfetta. Sei stupenda, è questo il problema»
«Ah»
Momento imbarazzante.
Oddio e adesso cosa gli dico?!
«C’è l’autobus» esclamo.
«Vuoi prenderlo adesso?»
«Possiamo continuare a parlare una volta arrivati se vuoi»
«Certo»
Annuisco ed estraggo la tessera dalla borsa. Quando salgo vedo Luigi ed Elena.
Il mio buonumore, al ricordo del bacio tra Elena e Andrea, svanisce all'istante. Mi sorridono ma mi siedo lontana da loro. Noto che hanno ancora i vestiti di ieri sera «Che ci fate qui?» chiede Andrea oltrepassandomi e sedendosi vicino a loro.
«Siamo rimasti a dormire da un’amica di Jonas, il fratello inglese»
«Ah ecco» sento dire al mio compagno di casa.
«A te com’è andata? Perché sei andato via presto?» chiede Elena.
«Ero stanco»
«Stanco?! Quando mai hai rinunciato ad una serata in discoteca per la stanchezza?!»
«C’è sempre una prima volta» risponde Andrea e, probabilmente dopo avermi vista in disparte, mi chiama. «Bianchina, vieni» dice. «Oggi Gaia compie diciotto anni»
«Davvero?» chiedono entrambi.
«Già» rispondo io restando al mio posto.
Per fortuna arriviamo quasi subito, quindi premo il pulsante e mi alzo. «Ma che ha?» sento dire ad Elena.
«Non lo so» risponde Andrea.
Quando scendiamo vengo raggiunta da Andrea. «Cosa succede?»
Lo guardo «Niente, perché?»
«Perché sei fredda»
«Andrea, non sono fredda. Ritorna dai tuoi amici»
«Vieni con me»
«No, devo dare delle spiegazioni a qualcuno» dico guardandolo storto.
Lui sorride e si guarda intorno.
«Ci vediamo dopo?»
«Si» rispondo sorridendo.
«Ah, Gaia, non… non dire niente del bacio e… si insomma di quello che è successo la notte scorsa»
Gran figlio di….
Ok Gaia… respira e calmati.
«Certo, non preoccuparti» rispondo e mi volto per entrare velocemente a scuola.
Voglio piangere, voglio piangere….
Salgo velocemente le scale e mi nascondo in un angolino che avevo intravisto qualche giorno prima. Scoppio a piangere silenziosamente perché mi sento una stupida. Una stupida che ha baciato un altro stupido. Pensavo che Andrea avesse cominciato a cambiare opinione su di me e che, dopo la notte scorsa, le cose potessero essere cambiate. Pensavo che…
Pensavi che anche lui potesse avere una cotta per te. Pensavi di essere ricambiata, perché lui a te piace. Non provi più odio nei suoi confronti. Hai cambiato opinione su di lui
Oh dio no… la mia coscienza ha terribilmente ragione. Non voglio… non voglio avere una cotta per lui. Non voglio no…
Proprio in quel momento sento squillare il mio cellulare. Lo estraggo dalla tasca e tiro su col naso. «Pronto?»
«Tesoro, buongiorno»
«Ciao mamma»
Proprio lei ci mancava.
«Stai bene? Hai una voce stranissima»
«No, sto bene. Non preoccuparti»
«Sei sicura? È successo qualcosa?»
«No, davvero»
«Ok… beh, allora buon compleanno tesoro»
Sorrido e asciugo un’altra lacrima «Grazie mamma. Mi sarebbe piaciuto festeggiarlo con te»
«Tesoro, festeggerai il prossimo con me. Divertiti oggi, ok?»
«Va bene. Proverò a farlo»
«Bene. Adesso vado a lavoro. Ci sentiamo stasera?»
«Certo. Buon lavoro mamma. Ti voglio bene»
«Ti voglio bene anch' io» dice e una nuova ondata di lacrime mi fa mancare il respiro.
Non avevo mai pensato a quanto potesse mancarmi mia madre. L’ho lasciata da sola e lei non lo merita.
Mio padre l’ha fatto, ma io non sono come lui, nonostante tutti dicano che gli somiglio molto; anche nei comportamenti… No, io non abbandonerò mai le persone che amo.
Continuo a piangere, fin quando mi accorgo di alcuni ragazzi che passano lì vicino. Mi alzo cercando asciugare le lacrime e il mascara che cola.
Esco dal mio rifugio e scendo. In bagno incontro Alessia, quindi la saluto velocemente ed entro in una cabina.
«Tutto ok?» chiede.
«Si, certo»
Prendo lo specchietto dalla borsa e mi do una sistemata. Per fortuna la pochette con i trucchi è sempre con me, quindi riesco a nascondere gli occhi e il naso rosso.
Quando esco Alessia è ancora lì che mi guarda.
«Ehi, ma tu hai pianto?»
«No, non ho pianto» preciso subito «Vado in aula»
Esco velocemente e salgo nuovamente di sopra.
Ovviamente non c'è mai un limite al peggio e così Luigi informa l’insegnante del mio compleanno; tutti cominciano a cantarmi “Happy birthday”. Sprofondando dalla vergogna, ringrazio e finalmente iniziamo la lezione che però passa lentamente
«Buon compleanno» mi dicono alcuni ragazzi baciandomi sulle guance, dopo la fine della prima lezione.
«Grazie» rispondo; sono stanca di dirlo.
«Ehi, tutto ok?»
Mi volto e Andrea mi sta fissando, sorridendo.
«Si, tutto ok» rispondo sorridendo appena.
«Hai visto il tuo amico?» mi chiede.
«No, non ancora» rispondo cercando una via di fuga.
«Se vuole picchiarmi avvisami»
Lo guardo storto e continuo ad osservarmi intorno «Che c’è?! Devo proteggere la mia bella faccia e se lui vuole picchiarmi mi chiudo in aula»
«Piantala di fare lo stronzo» esclamo e colpendolo ad una spalla, mi allontano.
Esco nuovamente fuori e vado a sedermi sul solito muretto.
Per fortuna stavolta non viene a disturbarmi nessuno. Non sono dell’umore adatto per affrontare Max. Oggi sarebbe dovuta essere una bella giornata: è il mio compleanno. Ma sta succedendo un casino. Spero che  migliori nel pomeriggio.
 
Avevo sperato che il pomeriggio fosse migliore? Ovviamente no! Perché avere tutta questa fortuna nella vita? Perché desiderare di passare un compleanno in tranquillità?
Sono seduta sull’autobus, Andrea è davanti a me e ogni tanto i nostri occhi si incrociano.
Mi strapperei i capelli se non volessi restare calva. Ma come ho fatto a prendermi una cotta per uno come lui?!
Perché io?!
Perché lui?!
“E’ capitato e basta. Adesso smettila”
Grazie coscienza, eh! Sempre molto carina con me.
Bene, mi sono messa a parlare da sola. Questo si che è un buon segno. Sbuffo e abbandono la testa sul finestrino. Sono stanca e voglio dormire.
«Che ti succede oggi?»
Cosa ci fa Andrea al posto della mia compagna?! Quando hanno cambiato di posto?
«Niente» rispondo cercando di risultare il più convincente possibile.
«Niente?! Gaia, è tutto il giorno che tieni il broncio; a pranzo sei scomparsa e, da quando siamo sull'autobus, non hai parlato con nessuno e hai sospirato per la maggior parte del tempo»
«Mi hai osservata parecchio» mormoro guardandolo.
«Quando la mia compagna di casa ha qualcosa che non va devo preoccuparmi»
«E quando mai ti sei preoccupato per me?» chiedo antipatica.
«Da quando sei tornata a casa bagnata come un pulcino e poi… beh la cosa è andata avanti quando ti ho baciata»
«Andrea, posso farti una domanda?»
«Dimmi»
«Perché hai cambiato atteggiamento con me? Ti ricordi come ti comportavi prima? Eri uno stronzo con me; certo, lo sei ancora adesso, ma molto meno. Sei più gentile e… e mi hai baciata»
«Shhh…» Mi tappa la bocca e io lo guardo sconvolta.
No, non è cambiato. È sempre lo stronzo di prima.
Allontano le sue mani da me e mi appoggio allo schienale del mio sedile. Fottiti, Andrea!!
«Non deve saperlo nessuno. Non ora»
Non ora?! Crede di farsi l’avventura inglese. Beh, ha sbagliato ragazza!
«Hai ragione. Non deve saperlo nessuno»
«Ragazzi, prendete la vostra roba e scendete tutti dall’autobus» annuncia l’autista.
«Che ha detto?» mi chiede Andrea.
«Che devi scendere!» esclamo spingendolo per farlo alzare.
«Ti vuoi dare una calmata? Cosa c’è? I diciotto anni ti stanno danneggiando i neuroni?!»
Sei arrabbiato con me? Oh, caro Andrea, non immagini quanto io sia profondamente incazzata con te!!
«Si!! Adesso lasciami in pace»
«Tranquilla. Non ti disturbo. Non ne vale la pena» dice lui attirando l’attenzione di tutti i ragazzi sull’autobus.
«Ma che succede?» gli chiede Luigi.
«Niente. È solo una stronza viziata» risponde Andrea, mentre io scendo dall’autobus; la sua affermazione mi ferisce, perché io sarò anche stronza quando qualcuno mi provoca, ma non sono viziata!
Mi volto di scatto e mi avvicino di nuovo a lui «Cosa sarei io?»
«Non dovresti origliare le conversazioni degli altri»
«Avrei voluto non sentirlo, ma la tua voce fastidiosa si sente lontano un miglio»
«Se la metti così, te lo dico volentieri cosa sei. Sei un grande stronza e una puttanella viziata. Tuo padre dovrebbe tenerti di più a casa e dovrebbe insegnarti un po’ di educazione»
Non avrei mai voluto, ma la mia mano vola sulla sua guancia, lasciando impresse cinque dita.
«Non sai niente di me» ringhio a cinque centimetri dalla sua faccia. «Chiedi al tuo di insegnarti l’educazione, prima di parlare del mio»
Pensando a quello che mio padre mi ha insegnato, anzi, a quello che non mi ha insegnato, i miei occhi si inumidiscono, ma non gli darò mai la soddisfazione di piangere davanti a lui o agli altri; purtroppo, però, una lacrima sfugge al mio controllo.
Andrea se ne accorge e il suo sguardo si addolcisce, ma non voglio vederlo; almeno fino a quando non saremo costretti a tornare a casa.
«Avete smesso di litigare voi due? Se entrambi non la smettete di stuzzicarvi vi rispedisco a casa con il primo volo disponibile e non m'importa chi ha iniziato» ci rimprovera la professoressa. Io guardo per l’ultima volta Andrea; mi volto, mettendomi gli occhiali, e allontanandomi dal gruppo.
Perché mi sono messa in questo casino?!
Non potevo starmene semplicemente a casa?
Perché poi ha dovuto tirare in ballo mio padre?! E perché diavolo io sto piangendo come una cretina?! Mi ero ripromessa, dopo l’ultima volta, di non piangere più per lui, invece  sono qui a piangermi addosso perché mi manca e perché l’amore per l’Inghilterra me l’ha trasmesso lui.
Ero ancora piccola ma lui mi parlava dei suoi viaggi in tutta l’Inghilterra, delle sue esperienze, dei suoi studi a Cambridge e della sua intenzione di portarmi a Londra un giorno. Poi, era arrivata la notizia e tutto era svanito nel nulla.
Un’altra ondata di lacrime mi fa piegare sulle ginocchia. Cerco di calmarmi ma non ci riesco. I ricordi fanno troppo male e non voglio pensare all'immagine di mio padre che varca la porta di casa per non tornare mai più.
«Gaia!!» mi sento chiamare e mi alzo di scatto.
È Alessia.
«Scusami Alessia. Ho bisogno di qualche minuto»
«La Vietti ha detto che dobbiamo metterci in fila per entrare»
«Si, arrivo» mormoro cercando i fazzoletti nella borsa.
Quando li trovo, soffio il naso e sistemo il trucco. Le guance mi sono diventate nere.
«Ci sono» rispondo alzandomi e indossando gli occhiali. «Ti prego non dire nulla»
«Non preoccuparti» risponde lei sorridendomi.
«Grazie»
Quando torniamo sono già tutti in fila e Andrea sta ridendo con i suoi amici.
Cerco di fermare la nuova ondata di lacrime, anche se, sono sicura di non resistere a lungo.
«Bianchi, vai con il tuo compagno di casa»
«Ma…» provo a controbattere.
«Niente ma. Vai con Ferrari e non discutere»
Sbuffo ancora e mi avvicino a lui. «Quanto sole!» mi prende in giro.
Io non rispondo; mi limito soltanto a prendere la mio audio guida e ad avviarmi verso il sito.
Siamo a Stonehenge e, se non fosse per lo stupido che ho accanto, sarei felice di essere qui.
Quando intravedo in lontananza la struttura tornano le lacrime. È stato mio padre a parlarmi per la prima volta di questo sito.
Purtroppo non possiamo avvicinarci molto, ma già così, mi fa un certo effetto.
Tolgo gli occhiali per guardare meglio e resto meravigliata. Perché dovrebbe importarmi di Andrea e di quello che mi sta facendo passare, quando ho davanti questa meraviglia?!
Lasciatemi qui, per favore!
«Cosa vuoi che siano! Solo quattro pietre messe alla rinfusa» mormora Andrea al mio fianco.
Lo prenderei volentieri a pugni. Mi sta rovinando un momento perfetto; un momento che, nonostante l’odio che nutro nei suoi confronti, mi lega sempre di più a mio padre
«Perché stai piangendo?» mi chiede. Lo guardo e mi porto le mani alle guance.
Cavolo, è vero!! Lo sto facendo «Non è affar tuo» rispondo e mi allontano. Per fortuna non mi segue. Continuo a guardare meravigliata e assurdamente affascinata questo posto. Trasuda magia da tutti i punti e, anche se guardo l’erba, mi viene in mente mio padre. Mi siedo per terra e faccio una foto.
«Sembri molto legata a questo posto» dice una voce femminile. Mi volto e…
«Elena?» chiedo sorpresa di vederla.
«Già. Strano vero?»
Annuisco, lei si siede vicino a me.
«Ci sei mai stata prima?» chiede guardando verso le pietre.
«No, è la prima volta» rispondo guardandole a mia volta.
«Ho saputo che oggi è il tuo compleanno»
«Si, infatti» rispondo sorridendo e, automaticamente, prendo il ciondolo di Michelle tra le mani.
«E come sta andando?»
«Non tanto bene, a dire il vero»
«Per colpa di Andrea, suppongo»
«Non solo per lui»
«E’ interessato a te» dice spingendomi leggermente con il braccio.
«Io non direi» rispondo guardando il ciondolo. L’ultima cosa che Andrea farebbe è interessarsi a me. «Ma voi due non state insieme, o qualcosa del genere?»
«Siamo stati insieme, ma adesso siamo solo amici»
Io non direi, penso.
Quei baci appassionati da dove venivano?! Probabilmente dalle parti basse di Andrea, ma lei ci stava alla grande. Direi che le loro parti basse se l’intendono alla grande.
«Comunque, sul serio, tiene molto a te»
«Elena, con tutto il rispetto, non credo che, dopo una settimana, Andrea possa tenere così tanto a me» dico riscaldandomi più del dovuto; per fortuna vengo salvata dalla suoneria del mio cellulare «Scusami» mormoro alzandomi ed estraendo il cellulare per rispondere.
«Ciao Sere»
«BUON COMPLEANNO!!!» sento urlare.
I miei pochi amici e mia madre mi strappano il primo vero sorriso della giornata. «Grazie ragazzi. Ma chi c’è?»
«Ci sono Massimo, tua madre, Lucrezia, Luca e Jessica. Ti fanno tutti gli auguri»
«Ringrazia tutti»
La sento ringraziare al posto mio e poi sento il brusio attutirsi. Serena si sarà allontanata. «Allora, come stai? Dove sei?»
«Sto male e sono a Stonehenge»
«Ah… che cos’è successo?»
«Andrea ha menzionato inutilmente mio padre e poi qui… ho scoperto di amare questo posto grazie a lui e lui…» ritorna il magone che potrebbe farmi piangere a dirotto.
«No, no… tesoro. Non piangere»
«Stamattina Andrea mi ha baciata di nuovo e poi mi ha detto di tacere su tutto; sull'aver dormito con me, sull'avermi baciata ben due volte. Avevi ragione Sere»
«A proposito di cosa?»
«Mi sono presa una cotta per lui; una brutta ed enorme cotta» rispondo piangendo.
«Dai, vedrai che ne parlerete e tutto si risolverà; magari vi mettete insieme»
«No, non voglio aver niente a che fare con lui. Soprattutto dopo oggi»
«Mi dispiace tanto»
Un singhiozzo sfugge al mio controllo e Serena, ovviamente, lo sente «No Gaia, non piangere. Vuoi rovinarti il compleanno?»
«Non c’è più niente da rovinare Serena. Sono in questo posto e tutto mi ricorda mio padre. Quanti anni sono passati? Dieci? Undici?! Nonostante il tempo è come se lo sentissi qui e non voglio perché non è giusto nei confronti di mia madre»
«Ma tua madre non ce l’avrà con te se penserai a lui»
«Ma ce l’avrò con me stessa, perché mi ha trasmesso tutto il suo amore per l’Inghilterra e poi… e poi è andato via… non doveva trattarci in quel modo»
«Lo so tesoro… lo so. Ma ti prego non piangere»
Non me ne frega niente a dire il vero. Tiro su col naso e rimetto gli occhiali «Va bene. Ci sentiamo domani. Adesso devo andare»
«Ok. Ti salutano tutti. Ti vogliamo bene»
«Anch'io ve ne voglio» rispondo velocemente e riattacco.
Mi stringo nella mia giacca e ripercorro la passerella al contrario per tornare all'autobus. Mi guardo intorno per assicurarmi che nessuno della combriccola possa essere nei paraggi del bus. Voglio starmene da sola e piangere in santa pace.
Questa è una giornata orrenda!!
«Bianchi, dove stai andando?»
Mi volto e la Vietti mi guarda. «Ho dimenticato una cosa sull'autobus. Torno subito» rispondo sorridendo.
«Ok, fai in fretta»
«Certo»
Mi metto a correre e, quando salgo, vedo che non c’è nessuno. Perfetto!!
Mi siedo al mio posto e mi sfogo. Porto le gambe al petto e dondolo su me stessa.
La delusione, il rifiuto… fa troppo male. Fa troppo male trovarmi qui.
Mi appoggio sulle ginocchia e piango tutte le lacrime che ho trattenuto in queste ore.
Maledetto Andrea che non tiene la bocca chiusa. Maledetto Andrea che mi ha fatto prendere una cotta per lui; doveva continuare a fare lo stronzo con me e non fare la pausa dolcezza e poi ritornare a fare lo stronzo.
«Gaia!!»
Oh dio, è lui!
«Stai lontano da me» dico guardandolo.
«Ma che ti succede?» mi guarda scioccato e preoccupato.
Per un momento mi vengono in mente le parole di Elena, ma le scaccio velocemente perché mi dico che non è assolutamente possibile che Andrea tenga a me.
«Voglio stare da sola»
«No. Avevo promesso di controllarti»
«Ma non sono una bambina!!» urlo.
«No, non lo sei, ma al momento sembra che tu abbia bisogno di conforto»
«Non ho bisogno di nulla. Ho solo bisogno che tu mi lasci in pace. Hai già fatto abbastanza» dico piangendo ancora.
Lui si avvicina, togliendosi gli occhiali.
«Senti…per quello che è successo prima…mi dispiace, sul serio»
«Vaffanculo Andrea! Non me ne faccio niente delle tue scuse»
«Ti prego, calmati, altrimenti la professoressa ci rimanderà sul serio a casa»
«Meglio, io voglio andarmene da qui»
«Perché? È colpa mia?»
«Tutto è per causa tua, Andrea? Tu non te ne accorgi, ma…» respiro «…Tutto quello che dici mi ferisce. Tu sei come il fuoco. Emani calore e ci sto bene; ma quando cominci ad avvicinarti troppo rischio di bruciarmi, e ho paura di essermi già bruciata! Tutto quello che mi hai detto prima…» scuoto la testa, mentre le mie lacrime continuano a scendere incontrollate.
Lo intravedo sedersi vicino a me e abbracciarmi «Scusami» mormora contro la mia testa.
«Vattene. Non voglio che tu stia qui. Vai via»
«Shh…»
Passano dei minuti di totale silenzio, fin quando lui non ricomincia a parlare «Ho detto qualcosa di sbagliato prima; mi dispiace. Non penso che tu sia una puttanella viziata»
A quelle parole ricomincio a piangere. «No, no, no… ti prego non…» mi fa alzare lo sguardo verso di lui e mi toglie gli occhiali. «Perché stai piangendo così tanto? Se la causa sono io Gaia…sul serio, mi dispiace tantissimo»
Scuoto la testa e chiudo gli occhi, cercando di fermare le lacrime.
«Non… non nominare più mio… mio padre, per favore» dico tra le lacrime.
«Perché?»
Scuoto di nuovo la testa e lui mi abbraccia. Mi lascio andare al suo abbraccio e alle sue carezze sulla schiena. «Scusa» dice.
Velocemente gli bacio il collo e lo abbraccio. Ho bisogno di questo abbraccio.
«Cosa ci fate voi due qui?» chiede qualcuno. Una voce maschile.
Velocemente mi rimetto gli occhiali e cerco di cancellare le lacrime.
«Gaia non sta tanto bene, professore» spiega Andrea tenendomi stretta.
«Non dobbiamo cambiarvi di casa, vero?» chiede ancora.
«No, non si preoccupi. Siamo solo amici»
«Bene. Gaia, come stai?»
Schiarisco la voce e rispondo che sto bene. «Tra cinque minuti ripartiamo, quindi se volete fare un ultimo giro, questo è il vostro momento» dice e scende dall’autobus.
«Te la senti?» chiede Andrea guardandomi e alzandomi di nuovo gli occhiali.
«Se tu vuoi andare, vai. A me non va di ritornare là fuori»
«Devo dire una cosa al professore. Torno subito, ok?»
Annuisco e lui si alza. «Non piangere più» mormora avvicinandosi a me. Le sue labbra si posano sulla mia fronte, baciandola delicatamente «Torno subito»
Lo guardo scendere dall’autobus e allontanarsi.
Per essere una giornata strana, lo è stata, e parecchio anche. Nel giro di qualche ora io e Andrea abbiamo litigato e fatto pace. Assurdo…
 
«Stai bene?» chiede Andrea.
Siamo seduti su una panchina vicino alla chiesa di Salisbury. Siamo appena usciti da lì, dopo aver visto la Magna Charta. Altro duro colpo ai sentimenti che riguardano mio padre.
Andrea è stato molto gentile e carino, a differenza di quanto ha fatto durante la mattinata. È rimasto con me durante il viaggio e, quando Luigi e gli altri gli hanno proposto di andare a fare shopping, lui ha rifiutato ed è rimasto con me. Gli ho detto che poteva andare con loro e lui ha risposto che non voleva lasciarmi da sola e comunque preferiva rimanere con me.
Ho evitato di sorridere, tanto so che fa così solo perché sa che non sono di ottimo umore.
«Non tanto, ma tra poco andiamo via, quindi starò meglio»
«Ti va di parlarmi di tuo padre?»
Lo guardo e lui fa lo stesso con me. È serio; forse non l’ho mai visto così serio in quattro anni.
Alzo le spalle e guardo altrove «Non c’è molto da dire. Ha fatto tutto tranne che il padre»
«Mi dispiace di aver detto quelle cose»
«Non preoccuparti» rispondo togliendomi la giacca. Qui fa caldo.
«Che fai? Copriti!!» esclama prendendo la sua giacca e coprendomi.
Sorrido e allontano le sue mani. «Non sei mio fratello, il mio ragazzo o mio padre, quindi posso stare benissimo così»
«Così come?! Con il reggiseno al vento?»
Sorrido e rimetto la giacca. «Grazie» dice sorridendo a sua volta.
«E’ stato mio padre a parlarmi dell’Inghilterra per la prima volta. Avevo sette anni quando ha cominciato a parlarmene. Si è laureato a Cambridge e avrebbe voluto trasferirsi qui, poi ha incontrato mia madre durante un viaggio in Italia»
«E sei nata tu, scommetto»
Annuisco.
«Qual è il problema?»
«Ragazzi?! Torniamo sull’autobus. Veloci» urla la Vietti.
«Che rottura» sbuffa Andrea alzandosi.
Mi alzo anch'io e, silenziosamente, torniamo sull’autobus.
«Andrea!!» urla Luigi dal fondo dell’autobus.
Ci voltiamo entrambi e l’amico gli indica un posto libero accanto a lui.
«Vai» dico spingendolo verso di loro.
«No, non ti lascio sola»
«Non ho bisogno del baby-sitter»
Lui mi guarda storto. «Dai amico, vieni» insiste Luigi
«Ci vediamo dopo»
Annuisco e mi siedo al mio posto.
Il viaggio sembra non passare mai. Il precedente invece è stato piacevole. Andrea mi ha tenuta per mano e mi ha baciato, di tanto in tanto, la testa.
Questo viaggio, invece, sembra non finire mai.
Stavo dicendo davvero ad Andrea quello che è successo con mio padre?! Meno male che la prof ci ha interrotti, altrimenti, probabilmente me ne sarei pentita.
«Ti va di fare un giro in centro?» chiede qualcuno. Mi sveglio di scatto e mi guardo intorno. «Stavi dormendo?» E’ Andrea.
«Credo di si» mormoro stropicciandomi gli occhi.
«Scusa»
«Tranquillo. Siamo arrivati?»
«Si, proprio adesso»
Annuisco e mi rimetto la giacca.
Quando siamo scesi tutti dall’autobus Andrea mi chiede nuovamente se voglio andare a fare un giro in centro.
«Certo» rispondo sorridendo.
In fin dei conti, che male potrà fare?!

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Here we go...
Com'è? Piaciuto il capitolo?
Fatto schifo?
Lo avete adorato?! xD
No, comunque questo, se non si è capito abbastanza, è il giorno del compleanno di Gaia, 14 settembre! ;)
Bene, adesso sparisco!
Au revoir...
A martedì prossimo.
Francy ^^

   
 
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