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Autore: Padmini    31/10/2012    0 recensioni
Da Londra arriva un messaggio misterioso per Elle: cinque semi di mela e un biglietto da visita. Una nuova sfida tra il detective e Kira, che stavolta avrà come palcoscenico i luoghi dove Elle è cresciuto ...
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri personaggi, L, Light/Raito, Watari
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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“Dunque finalmente vedremo questo 'Diogenes Club'” disse Elle guardando fuori dal finestrino.

“Prima di arrivare devo spiegarvi le regole del club” disse Sherlock “Prima di tutto bisogna registrarsi all'entrata. Si tratta di pura formalità. Bisogna lasciare un documento e una firma. I soci sono molto magnanimi e non fanno molti problemi se si tratta di una breve visita, ma vogliono sempre sapere con chi hanno a che fare”
“Questo sarà un problema” disse Elle, cominciando a mordicchiarsi l'unghia del pollice “Io non posso rivelare a nessuno il mio vero nome”

“Non preoccuparti” gli rispose Sherlock “Essere il fratello di uno dei soci fondatori ha i suoi vantaggi. Entreremo tutti ma solo io darò le mie generalità. Basterà il mio cognome per aprirci le porte del club. La seconda regola riguarda proprio ciò che accade lì dentro. È severamente vietato parlare”

“Che razza di regola è?” domandò Light “Mi immaginavo i club inglesi come luoghi di studio e discussione. Come si può argomentare se non si può parlare?”

“Normalmente i club sono così” rispose Sherlock “Il club di John, per esempio, il "Tre Continenti", è frequentato da ex militari che hanno visitato almeno tre continenti, ed è tutta gente dal carattere forte che vuole condividere con gli altri le proprie esperienze e molte volte il temperamento focoso dei membri porta anche a litigate non da poco. Il Diogenes Club, al contrario, è un dei club più eccentrici di Londra. È stato fondato da un gruppetto di gentiluomini, tra i quali c'è anche mio fratello Mycroft, allo scopo di creare un luogo di assoluta pace e rilassamento. I suoi soci sono tutti uomini estremamente solitari e sociopatici, che rifuggono la vita mondana e preferiscono seppellirsi in quelle stanze in silenzio a leggere il giornale. Anni fa ho provato a farmi ammettere, ma la mia notorietà li ha spinti a rifiutare la mia candidatura. Quegli uomini non amano essere oggetto di chiacchiere, soprattutto se si tratta di crimini e, vista la mia professione, mi hanno categoricamente escluso”

“Mi dispiace per lei, signor Holmes” disse Light.

“Non importa” rispose Sherlock stringendosi sulle spalle “Non avevo tutta quella voglia di rinchiudermi in quel postaccio con quei vecchi ammuffiti! Ecco” disse quando il taxi svoltò in Whitehall “Siamo arrivati”

Scesero dall'auto e a passo svelto si diressero verso le grandi porte del club.

Una volta entrati, furono accolti da un uomo in smoking che si fece subito avanti.

“Buongiorno signori” disse sottovoce “Non mi pare di conoscervi, se volete accedere al club dovrete lasciarmi le vostre generalità e ...”

“Sono Sherlock Holmes” disse Sherlock “Mio fratello Mycroft dovrebbe trovarsi qui”

L'uomo rimase a bocca aperta per quell'affermazione e si scusò.

“Mi perdoni, signor Holmes” disse “Passi pure. I signori sono con lei?” chiese rivolgendo lo sguardo verso John, Elle e Light.

“Esatto” rispose lui asciutto “Porti questo biglietto al signor Holmes” disse scrivendo un piccolo appunto su un foglietto color avorio “Lo aspetteremo nella foresteria. Seguitemi” disse poi rivolto agli altri.

Lo seguirono lungo una larga scalinata di marmo fino al primo piano e attraverso un lungo corridoio, che li portò davanti ad una grande porta di legno massiccio intagliata. Sherlock la aprì e li condusse nella Foresteria.

“Questa stanza è l'unico luogo nel club dove sia consentito parlare” spiegò “Mycroft ci raggiungerà qui tra poco”

 

Entrarono nella lussuosa stanza, arredata con mobili antichi, accuratamente tirati a lucido. Elle prese immediatamente posto sulla comoda poltrona di pelle vicino alla finestra mentre Light si guardava attorno, affascinato dall'arredamento lussuoso. John e Sherlock, ormai abituati a visitare quella stanza, se ne stavano in attesa, in piedi vicino alla porta. Dopo qualche minuto li raggiunse Mycroft.

Era un uomo robusto, molto più di Sherlock, ma il suo sguardo lasciava trasparire tutta l'intelligenza di cui era dotato e faceva immediatamente dimenticare il corpo non proprio perfetto, le cui forme sgraziate erano comunque ben nascoste dal completo firmato che portava con tanta eleganza.

“Cosa ti porta a farmi visita fratello?” chiese rivolto a Sherlock “Qualche caso per il quale hai bisogno del mio aiuto?”

“Qualcosa del genere” rispose Sherlock a denti stretti “Stiamo aiutando questi due … ehm, questi due detective giapponesi a fare luce sul caso Kira e ...”

“Il caso Kira?” lo interruppe Mycroft “Sei impazzito? Sai bene cosa rischi se ...”

“Il signor Holmes e il signor Watson ci stanno solo aiutando a raccogliere qualche indizio qui a Londra” rispose Elle “Non ci sarà pericolo per loro, glielo posso assicurare”

“Tu saresti ...” cominciò Mycroft, ma si bloccò, come preso alla sprovvista. Guardò Elle per un momento, come se fosse sorpreso di vederlo. Si ricompose subito. “Tu saresti?”

“Mi chiami Ryuzaki” disse Elle, sistemandosi meglio sulla poltrona “Questo è il mio nome in codice per questa missione. In realtà sono Elle. Penso che abbia già sentito parlare di me”

“Elle!” disse Mycroft “Ma certo, Elle! Il grande detective! Dovrei credere che tu sei Elle? Non farmi ridere!”

“Fidati, My” disse Sherlock “Anch'io all'inizio ero sospettoso, ma alla fine ho dovuto ricredermi. È proprio chi dice di essere”

Elle lo guardò sorpreso. Quindi ora Sherlock si fidava di lui?

“Tu, invece?” chiese rivolgendosi poi a Light.

“Sono Light Asahi” rispose lui diligentemente “Faccio parte del quartier generale giapponese per le indagini su Kira.

Mycroft li squadrò attentamente poi allargò il braccio, indicando le poltrone.

“Vogliamo accomodarci?” chiese affabile.

Si sedettero tutti sulle comode poltrone di pelle. Elle si tolse subito le scarpe e si rannicchiò nella sua solita posizione da seduto. Mycroft lo guardò male, ma subito si ricompose, sfoggiando un sorriso tirato.

“Cosa vi ha portato a Londra?” chiese “Da quel che so pare che Kira si nasconda in Giappone!”

“Ultimamente abbiamo avuto il sospetto che possa trovarsi da queste parti”

“Abbiamo il fondato sospetto che ci sia un qualche collegamento tra Kira e uno dei soci del club” spiegò Sherlock “Possiamo accedere allo schedario?”

Mycroft rise. Li guardò, sempre sorridendo, e scosse la testa.

“Se Kira fosse qui, lo saprei” disse.

John spalancò la bocca, sorpreso, mentre Sherlock si nascondeva il viso con la mano. Light ed Elle lo guardarono interdetti.

“Cosa diavolo sta dicendo?” disse Light, agitandosi sulla sedia “Forse è impazzito?”

“Cosa vuol dire?” gli chiese Elle, senza perdere la calma “Cosa vuol dire che lo saprebbe?”

Mycroft li guardò qualche istante, senza smettere di sorridere.

“Io so tutto quello che succede in Inghilterra” disse poi, guardando le dita che tamburellavano sul bracciolo della poltrona “Se Kira fosse veramente a Londra sarebbe al mio servizio” disse tranquillamente “Le vostre teorie sono totalmente infondate”

Light ed Elle si guardarono.

“Davvero lei ha tutto questo potere?” domandò Light.

“Questo e molto di più” rispose lui “Vi consiglio vivamente di cercare altrove. Non troverete nulla di interessante, qui”

“Cosa ha da nascondere?” gli domandò Elle, portandosi un dito alle labbra.

Mycroft lo guardò senza scomporsi.

“Io nascondo molte cose” rispose “Devo farlo. Per il bene della mia nazione”

Sherlock sbuffò, ma il fratello non lo considerò.

Elle lo guardò intensamente. Si sporse dalla poltrona e continuò a fissarlo. Mycroft, che riusciva sempre a mantenere il controllo si sé in qualsiasi situazione, sembrò leggermente a disagio.

“Avete dei dolci, qui?” domando Elle. Tutti si voltarono a guardarlo.

Tra tutte le cose che poteva dire, non si aspettavano certo che potesse porre quella domanda.

“Sì, certo” rispose Mycroft, colto di sorpresa. Si sporse al lato della poltrona e tirò un lungo cordone che pendeva dal soffitto. Dopo un minuto arrivò un cameriere in divisa.

“Ha chiamato, signor Holmes?” domandò “Ha bisogno di qualcosa'”

“Servici del tè” rispose lui “Porta anche qualche fetta di torta”

“Per me no” dissero Sherlock e Light all'unisono.

“Io la mangerei volentieri” disse John.

“Bene, tre fette di torta. Porta quella con panna e cioccolato. Puoi andare”

Il cameriere annuì, fece un breve inchino e se ne andò.

“Non eri a dieta, fratello?” gli chiese Sherlock, lanciandogli un'occhiata carica di disapprovazione.

“Tornando a noi” riprese Mycroft, ignorando la frecciata “Non potreste consultare gli archivi del Diogenes. Potrete dirmi che informazioni vi servono e, se potrò, le cercherò io per voi”

“Penso che sarebbe meglio se ...” iniziò Light, ma Sherlock lo interruppe.

“Non importa, Mycroft” gli rispose Sherlock con noncuranza “In realtà non abbiamo bisogno di quelle informazioni. Era solo per avere una conferma. Ora dovremo fare qualche ricerca in più altrove, ma non ci saranno problemi”

Il maggiore degli Holmes guardò il fratellino e sollevò un sopracciglio, sorpreso. Quelli più stupiti dall'uscita del detective, però, erano John, Light ed Elle. Lo fissarono a bocca aperta. Non capivano dove volesse andare a parare. Proprio in quel momento arrivò il cameriere con il servizio da tè e le fette di torta.

“Sbrigatevi a mangiare” disse Sherlock guardando l'ora sul cellulare “Dobbiamo andare”

“Non c'è fretta” gli rispose Elle, allungandosi verso il tavolino per prendere il piattino con il dolce.

Ne prese un grosso boccone e se lo infilò in bocca con evidente soddisfazione. Sherlock lo guardò, seccato.

“È proprio necessario?” domandò, agitandosi sulla poltrona.

“Si calmi, signor Holmes” gli disse Elle a bocca piena “Dovrebbe fermarsi ogni tanto e gustarsi una buona fetta di torta”

“Non ho tempo per queste sciocchezze” sbuffò il detective.

“Lascia perdere” gli disse John in tono confidenziale “Spesso si dimentica addirittura dei pasti regolari”

Elle annuì e continuò a gustarsi la sua torta. Anche Mycroft e John se la stavano mangiando volentieri.

“Quanti chili hai perso, ultimamente, per permetterti questo ammasso di calorie?” domandò Sherlock al fratello, guardandolo storto.

“Ciò che dici non mi tocca” ribatté quest'ultimo, prima di ingoiare un grosso morso di torta.

Sherlock si guardò in giro, impaziente. Sembrava che stesse cercando qualcuno.

“Ah, Sherlock” gli disse Mycroft, poggiando il piattino vuoto sul tavolo “Per quel caso di cui mi hai parlato l'altra settimana … la risposta è sì. Certo, potresti facilmente provarlo con una prova empirica ...”

“A quello penserò io” disse Sherlock e, notando che sia John che Elle avevano finito il loro dolce, si alzò dalla poltrona “Possiamo andare?” chiese e, senza aspettare risposta né salutare il fratello, uscì dalla stanza.

Mycroft lo guardò allontanarsi, poi si rivolse agli ospiti giapponesi.

“Siete giovani per questo lavoro” gli disse, cercando di cominciare una conversazione e guardò John come per dirgli di sbrigarsi a raggiungere Sherlock. Il medico annuì e uscì dalla stanza.

“Sherlock, voi due avete poteri telepatici?” gli domandò quando lo ebbe raggiunto.

“Non c'è tempo per queste inezie” rispose rapidamente lui “Ora prenderemo un taxi per tornare a Baker Street, tu dovresti ...”

 

Nel frattempo Mycroft cercava di trattenere i due il più possibile per permettere al fratello di comunicare il suo piano a John.

“Immagino che lei, signor Asahi, non sia interessato ad un posto nei servizi segreti britannici, vero?”

“Veramente no” rispose Light, educatamente “Vorrei fare carriera nella polizia giapponese come mio padre, Soichiro Asahi”

“Soichiro Asahi?” chiese Mycroft guardando in alto, come per ricordare qualcosa “Conoscevo un Soichiro Yagami, a capo della polizia di Tokyo. Sicuramente si tratterà di una coincidenza, vero?” gli chiese infine lanciandogli una strana occhiata.

“Una coincidenza, sì” esclamò sbrigativamente Light, dopo un momento di smarrimento. “Soichiro è un nome piuttosto comune in Giappone. Ora, se non le dispiace, dovremmo andare”

Light prese Elle per un braccio e lo trascinò fuori dalla stanza.

“Quel Mycroft sa troppe cose” disse sottovoce mentre percorrevano il corridoio per raggiungere l'uscita.

“Sarà … mormorò Elle, assorto in chissà quali pensieri “Tante quante quelle che nasconde … vorrei sapere se ...”

“Muoviti!” gli disse Light, notando che, perso nelle sue elucubrazioni, stava rallentando il passo “Sherlock e John di sicuro non ci aspettano! Hai visto com'è partito?”

“Vero” rispose Elle e li raggiunsero giusto in tempo.

Sherlock aveva appena chiamato un taxi, che aspettava sul ciglio della strada. Con un rapido movimento salì a bordo e altrettanto fece Light. John era ancora sul marciapiede e stava mandando un messaggio con il cellulare così non vide Elle che gli stava passando davanti. Quando entrambi cercarono di salire sulla vettura, si scontrarono e, nel cadere, chiusero lo sportello.

“Maledizione!” esclamò Elle ma, prima che potesse fare alcunché, il taxi partì.

“Aspetti!” gridò, sollevando il braccio, ma la vettura era ormai lontana. Dopo pochi istanti il suo orologio cominciò a suonare e immaginò che anche l'allarme in quello di Light si sarebbe attivato. Si voltò verso John, pensando ad una scusa da propinargli per quel rumore, ma vide che il medico sorrideva. Si era alzato e si stava pulendo la giacca dalla polvere, ma quello che gli increspava la bocca era senz'altro un sorriso di soddisfazione.

Intanto, nel taxi, anche l'orologio di Light aveva cominciato a suonare. Sherlock intrecciò le mani sotto il mento e sorrise compiaciuto.

“Cosa ...” cominciò Light a disagio “Aveva organizzato tutto per ...”

“Vedo che la mia teoria era giusta” rispose Sherlock “Volevo chiedere a Mycroft di fare qualche ricerca su di voi. Con il suo solito spirito di osservazione ha capito che volevo parlargli in privato di voi e mi ha risposto immediatamente”

“Non capisco” rispose Light.

“Ma è ovvio!” esclamò Sherlock, seccato “Se vuoi nascondere qualcosa è meglio metterla ancora più in evidenza. Non l'ho consultato una settimana fa per nessun caso” spiegò, notando l'aria smarrita del ragazzo “Ciò che mi ha detto serviva solamente per confermare i miei sospetti su di voi. Quindi è vero. Elle sospetta che tu sia Kira”

Light sbiancò.

“Immagino che lo abbia sospettato perché …”

“Non c'è tempo per questi dettagli” rispose sbrigativamente Sherlock “Autista si fermi qui, per favore”

Il taxi accostò sul ciglio della strada.

“Tra poco ci raggiungeranno anche John e Ryuzaki” disse “Andremo a Baker Street e lì metteremo le carte in tavola. Non voglio che mi nascondiate nulla” soggiunse con aria severa.

“Nemmeno lei, allora. Pretendo che ci racconti di quella storia del rapimento”

Sherlock non rispose. Si limitò a sospirare, annoiato e, proprio in quel momento, arrivarono John ed Elle.

“Ci hanno scoperti” disse Light a Elle, mentre quest'ultimo saliva in auto “Tanto valeva portare le manette!”

“Vedo che la sua fama è giustamente meritata” constatò Elle, rivolgendosi a Sherlock.

“221 B, Baker Street” disse Sherlock al tassista, ignorando completamente il complimento di Elle.

“Lascia perdere” gli sussurrò John scuotendo la testa.

“Vorrei sapere, piuttosto, perché non ha insistito con suo fratello per consultare l'archivio” esclamò seccato Light, come se gli fosse venuto in mente in quel momento.

Sherlock, che stava mandando freneticamente messaggi al cellulare, sorrise.

“Se Mycroft ci ha fatto problemi vuol dire che sta nascondendo qualcosa e quel qualcosa riguarda proprio il caso Kira. Ne sono più che sicuro. Per questo, anche se dovessimo chiedergli informazioni, non ci direbbe mai quello che vogliamo. Dobbiamo aggirarlo”

“Come?” domando Elle, affascinato dalla strategia del detective.

“Anthea” rispose lui, pacato.

“Anthea?” domandarono in coro, ma John proseguì “Quella donna è strana, Sherlock” gli disse sbuffando “Sei sicuro che vorrà aiutarci? È al servizio di Mycroft, dopotutto”

“La segretaria di suo fratello?” domandò Light “Una mossa molto astuta ...” si complimentò.

“Astuta … sì” disse John sarcastico “Peccato che Anthea ubbidisca ciecamente a Mycroft. Se ci aiuterà lui lo verrà a sapere e ...”

“Non accadrà” rispose mettendo via il telefono “Devi sapere, John, che Anthea ha un debole per me”

Il dottore lo guardò con la bocca spalancata, mentre Elle e Light si limitarono a stringersi nelle spalle.

“Vorresti … sedurla?” gli chiese.

“Esatto” rispose con un sorriso “L'ho già fatto, in passato. C'è una specie di patto segreto, tra di noi. Mycroft non sa nulla. È eccitante, sia per me che per lei, condividere un segreto che la personificazione del governo britannico non conosce. Si fermi qui un attimo, per favore” disse rivolto al tassista “Devo scendere”

Appena il taxi accostò aprì lo sportello e scese velocemente.

“Ci vediamo a Baker Street tra un paio d'ore” disse, e chiuse lo sportello.

   
 
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