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Autore: Cassandra caligaria    31/10/2012    8 recensioni
Storia seconda classificata al contest 'About Renesmee' indetto da __Hilary__ sul forum di EFP
Renesmee trascorre una giornata con Charlie, perché i suoi genitori stanno organizzando una sorpresa per il suo compleanno ed il loro anniversario di nozze. Dopo un piccolo incidente avvenuto al parco, la piccola convince il nonno ad andare in un centro commerciale. Renesmee adora fare shopping, ma adora ancora di più vedere le persone che le stanno intorno felici. Il suo piano di andare al centro commerciale ha un fine particolare: rinnovare il guardaroba di Charlie per un appuntamento speciale.
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charlie Swan, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
- Questa storia fa parte della serie 'Mia madre credeva di aspettare un maschio, ma sono nata io.'
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― Allora, mi raccomando, fa’ la brava. Non far arrabbiare il nonno e ricorda che lui non è come noi, tesoro. È un umano, è molto fragile, ― mi ammonì dolcemente papà, slacciando la cintura di sicurezza del seggiolino per farmi scendere dalla macchina.
― Va bene, papi. Lo so. ― Gli sorrisi e protesi le mani verso di lui per farmi abbracciare; lui ricambiò e mi prese tra le sue braccia forti. Mi diede un bacio sulla fronte e poi, con un gesto molto delicato ed elegante, di quelli che solo lui era in grado di fare, mi affidò alle braccia della mamma.
― Il papà e la mamma tornano presto, ― sospirò mentre mi stringeva a sé. Poi mi baciò la guancia e mi mise a terra, permettendomi di camminare.


Era una calda mattina di fine luglio. La mamma e il papà mi avevano spiegato che saremmo partiti per il loro anniversario di matrimonio e saremmo stati via anche per il mio secondo compleanno e per quello della mamma. Io ero entusiasta: un mese di vacanza con loro, ma non mi avevano svelato la meta. Volevano fosse una sorpresa. Lo scorso anno, loro due erano tornati sull’isola di nonna Esme e mi avevano lasciata a casa Cullen con i nonni e gli zii, ritornando a Forks per i festeggiamenti del mio compleanno e di quello della mamma. Quest’anno, invece, io ero più grande e avremmo fatto una vacanza più lunga, tutti e tre insieme, per festeggiare tutti e tre gli eventi. Magari mi avrebbero portata sull’isola!
Desideravo così tanto poter vedere tutte le specie animali e acquatiche che avevo visto nelle foto ricordo dei nonni e nell’album che conteneva quelle del viaggio di nozze di mamma e papà.
Due giorni fa avevo sentito qualche stralcio dei discorsi dei miei genitori e, a quanto pareva, dovevano andare da un certo dottor Jensen per i miei documenti. La mamma non voleva che andasse lo zio Jasper e papà era scoppiato a ridere. Poi sono entrata nella loro camera e hanno cambiato discorso. Non mi piaceva non sapere le cose, infatti avevo cercato di corrompere lo zio Emmett per avere qualche indizio sulla meta del viaggio ma, a quanto pareva, neanche lui sapeva niente. O forse papà era riuscito a corromperlo meglio di me.
Comunque, avrei trascorso la giornata con nonno Charlie, mentre loro si sarebbero occupati della preparazione del viaggio e dei miei documenti. Adoravo trascorrere del tempo con il nonno.


― La mia nipotina preferita! ― mi salutò, prendendomi al volo tra le braccia.
― Per forza sono la tua nipotina preferita: sono l’unica! ― risposi con aria saccente.
― Renesmee! ― mi riprese papà, non riuscendo a trattenere le risate.
― Papi, è la verità… ― continuai con lo stesso tono.
― Edward, lasciala stare… Ha ragione! ― esclamò ridendo. Il nonno mi difendeva sempre.
― Papà, non viziarla troppo. Ci vediamo stasera! Amore, fa’ la brava e…
― Ciao, Bella. Tranquilla, – la zittì il nonno. ― Noi ci divertiremo un mondo oggi! – Il nonno mi strizzò un occhio e io gli sorrisi complice.
Vidi mamma e papà salire in macchina e rivolgerci un ultimo saluto dal finestrino, poi l’auto partì e nell’arco di pochi secondi sparì dalla nostra vista.
― Allora, piccola, cosa ti va di fare oggi? – mi domandò il nonno, mentre entravamo in casa.


Quando trascorrevo del tempo con nonno Charlie non stavamo quasi mai in casa. Andavamo insieme al lago a pescare, mi portava al parco giochi o alla riserva, da Billy, oppure guardavamo insieme qualche partita di football in tv. Eh, sì, ero una grande tifosa dei Chicago Bears, come lo zio Emmett – non poteva essere altrimenti! – e il nonno aveva accettato la mia passione per la squadra degli orsi, seppure malvolentieri. Lui era un tifoso del Seattle Seahawks, ma era felice di avere almeno qualcuno con cui condividere la sua passione per il football, visto che la mamma non gli aveva mai dato questa soddisfazione.

Era una splendida mattina d’estate, il campionato era terminato e Billy era andato con Jake a trovare Rachel, sua figlia, a Vancouver. Erano le dieci: troppo tardi per andare a pescare.
― Andiamo al parco, nonno? ― proposi.
― Certo, tesoro. Facciamo tutto quello che vuoi.
― Sì! Che bello! – Mi avviai saltellando verso la porta d’ingresso.
Il nonno mi prese per mano e uscimmo fuori di casa. Mi piaceva il caldo e passeggiare quando c’era il sole, a passo umano. Era una cosa che potevo fare solo con nonno Charlie; a casa mia nessuno sarebbe riuscito a mantenere un’andatura così lenta e, più di ogni altra cosa, non avrei potuto godere dei raggi del sole con accanto dei diamanti ambulanti. La mia pelle, a differenza di quella dei miei familiari, non brillava alla luce del giorno. Era opaca, più simile a quella degli umani.


Arrivati al parco, mi fiondai sullo scivolo. Adoravo arrampicarmi al contrario, salire sulla superficie di metallo che brillava sotto il sole, sentire il calore sotto le mani e il sapore della vittoria sulle leggi della fisica una volta arrivata in cima. Adoravo vincere e adoravo vedere gli sguardi sbalorditi degli altri bambini, ogni volta che lo facevo. Scivolare giù dopo un’arrampicata del genere era meraviglioso. Ero certamente molto più agile degli altri bambini; non facevo nessuno sforzo a vincere la forza di gravità, ma era l’unica cosa che mi era concessa per sentirmi una bambina speciale fra i piccoli umani. Non avrei potuto fare le cose grandiose che facevo di solito nel mio mondo, come correre nei boschi a velocità vampiresca, saltare sui rami degli alberi come se stessi volando.
Ma avevo bisogno di sentirmi unica e speciale, forte e invincibile.
Sempre.
Era nella mia natura.
E salire sullo scivolo al contrario mi faceva provare le stesse sensazioni che provavo ogni istante della mia vita, da quando ero venuta al mondo. Tutta la mia famiglia mi aveva considerata fin dalla nascita un essere speciale e mi avevano abituata a considerarmi sempre tale. E in effetti, ero davvero speciale: una bambina per metà umana e per metà vampira. L’amore incondizionato della mia famiglia, la venerazione dei miei genitori e la devozione di Jake avevano fatto sì che sviluppassi fin dai primi mesi di vita un’alta percezione di me e delle mie capacità. Mi sentivo in grado di poter fare qualsiasi cosa.


Arrivata in cima allo scivolo, mi ripulii le mani sul vestito con un gesto quasi automatico per eliminare la sensazione appiccicosa del sudore e mi sedetti, pronta a scivolare giù.
Il calore del metallo mi solleticava la pelle delle gambe. Mi diedi una piccola spinta e iniziai a scivolare. Alzai le braccia: non avevo bisogno di reggermi. Volevo sentire il vento sul viso e tra i capelli. Ero a metà dello scivolo, quando, voltandomi, vidi un bambino piuttosto grasso arrivare dietro di me.
“Maledizione!”, imprecai.
Se non ci fossero state così tante persone nel parco, avrei potuto evitarlo drizzandomi in piedi e correndo giù per lo scivolo, ma non potevo mettere in atto un simile spettacolo, quindi mi preparai a ricevere il colpo.
Aveva preso velocità ed era arrivato alle mie spalle. Mi urtò e, avendo messo le braccia in avanti, spaventato dalla mia presenza, mi spinse e mi fece capovolgere al suolo. Rotolai in una pozzanghera di fango e sentii qualcosa di pungente graffiarmi la gamba: un rametto pieno di spine mi aveva artigliato metà polpaccio.
Corsi a ripararmi dietro un albero, poco lontano dallo scivolo: se nonno Charlie avesse visto tutto quel sangue si sarebbe spaventato e mi avrebbe portata immediatamente al pronto soccorso. E questo non rientrava esattamente nelle condizioni dettate dagli avvertimenti dei miei genitori.
Dovevo far sparire quel sangue. Mi piegai sulla gamba, sputai un po’ di saliva sulla mia ferita e la spalmai con la mano, come mi aveva insegnato a fare nonno Carlisle quando mi ero sbucciata un ginocchio cadendo da un albero mentre giocavo con zio Emmett. La mia prima ferita: avevo solo due mesi.
Il nonno mi aveva spiegato che nella mia saliva c’era una sostanza chiamata ‘lisozima’, una sorta di antibiotico naturale che serviva a difendermi da germi e batteri. Il lisozima era presente solo nella saliva degli umani, ma nella mia c’era anche una buona percentuale di veleno, derivante dai miei geni vampireschi. Il nonno aveva definito la mia saliva come ‘il farmaco più potente e con azione più rapida presente in natura’; infatti, in men che non si dica, il mio taglio si era già rimarginato. Si notava solo una sottile linea rosa sulla mia pelle diafana. Sarebbe presto sparita anche quella.


― Renesmee! Dove sei? Nessie! ― Sentii le urla del nonno e uscii allo scoperto. Tornai vicino allo scivolo e mi sedetti sulla pozzanghera, fingendo di essere caduta in quel momento.
― Nonno! Sono qui! ― urlai.
― Nessie! Tesoro, cosa è successo? – Si piegò per aiutarmi ad alzare.
― Un bambino… mi è venuto addosso e mi ha fatta arrivare fin qui… ― piagnucolai e, mentre mi rimettevo in piedi lentamente sorretta da lui, sentii il suo sguardo indagatore su di me.
― Oh, piccola! Ti sei fatta male? ― mi domandò apprensivo, togliendo qualche fogliolina dai miei capelli.
― No, no, sto bene! Mi sono solo sporcata un po’ il vestito…
Abbassai lo sguardo sul mio abito, ormai completamente pieno di fango.
― Per la miseria! Guarda qui! Solo un po’?! Se tua madre ti trova così mi mangia!
Scoppiai a ridere per la sua macabra affermazione.

La mamma potrebbe mangiarti davvero, se solo non fosse così forte e non ti volesse così tanto bene.

― Non ho nulla a casa per te… Tutti i vestiti di tua madre da bambina sono a Jacksonville, a casa di nonna Renée. Uhm… vediamo un po’ cosa possiamo fare...

Era il momento giusto per mettere in atto il mio piano geniale.

― Nonno, perché non ce ne andiamo al centro commerciale? Così mi compri un vestito nuovo da indossare! Dai, ci divertiremo! – proposi piena di entusiasmo. Il suo colorito divenne pallido alla parola ‘centro commerciale’. Evidentemente, amava fare shopping quanto la mamma. Seppur con una certa riluttanza, acconsentì. Non avrebbe mai potuto dire di ‘no’ alla sua nipotina.

Prima di andare, però, il nonno mi costrinse a tornare a casa per fare un bagno e indossare qualcosa di pulito. Temeva che potessi ammalarmi. Mentre mi asciugavo e cercavo qualcosa da mettermi nella camera che un tempo era stata della mia mamma, mi ritrovai a pensare a Charlie e alla sua vita. Mi dispiaceva che vivesse da solo: era così buono e dolce. Avrei tanto voluto che venisse a vivere a casa nostra o a casa Cullen, ma mi rendevo conto che la nostra vita lì, al di là del fiume, non era adatta a lui.

Ma, per fortuna, probabilmente non rimarrà solo ancora a lungo…


Zia Alice mi aveva rivelato che il nonno aveva intenzione di chiedere a Sue, la mamma di Seth e Leah, di andare a vivere con lui. La zia aveva visto che l’avrebbe portata a cena fuori e poi le avrebbe fatto la proposta. Ero al settimo cielo quando me lo aveva confessato. Anche se la zia non era riuscita a vedere la risposta di Sue perché era la mamma di due licantropi e questo creava qualche interferenza sulle sue visioni, ero certa che avrebbe accettato. Sue era una donna molto gentile e aveva un cuore grande. Erano una bella coppia. In qualche maniera, anche il nonno avrebbe fatto parte, seppure inconsapevolmente, del nostro strano mondo. Il nonno di una mezza vampira con la madre di due licantropi! Sorrisi pensando che, in fondo, ci fosse sempre un equilibrio, in ogni situazione. Il nonno aveva capito e accettato che noi tutti fossimo diversi, compreso Jake. Non aveva mai fatto domande sulla mia rapida crescita, sul perché a soli ventiquattro mesi avessi le sembianze di una bambina di almeno cinque anni, né sulla mia acuta intelligenza. Aveva messo da parte la sua naturale inclinazione al voler conoscere la verità e aveva accettato di far parte della nostra vita senza chiedere nulla.


Trovai nel vecchio armadio della mamma un top e lo indossai a mo’ di vestito.

Certo che si vestiva proprio male la mamma da umana… C’erano delle t-shirt orrende nel suo vecchio armadio! Una era tutta bucherellata… Mah!


Ci recammo a Portland, in un centro commerciale che conoscevo bene. Ci andavo sempre con le zie a fare shopping.
― Nonno, nonno! Vieni! Entriamo in questo negozio! Guarda che bello quel vestito!
Avevo preso in mano un bellissimo abito viola, il mio colore preferito, con le maniche a sbuffo e gli orli rifiniti in pizzo bianco. Era molto bello.
― Mi prendi la taglia giusta, lì? Io non ci arrivo… ― Indicai con il dito quelli appesi in alto.


― Vado a provarlo! Tu aspettami qui!
― Va bene, tesoro.

― Nonno, nonno! Guarda! Queste ballerine sono perfette sotto il vestito!

― Oddio! Questa molletta è dello stesso giallo dell’orlo della gonna! Ti prego, la prendiamo?


Otto negozi, quattro paia di scarpe, due mollette per capelli e dieci vestiti dopo.


― Nonno, allora che ne dici di questo? Sta bene con il vestito bianco e blu?
― Sì, tesoro, è perfetto. Adesso, per favore, mangiamo qualcosa? ― Ridacchiai e corsi ad abbracciarlo. Povero nonno! Avevo svaligiato un intero centro commerciale nel giro di due ore! Mi prese in braccio e gli cinsi il collo.
― Ti voglio bene, nonno! Sei il migliore! – Gli baciai una guancia e lo vidi arrossire.
― Sì… ehm… grazie, tesoro. Anch’io ti voglio bene… Ora che ne dici se andiamo a mangiare qualcosa? Il nonno inizia ad avere un certo languorino…
― Va bene. Allora lo prendiamo il bolerino?
― Cosa?! ― mi domandò.
― Questo, ― gli portai davanti agli occhi il bolerino blu che avevo provato, ― nonno, si chiama b-o-l-e-r-i-n-o! ― Scandii bene le lettere. ― Devi ancora imparare un sacco di cose! Quando vuoi, posso darti qualche ripetizione, ― lo presi in giro.
― Sì, sì, certo. Ma da chi avrai preso, signorinella?! Tua madre detesta fare shopping. Tu, invece, sei instancabile! ― Alzò gli occhi al cielo e io scoppiai a ridere. Lo faceva sempre la mamma e lo facevo anch’io: l’avevamo ereditato da lui.
― Credo di aver preso tutto dalla zia Alice! ― affermai orgogliosa.
― Ah, beh! ― rispose lui, prendendomi per mano e conducendomi fuori dal negozio.


Pranzammo in un fast-food e, anche se non gradivo particolarmente il cibo umano, mi sforzai di apprezzare il mio toast e le patate dolci.
― Nonno, tu non hai comprato niente per te… ― mormorai, mentre sorseggiavo la mia Coca-Cola. Era il momento di mettere in azione il mio piano.
― Non credo di aver bisogno di vestiti nuovi, Nessie, ― mi liquidò lui.
― Io invece credo proprio che tu ne abbia bisogno. Guarda! Indossi sempre queste camicie a quadri, – feci una smorfia di disappunto, ― e questi jeans… Ti prego, lascia che ti aiuti a scegliere qualcosa di nuovo… ― Gli feci il mio sorriso a trentadue denti, quello a cui nessuno era in grado di resistere. Lo facevo per lui; volevo che fosse felice e che la serata con Sue fosse indimenticabile... e non poteva proprio presentarsi con quelle camicie orrende!
― Sei identica a tua zia! E parli perfino come lei! ― Scosse il capo divertito.
― D’accordo… credo che tu abbia ragione, ― borbottò, squadrando i vestiti che indossava, ― ma solo una camicia e un pantalone nuovo! Non proverò più di cinque capi d’abbigliamento. Ci stai? – Mi porse la mano.
― Affare fatto! ― La strinsi. ― Sta’ pur certo che ci fermeremo al capo numero tre! E li comprerai tutti! Fidati di me!
Ero certa che, se ci stesse guardando, in quel momento zia Alice sarebbe stata fiera di me!



― Allora, nonno? Esci! Dai, fatti vedere! ― urlai alla tenda del camerino in cui si era barricato da più di mezz’ora.
― D’accordo. ― Fu appena un sussurro, ma io lo percepii nitidamente.
― Nonno, guardati! Come sei bello! Sembri un figurino!
Alzai un pollice in segno di approvazione e gli feci l’occhiolino. Arrossì alle mie parole e balbettò un ‘grazie’. Stava davvero bene con la camicia azzurra e i pantaloni neri che avevo personalmente selezionato dalla vasta gamma di capi presenti nel negozio. Sue sarebbe caduta ai suoi piedi.
― Bene, ora direi che ti mancano solo una giacca e le scarpe e sarai perfetto! ― trillai. Lo shopping mi rendeva più euforica del solito.
Sembro davvero una miniatura di zia Alice!
― Nessie… avevamo detto un pantalone e una camicia! ― tentò di ammonirmi, con risultati nulli. Quando mi mettevo in testa una cosa, ero irremovibile. Volevo che fosse perfetto al suo appuntamento e lo sarebbe stato.
― Prova queste, sono perfette sotto il pantalone. ― Gli porsi le scarpe e lo osservai mentre le indossava. Poi chiesi alla commessa, che mi conosceva da tempo perché io e zia Alice andavamo sempre in quel negozio per acquistare gli abiti di zio Jasper e a volte anche quelli di papà, di abbinare una giacca al pantalone.
― Vieni qui, vieni a specchiarti. ― Allungai la mano verso di lui.
― Guarda come stai bene, ― gli dissi dolcemente. ― Sei molto elegante, un perfetto gentiluomo. ― Gli sorrisi per cercare di convincerlo che era la pura verità e che lo pensavo davvero.
― Beh, sì, è vero… il look da pescatore-boscaiolo può essere abbandonato ogni tanto, no?
Mi prese in braccio e mi strinse forte, baciandomi il collo e iniziando a farmi il solletico.
― La mia nipotina! La mia Nessie, esperta di moda e amante dello shopping! Meno male che ci sei tu! ― Continuò a farmi il solletico e io ridevo, ridevo, ridevo felice.

Tornammo a casa e mangiammo una torta che il nonno aveva comprato per la nostra giornata insieme.
― Visto che festeggerai il tuo compleanno in vacanza con i tuoi genitori, avevo pensato che una torta in anticipo potesse andar bene per festeggiare un po’ anche con me. ― Mi fece una tenerezza infinita. Posai la forchetta nel piatto e andai a sedermi sulle sue ginocchia. Lo abbracciai e gli sussurrai nell’orecchio: ― Ti voglio tanto bene, nonno.
― Anch’io, tesoro, ti voglio tanto bene.
Mi strinse forte a sé, poi si alzò e mi mise seduta sulla sua sedia. Lo vidi sparire oltre il corridoio e poi ritornare con in mano una busta viola con un grande fiocco bianco.
― Questo è per te, per il tuo compleanno. Aprilo, ― mi incoraggiò, porgendomi la busta.
― Nonno, ma non dovevi. Mi hai già comprato tutti quei vestiti… e poi la torta…
― Sciocchezze! La torta è più per me, visto che tu non ne hai mangiato neanche mezza fetta, ― ridacchiò, ― e poi i vestiti li hai scelti tu e mi piacerebbe che li lasciassi qui, così quando starai da me avrai un cambio in caso di caduta nel fango.
Mi sorrise, ammiccando, e io gli strizzai l’occhio di rimando.
― Un regalo di compleanno deve essere sempre una sorpresa, non può sceglierlo la festeggiata, altrimenti che regalo è? Su, aprilo. Spero ti piaccia. ― Mi accarezzò una spalla in segno di incoraggiamento ed io iniziai ad aprire la busta.
Ne tirai fuori un bellissimo costume intero a righe viola e blu, con un delizioso fiocchetto in tinta su una delle bretelle e un bikini color oltremare a pois bianchi con una finta patta di abbottonatura composta da tre bottoncini sulla fascia superiore e un simpatico volant sulle mutandine. Erano entrambi bellissimi.
― Grazie, nonno… ― sussurrai emozionata. Ero abituata a ricevere regali, anche molto preziosi, ma il regalo del nonno era molto speciale. Sapevo quanto detestava trascorrere del tempo per i negozi, eppure lo aveva fatto per fare una sorpresa a me. Gli saltai in braccio e gli baciai una guancia.
― Di nulla, tesoro. Sono contento che ti piacciano. La taglia dovrebbe essere giusta, mi sono fatto aiutare dalla commessa che ha affermato di conoscerti mooolto bene! ― ridacchiò.
― Credo che ti serviranno in vacanza. ― Mi strizzò un occhio.
― Allora tu sai dove mi porteranno?! Dimmelo, ti prego! ― piagnucolai.
― Non posso, ho giurato di non dirti nulla. Deve essere una sorpresa.
― Ma sei hai detto che mi serviranno… Allora mi portano sull’isola! ― esclamai trionfante.
― Non lo so, ma sono sicuro che ti porteranno al mare. Volevo comprarti due bikini in realtà, ma conoscendo tuo padre, che certe volte – detto fra noi – sembra quasi più vecchio di me, ho deciso di comprartene anche uno intero. ― Scoppiammo entrambi a ridere.

Nonno, papà è davvero più vecchio di te, anche se sembra e sarà per sempre un ragazzino!

Lo aiutai a sistemare nel suo armadio il nuovo completo e le scarpe, poi, una volta chiusa l’anta, mi prese in braccio e mi baciò la fronte.
― Grazie, piccola. Avevo proprio bisogno di un completo nuovo… ― Lasciò la frase in sospeso. Sembrava stesse per aggiungere qualcosa, ma il suo volto era titubante.
― Sono certa che quando lo indosserai sarà per un’occasione speciale. ― Gli sorrisi dolcemente.
Aveva gli occhi lucidi.
― Già, sicuramente sarà come dici tu. E penserò a te, in quell’occasione. Alla mia meravigliosa nipotina che mi ha aiutato ad essere speciale in un’occasione importante. ― Mi strinse forte tra le braccia e scendemmo al piano di sotto.


La Volvo di papà fece il suo ingresso sul viale ciottolato di casa Swan al tramonto.
―Mamma! Papà! ― Corsi incontro ai miei genitori, che mi presero tra le braccia riempiendomi di baci. Sembrava fossimo stati lontani per mesi. Eravamo così legati noi tre, che anche il più breve distacco diventava un’enorme sofferenza.
Dopo aver salutato il nonno, tornammo nella nostra casetta.



Mi accoccolai sulle gambe dei miei genitori, seduti sul divano e la mamma mi chiese di raccontarle come era trascorsa la mia giornata.
Posai le mie piccole mani sulle loro guance e gli mostrai quello che avevamo fatto durante il giorno: era il mio modo preferito di comunicare con loro. Papà conosceva già i miei piani, ma non aveva rivelato nulla alla mamma, che rimase molto sorpresa e felice quando scoprì che il nonno avrebbe chiesto a Sue di andare a vivere con lui. Una volta terminate le immagini della nostra giornata, mi abbracciarono forte e papà mi sussurrò nell’orecchio: ― Sei proprio una bambina speciale. Ti voglio tanto bene, piccola mia. E sia chiaro: quel bikini lo indosserai quando in spiaggia ci saremo solo io, te e la mamma, signorina!
Io e la mamma scoppiammo a ridere e lei gli diede un delicato bacio sulle labbra.
― Il mio vecchietto geloso! ― esclamò, guardandolo con adorazione.
Era sempre così tra di loro; mi sembrava di vivere in un libro di fiabe, con principi, principesse e castelli incantati.
― E la vostra giornata? Mi dite dove andremo, per favore? ― li supplicai.
Loro si scambiarono uno sguardo complice ed insieme esclamarono: ― Sorpresa!
Mi sventolarono sotto il naso un biglietto aereo intestato a Renesmee Carlie Cullen.
Destinazione: Rio de Janeiro.










Buonasera e buon Halloween!
In occasione dell'ormai imminente uscita nelle sale della seconda e -ahinoi- ultima parte di Breaking Dawn, ho partecipato ad un contest carinissimo sul personaggio di Renesmee, indetto da
__Hilary__, e sono arrivata, con mia grande sorpresa, sul podio!


Spero vi piaccia questo piccolo momento nonno/nipote.

  
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