Living Things
Il
fragore della pioggia faceva
ammutolire tutto il resto del mondo.
Sasuke
lo sapeva, e forse era
colpa del temporale se non riusciva a prendere sonno, malgrado
l’estenuante
giornata di lavoro. Avevano trascorso ore arrancando nel fango, sporchi
e
sudati, per raggiungere la meta della loro missione, e mentre
strisciava a
fatica nella trincea che avevano scavato riusciva a pensare solo a
quanto
avrebbe voluto dormire.
E
invece, sebbene il piacevole
tepore del futon gli causasse una placida sonnolenza, i suoi occhi non
ne
volevano sapere di chiudersi. Forse era proprio colpa di quel dannato
tempo.
Essere
lasciato da solo con sé
stesso gli piaceva, spesso non aspettava altro, ma quando questo
accadeva in
quell’universo parallelo ovattato e solitario che solo la
pioggia autunnale
riusciva a creare, uno strano senso di disagio si impossessava di lui e
all’improvviso tutto diventava troppo
vicino. I suoi pensieri gli si appiccicavano addosso e non
c’era niente che
riuscisse a tenerli lontani.
Tutte
le paure che ogni giorno
si affannava a nascondere sotto una spessa coltre di indifferenza lo
circondavano sussurrando il suo nome e lui non poteva scappare, non
sarebbe mai
riuscito a fuggire da sé stesso.
Eppure
quella notte non lo
soddisfaceva nemmeno l’ipotesi di rimanere lì
dentro rannicchiato al buio,
rimuginando continuamente su questioni che il dodicenne che era non
poteva
risolvere, malgrado la tenacia con cui ci si impegnava.
Fu
per questo che, anche se non
aveva bisogno di prendere una boccata d’aria, né
era infastidito da Kakashi e
Sakura che dormivano accanto a lui, qualcosa lo spinse ad uscire dal
rifugio in
cui il team 7 avrebbe dovuto trascorrere la notte prima di fare ritorno
al
villaggio.
Nemmeno
lui sapeva con certezza
perché lo stava facendo; non voleva aver bisogno di contatto
umano, rischiando
di inficiare tutto quello per cui da anni stava combattendo, quindi
decise che
stava raggiungendo Naruto solo per vedere se svolgeva a dovere il suo
turno di
guardia. Non perché perfino Sasuke Uchiha, ogni tanto,
necessitava di qualcuno
che non era se stesso.
Come
aveva previsto, il suo
compagno di squadra si era serenamente addormentato contro il muro
della
casupola, esposto alle gocce di pioggia là dove il suo
corpo, vittima del
sonno, aveva scomposto la posizione originaria e si era allungato oltre
il
margine di protezione offerto dal tetto.
Lo
shuriken con cui aveva di
sicuro giocherellato prima di appisolarsi gli era scivolato dalle dita
e
giaceva poco distante dalla mano destra; Sasuke sapeva prevedere come,
svegliandosi, Naruto vi si sarebbe goffamente appoggiato
conficcandoselo nel
palmo per errore.
Per
qualche secondo il
dodicenne che viveva ben nascosto dentro di lui fu tentato di non
intervenire e
godersi lo spettacolo che sarebbe stato messo in scena la mattina
seguente, poi
però la sua metà ragionevole ebbe la meglio e con
un malcelato sospiro si chinò
per raccogliere l’arma. Mentre lo faceva notò
distrattamente che la coperta con
cui Naruto aveva tentato di avvolgersi per proteggersi dal freddo
pungente era
scivolata fino a lambirgli i piedi.
Sasuke
alzò gli occhi al cielo.
Quello non l’avrebbe fatto. Non era una dannata mammina che
rimbocca le
lenzuola ai propri pargoli.
Dopo
essersi assicurato che lo
shuriken fosse a distanza di sicurezza, si lasciò cadere
vicino al compagno di
squadra, portandosi le ginocchia al petto. In qualche modo
l’odioso russare di
Naruto riusciva a riempire il silenzio di cui le sue ossessioni approfittavano per
torturarlo. Chiuse gli
occhi mentre avvertiva una bizzarra sensazione di serenità
che scacciava via
tutto il resto e gli permetteva di godersi le gocce di pioggia che
ticchettavano sul terreno poco distante da lui.
Fu
proprio in quel frangente
che Naruto, nel sonno, pensò bene di afflosciarsi addosso a
lui e appoggiare la
testa sulla sua spalla, cancellando la sua ritrovata pace interiore
come un
secchio d’acqua bollente scioglie la neve. Il suo respiro
caldo gli accarezzò
il collo, provocandogli un leggero solletico.
Gli
occhi di Sasuke si
assottigliarono pericolosamente.
“Non
ci pensare nemmeno, baka.”
Se
ci avesse riflettuto forse
avrebbe trovato alquanto stupido parlargli e allo stesso tempo farlo a
bassa
voce per non svegliarlo, ma in quel momento la sua unica preoccupazione
era di
appoggiargli una mano sui capelli umidi e spingerlo via con malagrazia,
sperando che decidesse di utilizzare come sostegno alternativo il muro
alle sue
spalle.
Naruto
borbottò qualcosa senza
svegliarsi e si divincolò come se non riuscisse a trovare
una posizione altrettanto
comoda.
Usurantokachi.
Il
vento intanto si era alzato
e ormai dirigeva la pioggia verso i corpi rannicchiati dei due ragazzi,
deviandola dalla sua traiettoria verticale. La temperatura si era
abbassata di
qualche grado e Sasuke rabbrividì sotto la stoffa leggera
dei suoi abiti, ma la
ridicola tuta arancione che tanto lo infastidiva sembrava adatta a
sopportare
il clima autunnale.
Come
a volerlo smentire, appena
pochi istanti dopo aver formulato tale pensiero notò che il
compagno di squadra
era scosso da quelli che, presumibilmente erano brividi di freddo.
Alzò
gli occhi al cielo.
Se
Naruto si fosse preso un
raffreddore il giorno dopo avrebbe estenuato l’intero team
con le sue
lamentele. Un’influenza avrebbe potuto addirittura
compromettere la conclusione
della missione, e quello avrebbe procurato a tutti non poche seccatura.
“Baka
che non sei altro.” bofonchiò
ancora, mentre sollevava la coperta e gliela appoggiava sul petto,
cercando di
coprirlo quanto più possibile. Sicuramente era stato il
freddo pungente ad
arrossargli le guance; Sasuke Uchiha non era mai
in imbarazzo.
Durante
questa delicata
operazione lo aveva inavvertitamente urtato con il gomito, e ora di
nuovo la
fronte di Naruto scivolò fino ad posarsi sulla sua spalla.
Per altre dieci
volte lo spinse via, poi l’undicesima decise che, se proprio
teneva tanto, quel
dobe poteva appoggiarsi a lui.
Anche
la coperta si spostò, a
causa dei movimenti inconsulti di Naruto, un esorbitante numero di
volte, e altrettante
Sasuke la raccolse. Alla fine quasi non sbuffava più mentre
era costretto a
farlo, anche se non poteva impedirsi di borbottare parole astiose verso
quel
baka.
Sebbene
ormai i pensieri non
gli impedissero più di prendere sonno, grazie
all’imprevedibile utilità di colui
che si autodefiniva suo migliore amico, lui rimase sveglio per tutta la
notte a
rimettere a posto quella dannata coperta.
Tornato
all’interno del rifugio
alle prime luci dell’alba, non volle spiegare a un incredulo
Kakashi come diavolo
avesse fatto a buscarsi un raffreddore simile dormendo al coperto.
[Each word
gets lost in the echo]
“Ehi,
Sasuke.”
Lui
gli lanciò un’occhiata di
pura indifferenza. “Che vuoi, usuratonkachi?”
Naruto
lasciò che il suo viso
si deformasse in una smorfia di disappunto e nel farlo serrò
gli occhi per
permettere all’amico di asciugarsi frettolosamente quella
lacrima che era
sfuggita al suo controllo.
“Smettila
di chiamarmi così,
teme!” replicò, sforzandosi di mantenere il suo
normale tono di voce, malgrado il
forte disagio che gli stava scaldando lo
stomaco.
Sasuke
Uchiha non piangeva mai.
Vederlo mentre lo faceva era talmente strano da procurargli una
fastidiosa
sensazione di malessere.
Il
ragazzo schioccò la lingua,
annoiato, e girò il viso dalla parte opposta. “Non
mi hai ancora risposto.”
Naruto
lo guardò.
Avevano
all’incirca la stessa
età ed erano cresciuti insieme, anche se fino a poco tempo
prima si erano a
stento rivolti la parola, eppure gli occhi di Sasuke erano
più vecchi. Si chiese se
fosse a causa dello
sharingan, o dell’impegno con cui si allenava tutti i giorni,
o semplicemente
delle atrocità che era stato costretto a vedere.
“È
stato Kakashi-sensei a dirmi
che ti avrei trovato qui. – rispose, portandosi una mano
dietro la nuca. – Ho
pensato che, magari, avevi voglia di un po’ di
compagnia.”
Lui
non rispose e Naruto lo
prese come un invito a rimanere. Si sedette accanto a lui sul terriccio
freddo,
di fronte alla lapide usurata dagli anni e dalle intemperie. Dalla
minuscola
foto in bianco e nero Mikoto Uchiha sorrideva dolcemente.
“È
il suo compleanno.” mormorò
Sasuke di getto. Forse aveva solo bisogno di dire qualcosa.
Naruto
annuì, piano. “Lo so.”
Titubante,
alzò una mano e
l’appoggiò sulla spalla dell’amico. Era
sicuro che sarebbe stato rifiutato.
Sasuke
invece sussultò
leggermente quando percepì il suo tocco, ma non lo
scostò. Si ricordò di quando
si era preso cura di Naruto, a suo modo, quell’unica notte, e
capì quanto
potesse essere strano il mondo.
L’ansia di essere se stesso andava via solo quando stava con quel baka. Era assurdo, era incomprensibile, ma era così.
Anche in quel momento.
Ma alla fine, loro due erano solo cose vive, e insieme lo erano meglio. Era solo questo.
Sasuke
quasi sorrise a quella consapevolezza. Non era debole, era
solo… umano.
Note dell’autrice:
Allora, è una cosina senza tante pretese ma un po’ di sano fluff fa sempre bene :3 I credit vanno ai Linkin Park, sia per il titolo che per la citazione e… nient’altro xD
Spero che vi sia piaciuta, se invece vi ha fatto schifo… be’, lasciatemi un commentino in entrambi i casi please! :) Buon Halloween a tutti!
Shirangel