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Autore: Adrame    16/05/2007    3 recensioni

Gli Ehrgeiz, quelli che volevano essere dèi.
Dopo una strenua battaglia, una sola, tra loro, rimane. Una sola: la più debole, quella che doveva sempre essere protetta. In un surreale scenario di morte e disperazione Keimei si trova a dover sopravvivere a tutti, e al dolore.
Gli Ehrgeiz, quelli che volevano essere dèi.
Genere: Malinconico, Drammatico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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ThE WoRLd AiN't FAiR.. iT EaT YoU iF YoU LeT iT...

Questa è la mia Storia. Questa è la ragione della mia Battaglia. Ascoltatemi, posteri, e capirete perchè una ragazza come me si è sporcata di sangue.


« ...? »
Indolenzita, riuscivo a malapena ad alzare goffamente il petto per emettere qualche rantolo irregolare. Poi mi feci forza e aprì gli occhi. Fu come se attorno a me fosse sparito tutto quello che prima notavo: i colori dei fiori, le sfumature rosee del cielo al crepuscolo, il verde degli alberi folti. Tutto aveva lasciato posto ad un monocromatico, desolante paesaggio fatto di rosso scarlatto, punteggiato quà e là da ombre e sfumature grigie e nere. Il colore del sangue... Sangue fu quello che vidi guardando il terreno, gli alberi e le mie dita affusolate. Poi un repentino flash mi fece prendere coscienza della morte disseminata come grano davanti a me. Ma non vedevo i corpi di demoni e orchi, la mia vista passava oltre ad essi. Vidi solo i Loro corpi privi di vita. I miei amati compagni, gli amici di sempre. Morti, tutti. Un singhiozzo e un movimento isterico mi presero di sprovvista. Era tutto così surreale... Mi avvicinai ai loro corpi, mi facevano ribrezzo, ma ne avevo visti molti altri.
« Yuki... »
La prima lacrima solcò la mia guancia. Presi la sua testa tra le mie mani, e notai che era spaccata in due, proprio come una mela. Lo trascinai fino al tronco imponente di un albero, dove giaceva esanime un'altra figura amica. Paradise. Presi tra le mani il suo dolce viso. Che bella ragazza, pensai, anche con queste escoriazioni... Una lacrima ormai asciutta le aveva lasciato il segno sul volto; a vederla mi si strinse il cuore. Le sue ali abbaglianti erano spennate, una era addirittura spezzata a metà.
« E Camio? »
Mi ritrovai a parlare da sola, a mezzavoce. Cercai intorno a me. Più lontano era caduta Camio Tyara, quella ragazzina sempre allegra che mi aveva subito colpito grazie alla sua espansività. Ora giaceva bocconi in mezzo al campo di battaglia, con un'espressione di dolore dipinta sul viso deformato dalle scottatute. La portai vicino agli altri, e solo in quel momento fui presa dallo sconforto nel notare che una di noi mancava all'appello.
« Shiraka! SHIRAKA! »
Urlai terrorizzata, alzandomi in piedi e gridando a pieni polmoni.
« Tu ti sei salvata, non è vero? Tu non saresti morta qui! Tu non avresti mai permesso ai nemici di sfiorarti nemmeno con un dito! Dimmi che sei salva, Rena, Dimmi che ci sei e puoi sentirmi! »
Attesi qualche secondo, ma non sentii nient'altro che il mio respiro irregolare e affannoso.
Poi la vidi all'orizzonte.
Un'enorme croce formata da due pali lignei incrociati.
E, fissata ad essi grazie a pugnali conficcati in piedi e mani, una ragazza.

Urlai. Urlai più forte di quanto avessi potuto immaginare. Il suono stridulo riecheggiò nell'aria parecchi secondi dopo la chiusura della mia bocca. Sentivo la gola secca, il cuore battere, gli occhi bruciare, e mi misi a correre. Giunsi davanti alla croce e caddi in ginocchio, piangendo amaramente per la sorte di quel Cristo blasfemo, inchiodato all'unica cosa che poteva temere realmente: il simbolo di Dio.

« No, no, no... Non può essere... »
Piagnucolai, portandomi le mani al volto e sprofondando in esse, abbandonandomi nella disperazione più grande che si possa immaginare. Lei era fredda, dura, ma mi aveva capita, sapeva come farmi stare meglio, era la persona più cara che avessi al mondo. E ora, senza di lei, mi sentivo inerme. Alzai gli occhi e vidi scintillare nella semioscurità la cosa che le aveva fatto più male di tutto: una piccola collana con una croce al collo. Il corpo di Shiraka infatti era irrigidito, i muscoli contratti come se fosse ancora in agonia; e io non potevo levare lo sguardo da quella turpe visione che mi feriva gli occhi e il cuore. Piansi per non so quanto tempo, poi mi alzai e fissai Shiraka negli occhi cremisi. Non aveva l'espressione della sofferenza, ma ostentava il solito sguardo vitreo nella testa reclinata. Levai con disgusto il pugnale che le ancorava i piedi all'asse, poi mi abbarbicai tremante sulla croce e staccai i pugnali che le fissavano le mani. La portai fino all'albero dove erano distesi gli altri e la posai delicatamente sul terreno, per poi baciarla in fronte, dove non c'era sangue raggrumato.
Il tempo degli Ehrgeiz, quelli che volevano essere Déi, era finito.

Mi voltai e sospirai, asciugandomi le lacrime. Era notte ormai, e avevo i brividi. Alzai il colletto della mia giacca nera e scivolai silenziosa nella notte, senza mai fermarmi.
  
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