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Autore: AxXx    31/10/2012    1 recensioni
Anno 1918. Dopo la fine della prima guerra mondiale le forze Bolschviche di Lenin stanno affrontando una guerra incredibilmente violenta per affermare la loro ideologia.
Gli assassini hanno una missione da compiere in questo pericoloso territorio.
Con i templari da una parte e un gruppo di assassini traditori dall'altra, un giovane assassino discendente di Ezio Auditore si dovrà confrontare con le forze in campo e soprattutto con il suo stesso credo per portare in salvo l'ultima discendente dei Romanov.
Questa è la mia prima storia unicamente di Assassin's creed. Non mi aspetto un capolavoro, ma vorrei davvero avere delle recensioni che mi permettano di migliorare, grazie a chi leggerà e dirà la sua anche se è una rcensione negativa.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Non dormii molto.
Anastasia si era addormentata nonostante il freddo e la scomodità dello stare seduta contro un albero.
Il tempo era calmo, ma la cosa che mi dava da pensare era la presenza dei bianchi così vicini.
Eravamo nella terra di nessuno ed io non potevo indugiare in distrazioni varie e dovevo ponderare ogni singola mossa con logica e calcolo senza lasciarmi andare alla paura o alla rabbia.
La mia vendetta contro gli assassini traditori avrebbe aspettato.
La mattina arrivò dopo una lunga attesa, ma fui sollevato.
“Dove andiamo, ora?” Chiese Anastasia alzandosi alle prime luci.
“Il più lontano possibile.” Risposi mentre mi preparavo.
Improvvisamente sentii delle vibrazioni sul terreno che mi allarmarono.
“Andiamocene!” Urlai mettendomi a cavallo seguito rapidamente dalla giovane principessa.
In quell’istante tre camionette delle forze dei bianchi uscirono dalla foresta.
Qualcuno urlò qualcosa in russo e alcuni fucili iniziarono a sparare contro di noi.
Con uno strattone alle redini feci partire il cavallo al trotto veloce per allontanarsi.
‘Dannazione! Una pattuglia!’ Pensai mentre il veicolo ci inseguiva velocemente.
Il problema più grosso era che non potevo permettermi che anche i rossi mi vedessero.
Certo avrebbero attaccato i bianchi, ma nulla impediva loro di colpire anche noi mentre fuggivamo.
Dovevo spostarmi lontano dall’accampamento dei Bolscevichi o saremmo stati spacciati.
Corremmo per alcuni kilometri e ci stupimmo entrambi che la camionetta, benché equipaggiata di mitragliatrice binata, non ci sparasse.
Solo dopo mi resi conto del perché non ci sparasse.
Il veicolo infatti ci aveva spinto in un imboscata.
Costretto dalle continue manovre a prendere una strada asfaltata per pochi secondi fummo circondati da altre cinque veicoli che ci tagliarono la strada.
Io dovetti fermare il cavallo ed arrendermi.
Non c’era possibilità di combattimento: avrei potuto ucciderne tre o quattro, ma non sarebbe servito; io non ero a prova di proiettile e loro erano molti più di me e con armi che mi rendevano inutile il mio equipaggiamento da corpo a corpo.
Stranamente però non ci spararono.
“Chiunque tu sia, lascia libera la principessa Anastasia, ti avverto, non ti servirà a niente farti scudo con lei, sarai morto ancora prima di aver fatto due passi!” Mi avvertì un ufficiale che era sceso dalla camionetta che ci aveva inseguito.
Io ragionai in fretta: era ovvio che ci fosse qualcosa sotto: i bianchi non avrebbero dovuto sapere che Anastasia era viva, a meno che qualcuno tra i rossi non gli avesse avvertiti.
In un attimo compresi che la trappola non era dei bianchi, ma dei loro avversari.
‘Che sciocco sono stato a non pensarci, l’avrei dovuto capire subito che non ero passato inosservato!’ Ovvio che Yung Tojo si era reso conto della mia presenza; con l’occhio dell’aquila avrebbe potuto vedermi ovunque.
Aveva fatto sapere ai bianchi che io avevo rapito la principessa e loro mi avevano cercato nella foresta per conto dei loro nemici.
Yung sarebbe apparso per completare il lavoro mentre eravamo tra gli Zaristi, in questo modo avrebbero potuto dare la colpa a loro anche per la morte della famiglia imperiale.
Certo era che Anastasia non capiva cosa stesse succedendo, ma aveva capito che sarebbe stata in pericolo tra i bianchi, infatti appena io scesi da cavallo si avvicinò al capitano della truppa.
Ovvio che a lei non spararono e gli offrirono anche delle coperte.
‘Come se fosse una traumatizzata bisognosa.’ Pensai ironico mentre mi perquisivano e mi sequestravano le armi.
L’unica che mi rimase fu la lama celata.
Incredibile come i templari non avessero ancora capito che i bracciali racchiudevano una lama mortale, dato che era da anni che gli uccidevamo con quella.
“Comandante, le ordino di liberare quell’uomo!” Intimò Anastasia con testardaggine, d’innanzi alla testardaggine dell’ufficiale.
“Ma... signora. Siamo stati informati che il vostro rapitore era qui vicino e ci siamo mossi subito per trovarvi.” Affermò il comandante del convoglio confuso.
“Chi vi ha dato queste informazioni?” Chiese lei inarcando le sopracciglia.
“Non lo sappiamo, il nostro comandante: Nikolai Sarjinov, ci ha dato queste informazioni e noi ci siamo mossi in base ad esse.” Rispose l’ufficiale in tono marziale.
“Esigo, che il mio ‘così detto’ rapitore venga liberato!” Ordinò lei nervosa.
“Spiacente, ma abbiamo ordini precisi.” Rispose il soldato mantenendo un tono fin troppo freddo.
Vidi che Anastasia era intenzionata a protestare ma io, con un’occhiata le feci capire di assecondare l’ufficiale.
Mi ammanettarono e mi caricarono su una camionetta scortato da cinque soldati armati che mi tenevano le armi puntate, mentre le veniva scortata su un’altra camionetta.
‘Devo trovare un modo per liberarmi, ma qui, in mezzo alle guardie non è saggio usare la lama celata.’ Pensai velocemente mentre i veicoli venivano messi un moto e tornavano al campo degli Zaristi.
Il campo dei bianchi era meglio organizzato di quello dei rossi.
Le tende erano ordinate in maniera precisa ed attenta, la recinzione in filo spinato era molto più solida e con meno buchi rispetto a quella avversaria.
Infine, il comando delle truppe era stato stanziato in un edificio di Ekaterinburg.
‘Tanta fatica per andarmene per poi tornarci.’ Pensai ironico.
I veicoli attraversarono tutto l’accampamento e raggiunsero il centro della città, dove Anastasia fu accolta da un uomo dalla lunga barba nere.
Doveva avere più o meno quarant’anni, ma il fisico ben allenato era coperto da una divisa verde chiaro con le spalle ornate in oro ed una fascia bianca che gli attraversava il petto in diagonale ed al collo aveva un ciondolo a forma di croce in oro.
Quel simbolo poteva voler dire molte cose, ma io lo riconobbi subito: un Templare.
Ci dovevamo essere riconosciuti a vicenda, perché lui mi lanciò un’occhiata di scherno e disse qualcosa ad un uomo che gli stava accanto.
Subito fui condotto in uno scantinato da due uomini, che mi rinchiusero lì.
Mi dissero qualcosa in Russo, ma io non capii.
‘Almeno mi lasciano solo.’ Pensai mentre usavo la lama celata per tentare di forzare le manette.
 
 
 
Anastasia, intanto, era stata scortata in un edificio murato simile ad un castello costruito nella parte nord della città.
Entrò in una stanza molto ricca tappezzata di bianco come una ricca dimore.
C’era un camino acceso, un armadio bianco, una specie di grossa credenza in legno.
Al centro c’era lo stesso uomo che aveva accolto lei e Nathan.
“Dov’è il mio compagno?” Chiese subito la principessa.
“Il ragazzo sta bene, mia signora, ma ci sono questioni più importanti di cui discutere.” Rispose l’ufficiale.
“Non credo ci sia questione più importante della mia sicurezza, qui, e ci sono decine di soldati dei rossi a pochi kilometri da qui!” Non che fosse una codarda, ma se era vero che Nathan, che sembrava così abile nelle abilità che esercitava, aveva paura di quegli assassini, allora era molto pericoloso per lei e per gli altri trovarsi così vicini a loro.
“Sì, ma possiamo parlarne dopo, ora abbiamo qualcosa di cui parlare, e ciò che vi sto per dire è legato a vostro padre.” Disse l’ufficiale con un sorriso sornione.
“Cosa sapete di mio padre!? È Morto a causa di qualcosa che avete fatto voi!?” Chiese improvvisamente dimentica delle sue preoccupazione.
La rabbia le montò alla testa mentre cercava di ragionare senza dare alla testa.
Aveva visto la sua intera famiglia sterminata da un gruppo di uomini per poi scoprire cose che suo padre nascondeva loro e per le quali tutta la sua famiglia aveva pagato.
Il comandante Nikolai iniziò a raccontarle una storia assurda che partiva da qualcosa che sembrava riguardare un sacco di eventi che apparentemente non erano collegati, ma che, da come lo spiegava, erano tutti collegati.
Gli parlò di due società segrete: la prima gli Assassini, la seconda i Templari.
I Templari ricercavano l’ordine nel mondo in modo da evitare le guerre e i dissensi tra le persone, sia dal punto di vista del singolo che dal punto di vista più ampio delle nazioni.
Secondo Nikolai, invece, gli Assassini erano un gruppo di pericoloso anarchici che cercavano il caos e la distruzione per poter ricreare un ‘Nuovo Ordine’, senza considerare che le loro azioni portavano alla morte ed alla guerra.
“Mi state dicendo che mio padre è stato ucciso dagli Assassini!?” Fu la sua prima domanda dopo due minuti di silenzio.
“Gli Assassini continuano a dire che sia un traditore del loro stesso ordine, ma non c’è da fidarsi di loro, sono subdoli e meschini, probabilmente stanno mentendo.” Rispose il comandante.
 
 
 
 
Io, alla fine, riuscii a liberarmi grazie alle lame celate.
Battei tre volte sulla porta per attirare l’attenzione di chiunque mi stesse sorvegliando e mi aggrappai ad una trave del soffitto con braccia e gambe per non essere visibile.
Passarono pochi secondi prima che qualcuno entrasse.
Un soldato bianco armato di fucile.
Si guardò intorno un attimo cercandomi, ma io fui rapido, e, staccandomi dalla trave gli atterrai sulle spalle e lo colpii con la lama celata uccidendolo.
Mi guardai rapidamente intorno per assicurarmi che non ci fossero altre guardie e controllai il corridoio.
Assicurato misi dell’assenza di soldati nel corridoio corsi al primo incrocio e controllai di nuovo.
C’erano due guardie che parlavano alla mia destra, ma, dato che parlavano, riuscii a evitare di attirare la loro attenzione infilandomi in una porta.
“La fortuna è dalla mia!’ Pensai con soddisfazione mentre mi ritrovavo in un magazzino pieno di tutto ciò che apparteneva ai prigionieri.
Presi le mie armi e notai una porta dall’altra parte della stanza.
La attraversai senza indugio usando l’occhio dell’aquila per assicurarmi l’assenza di sorveglianza nei corridoi adiacenti.
Mi mossi rapidamente, finché non dovetti nascondermi in una botte piena d’acqua per evitare di essere visto da una pattuglia che passava.
Mi assicurai di non fare rumore mentre uscivo o entravo dal mio nascondiglio improvvisato.
Nonostante l’acqua gelida non mi ci volle molto per riprendere la mia temperatura naturale.
Mi mossi rapido e silenzioso per non allertare le singole guardie nei corridoi adiacenti, usando montagne di fieno e barili d’acqua per nascondermi dalle pattuglie.
Mi ci vollero circa dieci minuti per trovare un’uscita possibile dato che quella principale era sorvegliata da quattro guardie armate di fucile.
Mi ritrovai in un magazzino molto ampio pieno di botti e casse di legno, probabilmente contenenti tutti i suppellettili e gli equipaggiamenti dell’esercito.
Sul soffitto c’era un apertura che somigliava ad una finestrella da sotterraneo per farci passare un po’ di luce ed aria.
Aveva una vecchia serratura arrugginita e non fu difficile per me aprirla con la lama celata.
Mi ritrovai nel cortile ovest del castello.
Era uno spazio ampio torreggiato da una decina di alberi che punteggiavano il giardino, mentre varie  siepi di alcune piante invernali che recintavano quattro aiuole.
Sentii uno strano rumore e mi nascosi dietro ad un cespuglio per vedere chi fosse.
Però capii subito che qualunque nascondiglio sarebbe stato inutile.
Afferrai il mio Revolver e lo puntai contro Yung Tojo, che stava in piedi ad una decina di metri da me ed osservava una finestra chiusa a più o meno undici piani sopra di noi.
Non mi aspettavo certo di riuscire ad ucciderlo, ma la pistola avrebbe fatto sufficiente rumore da allertare le guardie.
“Fermo, o sparo.” Dissi freddamente.
“allora non sei codardo come ti avevano descritto. Non corri più come un coniglio per salvarti?” Mi schernì lui voltandosi senza nemmeno prendere la pistola.
“Bastardo! Mio fratello si è sacrificato per permettermi di fuggire!” Risposi io rinsaldando la presa sul revolver sperando che qualcuno mi avesse sentito.
Tuttavia nessuno venne a controllare chi ci fosse.
“Questo è un cortile isolato, non ci sentirebbe nessuno, nemmeno se tu sparassi.” Affermò l’assassino traditore con sicurezza.
Subito il mio cervello si mise a lavorare a febbrile velocità.
“Facciamo un gioco, mi piacciono le sfide.” Disse improvvisamente lui mentre continuava a sorridere come se avesse davanti un gustoso pezzo di carne da divorare.
“Là c’è l’ultima Romanov.” Disse indicando la finestra che stava osservando prima. “Vogliamo vedere chi arriva prima.”
Aveva appena finito di dire quelle parole che era scattato per puntare i piedi sul davanzale di una finestra al pian terreno e darsi la spinta al piano superiore.
Io non persi altro tempo e, spingendomi con i piedi sul muro, saltai verso l’alto di tre metri raggiungendo con la punta delle dita una finestra del primo piano.
Subito saltai aggrappandomi ad una trave sporgente per issarmi ad una finestra al piano superiore.
Il davanzale era scivoloso a causa della neve, ma la mia presa era molto salda e non scivolai.
Mi aggrappai a quella che una volta doveva essere un asta di bandiera e mi dondolai fino a raggiungere una terrazza che mi avrebbe permesso di passare subito al quarto piano.
“Non male!” Mi urlò contro Yung Tojo che era un piano più in alto di me, aggrappato ad una davanzale.
 
 
 
 
Anastasia si era innervosita molto quando era venuta a sapere delle intenzioni del generale Kolcak.
Da un po’ di tempo aveva riportato alla mente di quando suo padre si intratteneva con alcuni ufficiali minori, tra i quali ora poteva identificare anche Nikolai, ma aveva sempre pensato che fosse per perorare qualche causa, come un certo favore ad un famigliare.
Ora, però, aveva capito che i Templari avevano sempre influenzato la vita di corte.
‘Ora però mi stanno chiedendo tropo!’ Pensò la ragazza alla proposta del comandante.
Volevano che lei prendesse il posto di Zarina autonominandosi sovrana della Russia.
Ma sapeva bene che a loro serviva un pupazzo da mettere sul trono per poter mostrare forza all’occidente in modo da avere un maggior afflusso di truppe.
Inoltre, una volta domata la rivolta, lei sarebbe diventata la marionetta dei templari in Russia e non voleva esserlo.
Per come l’avessero rigirata le sembrava che l’ideologia dei Templari fosse una legalizzazione della schiavitù e sapeva che avrebbero subito vessato il popolo come era accaduto in passato.
Il peggio e che lei sarebbe stato il capro espiatorio delle loro angherie.
Quando espresse le sue ragioni al comandante quello si limitò a sorridere.
“Sapevamo che farvi educare da vostra madre era un errore.” Disse l’alto ufficiale.
“Ma dopotutto, non abbiamo bisogno del vostro permesso.” Concluse richiamando due soldati.
Anastasia capì subito il senso di quelle parole: volente o nolente sarebbe salita sul trono, ma nel primo caso sarebbe stata una sua scelta, nel secondo sarebbe stata costretta come ostaggio dei templari.
 
 

 
 
 
Allora, ennesimo capitolo.
Questa volta prendo in analisi la fazione Templare dell’epoca rappresentata dai Bianchi.
Come si può vedere la protagonista è in netto contrasto con le loro idee ed io ho voluto riprendere l’idea della determinazione dei Templari disposti a tutto per raggiungere i loro obbiettivi.
Be’ Recensite.
AxXx       

  
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