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Autore: Shinatobe_K    01/11/2012    1 recensioni
Completamente senza senso, in un momento di follia, una storia con piú coda che capo.
Una notte tra le luci e i tendoni, gente che ride e che affonda ma non se ne accorge, un ragazzo che corre libero una ragazza che desidera la libertá.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Contenuti forti
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Luna-Park

LUNA-PARK

Le luci colorate accecano, la musica allegra assorda. Non riesco a guardare da nessuna parte se non per terra, il terreno sporco scivola lentamente sotto i miei passi. Procedo un passo dopo l'altro, non ho fretta, senza guardare né sapere dove sto andando.
Le attrazioni sono tantissime una più bella e colorata dell'altra. Non mi interessano. Le uniche cose della quale sono cosciente sono la confusione che ho in testa e il nulla che ho nel petto, vorrei, cavolo se vorrei riempirlo. Qualsiasi cosa va bene, che sia rabbia o gioia pura, basta che riempia il vuoto lacerante che mi consuma. Come un buco nero mi mangia dall'interno risucchiandomi in me stessa. Alzo lo sguardo da terra, la gente non mi nota, tutti con gli stessi identici sorrisi idioti e inconsapevoli sfilano come manichini su un percorso stupido e prevedibile. Si divertono, battono le mani, ridono, ridono e non smettono più. Non si accorgono che lentamente affondano nel terreno disseminato di sporcizia. Certe volte vorrei riuscire a sprofondare insieme a loro, a riuscire ad ignorare le mie certezze e i miei valori. E intanto il vuoto succhia via, brucia, divora ciò che rimane della mia anima.

Il mio cammino continua, un lento ed inesorabile strascicamento di piedi. Ma per un attimo noto un ragazzo che ,con un movimento fluido della mano, recide di netto i fili che trattenevano dei palloncini al suolo. Nessuno sembra essersene reso conto, ma da lontano arrivano i fischi acuti dei guardiani. Il ragazzo è svelto a girarsi e a cominciare a correre mentre i guardiani faticano mezzi affondati nel suolo. Una vera e genuina risata spezza la falsità dei suoni ripetitivi, quasi ossessivi. Il ragazzo corre veloce, le braccia aperte, gli occhi consapevoli e la risata in gola. 

Tutt'un tratto mi risveglio dal torpore che mi ha requisito il corpo per non so quanto. Ora ricordo cosa sto cercando. Incomincio a correre a perdifiato lungo la strada, gli occhi che saettano da una struttura all'altra, da un tendone all'altro in cerca di un qualsiasi indizio.

Arrivo senza respiro alla periferia di quel posto che sembra sconfinato, dove una vecchia tenda di pesante stoffa nera e porpora si mostra in tutta la sua cupezza. Fuori era appesa una vecchia e logora locandina dove era scritto in caratteri cubitali “ Hai bisogno di un'uscita?”. Un brivido freddo su per la schiena, un' unico pensiero. “Finalmente l'ho trovata!”. Entro svelta nella tenda, un uomo sulla mezza età mi si para davanti. Vestito di un paio di pantaloni strappati e un cappello a cilindro era basso e smilzo, i capelli e la barba già bianchi e il petto rigato da vecchie cicatrici si trovava poco dopo l'ingresso. Mi guarda con una stana luce negli occhi mentre dice “Oh, una nuova cliente!” sfregandosi le mani tra loro con vigore. Comincio con il chiedergli “Ma è qui che...” ma lui mi interrompe prima che possa finire “Oh si! Certo! Se vuole seguirmi...”. Con un mezzo inchino scosta il lembo di tessuto per accedere alla stanza vera e propria. Al centro di questa vi era una sedia con sopra una figura scheletrica coperta da una coperta stracciata, la pelle rugosa e grinzosa cadeva sullo scheletro come un telo, i muscoli pressoché inesistenti non si distinguevano dalle ossa sottili. Incuriosita mi avvicino alla strana figura, ha il cranio fasciato da bende tinte di rosso scarlatto che cola dalla fronte attraversando il viso rigato fino a cadere sul petto nascosto dalla coperta. Ha le labbra nere, le narici bruciate, gli occhi chiusi a causa delle palpebre cucite tra loro si muovono sotto la pelle a scatti, ho paura. L'uomo mi sfiora la schiena e sussurra: “ Su, è ora...” rabbrividisco, si avvicina alla figura e comincia a togliere lentamente le bende. Appena finito riesco a vedere il cranio tagliato a metà e la parte superiore ricoperta da una placca d'acciaio che come una protesi segue la forma della testa. L'uomo con delicatezza accosta alla placca di metallo un piccolo tubetto argentato con una lente annerita e usurata ad un estremo che si va ad incastrare perfettamente in una fessura della calotta metallica. Si stacca lentamente e si volta a guardarmi, gli chiedo con voce insicura '' Ma è davvero questa...'' '' Sì, è questa...non ti preoccupare.''. Mi fa cenno di avvicinarmi, con passi lenti raggiungo le spalle della figura, mi piego in avanti, i capelli disordinati mi scivolano davanti al viso, li soffio via nervosa, e col fiato corto appoggio la palpebra sul freddo metallo e guardo, non vedo nulla finché l'uomo non sussurra '' Brucia!'' nell'orecchio della figura, poi è tutto fuoco. Brucia, passa e non lascia nulla, poi cado, cado e non cadrò più.



L'uomo infilò la vanga nella terra morbida, si asciugò il sudore sulla fronte con una mano. '' Lei verrà su proprio bene.'' disse mentre buttava un corpo, un guscio senza vita, nella fossa appena scavata. Ricoperta la buca si buttò la pala in spalla e si incamminò per l'entrata del Luna Park lasciandosi alle spalle un boschetto di alberi più o meno giovani, altri appena nati, che spuntavano da tumuli. Si fermò un attimo si girò leggermente e scosse la testa dicendo tra sé e sé '' Ecco quelli che volevano l'uscita, la libertà...'' e fischiettando riprese a camminare.

  
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