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Autore: Phoebus    01/11/2012    1 recensioni
1287, nel cuore dell'Italia medievale un amore rischia di sconvolgere alleanze politiche e una famiglia intera. Un amore forte, nato per caso, ma destinato all'eternità.
Al tempo delle dame e dei cavalieri, una giovane ragazza bella e splendente come una vera dama e un'aristocratica non proprio nobile come un cavaliere, incroceranno i loro destini per legarsi nell'anima...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La sera stessa il giovane sottufficiale si recò nella locanda del paese; era affollata e frequentata da tutti gli uomini del borgo.
 
In un angolo a chiacchierare c’erano anche Lena ed Anna, sorseggiando un po’ di birra.
 
 
 
 
 
Anna: “vi siete baciate bene..e poi??”
 
Lena: “certo che pensi sempre male tu! Poi niente! Non c’era l’occasione ed era ferita, non poteva certo muoversi…poi comunque non eravamo sole!” – si stava imbarazzando a quei discorsi.
 
Anna: “si, si certo c’era tua madre…ma…dimmi…sei in uno stato recuperabile o hai già perso la testa??”
 
Lena: “l’ho persa credo…e se potessi le darei anche la mia anima …”
 
Anna: “ah bene! Siamo proprio andate quindi! – sorrise-…ed ora cosa ne sarà di te…e di lei? Cosa farete?”
 
Lena: “non lo so io…io vorrei…averla vicino…solo questo…ma…” – l’amica si stava appassionando a quel racconto dei giorni passati, a come Lena si fosse avvicinata a Julia, innamorandosene perdutamente.
 
Anna: “…ma?! Non puoi certo abbatterti per così poco! È normale che lei abbia degli obblighi che la richiedono e non possa sempre stare con te, è pur sempre una nobile…e comanda le truppe di palazzo…col carattere che ha poi! Non ti sei certo scelta una ragazza tranquilla!”
 
Lena: “sì lo so…solo che…non avrei mai creduto di…potermi innamorare di una donna…di lei poi…della famosa figlia del Duca Volkova…- era spenta Lena, triste, quasi arrendevole -…cosa devo fare? Come mi devo comportare Anna?”
 
Anna: “devi dimostrarle che le sei accanto, che non ti spaventa la sua posizione…che non ti importa se il resto delle persone qui presenti la odia! Questo devi farle capire, se davvero ci tieni!”
 
 
 
Stavano parlando tranquillamente, quando Giacomo, mettendosi in piedi su uno sgabello iniziò ad attirare l’attenzione di tutta la folla lì dentro.
 
 
 
Giacomo: “compaesani! Vi prego ascoltatemi! – si voltarono tutti a lui, anche quelli che bevevano al bancone, chi stava tranquillamente seduto, chi stava appena entrando nella locanda e anche le due amiche-…anni fa ho scelto di essere un soldato, ho il dovere di difendere la mia gente, e lo farò. Ma ho bisogno di voi…Ci attaccheranno presto…i Borboni da sud e a nord gli altri principati che ci stringono, dobbiamo reagire! O ci schiacceranno…Dobbiamo combatterli! E difenderci! Difenderci da soli! Perché l’esercito ducale non lo farà…”
 
Si alzarono fischi e grida inarrestabili.
 
Uomo: “a morte il Duca! Vuole mandarci alla rovina!”
 
Vecchio: “che Dio li maledica!”
 
Il giovane si guardava intorno cercando approvazione, ma non ne trovava molta; eppure doveva farcela; doveva far capire loro l’unica strada da seguire.
 
Giacomo: “ci attaccheranno presto e ci difenderemo da soli. Dobbiamo farlo per i nostri bambini, perché abbiano un domani pieno di pace, basta con questa insensata guerra civile…basta…anche il Comandante dell’esercito sarà dalla nostra parte!”
 
Si levarono urla peggio di prima.
 
Uomo: “traditrice! Ci sterminerà tutti!”
 
Uomo2: “non combatteremo mai per quella superba!”
 
Uomo3: “preferirei morire!”
 
Poi un uomo, alzandosi e lasciando il suo calice colmo di birra, si avvicinò a Giacomo, scansandolo e prendendo il suo posto. Era Ferdinand.
 
Ferdinand: “ragazzi! Giacomo ha ragione…dobbiamo combattere! Non conta chi ci sia a capo, l’importante è che finalmente Spoleto diventi libera ed autonoma, senza nessuna dittatura!” – a quelle parole tutti esultarono convinti, Ferdinand li aveva saputi prendere; era di poche parole lui, e se si era schierato dalla parte di Giacomo voleva dire che quella era la strada giusta.
 
 
 
 
 
Si iniziò ad escogitare la difesa.
 
Si organizzarono le vie di fuga in caso d’agguato; i contadini avrebbero lasciato le zappe e impugnato le spade, gli artigiani avrebbero fabbricato armi, anche se non sofisticate; si sarebbero preparati, tutti.
 
 
 
 
 
 
 
Le due ragazze raggiunsero gli amici che continuavano a parlare di schemi da adottare e tecniche. Anche loro due erano contente che Ferdinand avesse capito la situazione, e avesse scelto di lottare con gli altri. La rossa prese in disparte Ferdinand, tenendolo sottobraccio.
 
Lena: “Ferdinand…ti fa onore quello che hai detto…sono felice che sarai con noi…”
 
Ferdinand: “l’onore più grande per me sarebbe un altro e tu sai a cosa mi riferisco…- accarezzò silenziosamente una guancia della giovane, senza violenza, ma con tangibile dolcezza -…io spero che dopo tutta questa guerra…riusciremo a tornare quelli di un tempo…” – lei si trovò presa alla sprovvista e non sapeva cosa rispondere.
 
Lena: “io…non lo so se…”
 
Ferdinand: “…voglio sposarti Lena…e creare con te quella famiglia che né tu né io abbiamo mai avuto…”
 
 
 
L’aveva colpita davvero; lui sapeva benissimo la situazione della rossa, era uguale alla sua: senza padre, costretti a crescere prima del tempo. Teresa poi, la madre di Lena, aveva sempre visto di buon occhio questo giovane, forte e sano, e se si fossero sposati anche lei ne sarebbe stata felice, perché un uomo sarebbe tornato in casa e avrebbe badato alla figlia e a lei.
 
Questi furono i primi pensieri di Lena, e così si lasciò accarezzare da quella mano forte e sicura…era spaesata, confusa, insicura...e Ferdinand la strinse di più a lui, baciandole la fronte.
 
 
 
 
 
 
 
Intervenne Giacomo ad interrompere quel sodalizio che si stava formando, involontariamente.
 
Giacomo: “bene Ferdinand, allora è deciso…ora non ci resta che procurarci le armi e aspettare, tu cosa ne dici?” – in quel momento stesso la porta della locanda si schiuse ed un giovane con un mantello nero entrò, inizialmente non riconosciuto.
 
Poi si tolse il berretto che portava, liberando quei corti capelli neri lucenti e dei lineamenti troppo eccelsi per essere di un contadino o il figlio di un poveraccio.
 
Si udì solo un leggero sussurro, che fece alzare la testa del nuovo entrato al trio di amici.
 
 
 
Lena: “Julia…” – era proprio lei, giunta da fuori il borgo per riscaldarsi e parlare con Giacomo delle loro decisioni, incurante della sua fama non troppo buona tra la sua stessa gente.
 
Uomo: “guardate è il Comandante dell’esercito! Traditore! Infame!” – iniziarono ad accusarla nei modi più volgari possibili, ma lei non lo sentiva, non lo vedeva neppure…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
I suoi occhi erano persi in quelli verde smeraldo di quelli Lena…
 
Si incantarono in loro stesse e, sofferenti in cuore, poterono solo guardarsi…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Giacomo: “Julia! Sei tu! Ho parlato con gli uomini, ci appoggeranno e tu ci guiderai!” – ma il ragazzo castano al loro fianco intervenne prontamente e deciso.
 
Ferdinand: “no.” – Julia e Giacomo corrugarono la fronte, increduli a quell’esclamazione.
 
Giacomo: “come no? Lei è la persona più adatta…è stata lei a dirci che presto saremo attaccati e ha lasciato il suo esercito per noi!”
 
Ferdinand: “io vi ho dato l’appoggio della gente e io li guiderò. Se fosse questa aristocratica a comandare, nessuno l’ascolterebbe.” – Julia strinse i pugni, in fondo aveva ragione. Lei non poteva fare niente, se non combattere e dimostrare la sua buona fede.
 
Si arrese all’evidenza, anche perchè fu già tanto che non la linciarono lì dentro.
 
Lena non si avvicinò mai alla mora e questo intristì molto quest’ultima, che non capiva il perché di quella situazione fredda e distaccata, così tutta di colpo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La notte scese e, dopo le ultime spiegazioni, fecero ritorno tutti nelle loro abitazioni, dalle mogli e i figli.
 
Anche Julia stava uscendo, ma ad aspettarla c’erano quattro uomini, uno di questi era proprio Ferdinand.
 
 
 
 
 
La ragazza intuì subito cosa poteva succedere e mise la mano sul coltello che aveva nascosto nella cintura.
 
 
 
Ferdinand: “lascia stare quello o veramente ti metto le mani addosso, sporca stronza che non sei altro.” – prese per il collo Julia sbattendola, nell’oscurità,contro il primo muro più volte.
 
Julia: “che cazzo vuoi idiota?” – due schiaffi le marcarono il volto…prima sulla guancia destra, poi sulla sinistra.
 
Dopo di che l’uomo la lasciò.
 
Ferdinand: “vedi di filare liscio e di non metterti sempre a capo di tutto. Stavolta non comandi proprio un bel niente e il tuo amato cognome lo calpesteremo tutti, come una carta senza importanza. Così capirai chi sei veramente e quanto vali. Meno di zero.”
 
La ragazza, presa dall’ira, stava per scaraventarsi contro Ferdinand, ma i tre ragazzi che erano con lui la bloccarono violentemente, sferzandole pugni allo stomaco e placandola.
 
Ferdinand: “come vedi ora si fa a modo mio. Difenderemo questa terra da tutti gli usurpatori! – i tre tenevano ferma la giovane, lui le alzò il viso, afferrandole i capelli-…da tutti quelli come te, mio Comandante! – e chiamandola così, le diede una rumorosa ginocchiata nelle parti basse, lasciandola cadere. -…e un’altra cosa! Sta lontana da Lena…come hai ben potuto vedere da sola prima, lei ha fatto la sua scelta…”
 
E se ne andarono.
 
 
 
 
 
Julia rimase seduta a terra, non le importava del dolore, del suo corpo…Lena…tutto quello a cui riusciva a pensare era lei. E nacque rabbia, rancore, delusione in quella piccola ragazza…
 
“perché sei tornata da lui…perché…” – non si spiegava come fosse potuto succedere, cos’aveva di speciale quell’uomo…cosa aveva più di lei?
 
La mora non si riteneva certo una santa, ma aveva dimostrato quello che voleva dare a Lena…lui…lui cosa le avrebbe dato?
 
Si rialzò senza un briciolo di pietà. Incurante del piccolo spacco al sopracciglio, si incamminò verso il palazzo.
 
“non mi ha nemmeno salutato prima…si vergogna di me? Come hai fatto a finire già tra le braccia di quello schifoso…E allora perché mi hai illuso l’altra sera, perché??” – la maledisse, cento, mille volte.
 
Maledisse il giorno che si incontrarono e quel fuoco che ardeva sempre dentro di lei se solo pensava a Lena…se solo osava immaginare il suo corpo…se solo pensava di poter essere amata da lei…
 
Ma più di tutto, maledisse se stessa.
 
Non si sarebbe fidata più. E se continuava questa lotta, schierandosi col suo popolo, era solo perché voleva difendere la sua gente e dimostrare loro la sua buona volontà.
 
Al diavolo tutto il resto…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era al portone del suo palazzo quando, inaspettatamente, fu presa da un istinto forte, rabbioso. Non sapeva nemmeno lei cosa fosse e, voltandosi, corse indietro! Il mantello che sventolava, la neve che la bagnava, il vento che continuava a tirare.
 
Correva, senza fiato. Con il gelo in viso.
 
 
 
 
 
Arrivò fino alla porta di casa della rossa e, ancora pervasa d’ira, bussò.
 
“arrivo…” – per fortuna la madre di Lena non c’era in quel momento, fu proprio la giovane ad aprire la porta.
 
Aprì e vedendo Julia ne fu felicissima! Era tornata da lei, pensò!
 
Subito, senza pensarci due volte, le si lanciò contro, finendo tra le sue braccia.
 
“Julia…non pensavo saresti tornata così presto! Avevo bisogno di riabbracciarti…” – le aveva cinto il collo sorridendole, ma la mora rimase impassibile. Non mosse un dito. E non la strinse minimamente.
 
“fammi entrare.” – fu l’unica cosa che disse. Lena le fece strada, anche se era spaventata da quello strano comportamento.
 
Julia senza troppi scrupoli, si diresse verso la camera da letto della rossa e ne tornò subito dopo con in mano un pugnale, che aveva lasciato ai piedi del letto la notte che era rimasta lì.
 
“ah si l’avevi dimenticato! Volevo riportartelo io stessa domani…” – credeva ancora ci fosse una speranza di farla restare.
 
“bene, ora l’ho preso da me e posso andarmene.” – passò accanto a Lena, senza nemmeno guardarla.
 
“aspetta Julia! Che ti prende? Che è successo…che è successo tra noi?” – i suoi occhi si fecero ludici per la durezza del comportamento della mora.
 
“è successo che non avrei mai dovuto ballare con te quella dannata sera. È successo che mi hai ingannato e l’ho visto con i miei stessi occhi. È successo che non sei altro che una bugiarda, come tutti gli altri e non voglio più vederti Lena. Mai più.”
 
La rossa non resse oltre e calde lacrime salate le bagnarono il viso, non riusciva a fermarle.
 
“ma cosa dici?? Io non ti ho ingannata Julia!...Io mi sono innamorata di te…perché non lo vedi? Dal primo momento…dal primo attimo che ti ho vista…io…” – non ce la fece a continuare.
 
“no…oh no Lena! Se mi amassi come dici, COME IO CREDEVO DI AMARE TE, non ti saresti mai gettata tra le braccia di un altro! Di quel bastardo!”
 
“Ferdinand è un mio caro amico! Non ti permetto di offenderlo, non lo conosci! È stato vicino a me e mia madre nei momenti di bisogno…tu non puoi sapere com’è e non puoi giudicarlo.”
 
“ecco vedi…come possiamo stare insieme noi…c’è un’immensità che ci separa e non mi va di soffrire! Tieniti quel verme se vuoi…anzi sai che ti dico! – quando voleva sapeva essere molto odiosa -…sposalo e facci pure qualche bel bambino! Chissà che non esca bugiardo come la madre e traditore come il padre!”
 
“vaffanculo Julia! Esci da casa mia!” – le lacrime non si arrendevano e lente continuavano a farsi strada. Era dal cuore che nascevano.
 
“quando tornerai sui tuoi passi sarà troppo tardi. Addio Lena. Addio…” – ed uscì, sbattendo la porta. Fiera di quello sfogo e sicura di aver fatto sentire Lena, come lei stessa si sentiva.
 
 
 
 
 
 
 
Ora davanti aveva solo la neve…
  
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