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Autore: ClaryMorgenstern    01/11/2012    3 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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I only ask to be free. Butterflies are free.
Mankind will surely not deny to Harold Skimpole what it concedes to the butterflies!
C. Dickens

Capitolo XVII
Butterflies are free

 

 
La carrozza si fermò bruscamente nel bel mezzo della strada. Il cocchiere, che, come gli aveva detto Tessa, si chiamava Peter, aprì di colpo lo sportello dalla parte di Jace. «Mi dispiace, signori.» disse. Aveva uno spiccato accento scozzese, notò Jace. «Non possiamo proseguire più di così.»
Jace lo ringraziò e quello si spostò. Il ragazzo, con un piccolo salto posò i piedi sulla via acciottolata. Era una notte umida che gli faceva arricciare i crini biondi alla base della nuca. Provò ad immaginare come dovesse essere quell'umidità sui capelli di Clary. Li aveva resi indomabilmente ricci, come per lui, alla base della nuca? O la ragazza li aveva alzati, lasciando così solo qualche ricciolo ribelle a sfiorargli, quasi distrattamente, il collo?
Scosse il capo, tentando, almeno per qualche momento, di levarsi Clary dalla testa. Si voltò e porse una mano a Tessa per aiutarla a scendere. La mano inguantata della ragazza si strinse nella sua, mentre anche Tessa poggiava i piedi sull'asfalto. Jace, ad uno sguardo più attento, riconobbe distrattamente la strada che portava a Blackfriars Bridge. Quando era stato a Londra, insieme a Valentine aveva attraversato molte volte il ponte per arrivare in una zona di Londra di cui Jace aveva solo qualche ricordo: Fumo grigio che nascondeva la visuale di diverse persone dall'aria mortalmente esausta e di uomini dai capelli e pelle bianchi come la neve.
Con Valentine, però, non si era mai soffermato sulla taverna incastrata quasi di straforo in uno dei muri alla sua destra.
Sui pannelli di legno sopra la porta troneggiava il nome del locale: The Devil's Tavern.
Era ricoperta da grandi finestroni dai vetri ricordanti vagamente un rombo. La luce che proveniva dall'interno era  tinta di sanguigno, così come quel quadrato di luce che si riversava in strada attraverso la porta aperta.  Dietro i vetri si muovevano ombre scure, senza alcun dubbio inumane. Jace riconobbe un paio di alte corna tra di esse. Risate ad alto volume si mescolavano con della musica troppo dolce per un bar.  e, sopra di essa, Jace e Tessa sentirono con estrema chiarezza qualcosa che diede loro la prova che Will si trovava all'interno di quella taverna.
«CHE COSA HAI DETTO SU MIA MADRE?»
Tessa emise un lungo ed esasperato sospiro.  «Will è qui.»
Jace scosse le spalle, avvicinandosi all'entrata. «Indubbiamente.»
Entrando, i due ragazzi videro l'inferno riverso all'interno della taverna. Jace aveva visto una così grande quantità di nascosti raggruppati in un sol luogo soltanto durante la seconda rivolta contro Valentine. Vampiri ubriachi erano tutti accavallati sul bancone. Puzzavano di Gin e sangue da far schifo. Scioccando Jace, al loro fianco la puzza di cane bagnato mista a birra scadente segnava la presenza dei licantropi, non più sobri dei vampiri. Gli stregoni, di solito non molto socievoli, avevano abbandonato ogni finzione ridendo rumorosamente assieme ai vampiri e ai licantropi. c'era anche qualche fata, seduti a dei tavolini in fondo al locale lontani dalla luce delle fiaccole. Erano visibilmente brilli, anche se piuttosto silenziosi.
E al centro della sala c'era Will. I capelli neri erano umidicci e creavano un'aureola nera sopra la sua testa. I semplici calzoni e casacca vittoriani erano bagnati e stropicciati nel punto in cui un enorme licantropo dall'aria non troppo sveglia lo teneva stretto nella camicia. Will, però, stava sorridendo beato. «Ripetilo se ne hai il coraggio, piccolo bastardo.» gli sibilò in faccia il bestione. Jace storse il naso, immaginando che il fiato del lupo non dovesse proprio profumare.
Will fece un sorriso crudele, che si rispecchiava nei diabolici occhi azzurri. Aprì la bocca per la risposta piccata che ovviamente aveva, ma si bloccò quando i suoi occhi, quasi involontariamente, incontrarono quelli di Tessa, che si era sporta un po’ avanti, andando incontro a Will. Era sbiancata e aveva stretto le mani al petto, preoccupata.
Jace si chiese se avesse anche lui quell’espressione quando guardava Clary. Will sembrava un totale ebete, con la bocca spalancata e gli occhi sgranati, le guance leggermente arrossate e le mani che non riuscivano a stare ferme. Se si fosse visto con quell’espressione da pesce lesso, probabilmente Jace si sarebbe preso a schiaffi da solo ed ebbe il vago sospetto che anche Will l’avrebbe fatto volentieri.
Anche se la Devil Tavern era gremita di gente, Will e Tessa si guardavano come se il mondo intorno fosse scomparso, dissolto in un ammasso di polvere. Esistevano solo gli occhi dell’altro, in una maniera così intima che persino Jace si sentì di troppo.
L’incantesimo si spezzò non appena il bestione che teneva Will per la collottola seguì lo sguardo del ragazzo arrivando a fissare Tessa a sua volta, con un’espressione famelica.
«Oh, guarda chi abbiamo qui!» disse. Aveva un che nella voce che ricordava l’ululato di un lupo. Gettò Will da una parte, che intanto cercava di divincolarsi dalla sua presa, così forte che, quando il ragazzo batté contro il muro Jace sentì il rumore delle ossa rotte persino da quella distanza. Will imprecò e descrisse di nuovo molto dettagliatamente la madre del lupo mannaro, mentre quello si voltava, ora lentamente, verso Tessa.
Jace sospirò, e sfilò lo stilo dalla cintura. Dubitava seriamente che Will avesse il suo con sé. Lo lanciò e quello cadde, tintinnando sul pavimento di pietra sudicio vicino alle gambe di Will. Il ragazzo guardò prima lo stilo, sorpreso, poi, alzando lo sguardo, Jace. Lui gli fece un cenno e poi sparì dalla sua visuale, piazzandosi velocemente tra Tessa e il lupo mannaro che si era incamminato verso di lei.
Gli afferrò con forza il braccio peloso che aveva alzato per afferrare la ragazza. «Scusa, non ci hanno presentati» fece Jace. Il lupo mannaro sbarrò gli occhi, come se all’improvviso un gatto si fosse messo a parlare. Strinse con la mano libera la mano del lupo, con tanta forza che quella gli diventò di un malsano bianco latte. Il lupo urlò. «Io sono quello che ti farà a pezzi se provi a toccare di nuovo questa ragazza. Capito?»
Quello ringhiò, e il grosso lupo apparve nei suoi lineamenti quando lo guardò con odio negli occhi. Jace sorrise di sfida, stringendo ancora di più, fino a che un guaito di dolore sfuggì dalle labbra del nascosto. «Hai capito
Per tutta risposta, il lupo si sputò sugli stivali.
Jace abbassò lo sguardo per un secondo sulle sue scarpe, poi lo rialzò sul nascosto che lo stava guardando con un ombra di trionfo negli occhi scuri. «Beh, sai, tanto va il lupo al largo..»
E, con un solo movimento, gli spezzò il polso.
Il lupo guaì di dolore. Jace gli lasciò andare il braccio, guardandolo urlare e imprecare stringendo forte il polso rotto tra le grosse dita tozze.
Will spuntò all’improvviso, un iratze appena fatto spiccava sulla pelle bianca del braccio, ma non era un normale iratze, notò Jace. Lo schema di base era quello, ma c’erano delle linee nuove che si intrecciavano a quelle vecchie, trascrivendo una runa nuova e antica al tempo stesso, più potente di una normale.
Clary.
Will scattò e afferrò il lupo mannaro per il collo, con molta più violenza di quanto avesse fatto l’altro pochi minuti prima, sbattendolo con poca grazia sul muro come se non pesasse più di una bambola. Il Nascosto divenne bianco come un cencio, tentando di prendere aria con la bocca. «Non devi toccarla»
E il suo ringhio sembrò molto meno umano di quello di un lupo.
Finalmente, il proprietario della taverna si decise ad arrivare e interrompere la faida. Liberò il lupo dalla presa di Will, lo prese per la logora giacca che indossava e lo buttò fuori da lì con poca grazia. Poi si girò, e gettò uno sguardo a Will, Jace e Tessa. Di certo non li avrebbe buttati fuori in quella maniera. Jace e Will erano cacciatori e Tessa era una fanciulla. Ma li guardò con durezza e gli disse, con voce ferma. «O ordinate qualcosa, o andate via.»
Will grugnì. «Non ho finito il mio Gin.»
Il proprietario guardò dei cocci di vetro a terra, dove si andava espandendo una chiazza di liquido trasparente. «Direi proprio di si, invece.»
Déjà-vu. Ecco perché Clary li aveva fatti andare alla ricerca di Will in una taverna di nascosti. Alzò gli occhi al soffitto, esasperato. Stupido DNA. Negli ultimi tempi gli stava provocando più danni che altro.
Si gettò la giacca sulle spalle e guardò Tessa e Will. «Andiamo via. Questo posto puzza di cane bagnato.»
E, ignorando gli sguardi indignati che mezza platea gli rivolse, fece per uscire dalla taverna, seguito dagli altri due. Ma si bloccò all’ultimo secondo, prima di valicare la soglia.
«Il prossimo giro lo paga il Signore del tempo, cari amici.» e la folla manifestò il proprio apprezzamento con urla e grugniti.
Jace si girò di scatto verso il bancone. C’era una leggera corrente, adesso, all’interno del locale. In un primo momento Jace pensò che fosse dovuta alla porta sul retro che avevano appena aperto, ma lo capì appena vide chi si era appena seduto al bancone.
Era un ragazzo. Più grande di Jace di almeno un paio d’anni. doveva averne venticinque, a occhio e croce. Indossava una  casacca nera  dall'aria elegante e pantaloni dello stesso colore. I capelli color sabbia erano molto corti, sporchi di quello che sembrava olio per motore e sudati, così come i vestiti. Aveva l’aria di una persona che non dorme da giorni, come si vedeva dalla barba folta e dalle occhiaie violacee sotto gli occhi. Ma i suoi occhi, che erano di un castano scurissimo, erano accesi da chissà che cosa. Brillavano di soddisfazione e compiacimento.
Ma quello che aveva attratto l’attenzione di Jace era un lucente e splendido paio di ali nere, grandi quanto una coda di pavone e altrettanto belle, ad ogni movimento mandavano riflessi dei colori più svariati, alimentando la corrente all’interno del locale.
Fermò Will e Tessa che si stavano incamminando con un gesto della mano, poi, sempre silenzioso, indicò il ragazzo al bancone. I due ragazzi sgranarono gli occhi.
«Cameron» borbottò un vampiro alla sua destra. «Te l’abbiamo già detto. Smettila di rompere con questa storia.»
Cameron batté una mano con poca grazia sulla spalla dell'altro nascosto, così forte che quello quasi si strozzò con il suo whisky. «Non hai capito, Bernie. L’ho finito. Il mio incantesimo è finalmente completo.»
A Jace non servì nient’altro. Scattò più veloce che potè. Afferrò Cameron per le spalle e lo sbattè contro il muro, facendogli sbattere violentemente l’osso sacro contro il muro. Dalle labbra del ragazzo sfuggì un urlo di dolore che Jace bloccò prendendolo per la gola.
«Grazie amico!» sbraitò il vampiro al bancone, alzando il suo bicchiere. «E’ la volta buona che chiude la bocca.»
Jace sorrise e fece un cenno al lupo con la testa. Lo stregone si stava lamentando e cercava di togliere la presa dal suo collo, ovviamente invano. Le ali nere sbattevano nervosamente. Jace spostò la mano dal braccio alla bocca, facendo smettere quelle fastidiose lamentele. «Ora io e te andremo a prendere un po’ d’aria fresca, okay? Fai si con la testa.»
Cameron annuì, spaventato a morte.
Jace lo staccò dal muro e lo portò all’esterno dalla porta sul retro. Fuori faceva un freddo cane, e non passò molto tempo prima che i capelli e i vestiti di Jace si riempissero di neve. Anche le ali di Cameron si riempirono di neve, diventando ancora più lucenti e brillanti al contrario del suo viso, che era una maschera di paura. Will, al fianco di Jace, aveva un sorriso di sfida che gli accendeva il bel volto.
Tessa se ne stava vicina alla porta, stringendosi con le braccia per attutire il freddo. Will la guardò per un secondo, poi si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle senza battere ciglio. Lei lo guardò grata, ma non aggiunse nulla. «Non fategli del male» disse invece, guardando Jace.
Jace la ignorò e guardò meglio Cameron, che non distoglieva lo sguardo dal suo. Capì di aver sbagliato, quello stregone aveva al massimo diciannove anni. Gli sembrava più grande sotto la luce calda delle candele. «Allora, Cameron.» cominciò, lasciandogli il collo. Il ragazzo prese dei gran respiri, posando le mani sulle ginocchia, come se avesse corso la maratona. «Abbiamo sentito che hai creato un gran bell’incantesimo.»
Una scintilla di sfida accese lo sguardo scuro dello stregone. «Non vedo come possa interessare a dei cacciatori» sputò, velenoso.
«Ci piace allargare i nostri orizzonti» disse Will, giocherellando con qualcosa che gli scintillava tra le mani. Quando passò sotto il cono di luce di un lampione, Jace capì che si trattava di uno stiletto affilatissimo. «Sai.. anche attraverso i secoli.»
«Buon per voi.» Questo ragazzo ha la lingua troppo lunga. Pensò Jace distrattamente. Mi sa che dovrò tagliargliela.
Lo sguardo di Cameron, ancora terrorizzato, passò su tutti loro fissandosi, infine, su Tessa. Sgranò gli occhi. «Tu!» urlò. «Tu sei una strega! Non puoi permette che mi uccidano!»
Anche Tessa sembrava terrorizzata. I suoi occhi grigi cercarono quelli di Will, come avrebbero sempre fatto. «Se gli dici quello che vogliono sapere» disse, senza distogliere lo sguardo da quello di Will. «Non ti faranno del male» e spostò lo sguardo su Jace, come sfidandolo a smentirla.
«Ha ragione» Jace si voltò di nuovo verso Cameron. «Non lo faremo»
Will si mosse velocissimo. Un secondo prima stava fermo a giocherellare con lo stiletto argentato con manico di ferro, l'attimo dopo lo stiletto era conficcato a fondo nel muro di pietra, a pochi millimetri dal volto di Cameron. Il ragazzo spostò lo sguardo sull'arma, sudando freddo. «Ma se non parli, la mia mira potrebbe migliorare.»
Cameron spostò lo sguardo terrorizzato su ognuno di loro, ripetutamente. Si passò una mano sul viso, le ali che sbattevano nervosamente spostando la neve fresca. «Va bene» si arrese. «Che volete sapere?»
Jace sentì la rabbia ceca montargli dentro il petto. In meno di un secondo fu davanti a lui, a pochi millimetri dal suo viso. «Io sono arrivato qui dal ventunesimo secolo perché tu hai un maledetto complesso d'inferiorità.» ringhiò sul suo viso. «Dimmi come faccio a tornare nel ventunesimo secolo. E, bada, non te lo sto chiedendo.»
Cameron sgranò gli occhi e, inaspettatamente sorrise, come se Jace gli avesse appena detto che il suo più bel sogno si era realizzato. «Tu..sei arrivato qui? E come è successo, quando? E come diavolo fai a essere ancora vivo
Jace strinse i denti, con forza. «Devi dirlo tu a me!» ringhiò, con forza. Estrasse un coltello di ferro benedetto dalla cintura e lo puntò alla sua gola. «Cominci a stancarmi»
«Servono delle cose» disse Cameron, balbettante. «Uno stregone, e la statua di Befrik
Jace strinse più forte. «Beh, è una fortuna che abbiamo te, che sicuramente hai la statua, no?» alzò lo sguardo al cielo nero terso. Stava per ricominciare a nevicare. «Cos'altro?»
Cameron deglutì con forza, prima di parlare. «Sangue di donna, per nutrire Befrik»
«Bene» Jace si voltò un secondo, senza mollare la presa sul collo del ragazzo, e si rivolse a Will. «Prendete la carrozza e tornate all'istituto. Ditegli quello che sappiamo e di raggiungerci.»
Will storse la bocca. Non gli piaceva che gli venisse detto cosa fare. «Vuoi rimanere qui da solo?»
«Vuoi lasciare andare Tessa sola fino all'istituto?»
Il ragazzo non se lo fece ripetere due volte. Gli lanciò un ultimo sguardo con quello che gli sembrò rispetto, ma con Will niente era sicuro, e sparirono entrambi nella notte.
«Hai combinato un bel casino» disse a Cameron. «E non mi piace che degli idioti si intromettano nella mia vita»
Il ragazzo sembrava a corto di parole. «Volevo solo essere qualcuno» piagnucolò, dopo qualche minuto di silenzio. «Volevo che dopo anni si ricordassero di me.»
Lo sguardo che Jace gli rivolse avrebbe potuto tagliare il metallo. «Fidati: Di certo io mi ricorderò la tua brutta faccia finchè vivo.» guardò il muro di pietra logoro del vicolo, e gli venne in mente quello della stanza in cui avevano trovato gli stregoni morti. «Abbiamo trovato i tuoi amici a New York.» disse, sovrappensiero. «Tu che ci fai a Londra?»
Cameron rispose pronto. «Il mio maestro è qui.»
«E allora..»  gli venne un'idea. «..avevi bisogno del suo aiuto, non è vero? È coinvolto anche Fell,» 
Dando prova di una fermezza su cui Jace non avrebbe mai scommesso, Cameron mantenne un espressione fiera e dignitosa. «Il mio maestro non c'entra. È tutto merito mio.» sibilò. «L'idea è venuta a me, l'incantesimo l'ho scritto io e io l'ho messo in atto.»
«Sacrificando una delle tue cavie al tuo posto» ringhiò Jace sulla sua faccia. «Immagino che Ragnor Fell abbia insistito perché andassi tu.»
La sua espressione vacillò per qualche secondo. Cameron deglutì un paio di volte prima di continuare. «Amanda era inutile.» la sua voce si era fatta immensamente sottile e flebile. «Si è offerta lei, ma il maestro non ha voluto. Così ho usato la magia»
«E l'hai mandata a morire al tuo posto»
«Io..io non potevo sapere che sarebbe morta!» la sua voce aveva un che di piagnucolante. «Non sapevo che sarebbero morti!» ripetè, scandendo bene le parole.
Jace scosse la testa. Sembrava molto Clary in quel momento. Lo stava interrogando senza fargli male e con calma. «Era il tuo incantesimo, come potevi non saperlo?»
Cameron distolse lo sguardo dal suo, e Jace capì che stava per dire qualcosa che non gli sarebbe piaciuto per niente. «Non era probabile, ma nemmeno impossibile.» C'era un qualcosa nel suo tono… qualcosa che non gli stava dicendo.
«..e cos'altro,?»
Si morse la lingua per non rispondergli. In meno di un secondo Jace sfilò un pugnale dalla cintura e lo lanciò verso Cameron, infilzando la sua casacca contro il muro, senza colpirlo nel corpo, come un sacco di patate. «Cos'altro
Lo stregone sbiancò completamente e mise le mani sul coltello per sfilarlo, ma le rune incise sul metallo gli bruciarono la pelle e tolse subito le mani, scuotendole con forza. Imprecò a gran voce e Jace alzò un sopracciglio. Erano piuttosto scurrili, questi Vittoriani. «Ho usato una runa, va bene?» urlò, all'improvviso. «Ho incantato una fottutissima runa dal libro grigio e l'ho usata per creare Befrik. Lui ha fatto tutto il resto.»
«Un demone, vivo grazie a una runa?»  Era un concetto talmente tanto sconvolgente che Jace non riusciva proprio ad arrivarci. La sua testa continuava a sbatterci contro come un grosso muro invisibile.
«Beh, non è proprio una runa» fece un sorriso sbilenco. «O almeno, lo era. Adesso è qualcosa di nuovo. Qualcosa di mio
Jace fece un ringhio forte e basso, che gli scaturì dal profondo della gola. «Adesso» disse. Si avvicinò lentamente alla parete e con un solo movimento sfilò la lama dalla parete come se la stesse estraendo da un tagliere. «Pianterò questo coltello in qualcosa di tuo
Il coltello brillò intensamente sotto la luce calda del lampione a gas,mandando i riverberi sul viso di Jace e di Cameron, illuminando la rabbia del primo e la paura del secondo. Lo stregone fece un ultimo, disperato, tentativo. Mosse veloce una mano, trasformando il suo coltello in una candela accesa che si spezzò subito, sotto la pressione delle sue dita.
Jace aprì la mano e lasciò cadere i rimasugli di cera rimasti impigliati in essa, sbattendo le mani l'una contro l'altra. «Cameron» cominciò, pazientemente. «Io sono un cacciatore» disse quelle parole con lentezza, come se stesse parlando con un bambino non particolarmente sveglio. «Hai la minima idea di quante armi io abbia addosso?»
E, per enfatizzare, scostò la giacca, lasciando intravedere la spessa cintura di cuoio intorno alla sua vita, su cui erano appesi ancora quattro pugnali di diverse dimensioni, cinque spade angeliche non evocate, dei Chackram, tre grossi coltelli da macellaio e sei piccolissimi coltelli da lancio, lunghi quanto uno spiedino e affilati quanto le lame di un rasoio. Afferrò proprio uno di quelli, ed ebbe la grandissima soddisfazione di vedere il ragazzo deglutire, profondamente terrorizzato.
 «Ehy» disse una voce alle loro spalle «Cosa diavolo state facendo
  
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