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Autore: Alkimia    02/11/2012    9 recensioni
[CONCLUSA]
***SEGUITO di "A series of unfurtunate events"***
Ognuna delle opzioni possibili è rischiosa e potrebbe danneggiare Nadia. Per non parlare dell'altra faccenda in ballo: qualcuno vuole distruggere la Terra... tanto per mantenersi nel solco della tradizione.
Nadia è in America per cercare, insieme allo S.H.I.E.L.D, un rimedio ai danni provocati dall'energia della pietra. Loki è prigioniero sul pianeta dei Chitauri ma ha ancora dei piani. Eppure, ancora una volta, troppe cose non vanno come lui sperava. Vecchi nemici tornano da un passato lontano che lui continua a rinnegare, costringendo gli Avengers a tornare in campo; episodi e sentimenti inaspettati lo porteranno a dover decidere da che parte stare. E non è detto che la decisione finale sarà quella giusta...
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A waltz for shadows and stars'
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Capitolo sesto
Welcome back – part one


E adesso?
Non tutti sono disposti a crederlo forse, ma anche Steve Rogers dice parolacce. Ne ha qualcuna che gli preme sulle labbra proprio in quel momento, mentre nel corridoio al di fuori quella porta chiusa sta scoppiando il caos.
Natasha Romanoff copre l'auricolare con la mano, tentando di sentire meglio quello che Fury, dall'altro capo del telefono, le sta abbaiando.
Stark segue con lo sguardo gli agenti che vanno avanti e indietro, concitati e nervosi. Non ha voluto saperne di uscire dall'armatura.
Barton dà ordine di far sgombrare il personale civile da quella zona dell'edificio e chiede che arrivino degli uomini armati, per ogni evenienza. Come se temesse che Loki potesse riprendersi di colpo e radere al suolo la base.
Loki, al momento, è dietro quella porta, ancora privo di sensi e non ha l'aria di uno che potrebbe svegliarsi da un momento all'altro. Cioè, non ha l'aria di uno con buone probabilità di risvegliarsi, in generale, figuriamoci di fare qualcosa di dannoso per la sicurezza altrui. Ma si tratta pur sempre di Loki e nessuno è pronto a fidarsi di lui, nemmeno ora che è privo di conoscenza. Meno che mai ora, anzi; ora che è sbucato fuori, Dio solo sa da dove, conciato come se fosse uscito da un enorme tritacarne.
Bruce se ne sta appoggiato con le spalle al muro, in disparte per non ostruire il passaggio, e ha l'aria di uno che preferirebbe essere nel più cencioso vicolo di Calcutta piuttosto che restare in una base dello S.H.I.E.L.D. in un momento di piena crisi.  
«Dottore, portala via da lì» borbotta Tony a mezza voce, indicando Nadia.
La ragazza se ne sta premuta contro la porta di quella che sembra essere una specie di infermeria molto attrezzata, a guardare dentro dal rettangolo di vetro, come se temesse che staccandosi da lì Loki potesse disintegrarsi per autocombustione.
La ragazza ha le mani sporche di sangue e i vestiti coperti di terreno.
Bruce le poggia le mani sulle spalle e la stacca con cautela dal battente di metallo.
Steve osserva la scena con la coda dell'occhio e pensa che se non fosse così tanto impegnato a provare pena per lei, certamente ne proverebbe un po' per Loki. La pietà verso i nemici gli è sempre parsa la più alta forma di umanità ed un sentimento che non riesce ad essergli estraneo, però deve ammettere che c'è una lunga lista di cose di cui preoccuparsi ora.
E comunque c'era davvero tanto sangue, troppo. Sangue scuro e vischioso che diventava subito freddo a contatto con la pelle...
Steve si sente rabbrividire.
«Le divinità non muoiono, vero?» mormora Nadia con voce spenta, appoggiando la testa contro la spalla di Bruce.
«Stando a quello che ho visto prima nel bosco, dovrebbe già essere morto. È un buon segno, voglio dire, che non lo sia» risponde il dottore.
«Che altre buone notizie abbiamo?» esclama Barton con bieco sarcasmo.
Steve gli lancia una rapida occhiata e scuote piano la testa. Per amor di Dio, non adesso, non davanti a Nadia, che c'è da temere che scoppi a piangere con lacrime di sangue per quanto ne ha visto poco prima nel bosco. Ma Nadia non piange, non si agita, se ne resta calma in modo innaturale, avvolta in un bozzolo di sconcerto e timore che la isola in parte da quello che ha attorno.
Steve non riesce a capire se sia un bene o no. Di certo è un elemento critico in meno da gestire, al momento. O è l'ora di quiete che precede la tempesta.
«Fury sta arrivando con un jet. Sarà qui tra un paio di ore» annuncia Natasha Romanoff, mentre gli agenti armati si schierano lungo il corridoio.
«E nel frattempo, che si fa? Giochiamo tutti insieme all'allegro chirurgo?» chiede Stark.
«Gli ordini sono di aspettare. Se dovesse svegliarsi vado a parlarci per tenerlo impegnato» replica sbrigativa l'agente Romanoff. «Voglio una pattuglia di agenti armati davanti a questa porta e che nessuno si muova. Voi altri, venite con me».
Li conduce tutti in una stanza poco distante da lì, dove c'è una consolle con schermi e tastiere. Si mette ad armeggiare con dei pulsanti e pochi secondi dopo su uno degli schermi compare l'inquadratura della stanza dove è chiuso Loki, la telecamera di sorveglianza è puntata proprio davanti al letto su cui è steso.
Tony si volta verso Nadia,
«Immagino che suggerirti di andare a casa sia una cosa...» tenta di dire.
«Una cosa che insulta la tua intelligenza da genio miliardario» sbuffa la ragazza, lasciandosi cadere su una sedia davanti allo schermo, dando le spalle all'uomo in armatura che rimane a fissarla con l'aria mesta di chi non è abituato alla sconfitta.
Lui fa per aggiungere qualcosa, ma Steve gli lancia un'occhiataccia per zittirlo.
«Piantala, non è il momento di fare il fratello maggiore» gli sussurra.
Non è il momento di fare niente perché non c'è proprio niente da fare.
Dev'esserci una tale devastazione ora dentro la testa di quella ragazza, e a volte è più facile salvare un pianeta intero che un'anima che soffre.

*

Il bianco è così intenso da ferirgli lo sguardo, si era quasi disabituato alla luce.
È steso su un letto in una stanza priva di finestre, dove l'illuminazione è quella asettica e innaturale di lunghe lampade al neon che penzolano dal soffitto appese a fili di acciaio.
Un'altra volta è senza vestiti, ma sente addosso la consistenza morbida e liscia di un lenzuolo che odora di biancheria pulita e sente lo stretto delle medicazioni, e sotto le medicazioni il bruciore di ferite ancora non rimarginate, l'appiccicume del sangue contro le garze. Tutto sommato gli è stato riservato un trattamento migliore di quello che si aspettava, anche se quella telecamera che lo fissa dall'angolo di fronte al letto è un chiaro segno di mancanza di fiducia.
Non si aspettava fiducia, in effetti. Non si aspettava niente.
Non sa di preciso quanto è stato via, lo scorrere del tempo non è lo stesso per tutti gli angoli dell'universo ma in quel piccolo mondo abitato da esseri con una vita così effimera anche poche settimane sono sufficienti a far cambiare qualsiasi cosa. E devono esserci stati di certo parecchi cambiamenti se Nadia è finita lì; non conosce bene la geografia di Midgard ma ha idea che la sua città sull'acqua sia molto molto distante da New York.
Sente una porta aprirsi, non si dà pena di voltarsi a guardare chi sia il suo visitatore. Non riesce a girare la testa senza sentire dolore e comunque non ha molta importanza, perché chiunque sia entrato si sta avvicinando e sembra avere tutte le intenzioni di parlare con lui.
«Agente Romanoff» esclama, appena la donna rossa entra nel suo campo visivo. «Ancora una volta tocca te l'onere di parlarmi».
Oh, ha molte cose da dire agli agenti dello S.H.I.E.L.D, se saranno disposti a credergli, ma si sente ancora frastornato e detesta mostrarsi così vulnerabile. In quei lunghi giorni sul pianeta dei Chitauri ha già dato abbastanza spettacolo.
«Credimi, dispiace più a me che a te» mormora la donna in tono inespressivo.
«Stavolta non ci sono segreti da carpire con una gara di eloquenza. E poi, credevo che ormai fossimo amici».
«Devi avere la mente molto confusa se fai simili affermazioni».
Se non gli causasse un dolore indicibile, Loki riderebbe.
«Ho delle domande. Tu rispondi e facciamola finita nel migliore dei modi» aggiunge la donna, gelida.  
Lo considerano ancora una minaccia, in qualche modo lo temono. La loro paura è una piacevole conquista, quasi una rassicurazione, se non fosse anche il segno della loro immane stupidità lui ne trarrebbe certamente soddisfazione.
«Non ho tempo di rispondere alle tue domande, agente Romanoff» borbotta. «La vostra preziosa Terra è in pericolo e non sono io il vostro nemico, nemmeno questa volta. Sorprendente, non trovi? Anzi, aggiungerei che è colpa di Thor. Chiunque sia il vostro nemico vuole vendicarsi di lui, per questo ha intenzione di attaccare il vostro pianeta».
Nessuna emozione smuove l'espressione algida della donna, ma Loki sente il suo nervosismo far vibrare l'aria.
«Menti» sentenzia lei, dopo qualche secondo di silenzio.
Loki sbuffa, indolente. Non si aspettava niente di diverso, tutto è talmente scontato e prevedibile da essere noioso e ci sono altre cose che al momento gli interessano di più del conquistarsi la fiducia degli Avengers.
Lo scettro di Thanos.
La ragazza...
L'energia della pietra.
Nadia.
I suoi piani, il suo futuro, il suo riscatto. Cose che hanno a che fare con lui, con lui e con nessun altro!
«Credevo che voi dello S.H.I.E.L.D. non aveste tempo da perdere, ma se lo trovi dilettevole fammi pure le tue domande» conclude il dio con un sospiro di malcelata impazienza.
«Anche tu volevi distruggere la Terra, perché mai ora dovrebbe importarti?» domanda lei, crucciata.
Loki fa una mezza risata. La pelle martoriata tira sotto le medicazioni, ma lui non riesce a trattenere quel momentaneo scoppio di ilarità.
«Distruggere la Terra? Io? Non capisco, agente Romanoff, tu distruggeresti un giocattolo con il quale hai intenzione di giocare?».
Senz'altro non è il momento più adatto al sarcasmo, ma la soddisfazione di vedere la collera alterare i bei lineamenti della donna è qualcosa di assolutamente impagabile.
Natasha Romanoff stringe le labbra, illividendo per la rabbia. Muove un passo verso di lui e un attimo dopo balza a cavalcioni sul letto, fissandolo dall'alto. Scosta le coperte e stacca una fasciatura che si trova ad altezza delle costole, rivelando un profondo solco cerchiato da un alone violaceo.
Con tutta la veemenza dell'esasperazione, la donna infila una dito nella ferita. Loki ha un sussulto, ma la guarda con irriverenza. Ha sopportato di peggio, non c'è niente che possano fargli di tanto terribile da smuoverlo, solo che non sopporta che loro credano di poterlo avere in pugno, l'unica volta in cui sono riusciti a metterlo in gabbia è stato quando lui ha voluto che lo facessero, perché serviva al suo scopo. E anche quando è stato ricondotto in ceppi alla casa di Odino, non sono riusciti a trattenerlo tra le quattro pareti delle sue stanze.
Lui è un dio, questo nessun supplizio, nessuna umiliazione può portarglielo via.
Incurante del bruciore al fianco e del dito della donna premuto nella carne viva, Loki si alza e le serra una mano attorno alla gola, puntandole in viso due occhi feroci.
«Stammi bene a sentire» sibila, a un palmo dal suo naso. «Ho trascorso tutto questo tempo prigioniero sul pianeta dei Chitauri, sono stati loro a farmi questo, e so per certo che qualcuno vuole attentare alla sicurezza del vostro pianeta. Decidi tu cosa farne di questa informazione, ma sappi che ho una faccenda in sospeso qui e ho tutte le intenzioni di portarla a termine».

*

«Brutto figlio di puttana» esclama Clint con un tono quasi stridulo e uno stupore rabbioso negli occhi.
L'immagine sullo schermo mostra Loki con una mano stretta alla gola di Natasha e uno sguardo che farebbe impallidire il diavolo. Nadia stenta a credere che fino a pochi minuti prima lo aveva creduto in punto di morte.
Clint afferra la ricetrasmittente, le nocche che sbiancano per la veemenza della presa,
«Intervenite, subito!» ordina.
Un attimo dopo gli uomini armati piombano nella stanza con i fucili in pugno.
Loro osservano la scena dallo schermo, con un velo di sudore freddo sulla fronte.
Nadia si sente sprofondare. Le parole di Loki continuano a farle eco nella testa, confondendosi in una cacofonia priva di senso. Solo due affermazioni sono appena distinguibili in mezzo al caos.
La vostra preziosa Terra è in pericolo... ho trascorso tutto questo tempo prigioniero sul pianeta dei Chitauri...
Sullo schermo si vede Natasha alzare una mano per fare cenno ai rinforzi di andare via mentre Loki allenta la presa e si lascia cadere all'indietro sul materasso. Tutto sembra tornare sotto controllo.
«Quanto tempo è passato da quella notte a Venezia?» chiede il dio, con lo sguardo che si incupisce.
«Tre mesi».
Loki chiude gli occhi stanchi, sospira e si stropiccia il viso con le mani.
«E non è cambiato nemmeno un po'...» borbotta Tony a mezza voce.
«In realtà a me sembra più pazzo di prima» aggiunge Bruce, torcendosi le mani in quel suo modo nervoso. «È stato torturato... il dolore acuisce la follia».
Steve batte impaziente il piede contro il pavimento.
«Sono il solo ad aver prestato attenzione alla parte in cui diceva che qualcuno vuole distruggere la Terra?» domanda, palesemente sulle spine.
Nei minuti successivi ascoltano Loki parlare brevemente della sua cattura, del periodo di prigionia e di quello che ha visto e sentito mentre era con i Chitauri. Lo racconta con poche rapide frasi, con la freddezza e il distacco di chi non si aspetta alcuna solidarietà e di chi ha smesso di considerare la compassione un sentimento degno di essere provato o suscitato.
Già, certo, lui è un dio, non una vittima.
Nadia sente la testa girare e lo stomaco stringersi in un attacco di nausea. E stavolta la pietra non c'entra niente.
Quando Natasha chiede a Loki come mai sia rimasto lì tutto quel tempo prima di fuggire e come mai non abbia combattuto contro i Chitauri che erano venuti a catturarlo, lui inarca le sopracciglia in quel suo modo ostile e indisponente, come se ci fosse qualcosa di ovvio che sfugge alla mente ristretta della sua interlocutrice, come se la domanda lo stupisse per la sua stupidità.
«Dovevo gestire bene l'energia che mi era rimasta. Il piano era quello di tornare, è sempre stato quello di tornare» dice il dio, assumendo un'espressione melliflua. «Vi sarete accorti che Nadia ha qualche problema con l'energia della pietra, e vi sarete anche accorti che la cosa non è, come dire, di vostra competenza».
Nadia non riesce a staccare gli occhi dallo schermo, ma è consapevole degli sguardi dei quattro uomini puntati su di lei. Sono sguardi che pesano, che caricano l'aria di una tensione insostenibile.
La voce di Natasha ora le sembra arrivare da un altrove molto distante, sovrastata da pensieri confusi che si accavallano tra commozione e incredulità.
«Tu avresti subito tutto questo solo per poter tornare qui ed aiutare lei?» domanda con il tono di chi non è disposto a credere a una risposta affermativa.
Loki stringe appena le palpebre e impiega qualche secondo a rispondere, come se stesse cercando con cura le parole migliori.
«Mi ha salvato la vita, a Venezia» si limita a dire.
Cosa?...
E adesso perché l'agente Romanoff ha estratto la pistola dalla fondina?
Natasha si volta verso la telecamera e lancia uno strano sguardo all'obbiettivo, poi prende la mira e preme il grilletto. Un attimo dopo l'immagine sparisce dallo schermo, sostituita da strisce grige e bianche.

*

«Tu avresti subito tutto questo solo per tornare qui e aiutare lei?» domanda l'agente Romanoff. È quasi una domanda retorica, è chiaro che non è disposta a credere davvero a una sua risposta affermativa.
Eppure «Sì» è l'unica risposta che abbia senso. E se quella donna si sforzasse di usare un po' di più il suo cervello da spia ben addestrata capirebbe anche il perché. Era la migliore opzione che lui avesse, è una questione di logica. Di logica e di onore. E l'idea di Nadia morta non ha mai smesso di procurargli un certo disgusto, fin da quando lei ha cominciato ad essere davvero in pericolo, la sera in cui i demoni di fumo giunsero nella città sull'acqua.
E adesso, cosa si aspettano che dica? Loki ha la sensazione che tutta quella faccenda sia davvero al di là della loro comprensione, perché nessuno è disposto a credere che lui possa fare qualcosa di buono fine a se stesso. Nemmeno lui ne era davvero convinto, fino a quando non aveva deciso che avrebbe aiutato Nadia, senza coinvolgerla ulteriormente nei suoi progetti.   
«Mi ha salvato la vita, a Venezia» dice, semplicemente. È l'unica cosa che può dire, l'unica talmente evidente e sensata da suonare vera anche sulle labbra del dio degli inganni.
Vede l'agente Romanoff estrarre la pistola, voltarsi verso la telecamera e sparare all'obbiettivo.
Il gesto lo spiazza e il suono dello sparo gli romba ancora nelle orecchie mentre sul suo viso affiora un ghigno.
«E questa pericolosa voglia di intimità a cosa è dovuta?» domanda.
«Cosa vuoi da Nadia?»
«Dovresti chiederti piuttosto cosa lei dovrebbe volere da me. Siete stati bravi, non pensavo sarebbe sopravvissuta così a lungo senza il mio aiuto, ma bisogna trovare una soluzione definitiva e questo posso farlo solo io».
La Romanoff scende dal letto, riacquista di colpo la sua maschera di gelida tranquillità e incrocia le braccia sul petto.
«Ci tieni così tanto?» mormora come se stesse pensando ad alta voce.
«Cosa speri che ti dica?»
«Qualcosa che mi dia per un istante l'illusione che tu sia umano».
Loki sorride con aria di sfida, con quel suo sorriso affilato da far male,
«L'amore è per i bambini, agente Romanoff, sei stata tu a dirlo» afferma.
«L'amore è per chi ci vuole credere. Io non so cosa credere, ma quello che so, per quanto mi sembri assurdo e inconcepibile, è che Nadia prova qualcosa per te».
Il dio dell'inganno serra le palpebre e sente le parole sfuggirgli dalle labbra, i pensieri offuscarsi come se una coltre di nuvole si fosse smossa dentro la sua testa.
L'affermazione della donna è tanto ovvia quanto sconvolgente; è qualcosa che Loki ha sempre saputo, eppure il sentirlo dire da qualcun altro gli fa l'effetto di una stilettata e gli impone di fare appello alle sue difese, gli impone di ricordarsi di quel muro che ha innalzato tra se stesso e il mondo, tra se stesso e la possibilità di affidarsi a qualcun altro.
«E io cosa dovrei farci?» dice in tono piatto.
Non è lì per la felicità di Nadia – e nemmeno per la propria. È lì per salvare la ragazza e mettersi al sicuro. E per riprendersi lo scettro e assorbire altra energia dalla pietra e, nel frattempo, fare progetti per l'avvenire. È lì per sistemare un paio di cose e poi tornare sulla sua strada.
«Niente» risponde l'agente Romanoff, scandendo lentamente la parola. «Non devi fare assolutamente niente, è proprio questo il punto. Sai come aiutarla? Bene, troveremo il modo di organizzare qualcosa di sicuro perché tu possa guarirla, alle nostre condizioni, se è questo che sei venuto a fare. Per il resto non devi neanche pensare di fare qualcosa. Né per quello che riguarda Nadia, né per nient'altro».
«Il vostro mondo mi è venuto a noia, non troverò di certo niente di interessante da fare» risponde lui, con una smorfia provocatoria.
«Molto bene. Quelle ferite si cureranno da sole?»
«Più o meno sì»
«Meglio così, risparmieremo la fatica di cercare un medico che abbia voglia di prendersi cura di te, del resto non credo ce ne siano» conclude secca la donna.
«Non ne dubito. Ad ogni modo, riguardo alla faccenda della futura distruzione del pianeta, avete intenzione di fare qualcosa o devo cominciare a scegliermi un posto d'onore da cui assistere al disastro?» aggiunge Loki, enfatizzando un'aria distratta.
«Il direttore Fury sta arrivando. Preparati: credo che vorrà organizzare una festa di benvenuto».   

*

Ha immaginato spesso quel momento, molte più volte di quante è disposta ad ammettere, ma non è così che credeva sarebbe stato.
Nadia credeva che, semmai avesse rivisto Loki, il loro incontro sarebbe stato un momento sgradevole eppure liberatorio, una situazione nella quale avrebbe potuto urlargli in faccia a pieni polmoni tutto il suo rancore. E alla fine, qualsiasi risposta lui le avesse dato, qualsiasi provocazione lui avesse tentato, lei si sarebbe sentita meglio.
Ma adesso il rancore stempera in una sorda incredulità. Ora che sa che Loki non ha nessuna colpa di quanto è accaduto non c'è niente di liberatorio in cui sperare, c'è solo il rimorso per non aver dubitato nemmeno una volta, in quei tre mesi, della sua cattiva fede.
Nadia si sente piccola e meschina, mentre osserva lo schermo vuoto. Non le importa di sapere cosa sta succedendo in quella stanza, cosa si stiano dicendo Loki e Natasha, anche se l'argomento di conversazione è fin troppo facile da intuire. Ma si sente come se la cosa non la riguardasse davvero, adesso non le importa dei piani dello S.H.I.E.L.D, di cosa pensino gli Avengers, delle conseguenze che avrà su tutti loro il ritorno del dio fuggitivo. Adesso Nadia riesce solo a pensare ai dubbi che non ha avuto, al fatto che non abbia mai pensato che Loki non fosse tornato perché non poteva. Ci ha sperato, certo; era un'opzione che il suo cuore suggeriva di continuo ma che la ragione sistematicamente rifiutava di prendere in considerazione.
Natasha rientra nella saletta con gli schermi per la videosorveglianza. Clint, bieco, fa una battuta su quanto poco abbiano gradito lo sparo alla telecamera.
Tony si avvicina a Nadia e le posa una mano sulla spalla.
«Ehm, Colombina...» mormora.
«Se stai per dirmi che devo andare da qualche parte a fare qualcosa, non farlo» intima lei.
«In realtà volevo ricordarti che tu stasera hai un appuntamento con un bravo ragazzo che non merita di ricevere un due di picche» replica Tony, tamburellando le dita sull'elmo dell'armatura che regge sotto al braccio. «Ad ogni modo, non c'è niente che tu possa fare qui».
«Vuoi scherzare? Io devo parlare con Loki».
«Non se ne parla! Finché non arriva Fury nessuno si avvicina al cerbiatto a meno di cento metri e senza avere un pezzo di artiglieria pesante tra le mani» interviene Clint, più agitato di quanto lo abbiano mai visto.  
«Io devo...» Nadia tenta di protestare, ma Tony le si para davanti e la scuote piano per le spalle, costringendola a guardarlo in viso.
«C'è solo una cosa che tu devi fare, Nadia. Devi pensare a te, a prenderti cura di te stessa e stare bene. E parlare con un latitante interspaziale non è un buon modo di cominciare. Perché credi che ci abbia raccontato dei Chitauri e tutto il resto? Perché voleva fare leva sui tuoi sentimenti, Loki vuole ancora l'energia della pietra, Loki vuole sempre qualcosa e non è mai qualcosa di buono».
Man mano che Tony prosegue con il suo monologo, la sua voce si alza e il suo parlare diventa sempre più concitato.
Nadia lo lascia fare, ha la sensazione che se non lo lasciasse finire gli verrebbe una crisi di nervi – è da quando Loki è ricomparso nel bosco che Tony sembra sul punto di dare di matto. Lo lascia parlare e lo ascolta, ma sa che le sue parole non sono disinteressate né obbiettive.
Forse è vero, Loki ha qualche secondo fine in mente, ma non avrebbe mai raccontato della prigionia e delle torture sul pianeta dei Chitauri solo per muovere lei o chiunque altro a compassione. Nadia ricorda bene i giorni a Venezia, quando più di una volta, in maniera più o meno velata, Loki ha cercato di sincerarsi che lei non fosse impietosita da lui, né per quello che le aveva raccontato Thor, né per la situazione in cui si erano ritrovati.
Loki sarebbe disposto a fare molte cose più che discutibili per ottenere ciò che vuole, ma non userebbe mai la compassione per portare qualcuno dalla sua parte.
«E qualsiasi cosa lui voglia, io non permetterò che tu sia coinvolta di nuovo nei suoi piani. E...». Tony si morde il labbro per il nervosismo.
«Stark, basta così» suggerisce Steve, tossicchiando discretamente per attirare l'attenzione. «Dimentichi che c'è un problema di fondo: a Nadia serve l'aiuto di Loki»
«La cosa disturba tutti noi, l'Altro compreso, ma non possiamo farci niente» osserva Bruce.
«No, no, fermi tutti» si intromette Clint. «A Nadia non serve l'aiuto di nessuno. La stiamo aiutando noi, ed è ancora viva e vegeta, mi pare».
Ecco, l'agente Barton è l'altro denigratore numero uno. E Nadia li capisce perfettamente, sono loro che non si sforzano di capire lei. Ai loro occhi Loki è sempre stato solo un nemico. Ai suoi occhi è qualcosa di diverso, lo è sempre stato.
«Stiamo tamponando una falla che prima o poi esploderà» protesta Bruce. «Non sappiamo quanto lei possa reggere ancora».
«Non sappiamo nemmeno cosa aspettarci da Loki» osserva Natasha, poi abbassa lo sguardo e sospira. «Però... io non credo che possa farle del male»
«Va bene. Va bene, basta! Ok?» sbotta Nadia, alzando la voce. «Ho sempre accettato le decisioni che avete preso per me, fin da quando sono arrivata qui e mi fido di voi, vi voglio bene... e farò quello che volete anche stavolta, se voi o Fury o chiunque altro deciderà che Loki non deve aiutarmi con la pietra mi sta bene. Ma non potete vietarmi di parlare con lui»
«Sì che possiamo» risponde subito Clint. «Lo stiamo facendo».
Nadia alza gli occhi al cielo e scuote la testa.
«E resta il fatto che tu stasera hai un appuntamento» insiste Tony.
«Sì, ci andrò, promesso» esclama la ragazza, senza sapere nemmeno perché. «Ma adesso vado di là a parlare con Loki. Clint se vuole può provare a spararmi».
Si avvia verso la porta e fa per uscire dalla saletta, ma sente una mano afferrarla ad altezza del fianco e trascinarla indietro.
Vede la stanza vorticare e senza nemmeno rendersi conto di cosa stia davvero succedendo, Nadia si ritrova spinta verso l'alto e una presa salda le blocca le braccia contro il petto. Un istante dopo è a terra, stesa di schiena sul pavimento, con Clint piegato sopra di lei che continua a bloccarle le braccia e che tiene una gamba piegata sulle sue, immobilizzandola completamente.
«Gli spari sono rumorosi» borbotta lui.
«Touché» sospira la ragazza.
«E, come ti dico sempre durante gli allenamenti, non devi mai perdere la concentrazione, non puoi sapere chi ti prenderà alle spalle. Ti do cinque minuti per parlare con il tuo amico, non un secondo di più».
Clint aiuta Nadia a rialzarsi e l'accompagna fuori dalla stanza, fino alla porta dell'infermeria dove è chiuso Loki. L'agente fa un cenno ai suoi colleghi che aprono il battente blindato,
«Cinque minuti» ripete guardando la ragazza diritto negli occhi.
Lei annuisce, non si aspetta che chiudano la porta dietro di le sue spalle e la lascino sola, anzi Clint si ferma sulla soglia con aria guardinga, facendo avvicinare anche gli altri agenti armati.
No, decisamente quel momento non è come lo aveva immaginato.
Nadia sente di volere che lo spazio da percorrere tra la porta e il letto sia lungo chilometri. Una lontananza pesante tre mesi le preme sul cuore e lei non sa con quali parole smaltirne il fardello.
 





_________________________________________

Note:

Tendo a immaginare le storie un po' come un film, con tanto di stacchi e cambi di scena, per questo ho spezzato il paragrafo del POV di Loki inframmezzandolo con uno scorcio di quello che stava succedendo nell'altra stanza mentre Nadia e gli altri assistevano all'interrogatorio (interrogatorio? Tzè, Loki e Natasha volevano menare le mani fin dalla loro scena nel film, ne sono certa).

Finale di capitolo impietosamente sadico, lo so. Se vi può consolare, il prossimo aggiornamento sarà molto “pieno e corposo”.
Cioè, i capitoli sesto, settimo e ottavo sono una sorta di lunghissimo capitolo unico spezzato in tre parti (perché messo insieme sarebbe stato un mammuth di più di venti di pagine mi sa), per cui non è sadismo, in ultima analisi, è esigenza logistica.

Per curiosità in generale o domande sulla fanfiction, la vita, l'universo e tutto quanto: HERE

Ci leggiamo venerdì con l'aggiornamento. :)
   
 
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