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Autore: Little Black Dragon    02/11/2012    2 recensioni
Raccolta di piccole storie, ognuna da un capitolo.
Sono solo piccole storie, che vogliono arrivare a un grande punto: quanto bello possa essere far sorridere la persona che si ama. E quanto bello possa essere creare, nonostante tutto, un finale felice.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Gabrielle, Xena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Xena e Gabrielle si guardarono, e la guerriera percepì un brivido percorrerle la schiena.
Era straordinariamente bella, l’altra, con le fiamme che le si riflettevano negli occhi verdi e che parevano ardere di luce propria.
Non riuscì a reggere quel contatto a lungo. Alzò lo sguardo al cielo, mentre lacrime offuscavano la sua vista: lacrime per sentimenti soffocati, per una carezza mai donata.
Alzò lo sguardo al cielo, mentre le stelle si accendevano a centinaia, quasi fossero nate allora, quella sera: e ognuna brillava, brillava come gli occhi di Gabrielle.
Com’erano belle, allora, le stelle.
Xena sospirò, mentre le guance le si bagnavano silenziosamente e lei si stendeva sul suo solito giaciglio,voltandosi dall’altra parte per non offrire quell’inconsueto spettacolo all’amica.
Si nascose anche se sentiva di voler urlare, anche se sentiva il cuore scoppiare; lei era l’unica ragione per cui le stava accadendo questo e avrebbe solo voluto che lo sapesse.
“Salvami” pensò la guerriera, mentre un tremito le scuoteva l’anima, “salvami”.
Gabrielle si morse un labbro, trattenendo i singhiozzi.
Perché Xena rifiutava i suoi occhi? Perché questa la tirava giù, la faceva cadere in ginocchio, perché sentiva le semplici parole “ti amo” affiorarle alla labbra senza volerle pronunciare?
“Forse perché è così bella” pensò, affondando il volto bagnato fra le dita, senza mostrare nulla all’altra.
“Girati, guardami piangere… tu mi stai facendo questo… anzi no, non girarti, mi faresti domande a cui non potrei rispondere…anzi girati, voglio vedere i tuoi occhi… non girarti!”
Con il viso e l'animo nascosto fra le mani, la bionda annegavaa il crimine nel puro silenzio, rotto solamente da quel lieve e familiare crepitare.
Si distese anche lei sul giaciglio, senza osare lasciarsi sfiorare il volto dalla luce: che fosse essa del fuoco o delle stelle; e un sussulto, un singhiozzo, le fece fremere la schiena... Dover trattenersi era un dolore inimmaginabile.
“Sei la mia ragione di vita” pensarono, tentando esternamente di soffocare quel che di buono c’era in loro e far regnare il lato ragionevole “ho bisogno di te, ho sempre bisogno di te”.
Gabrielle dischiuse appena le dita, il giusto per vedere il cielo sempre più blu, e vederlo sempre più splendere. Gli occhi verdi si spalancarono di sorpresa. Era una meraviglia. Sospirò. Lanciò una rapida occhiata a Xena, stesa accanto a lei, che le dava la schiena; un braccio lungo il fianco e l’altro ripiegato sul petto.
Anche lei era una meraviglia.
Con il cuore che le batteva furiosamente nel petto, la poetessa – credendo che l’amica dormisse – accarezzò la mano dell’altra con la punta delle dita. Strinse le labbra, mentre un nuovo mare aveva voglia di sgorgarle dagli occhi ancora rossi, seppur addolciti dalla tenerezza del momento… e a stento trattenne un sorrisetto, mentre due cuori si laceravano.
Xena strinse forte le palpebre, per impedire alle lacrime di uscire ancora. Il delicatissimo contatto con la mano di lei mise fuori uso il suo buonsenso, e senza riflettere, senza indugiare sui brividi che le facevano formicolare la schiena, strinse le dita della bionda fra le sue.
“Non siamo sole” sembrava dire quella carezza, “se ci sei tu, tutte le stelle si spengono”.
Il cuore di Gabrielle sobbalzò nel petto.
Evidentemente, l’amica non dormiva.
“Oh dei, e adesso?!” si agitò. “Capirà tutto quanto. In che disastro mi sono ficcata…”.
Xena prese a girarsi lentamente. Sentiva le tempie pulsare, ed un’unica, incredibile voglia di gettarsi fra le braccia di Gabrielle e piangere. Piangere, piangere come una bambina, piangere come aveva fatto poche volte; piangere per lei, per il loro passato, per la felicità di averla - nonostante tutto - ancora accanto...
E finalmente si ritrovarono faccia a faccia, il volto di entrambe visibilmente rigato da quei due corsi per viso, e la guerriera accarezzò e strinse ancora di più la mano di Gabrielle nella sua.
Un sorriso commosso comparve sulle labbra di entrambe, mentre immobili continuavano a guardarsi piangere.
“Sei il mio angelo, sai? Perfavore, abbracciami… perfavore, salvami… perfavore: io non so più che fare…”
E  così, avvicinandosi prontamente l’una all’altra, unirono i loro giacigli e si abbracciarono strette come forse non avevano mai fatto, lasciandosi cadere nell’oblio feroce di un pianto liberatorio.
Nessuna chiese all’altra perché le lacrime le inondassero il volto, né le bisbigliò di essere forte. In quel momento, essere forti non aveva importanza… Ce l’aveva non essere soli, perché nell’immensità del cielo è facile perdersi; e lo è ancora di più nella profondità di uno sguardo. Se poi lo sguardo appartiene alla persona che si ama, allora la storia è anche più complessa.
Si addormentarono così. Non un sussurro o una parola: il silenzio era grande, in quella stretta che sapeva d’immenso e di casa.
 

  
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