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Autore: The queen of darkness    02/11/2012    2 recensioni
Un ragazzo con una voce straordinaria. Una ragazza che ne rimane affascinata. Un amore indissolubile. E la nascita di un mito inventata da me.
[questa è la mia prima Fanfiction e, vi prego, recensite! :)]
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Era completamente una frana in romanticismo. Se ne rese conto guardando Jeordie: era galante ma non smielato, carismatico ma non insopportabile. Sembrava che tutto, in lui, fosse calibrato al punto giusto, che il bruco fosse finalmente diventato farfalla, e nel migliore dei modi. Era inevitabile che il bassista si sentisse attratto da Nina, ed era altrettanto prevedibile che lei si sentisse attratta da lui. Ciò non gli aveva impedito di intraprende un lungo e discreto corteggiamento, nel quale dedicava in modo velato la sua attenzione completamente all'oggetto dei suoi desideri. Lo si capiva dalle parole, dagli sguardi e dai gesti. Brian aveva cercato di comportarsi allo stesso modo, ma si era sentito ridicolo; era come se non riuscisse ad andare oltre una risata, una carezza veloce quando non si era osservati, o una lunga occhiata complice traboccante di passione. Dimostrava il suo amore profondo con dei particolari insignificanti, che nessuno notava. Il pericolo era che forse passavano inosservati persino a chi li riceveva, e cioè Carol. La ragazza si dedicava a lui e al figlio (che aveva reagito entusiasta alle notizie anche se doveva ancora abituarsi al concetto di padre, come Brian, del resto) in maniera assoluta, e ogni cosa fatta era effettuata per loro, senza equivoci. Era una moglie perfetta e un'amante straordinaria, mantenendo viva quella fiamma inestinguibile di originalità. Con lei non era affatto strano trovarsi la sera sul divano a leggere in silenzio con un bel bicchiere di vino rosso, o ballare a musica dal volume oscenamente alto in soggiorno, rischiando di rompere tutto. Fare passeggiate e riscoprirsi da tutt'altra parte era parte della routine: la sera si permettevano di tornare dal cinema anche se avevano dovuto mandare all'aria un appuntamento o chissà cos'altro. Con lei niente era noioso: la vita di famiglia era calda e accogliente, stare a casa nelle giornate uggiose era piacevole come qualsiasi altra cosa, o forse anche di più. Perché tutto, grazie alla sua Regina, diventava ricco e straordinario, con qualità del tutto nuove anche sulle azioni più banali e quotidiane. Eppure, nonostante la sua vita non fosse mai stata tanto felice e rilassata, non riusciva ad evitare quel pensiero costante, quel pungolo fastidioso che gli martellava le tempie, il cruccio che prendeva il sopravvento sulla sua mente ogniqualvolta pensava a Lei, o se la vedeva davanti. Tutto era migliorato- quotidianità, lavoro, vita in generale e umore- però pensava di doverla rendere più felice. Non voleva sentirsi l'unico grato della vita che conduceva. Non voleva che per lei fosse, ancora una volta, tutto dato e nulla ricevuto. Così, seduto al tavolo della cucina, il block notes aperto davanti a lui e una matita appena temperata che aveva da poco finito di rotolare sulla superficie liscia, sentiva il bisogno di scrivere qualche testo. Jeordie e Nina erano fuori a cena. Alex era in campeggio. Carol si stava lavando. Il pensiero di lei nuda ad un solo piano di distanza lo fece sudare, ed era uno dei tanti motivi che gli impedivano di sfoderare la solita cattiveria di sempre, il tono aggressivo di cui necessitava per buttare giù l'idea di una canzone, un embrione di suono, che sarebbe poi diventato uno scandalo da milioni di dollari di incasso. Sempre così. Ma non quella sera. Chiuse gli occhi, appoggiando la fronte sui fogli gialli, fastidiosamente intatti. Nel silenzio della casa, poté sentire il getto d'acqua scorrere sopra la sua testa, dopo aver scorso sull'amato corpo. Che rabbia non essere lì. La sentì canticchiare con voce leggera; era andata da sola perché se ci fosse stato anche lui si sarebbe lavata ben poco, e inoltre il cantante aveva bisogno anche solo di uno straccio d'idea, che non arrivava. Non gli era mai stato difficile scrivere, neanche in quel periodo di profondi cambiamenti, però non era proprio serata. La sua testa vagava negli anfratti di pensieri incompiuti perdendosi in mille ghirigori. Ecco. Si era distratto un'altra volta. Sospirò, si passò le mani sul viso. E poi, ebbe una folgorazione: perché non progettare una sorpresa per Carol? Non era una brutta idea, effettivamente. E più ci pensava, più gli sembrava divertente. Prese la matita (abbondavano in quella casa, a differenza della sua, che ne era talmente prima che si era ritrovato a comporre usando la scia di un fiammifero spento) e cominciò con dei segni incerti nella sua orrida grafia. Regalarle dei fiori. La prima cosa, la più stupida e banale. Scartata. Portarla fuori a cena. Uhm, ardua scelta. Poi sbarrò anche la seconda; Carol odiava i ristoranti, soprattutto se di lusso. Troppi ricordi, diceva. Cioccolatini?, scrisse. Cancellò il punto interrogativo, seguito dal resto. Che idea idiota. Portarla al cinema. Ecco, questo sembrava già più ragionevole. La sala era un luogo scuro, illuminato solo dalla luce dello schermo, e se avesse scelto uno spettacolo serale forse ci sarebbe stata anche poca gente, in modo da poterla abbracciare e tenerla stretta durante lo svolgimento. Ma la tentazione fu troppo forte: un ennesima sbarra. L'irritazione montava di nuovo, proprio quando pensava di averla scacciata. L'idea si sbattere il blocchetto contro il muro e spezzare la matita a metà era molto suadente, ma dover infangare la casa di Carol gli parve un'atrocità, così lasciò perdere. Squillò il telefono, appena in tempo. Si alzò e andò a rispondere, appoggiandosi alla parete della cucina. -Sì?-. -Prooooontooo??- chiese una vocettina allegra. -Ciao campione!- esclamò appena riconobbe Alex. -Come va?-. Si sorbì ridacchiando il dettagliato resoconto delle ultime ore, e gli chiese con apprensione leggermente più bonaria di quella materna se stesse bene. Il bambino affermò di stare benissimo, ribadendo il concetto con forza. Lo trattavano bene, si divertiva e c'erano un sacco di cose interessanti da fare e vedere. -La mamma?- chiese poi. -Si sta lavando, ma se le vuoi parlare di faccio richiamare quando ha finito-. Gli piaceva il tono confidenziale adottato dal ragazzino, e anche sentire la parola "mamma" riferita alla sua Regina. Sperò che un giorno potesse provare il brivido di quell'emozione anche sulla propria pelle. -Oh, non importa!- disse con la solita spensieratezza. -Abbiamo poco tempo prima del barbecue. Salutala da parte mia, ok?-. -Ok-, disse sorridendo, e sentì la gioiosa risata del figlio. -Ops, tempo scaduto. Devo andare- disse. -Ma certo- fece subito Brian. -Divertiti-. Sentì l'esitazione nella voce del piccolo. -Sì?- chiese. Sapeva che non era tutto. La sua voce incerta fu a malapena udibile. -Buonanotte...papà-. Un battito saltato. -Buonanotte, figliolo-. Sentì una risata sollevata e un ultimo saluto, poi riattaccò. Ci volle un po' di tempo prima che rimettesse a posto la cornetta. Si sentiva come un liceale al suo primo amore: un uccellino spaurito e al colmo della felicità. Si sedette al tavolo, meccanicamente. Era diventata la sua parola preferita, improvvisamente, e ricambiare gli era sembrata la cosa più meravigliosa del mondo.///////////////////. I tempi di Carol erano davvero interminabili. Stette quasi un'ora a prepararsi in bagno, e lui, dopo lo stordimento iniziale, decise di dover trovare qualcosa in fretta perché voleva farle una sorpresa subito, coglierla alla sprovvista. E non aveva la scusante di non aver avuto tempo per prepararsi. Camminava nervosamente avanti indietro per la cucina, scervellandosi sempre sulle stesse questioni. E alla fine capì che, se voleva davvero sorprenderla, doveva ricreare la situazione più agognata e mai successa dalla ragazza: il ballo. Ma certo, che stupido era stato! Il ballo, ecco la cosa che le avrebbe fatto più piacere. Un sentimentalismo assolutamente elegante senza però rivangare il passato. Corse di sopra, e spalancò la porta della camera. La trovò che canticchiava nuda davanti allo specchio, mentre armeggiava con la biancheria. Lanciò uno strillo sorpreso mentre la porta veniva richiusa a chiave. Brian le sorrise lupesco:-Ho una sorpresa per te- disse soltanto, e la sua Regina lo guardava attonita. Poi realizzò e mormorò:-Cosa devo fare?                                Le diede una carezza veloce. Chiuse bene le tende e le finestre, infine rischiarò la stanza con delle candele trovate in bagno. Lei lo fissava muoversi ancora lì impalata, svestita quasi completamente. -Carol- disse piano, -vorrei invitarti ad un ballo come non ho potuto fare quel giorno. Ero troppo egoista, e mi piacerebbe molto poter..assaporare quel momento con te-. Sorrise, per farsi coraggio. All'inizio la ragazza non replicò. Poi, con voce a malapena incrinata, gli chiese se poteva aspettare un momento, e scomparve. Lui si sedette sulla sponda del letto, con la testa fra le mani. Aveva fatto bene a rispolverare quel particolare periodo delle loro vite? In fondo, la sera del ballo, coincideva con la fine della loro storia. Si pentì di averglielo detto: forse si era rattristata così tanto da andare a piangere da qualche parte. Sarebbe stato straziante vederla tornare con gli occhi rossi e gonfi, e per un attimo pensò di andarla a cercare. Si alzò, ma dovette risedersi subito. Carol era sulla soglia, lo sguardo basso e un filo di esitazione a colorale le guance. Era..stupenda. La sua figura snella e modellata alla perfezione era fasciata in modo elegante e sobrio da un vestito nero né troppo corto né troppo scollato, che metteva in discreto risalto le sue forme. Aveva legato i capelli con un fermaglio, in un'ordinata rinfusa, senza poter evitare che alcune ciocche le accarezzassero il collo, su cui brillava un piccolo ciondolo. Non era truccata, e il suo viso appariva perfetto anche solo acqua e sapone. Lentamente, come se avesse paura di spaventarla, si alzò e le poggiò una mano sul viso, adattando il palmo alla guancia di lei, morbida e vellutata. Lei, l'amore della sua vita e la madre di suo figlio. -Questo era il vestito che avrei dovuto indossare quella notte- sussurrò. -Sei bellissima- disse lui. -Anche se purtroppo non ho qui lo smoking di mio padre-. Lei ridacchiò. Posò le mani sulle sue spalle e, con un gesto abile, Brian accese lo stereo, e mise a volume bassissimo la canzone da cui era iniziato tutto: Falling In Love, di Elvis Presley. Ballarono come se fossero due goffi adolescenti per la seconda volta, un amore alle prime armi, come se i loro corpi fossero sconosciuti l'uno per l'altra. E poi, con infinita dolcezza, un bacio terminò la canzone, ma non la loro storia d'amore.
  
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