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Autore: _giumuddafuggaz    02/11/2012    2 recensioni
"Ho passato cosi tanto tempo a dirmi che questa non era la mia casa che ho finito col crederci" dissi, prudente. "è sempre stata dura per me appartenere ad un posto"
"io posso essere casa tua" disse lui piano "appartieni a me"
Non è una storia d'addii, lacrime e batticuori o almeno, questa non era la mia intenzione. Un passato tormentato, la possibilità di cambiare, d'essere finalmente ciò che hai sempre desiderato. Nessuna promessa, nessuna mano tesa per salvarti, tocca a te decidere il tuo destino.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shannon Leto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ALL I NEED IS SOME ONE TO SAVE ME
CAUSE I AM GOING DOWN

 

Le paure fanno parte di noi. Tutti abbiamo delle paure, ma per fortuna in questa vita quasi mai nessuno ci viene a chiedere quali siano le nostre. Le possono intuire, fiutare; un giorno se le ritrovano davanti in un aeroporto, in mezzo a una strada buia o mentre salgono su un autobus in una città sconosciuta.. e d’un tratto si rendono conto che abbiamo paura di volare, del buio, di essere derubati oppure di amare e donare una parte di noi. Siamo talmente abituati a nasconderci dietro la maschera di qualcun altro che oramai facciamo fatica persino a riconoscerci quando, tornati a casa, ci sfiliamo quel travestimento che ci ha protetti da sguardi inopportuni, domande brucia pelo o semplicemente, da noi stessi. 
 
Mi sveglio al leggero ronzio che pervade l’aereo ora che l’euforia dei passeggeri è andata a scemare. Mi sporgo dalla poltroncina per cercare di capire che ore possano essere ma l’unico orologio presente è a svariati metri da me e non riesco a distinguere le lancette che vanno ad offuscarsi sempre più ad ogni mio tentativo. È strano come un luogo caotico per natura, come può essere lo scompartimento di un aereo, si trasformi in uno dei pochi luoghi in cui se davvero ci si concentra è possibile persino sentire i pensieri del passeggero che ti è seduto accanto. 
“il passeggero che ti è seduto accanto” istintivamente mi volto come se solo ora mi fossi ricordata di non essere li da sola.. ma di lui non c’è traccia. Scruto ogni volto del locale in cerca di quegli occhi mentre sento lo stomaco contorcersi. “Non qui” mi dico come a rimproverarmi “non farti prendere dal panico, per favore”. I respiri vanno ad affannarsi sempre più, uno dietro l’altro si rincorrono nei miei polmoni che sento accartocciarsi ad ogni sguardo che non ricambia il mio. 
Dove sei? 
-Ti sei svegliata?
Prendo fiato nuovamente al suono di quelle semplici parole.
-Si -provo a capacitarmi di quello che è successo, stavo per crollare, di nuovo -dove eri? 
chiedo diretta, come a voler far capire il mio senso di disagio
-è passato il carrello della cena e visto che dormivi ho chiesto di tenerti qualcosa di caldo da parte - mi porge un sacchetto di carta marrone che fino ad ora ha stretto nervosamente tra le mani
-Grazie 
Provo ad accennare un sorriso, uno dei più fasi che abbia mai mostrato nonostante apprezzi davvero il gesto di quel ragazzo. 
Comincio a domandarmi se seguirlo in questo viaggio sia stata una buona scelta, ma infondo non sono stata io a voler affrontare tutto ciò con lui, non c’è stata proposta o invito, un semplice biglietto teso da una mano amica e l’occasione di realizzare uno dei sogni che mi ero prefissata da anni oramai. Probabilmente è stato quello a spingermi in un impresa apparentemente più grande di me, posto 17A, sola andata per Los Angeles. 
La  voce del pilota gracchia dagli auto parlanti disposti in ogni scompartimento.
<>
Un applauso quasi frastornante mi riempie le orecchie tanto che abbasso la testa fino a toccare le ginocchia. Non mi ero resa conto fino ad ora di quante persone si fossero imbarcate, forse mezzo migliaio o forse un po’ di più. Non ho mai amato i luoghi affollati, il dover stare cosi a stretto contatto con le persone. Sento le loro voci, i loro sguardi sulla mia figura tanto da farli pesare come macigni. Era successo più di una volta che Rayder avesse rinunciato a qualche raduno o semplicemente ad andare al centro commerciale per non farmi sentire a disagio e ci stavo male, ci stavo cosi male da sentirmi in colpa. Infondo chi vorrebbe accollarsi i problemi di un’altra persona a scopo gratuito? Deve essere questo, il non fidarmi più degli altri, si è questo quello che probabilmente mi ha reso la persona che sono oggi. I complessi che porto dentro mi divorano ma riesco comunque a mascherare ogni cicatrice con un sorriso falso, uno di quelli che le persone non hanno voglia di decifrare o semplicemente ignorano. Quante volte avrei voluto mostrare il peso che ho dentro, tutto il dolore che provo a tenere per me ma che lentamente sento arrugginirsi e cadere al suolo ma nessuno era disposto ad ascoltarmi, non ero disposta a dare ulteriori preoccupazioni a persone che non se lo meritavano.
Robert si affretta a ritirare i nostri bagagli per cercare d’evitare la calca che di li a poco avrebbe invaso le scalette e i corridoi circostanti.
-non amo la folla -cerca quasi di spiegarmi- ma a volte è impossibile evitarla.
Un sorriso sincero si fa spazio tra le mie guance. È assurdo come quel ragazzo che fino a poche ore fa era un perfetto sconosciuto si sia rivelato cosi premuroso e , soprattutto, cosi simile a quello che credevo fosse un ideale apparentemente immaginario.
Come se avesse percepito i miei pensieri mi avvicina in una stretta che ha tutto l’intento di farmi sentire al sicuro in quella marea di volti che non mi appartengono. 
-Guarda se riesci a trovare qualcuno che ci aspetta - mi sussurra come se non volesse farlo sentire alle persone che ci sfrecciano accanto veloci -gli avevo chiesto di essere puntuale.
Il mio sguardo cade da una persona all’ altra senza realmente sapere chi cercare. Osservo per qualche secondo Robert che pare incerto quanto me nella ricerca di quel qualcuno che ha deciso di non volersi far trovare. 
Ci incamminiamo verso l’uscita che riusciamo a scorgere solo grazie all’ enorme lampeggiante che si fa spazio in quel che pare un immenso oceano di figure senza volto. Istintivamente mi aggrappo al braccio del ragazzo che poi lasciarlo di scatto come se avessi paura d’aver dato per scontata tutta la confidenza che può racchiudere un gesto come quello. Senza che me ne renda conto lui mi afferra la mano e in pochi istanti ci ritroviamo in un enorme piazzale ricolmo di taxi in attesa d’accaparrarsi il cliente migliore. Le centinaia di voci che echeggiano in quel luogo vanno a scomparire per lasciare il vuoto che lentamente mi avvolge; sembra quasi surreale ma per qualche istante riesco a sentirmi al sicuro. Riapro gli occhi che si erano fatti pesanti qualche momento prima e a pieni polmoni inspiro l’aria di quella città che per cosi tanto tempo ho desiderato. 
Do un ultima occhiata a Robert che sembra rapito dall’ immagine d’un suv nero che sorpassa un autobus appena uscito dall’ enorme cancello che circonda l’intera area.
Si alza in piedi lasciando ricadere a terra la sacca rossa che teneva stretta in grembo per poi afferrare nuovamente tutti i bagagli e tendermi la mano come a seguirlo.
Un uomo in tuta scende dalla macchina che nel frattempo si è accostata al marciapiede per permettergli di darci una mano.
-Scusa -dice quasi con voce affannata mentre ci viene incontro -ero a bere una cosa e ho perso la cognizione del tempo io.. - la sua voce si tronca quando il suo sguardo fa capolino sulla mia figura.
Fa qualche passo indietro mentre con una mano si sistema il berretto nero che ha in testa.
-Ti sei portato un amichetta? 
Robert abbasso lo sguardo quasi irritato da quella domanda ma l’uomo accenna un sorriso e l’atmosfera si smorza.
-Lei è Giulia, te ne ho parlato non ricordi?
Sento le guance farsi sempre più calde. 
Allora la mia partenza non è stata casuale, avevano progettato il mio arrivo già da tempo.
-Oh.. si, giusto -sorride lui -piacere Shannon. 
  
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