Col tempo e gli anni Thomas Maximilian Riddle sarebbe
diventato un grande osservatore della natura umana e demoniaca ma negli ultimi
giorni di maggio e agli inizi di giugno si era ritrovato, nonostante sua
condizione, più e più volte a sorridere sebbene la fine fosse prossima a venire
per lui.
Il mese di maggio, dopo la grande battaglia, era passato lento e
veloce al tempo stesso.
Figli di Mangiamorte e Mangiamorte già marchiati a
Hogwarts cominciarono a comportarsi in maniera insolita con lui. C'era chi non
esitò a sputargli in faccia il suo disprezzo dopo quel giorno al Tower
Bridge.
E c'era chi, marchiato dai genitori, lo ringraziò.
Non a parole
ovviamente.
Ma a gesti. Con gli occhi.
Com'è possibile immaginare, la
battaglia al ponte di Londra fu il tema più chiacchierato per settimane intere,
correlato alla cattura di alcuni Mangiamorte fuggiaschi e alla fuga ultima dei
mannari, che tornarono alle loro terre senza più avanzare moniti o
rivendicazioni.
Mannari che tornarono nelle loro terre senza il loro capo. E
senza il loro principe.
Asher Greyback infatti non lasciò Hogwarts.
Rimase con gli Auror che ancora dopo giorni venivano additati da tutti i
maghi come veri e propri messia.
Primo fra tutti Harry Potter, anche in quel
momento, privato dei suoi poteri.
Il bambino sopravvissuto dopo la cerimonia
privata tenuta col Wizengamot non si era più mostrato in pubblico e per molti
anni avvenire la sua vita sarebbe rimasta ancorata alla leggenda e lui
personalmente nascosto nell'ombra dei ricordi.
Osannato, Harry percorreva i
corridori della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts come da studente.
A
testa alta, seguito da sciami di bisbigli, da occhi adoranti.
Sapendo però
che per molto tempo non avrebbe più rimesso piede fra quelle mura.
Mancava
poco, si. Troppo poco.
Dopo i fatti del Tower Bridge, il Ministero della
Magia dovette occuparsi di altre questioni.
Ad esempio lo smantellamento
dell'Arca dell'Alleanza, anche se misteriosamente la Stanza del Lazzaro, dopo la
ricognizione, sembrava sparita.
I Consiglieri avevano creduto che il Lazzaro
fosse andato perso ma a Cedar House in molti sapevano la verità.
Ovvero che
Lucilla dei Lancaster aveva provveduto a far sparire quella fonte preziosa per
loro, nel caso di eventuali perdite che né la demone né Harry Potter avrebbero
più potuto accettare.
L'esodo di alcuni simpatizzanti del Lato Oscuro rimase
in prima pagina su tutti i giornali per circa tre settimane, quindi la notizia
che la soppiantò fu quella che lasciò tutta la comunità magica decisamente a
bocca aperta.
Il Ministro Orloff si ritirò una mattina di fine maggio,
sostenendo che avrebbe adempiuto ai suoi ultimi compiti fino a quando non fosse
stato designato un successore.
Gli Auror e Duncan Gillespie accolsero la
notizia in silenzio, per poi far festa grande al Quartier Generale, ricordandosi
bene d'Insonorizzare tutto.
Dopo aver rassegnato le dimissioni di fronte
all'Alta Corte dei Maghi, Orloff si dimostrò comunque meno provato dalla
prigionia di quanto avessero pensato tutti, perché fino alla fine del suo
mandato, che sarebbe durato fino alla Sigillazione di Tom, continuò a usare la
sua autorità con pugno di ferro. Non concedette mai l'amnistia a nessuno dei
Mangiamorte che, confinati ad Azkaban, vennero interrogati dal Consiglio per
avere altre informazioni su quelli rimasti latitanti e tantomeno usò il guanto
di velluto quando fu l'ora di condannare i Lestrange e i gli altri capi al
servizio del Lord Oscuro.
Carcere a vita.
Per tutti, nessuno
escluso.
Inoltre quando si trattò di rispedire il Guanto di Minegon in
Italia, al Vaticano, lo fece senza protestare, porgendo mille scuse al governo
italiano e assicurando che mai più sarebbe accaduta una cosa simile visto che
gli Zaratrox si erano assicurati di fargli arrivare una lettera minatoria, in
caso non avesse ben recepito il messaggio.
Ne erano successi altri di fatti
in quelle settimane, fatti che preludevano a giorni ben più luminosi di quanto
Harry Potter avesse mai potuto aspettarsi.
Oltre alla regolare adozione che
gli venne concessa sulla piccola Faith che divenne una Potter a tutti gli
effetti, Isabella Baley tornò finalmente in patria col marito e il figlioletto
di quattro anni e questo rese Elettra felice più di quanto avesse mai potuto
immaginare. A seguire, l'irriducibile purosangue Edward Dalton pensò che fosse
ora di smetterla di fare il "frigido" e chiese in moglie una babbana, Ophelia
Haeder.
Altre proposte di matrimonio vennero consumate a fine maggio: Jess e
Sarah Mckay decisero di riconfermare i loro voti con spirito decisamente diverso
da parte dello sposo, mentre Ginny Weasley era tornata agli albori, fidanzandosi
ufficialmente con Terry Steeval, che aveva già frequentato ai tempi di Hogwarts
e poi scaricato senza tante cerimonie, per Harry. Fra tutte, ci fu un'unione in
particolare che fece tirare il fiato a Milos Morrigan e Beatrix Mirabel Vaughn:
i due per puro caso vennero a sapere da Gala che il miserabile Kronos Leoninus
si era legato, pare per costrizione ed esasperazione dei fratelli, a una vampira
di stirpe "reale" della Cornovaglia che in confronto a Gala Leoninus sembrava il
diavolo in persona. E così avvenne che anche Trix fu libera.
Da catene e
prigionia, ma non da un vincolo quanto mai sacro ora più al sicuro che mai.
E
parlando di prigionia...in seguito alla trasgressione fatta ai comandi dei suoi
autorevoli genitori, Caesar Noah Cameron una mattina dovette dire addio a quella
che era stata la sua vita fino a quel momento, perché messi alla porta dai
famigliari, i pargoletti che l'avevano aiutato a liberarsi dalla prigionia in
biblioteca mollarono le valigie sulla sua porta, per sistemarsi in pianta
stabile a Cameron Manor.
Ognuno si prese una camera e lasciò Cameron
sull'orlo di crisi isterica.
Come estrema punizione per aver disobbedito ai
suoi genitori e aver aiuto gli umani.
La Legge del Tre ancora una volta era
stata troppo dura con lui ma la disperazione di Caesar non era nulla a ciò che
stava succedendo a Hogwarts in quel periodo.
Tom Riddle se ne stava seduto
sotto il salice in giardino, quel primo giugno.
A una tavola rotonda che i
Grifondoro avevano sistemato per studiare insieme, dopo aver ingrandita con la
magia, con lui seduti c'erano Damon, Beatrix, Cloe, Sedwigh, Neely, Bruce e
Martin e tanti altri.
Era strano, pensò. Era strano stare di nuovo seduto a
tavola con loro.
Restava in silenzio, il capo chino sui libri mentre gli
altri si passavano gli appunti, da bere, alcuni frignavano, le ragazze che
discutevano del Ballo di Fine Anno.
Del loro Ultimo Ballo.
Erano successe
cose quanto mai esilaranti in quell'ultima settimana, che comprendeva anche la
fine delle lezioni.
Mentre gli studenti salvi da M.A.G.O. e G.U.F.O. si erano
immolati alla devastazione delle vacanze estive, i condannati avevano cominciato
a cedere.
Soggetti che notoriamente non si erano fatti intimorire neanche dal
Lord Oscuro o da Augustus Grimaldentis giravano pallidi come un fantasmi, con
occhiaie degne di un vampiro sull'orlo del collasso; salutisti convinti si erano
fatti pescare nei bagni con sigarette dall'odore equivoco e perfino i nervi
d'acciaio dei più grandi menefreghisti si erano sbriciolati di fronte all'opera
di ripasso della professoressa Mcgranitt, tornata dal San Mungo giusto in tempo
per gambizzarli fino all'ultimo.
Tom aveva assistito a crisi di panico in
classe, ragazze del quinto anno pronte a strapparsi i capelli per aver
dimenticato la penna portafortuna, maschi del settimo che la mattina mandavano
giù un bicchierino di whisky incendiario invecchiato tredici anni in sordina,
insieme al caffè...perfino i Corvonero.
E ora, seduto sotto il salice con
l'alito caldo dell'estate che gli solleticava il collo, riusciva solo a
guardarsi attorno.
Perché la scuola stava per svuotarsi. Quello per loro era
stato l'ultimo giorno di lezione.
La sera stessa il Ballo di Fine Anno.
Quindi tutti sarebbero ripartiti il giorno dopo, a parte i "maturandi" che
girovagavano per il giardino facendo solchi qua e là, rileggendo bigliettini
minuscoli messi sotto incanto che dopo la lettura si trasformavano in
francobolli. Si, tutti ce l'avrebbero fatta a superarlo.
E lui...bhè, lui si
sentiva un po' meglio.
Certo, non aveva l'aria di un quasi diciottenne che
diventava adulto ma nel complesso si sentiva di nuovo vivo.
Le settimane dopo
la morte di suo padre erano state dure, anche se aveva sempre fatto finta di
nulla, ma era un continuo pensare a lui, spesso rivedeva Voldemort nei pochi
ricordi in cui erano stati insieme...senza contare la visita degli avvocati,
appena terminata la battaglia al Tower Bridge.
Gli avvocati delegati dal
Ministero l'avevano informato che al compiere dei ventun'anni sarebbe diventato
l'unico proprietario del vecchio maniero dei Riddle, a Little Hangleton e che,
incredibile, la famiglia Black gli lasciava un'eredità stratosferica nel caso
avesse voluto far ricorso e non assoggettarsi alla Sigillazione.
Sua nonna e
suo nonno neanche si erano fatti vedere ma in poche righe che gli avevano fatto
avere tramite gli avvocati, ancora traspariva tutto il rimpianto provato per la
morte di Bellatrix e l'incarcerazione di suoi fratellastri.
Eppure anche in
quel caso avevano badato solo alle apparenze.
Se non altro, dopo i fatti del
Tower Bridge, nessuno gli aveva più parlato del futuro.
Specialmente i
professori.
-...questo è il nostro ultimo ballo, dobbiamo godercelo!- stava
dicendo Juliette Caldwell, svegliandolo all'improvviso con la sua voce acuta. Da
dove spuntava? La Corvonero si era appoggiata sulla spalla di Neely, tutta seria
- Non voglio sentire storie! Il Comitato si è spaccato per questa festa e anche
le Grazie e non vi azzardate a dirmi che siete stanchi!-
La Montgomery sbuffò
- D'accordo, d'accordo.-
- Dai gente.- disse anche Mary J. Lewis - Un po' di
allegria. In fondo se non possiamo sbronzarci questa sera quando lo faremo?
Prima del M.A.G.O?-
A quella parola vennero i brividi a un bel po' di gente
ma poi ignorarono il terrore per mettersi tutti in posa, al passaggio di Lisa
Gilmore e del suo ragazzo di Tassorosso del sesto come lei, Guy Spencer, uno dei
fotoreporter della Gazzetta di Hogwarts, grande lecchino di Bart Owin.
Scattò
loro una marea di foto e se ne andò poi ridacchiando, mentre Tom levava un
sopracciglio.
Era strano ma da settimane Spencer non faceva che gironzolargli
attorno. Lo trovava ovunque. In sala grande, a lezione, in giro per il giardino,
al Club dei Duellanti, a momenti anche in bagno...
Tramavano qualcosa, se lo
sentiva.
Ignorò la questione, quando oltre le spalle di Cloe, che fissava
senza che lei se ne accorgesse, vide Hermione.
Era in piedi sotto le arcate
dell'ala nord. In jeans e una maglia di seta rosso scuro, i capelli al vento,
l'espressione dolce.
Lo guardava attenta, come per assicurarsi sempre che
stesse bene.
Le fece un cenno che lei ricambiò.
Hermione Jane Hargrave si
posò due dita sulle labbra, mandandogli un bacio ricolmo di affetto, fino a
quando non sentì una presenza incombente alle sue spalle.
- Per chi era?-
sussurrò l'alito caldo di Draco Malfoy al suo orecchio.
- Per tuo cugino.-
replicò con tono modulato, assolutamente tenero.
Draco si scostò, fino ad
appoggiarsi con la spalla a una colonna.
Guardò quella stessa scena, fino a
sentirla sospirare e chinare appena il capo.
Era cambiata.
Non sapeva dire
come ma sentiva che in lei era cambiato qualcosa...da quando era
morta.
Sentiva ancora il cuore sbriciolarsi quando ricordava quella notte ma
in sua moglie era accaduto davvero qualcosa, da quel giorno di
guerra.
Sembrava...un'altra. O almeno, si stava sforzando, lo sentiva, di
cambiare.
Ma lui non avrebbe saputo dire in cosa.
Ricordava, in quel
momento di assoluta disperazione, di averle urlato addosso di tutto. Che avrebbe
rivoluto indietro Hermione Granger, la mezzosangue Grifondoro perfettina e
precisina.
Quella che ancora credeva in tutto.
Sapeva di aver esagerato ma
Hermione doveva essersi ricordata ogni cosa perché da qualche tempo Malfoy aveva
visto i suoi libri di magia oscura tutti chiusi in un baule, aveva visto i suoi
occhi tornare a scaldarsi per le ingiustizie, l'aveva sentita...come tanto tempo
prima.
Senza che se ne rendesse subito conto, lei l'aveva preso per
mano.
Con un leggero mormorio si sporse a baciarlo leggermente, per poi
trascinarselo dietro.
- Dove andiamo?- le chiese.
La sentì ridere,
scuotere il capo e continuare a fargli strada.
Parve perplesso quando furono
lungo il corridoio dell'infermeria e quando poi lei si fermò dietro una colonna,
in un angolo.
- Ti ricordi cos'è successo qua?- gli chiese, senza lasciargli
andare la mano.
Draco fece mente locale. Dunque...in un posto così scoperto
di certo non potevano aver fatto nulla d'indecente.
Tantomeno gli sembrava di
essersi picchiato con Potter lì in giro.
Al suo sopracciglio alzato, la
Grifoncina rise ancora.
- Più di dieci anni fa ci siamo baciati sotto la
pioggia. La prima volta.-
Un sussurro appena e Draco sentì qualcosa di simile
a una colata di miele caldo allargarsi nel suo petto.
- Ma non era qua...era
in giardino.- mormorò.
- Si, lo so.- l'abbracciò in vita, sollevando gli
occhi dorati pieni di un desiderio vivido e brillante - Poi mi hai dimostrato
che eri capace di fare l'amore...e non solo perché avevi scommesso di portarmi a
letto. Dovevamo tornare qua in infermeria, perché eravamo in punizione dopo
l'esplosione nei sotterranei di Piton. Dopo che...l'abbiamo fatto siamo venuti
fin qui in silenzio...- un breve lampo di tristezza le attraversò il viso, per
poi tornare a sorridere ancora, più profondamente di prima -...credevo che non
te ne sarebbe più importato niente di me, dopo che avevi avuto quello che
volevi...credevo che fossi soddisfatto...ma poi, prima di entrare in
infermeria...mi hai spinto qui.-
Si fece indietro, continuando ad
abbracciarlo in vita e trascinandolo con sé, contro la parete.
- E quando mi
hai baciato, mi tremavano le gambe.-
Come a lui in quel momento tremava il
cuore.
Ricordava bene di averlo fatto. Ricordava di non essere riuscito a
sopportare quel silenzio e di averla spinta in quell'angolo per ricordarle ciò
che c'era stato fra loro.
Per capire se anche lei aveva trovato il paradiso
com'era accaduto a lui.
Anche in quel momento provava la stessa
cosa.
Eppure erano passati dieci anni.
Senza una parola si chinò e come
voleva quella loro tradizione, le catturò la bocca con la sua, ottenendone
subito l'accesso.
La magia era rimasta, si ritrovò a pensare.
Era sempre
lì.
Era lei la sua magia.
A lei che tremavano le gambe.
E lui...che le
aveva regalato il suo cuore così tanti anni prima.
Senza mai
pentirsene.
Luci, candelabri, candele e fiaccole.
Dentro e fuori
la scuola. E un tetto di stelle cadenti, in Sala Grande.
Era la notte che
ogni studente aspettava.
E Tom se ne stava seduto sulla mensola della
finestra, in camera sua.
Fumava senza fretta, inalando il fumo e ributtandolo
fuori senza quasi sentire il sapore acre in gola.
La Torre del Pendolo stava
battendo mezzanotte.
Doveva farsi vedere, anche se avrebbe di gran lunga
preferito fare due passi al lago, con quel piacevole tepore che aveva portato il
vento quel giorno.
Sospirò, lasciandosi andare con la schiena contro il
fianco della finestra aperta.
Che strano sarebbe stato tornare a Cameron
Manor, dopo otto anni di vita fuori dalla sua oasi di pace.
Era assurdo ma a
volte non riusciva neanche a provare reale dolore per la sua prigionia. Sempre
più spesso cominciava ad accoglierla come una liberazione.
Meglio andare,
pensò, prima di finire a farsi un monologo di fronte allo specchio che avrebbe
messo a dura prova la sua povera psiche. Infilò una camicia bianca sui pantaloni
neri, la giacca la tenne in mano e uscì, come al solito senza cravatta. Anche
con quell'aria casual però era bello come il peccato e infatti, le bimbe dei
primi anni che erano tornate in quel momento per il coprifuoco gli regalarono un
saluto cinguettante e praticamente l'attorniarono.
Fu gentile con ognuna di
loro, mentre Degona, che cercava di slacciarsi la fascia in vita che come diceva
Liz ogni brava signorina doveva portare senza lamentarsi, lo guardava
silenziosa.
Sistemata anche la piccola Tilde che quella sera era perfino
riuscita a ballare con Damon, Riddle fece per avviarsi quando sua sorella con un
cenno lo fermò.
- Com'è andata?- le chiese, con tono piatto.
- Potevi
farti vedere prima.- mormorò la Mckay - Ma immagino tu abbia avuto altro da
fare.-
La frase conteneva un'accusa ma lui si limitò a guardarla con un
sorriso mesto.
- Stai bene vestita così.-
- Non respiro e sembro una
meringa.- replicò Dena stizzita - Ma Liz ha messo un incantesimo Auto Stringente
sulla fascia e non ho trovato la mamma, altrimenti a quest'ora lei l'avrebbe già
data alle fiamme. Tu puoi fare qualcosa?-
Il grifone estrasse la bacchetta,
agitandola appena e in un mormorio sommesso riuscì a liberarla dalla
gabbia.
Degona lo ringraziò, senza smettere di guardarlo.
- Vai.- gli
disse a bassa voce - Dovresti goderti la serata.-
- Si.- e fece per girarsi
quando la streghetta l'afferrò per la manica. Il tempo di capire cosa stava
facendo e Degona gli passò le braccia alla vita. Lo strinse forte, quindi scappò
subito via alle scale del suo dormitorio.
Ora Tom sorrideva tristemente,
conscio di averla fatta piangere, scendendo da Grifondoro fino alla Sala
Grande.
E lì sulla soglia rimase immobile. Tante stelle luminose come fiocchi
di neve che cadevano da un firmamento liscio come velluto. Luci soffuse, le
Sorelle Stravagarie che spaccavano i timpani a tutti, lui compreso, in una
bolgia terrificante sul patio dei professori...e coppie ovunque, che ballavano,
in mezzo al pogo, che si baciavano negli angoli...
Decisamente era proprio
una festa dell'Ultimo Anno.
Il suo ultimo anno.
A pochi metri da lui vide
Kara Kendall intenta a parlare ad alta voce con Patience Hogs e la Caposcuola di
Tassorosso gli fece un largo sorriso, invitandolo a raggiungerle ma venne
bloccato da un gruppetto di Corvonero del sesto anno che gli misero in mano del
ponce fatto in casa da quel mentecatto di Travers, un barista da mettere ad
Azkaban tanto alcool ci metteva nei suoi intrugli e poi, con quel bicchiere che
emanava esalazioni tossiche, si guardò di nuovo in giro.
Thaddeus Flanagan
era evidentemente ubriaco, stravaccato sul divano dei Tassorosso e Frommer gli
faceva aria con la cravatta, come se fosse servito a qualcosa.
Poi una dea
bionda si fece largo fra la folla e Tom la riconobbe subito.
Anticonformista
come sempre, Neely Montgomery gli apparve con una gonnellina nera striminzita
pronta a volare via, che dovevano averle prestato le Grazie. Camicia bianca da
uomo, sicuramente di Travers o Matt Rogers, cravatta nera al collo mezza sciolta
e una bellissima bombetta sui lunghi e lisci capelli biondi, più décolleté ai
piedi, nere di vernice con dodici centimetri di tacco.
La Corvonero gli
sorrise, arrossata. Evidentemente brilla.
Dopo averlo stretto forte forte gli
prese la mano e lo trascinò a ballare senza una parola.
Fra quella calca non
ci fu più verso di pensare. Ma solo di muoversi e basta, sentendo il ritmo, i
corpo caldi e sudati dei compagni che andavano a sbattere contro il suo e le
voci delle Stravagarie più dense dell'aria intorno a loro.
Ben presto
uscirono dalla pista da ballo improvvisata e si diressero nell'angolo di
Corvonero.
Fu lì che Tom trovò Stewart Travers intento a guardare con aria
seria un bicchiere vuoto, di fronte al banco degli alcolici fatti apparire dopo
la fuga dei professori.
- Cosa fai?- gli chiese Neely, poggiandosi accanto al
compagno - Stew...non sarai già ubriaco.-
- No!- il Corvonero agitò la mano,
mentre arrivavano anche Prentice e Jeff Lunn - Solo che prima Howthorne ha fatto
questa cosa babbana...White Russian mi pare l'abbia chiamata...e non so
rifarla.-
- Che schifo, dai.- gli disse Philip - Ciao Riddle.-
- Ciao
Prentice.-
- Caposcuola Riddle, sai che ci devo mettere?-
Tom rise,
cercando le sigarette in tasca - Vodka, ghiaccio, caluah e crema di latte.-
-
Ecco cos'era!- borbottò Travers, sparendo sotto il tavolo e tirando fuori del
latte - Ci avevo messo troppa vodka.-
- Parlando del mio ragazzo.- Neely si
guardò attorno - Ma che fine ha fatto?-
- E' arrivato Broody e lui e Alderton
se lo sono portato via.- rispose Stewart, mentre si faceva il drink - Ma non
chiedermi per cosa. Pare che dei deficienti del quarto anno se le siano date nei
sotterranei e visto che la Caposcuola Gordon è nei bagni a far vomitare nello
stesso water Lani Beldon e la Chilton, Broody ha pensato di portarsi Damon...nel
caso rotolino teste.-
- Che spirito di sacrificio.- frecciò Prentice
sarcastico - Riddle ho finito le sigarette. Posso?-
- Sono babbane.-
-
Sopravviverò.-
Tom si girò di nuovo verso l'interno della sala, cercando
qualche volto amico fra l'intero corpo studentesco.
Cercò nell'ala del
Grifondoro e pescò Sedwigh e Mary J. Lewis in evidente intimità. Però.
Martin
invece già era sparito, quindi doveva essersi trovato la compagnia buona per
terminare la serata in allegria.
Stava ancora guardandosi intorno quando uno
scintillio attirò la sua attenzione.
Beatrix Vaughn gli era arrivata sotto il
naso. Con addosso un cortissimo miniabito di satin azzurro, senza spalline e di
una tonalità che mitigava il suo pallore marmoreo.
La Diurna salutò i
Corvonero, poi si accese una sigaretta dalla sua.
- Finalmente sei arrivato.
Credevamo non venissi più.- disse.
Annuì, alzando le spalle - Damon?-
-
Sta tornando.- spiegò, anche rivolta a Neely - Non è successo niente, i mocciosi
si sono fatti un occhio nero per questioni maschili tutte loro.-
- Le corse
sulle scope.- arguì la Montgomery.
- Esatto. Più virile di così.- poi Trix
tornò a seguire gli occhi di Riddle. Avrebbe voluto sorridere, ben sapendo chi
stava cercando. Cloe. Ma la King era sparita dalla festa per andarsene in
giardino a prendere aria e ancora non era tornata.
Si chiese se dirglielo, se
la Sensistrega anche da sola a camminare sotto le arcate continuasse a scrutare
ovunque, nella speranza di vederlo come aveva fatto per tutta la sera. Si chiese
se...quell'ultima notte di festa avrebbero potuto cambiare qualcosa. Anche se ne
dubitava.
Di colpo Beatrix avvertì una forte fitta al livello del
cuore.
Per mesi non avevano parlato d'altro di cos'avrebbero fatto, una volta
finito il M.A.G.O.
Una volta finita la vita per come l'avevano conosciuta
fino ad allora.
Avevano vissuto in simbiosi per tanti anni...che tutto
sembrava ridicolo adesso. Una festa. Festeggiavano cosa quella notte? La
separazione, ecco cosa festeggiavano. Eppure c'erano state notti intere passate
a parlare, a ridere. C'erano state le punizioni, i piccoli guai, le grandi
litigate, i viaggi insieme, i pericoli affrontati uniti, i giorni a lezione,
passati in biblioteca, chini sui libri...e poi le uscite a Londra, tutti
insieme. Sempre insieme.
Ora ognuno sarebbe andato per la sua strada. Non si
sarebbero mai più ripresentati quei giorni...e loro festeggiavano.
Qualcosa
le punse le ciglia e quando si accorse che erano lacrime le ricacciò indietro,
prima che Tom la vedesse.
Fortunatamente tornò il Legimors, con Adam Broody e
Fabian Alderton e da com'erano tutti e tre mezzi svestiti dovevano aver usato
bacchetta e mani per separare i rivoltosi nel sotterraneo di Serpeverde.
-
Era ora.- l'apostrofò Howthorne, dopo che l'ebbero salutato anche gli altri
Serpeverde.
Tom gli sorrise appena, vedendolo baciare Neely e chiedere a
Travers altro da bere.
Mandato giù un bicchierino di whisky incendiario,
Damon si affiancò a Riddle e alla Diurna.
- Procede bene, direi.- disse,
notando che il numero degli studenti invece di diminuire aumentava.
- Tanto
la Licorne ha già programmato di spostare il festino della Stanza delle
Necessità.- Beatrix sbadigliò - Qua siamo troppo scoperti. Gazza prima ha
beccato Flanagan con gli alcolici e Amy Post ha dovuto fargli un incantesimo di
memoria. Senza contare quel deficiente di Guy Spencer che va in giro ubriaco a
far foto con la macchina fotografica girata al contrario. Sanguecaldo.-
-
Finiremo tutti espulsi in blocco.- bofonchiò Tom, senza eccessiva
preoccupazione.
- Ci scommetto.- replicò Damon, ancora più apatico - La
duchessa?-
- Fuori in giardino.-
Tom colse la palla al balzo per uscire -
Vado a prendere aria anche io. Torno fra un po'.-
- D'accordo.- annuirono i
due Serpeverde e non lo persero di vista un attimo, mentre usciva.
Si
strinsero la mano quasi senza accorgersene, come per pregare che tutto andasse
per il meglio.
Ma una volta lontano dalla musica della Sala Grande, Tom
cominciò a capire che non era stata per nulla una buona idea.
Era difficile
ricordare com'era stato tutto prima del diciannove aprile.
Prima che tutti
fossero venuti a sapere.
Era così difficile ricordare la sua unica notte
d'amore con Claire che quasi sembrava stata un sogno.
Proprio come lei aveva
voluto in fondo.
E ora che tutto era finito, che erano liberi, che dovevano
solo affrontare il M.A.G.O. prima di separarsi una volta per
sempre...cos'avrebbe potuto dirle? Che parole potevano anche solo giustificare
ciò che aveva fatto?
Era passato da un pezzo il tempo in cui negli occhi
della King aveva visto gioia, un bagliore di vitalità.
Ma d'altronde anche in
lui si era spento qualcosa.
Solo che sembrava non soffrirne.
Cloe
invece...come se la sarebbe cavata?
Lui in fondo restando sepolto in una
prigione non avrebbe avuto neanche motivo di disperarsi. A che pro? Tanto non
avrebbe mai più potuto uscirne. Per questo il suo dolore e i suoi tormenti erano
già stati soffocati.
La sua anima si era messa in pace sei anni prima. Si era
perdonato.
Ma Claire?
Lui avrebbe dimenticato quella sera d'estate. E
lei?
Si. Un giorno avrebbe amato di nuovo. E per quanto il solo pensiero lo
straziasse, mozzandogli il fiato e stroncandogli ogni energia, un giorno lei si
sarebbe sposata, relegando il suo ricordo ai giorni lontani di
Hogwarts.
Sarebbe tornata a sorridere. Sarebbe stata di nuovo
felice.
Senza accorgersene attraversò le arcate e i corridoi, fino ad
arrivare in giardino.
La fontana zampillava briosa e le stelle erano ancora
più luminose di prima.
La trovò seduta su una panca di pietra, dall'altra
parte del giardino, attorniata da un gruppetto di ragazze in abiti sgargianti e
scollati. Larissa Gilmore e le sue amiche del sesto anno.
Appena Larissa lo
vide però si affrettò a fargli un grosso saluto e a tirare via le altre, mentre
lui indeciso si faceva avanti. Era strano però come anche essendosi ormai
arreso, il suo cuore battesse sempre più forte, ogni volta che la
vedeva.
Cloe King lo scrutò, senza dare a vedere l'emozione che provava. Si
lisciò le mani guantate sull'abito, non ammettendo nemmeno con se stessa di aver
indossato quel vestito solo per lui.
Era in raso, doppiato in tulle appena
palpabile, come se avesse avuto addosso una nuvola.
Sotto il raso era bianco
e a seconda della luce che la colpiva, il tulle passava dal rosa confetto al
magenta.
Fra i capelli lasciati semisciolti, a parte alcune ciocche raccolte
in cima al capo, aveva appuntato un'orchidea di un denso carminio. Ed era più
bella che mai.
Senza una parola, dopo averlo guardato da capo a piedi e aver
poi spiato l'espressione vacua che albergava nei suoi occhi, si scostò appena e
gli fece posto. A sedersi accanto a lei.
Non aveva sperato tanto ma non ebbe
neanche la forza di muoversi.
- Sto qua. Ma grazie.- mormorò con un filo di
voce, appoggiandosi con la schiena alla colonna a fianco.
Cloe annuì.
E
così anche lui sapeva.
Sapeva che sarebbe bastato sfiorarsi, quella notte,
per finire a letto insieme.
E sapeva anche che non sarebbe stato sesso.
Se solo avessero fatto di nuovo l'amore...non avrebbe potuto sopportare di
lasciarlo.
Si era lucidata l'armatura così tante volte, per rendersi forte e
dura come il metallo, ostinata nel ferirlo, nel ricordargli sempre tutto quello
che aveva gettato al vento...ma quella notte non avrebbe potuto negare al suo
cuore, tantomeno a lui, un vero gesto d'amore.
Una carezza, un bacio.
No,
non potevano. Perché tutto sarebbe crollato.
E se crollava quella diga
sarebbero crollati anche loro.
Il solo fatto che fosse andato a cercarla,
quando lei aveva spiato la Sala Grande tutta la notte in cerca dei suoi occhi,
le mostrava ancora una volta quanto fossero deboli entrambi.
Avevano due
settimane di preparazione, poi il M.A.G.O. ad attenderli.
Avrebbero finito ai
primi di luglio.
Doveva...doveva resistergli. O non sarebbe più stata capace
di lasciarlo andare via.
Così, sospirò e annuì, accettando la sua decisione
di starle lontano. Rimase seduta e lui si appoggiò alla colonna.
Non
parlarono, non si sfiorarono.
Ma rimasero a guardare le stelle dove ogni
tanto se ne affacciava ancora qualcuna cadente, residuo dei tanti incantesimi
festaioli di Dedalus Lux o dei gemelli Weasley che per festeggiare Harry e gli
altri avevano creato spettacoli di luce indimenticabili.
L'Ultimo loro Ballo
lo passarono così.
Vicini ma lontani.
Insieme ma da soli.
E
mentre la notte scivolava via e si faceva mattino, ritornò anche la
consapevolezza di ciò che li aspettava.
Ognuno per la sua strada, ogni cuore
per sé.
Ma anche se si lasciarono per raggiungere ognuno la sua camera, dal
di fuori chiunque avrebbe potuto pensare che si fossero lasciati qualcosa alle
spalle. Cenere forse. Di un sogno, di un amore.
Cenere che era comparsa solo
allo spuntare del sole.
Per quella notte invece, il sogno era sembrato ancora
vivido.
E tanto bastava.
Il treno per Londra partiva dalla
stazione di Hogsmade alle undici precise.
Mezz'ora prima dell'ora stabilita,
la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts si svuotava.
Gli studenti si
salutavano nell'atrio e nel giardino. Il loro vociare avrebbe messo chiunque di
buon umore ma Harry Potter stava nell'ingresso, di fronte alle Clessidre delle
Case. Quell'anno era andata a Grifondoro, per un soffio.
In realtà non vedeva
le clessidre, ma ascoltava quel chiacchiericcio, seguito dai versi di civette e
allocchi che volavano alti su studenti e professori.
Si girò, vedendo le
carrozze pronte a condurre tutti in stazione. Per andare a casa.
Inspirò.
Doveva controllarsi. Doveva farlo.
Si erano già riuniti tutti. Molti Auror
erano tornati a Londra, alle loro case, per riprendere servizio
normalmente.
La squadra di Jess invece era rimasta, finché Tristan non avesse
concluso il suo anno come insegnante.
Ma c'era una piccola Mckay che stava
salutando gli amici.
Degona tornava a casa, a Cedar House.
Strinse forte
il padre, sua zia Sarah e anche Cloe, Trix e Damon mentre gli altri parlavano
fra loro.
Quando videro Jeager scendere le scale seguito da Asher Greyback,
rimasero basiti vedendo la sua sacca.
Beatrix sbattè le ciglia.
- Greyback
ma dove vai?-
- Non tornerai alla tua Corte!- disse anche Tom.
- Fossi
matto.- replicò il licantropo, mentre Jeager parlava lì a fianco con Hermione -
Ma non posso più stare qua. Prima o poi i Consiglieri verranno a sapere che mi
tenete nascosto, quindi me ne vado.-
- Vai dove?- fece Cloe sconvolta - Non
ti rintanerai nella Foresta Proibita!-
- No.- rise Degona, quando William
scese col baule - Va più vicino!-
Tutti e quattro i maghi spalancarono la
bocca, fissando Jeager.
Crenshaw alzò le spalle, menefreghista come
sempre.
- Cosa volete che sia un animale in più per casa?-
- Vai al
diavolo.- gli dissero Asher e William in perfetto sincrono, almeno fino a quando
il piccolo Serpeverde non vide arrivare Selma e Harold. Saltò su per la gioia,
correndo a salutarli. Il maniero dei Crenshaw era stato finalmente risistemato
dopo gli attacchi degli Illuminati. E ora potevano tornare a casa.
- Sicuro
di farcela con due cuccioli?- sorrise Hermione, sogghignando nella direzione di
Jeager.
- Te l'ho detto. Lo spazio è grande. Sono capaci di mangiare e
vestirsi da soli. Che altro serve?-
- Sei sempre stato un
ottimista.-
Jeager piegò appena la bocca, scuotendo il capo - Meglio che stia
al sicuro ancora per un po'.- disse, osservando Asher fare conoscenza con la
fauna di casa Crenshaw - Per il resto...- e si volse verso Tom e i suoi amici -
Ve li riporto finito il M.A.G.O. così...potrete salutarvi.-
Gli occhi blu di
Riddle, invece di velarsi di tristezza, si addolcirono.
- Grazie
Jeager.-
Il mezzo demone gli strinse la mano - Tanto non possono tenere fuori
me da Cameron Manor.-
- Questo è sicuro.-
Anche Degona abbracciò Asher,
Jeager e William, che si Smaterializzarono di lì a poco dopo che il Serpeverde
l'ebbe guardata a lungo, con sguardo serio, molto adulto. Come per ammonirla a
non lasciarsi andare. Sapeva che si sarebbero rivisti per la partenza di Tom ma
fino ad allora, lei era sola.
E lei lo sentì bene cosa le stava
ordinando.
"Resisti!" le disse William, prima di aggrapparsi a
Jeager per Smaterializzarsi via "Resisti!"
Dopo di che, sentendosi
chiamata da Isabella Prentice e Tilde Graham, capì che doveva andare.
Anche
lei sarebbe tornata a luglio, appena terminato il M.A.G.O. ma non voleva
andarsene.
Sentiva che non l'avrebbe più rivisto.
Era una paura infondata,
lo sapeva, ma non riuscì a non piangere si strinse a Tom, serrandogli le mani
nella camicia.
Nell'ingresso, sui gradini, Tristan Mckay osservò quella
scena.
Per sei anni Tom era vissuto con loro.
L'avesse considerato come un
figlio o meno, a stare peggio sarebbero state sua moglie e sua
figlia.
Osservò la sua bambina piangere, cercando di non far rumore.
E
rivide Lucilla.
Si, anche lei piangeva sempre senza farsi notare.
Anche se
erano anni che una lacrima non le solcava il viso.
La sentì alle spalle e
attese che gli arrivasse a fianco, attese che fosse pronta a vedere ciò che
stava accadendo.
Poi lei gli strinse la mano e Tristan la sentì più vicina
che mai.
- Per la fine degli esami del settimo vado a prenderla io.- sussurrò
la demone.
- Come vuoi.- annuì, baciandole il palmo liscio, incontaminato,
freddo.
Si. Mentre lei perdeva un figlio, che avrebbe potuto vedere comunque
voleva, Degona perdeva un fratello.
Lei però lo perdeva per sempre.
Ma
sarebbe stato davvero meglio che non fosse mai venuto?, si chiesero quasi tutti
vedendo la piccola Mckay staccarsi e correre via. Sarebbe stato davvero meglio
non conoscere mai quella voce e quegli occhi?
Un tempo Claire King aveva
detto una cosa. Una cosa che non sapeva avrebbe avuto seguito.
Tom le
sarebbe mancato anche se non l'avesse mai conosciuto.
Lo pensava ancora,
in un angolo del suo cuore. Ma vedendo Degona in quel momento, straziata e
distrutta, capì che presto sarebbe toccato anche a lei. Ma dove una bambina era
riuscita a sopportare, non credeva che lei avrebbe potuto fare
altrettanto.
Si volse per andarsene, desolata, e incontrò due paia di occhi
verdi.
Harry Potter, dentro la scuola, nell'ingresso.
Era rimasto in
disparte.
E anche lui considerava uno scempio per gli occhi e per il cuore
quella situazione. Glielo lesse in faccia.
Brillava alto il sole, a Hogwarts,
quel giorno.
Le carrozze si muovevano lungo la strada per Hogsmade e i sassi
scricchiolavano sotto le ruote.
Presto sparirono sul sentiero e di loro non
rimase che un vago rumore lontano, sempre più basso.
E quando anche il
sussurro se ne fu andato, sia Degona Mckay che Tom Riddle si misero l'animo in
pace.
Presto si sarebbero rivisti.
Per dirsi addio una volta per
tutte.
Il Grifondoro guardò in alto, lungo le torri, poi decise di tornare
dentro.
Pronto per l'ultimo giro.
Pronto a combattere, per non farsi
schiacciare e nel cuore i ricordi dei ragazzi più giovani che l'avevano
salutato, tutti consci che non l'avrebbero rivisto mai più.
In fondo aveva di
che essere grato alla sorte. Molti uomini vanno a morire senza saperlo, senza
sistemare le loro questioni in sospeso, dando tutto per scontato. Lui invece
aveva la fortuna di conoscere la scadenza della sua condanna.
Sistemare le
cose.
Concludere ciò che aveva iniziato.
E poi tornare a casa, a Cameron
Manor.
Una volta per
sempre.
- Fine Penultimo Capitolo -
I Figli della
Speranza
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