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Autore: Kysa    18/05/2007    7 recensioni
Terza parte della saga, signori e signore. La battaglia fra Harry Potter e i Mangiamorte subisce nuove mutazioni con l'entrata in scena di personaggi ambigui che minacciano la nuova vita del bambino sopravvissuto, mentre il giovane Tom Riddle, ormai al suo ultimo anno a Hogwarts, rischia di rovinare la sua esistenza per colpa del suo passato. Ancora Harry Potter e i suoi compagni nell'ennesima guerra, in uno sfondo di amori e tragici avvenimenti. Buona lettura.
Genere: Drammatico, Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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figli69

 

 

Col tempo e gli anni Thomas Maximilian Riddle sarebbe diventato un grande osservatore della natura umana e demoniaca ma negli ultimi giorni di maggio e agli inizi di giugno si era ritrovato, nonostante sua condizione, più e più volte a sorridere sebbene la fine fosse prossima a venire per lui.
Il mese di maggio, dopo la grande battaglia, era passato lento e veloce al tempo stesso.
Figli di Mangiamorte e Mangiamorte già marchiati a Hogwarts cominciarono a comportarsi in maniera insolita con lui. C'era chi non esitò a sputargli in faccia il suo disprezzo dopo quel giorno al Tower Bridge.
E c'era chi, marchiato dai genitori, lo ringraziò.
Non a parole ovviamente.
Ma a gesti. Con gli occhi.
Com'è possibile immaginare, la battaglia al ponte di Londra fu il tema più chiacchierato per settimane intere, correlato alla cattura di alcuni Mangiamorte fuggiaschi e alla fuga ultima dei mannari, che tornarono alle loro terre senza più avanzare moniti o rivendicazioni.
Mannari che tornarono nelle loro terre senza il loro capo. E senza il loro principe.
Asher Greyback infatti non lasciò Hogwarts.
Rimase con gli Auror che ancora dopo giorni venivano additati da tutti i maghi come veri e propri messia.
Primo fra tutti Harry Potter, anche in quel momento, privato dei suoi poteri.
Il bambino sopravvissuto dopo la cerimonia privata tenuta col Wizengamot non si era più mostrato in pubblico e per molti anni avvenire la sua vita sarebbe rimasta ancorata alla leggenda e lui personalmente nascosto nell'ombra dei ricordi.
Osannato, Harry percorreva i corridori della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts come da studente.
A testa alta, seguito da sciami di bisbigli, da occhi adoranti.
Sapendo però che per molto tempo non avrebbe più rimesso piede fra quelle mura.
Mancava poco, si. Troppo poco.
Dopo i fatti del Tower Bridge, il Ministero della Magia dovette occuparsi di altre questioni.
Ad esempio lo smantellamento dell'Arca dell'Alleanza, anche se misteriosamente la Stanza del Lazzaro, dopo la ricognizione, sembrava sparita.
I Consiglieri avevano creduto che il Lazzaro fosse andato perso ma a Cedar House in molti sapevano la verità.
Ovvero che Lucilla dei Lancaster aveva provveduto a far sparire quella fonte preziosa per loro, nel caso di eventuali perdite che né la demone né Harry Potter avrebbero più potuto accettare.
L'esodo di alcuni simpatizzanti del Lato Oscuro rimase in prima pagina su tutti i giornali per circa tre settimane, quindi la notizia che la soppiantò fu quella che lasciò tutta la comunità magica decisamente a bocca aperta.
Il Ministro Orloff si ritirò una mattina di fine maggio, sostenendo che avrebbe adempiuto ai suoi ultimi compiti fino a quando non fosse stato designato un successore.
Gli Auror e Duncan Gillespie accolsero la notizia in silenzio, per poi far festa grande al Quartier Generale, ricordandosi bene d'Insonorizzare tutto.
Dopo aver rassegnato le dimissioni di fronte all'Alta Corte dei Maghi, Orloff si dimostrò comunque meno provato dalla prigionia di quanto avessero pensato tutti, perché fino alla fine del suo mandato, che sarebbe durato fino alla Sigillazione di Tom, continuò a usare la sua autorità con pugno di ferro. Non concedette mai l'amnistia a nessuno dei Mangiamorte che, confinati ad Azkaban, vennero interrogati dal Consiglio per avere altre informazioni su quelli rimasti latitanti e tantomeno usò il guanto di velluto quando fu l'ora di condannare i Lestrange e i gli altri capi al servizio del Lord Oscuro.
Carcere a vita.
Per tutti, nessuno escluso.
Inoltre quando si trattò di rispedire il Guanto di Minegon in Italia, al Vaticano, lo fece senza protestare, porgendo mille scuse al governo italiano e assicurando che mai più sarebbe accaduta una cosa simile visto che gli Zaratrox si erano assicurati di fargli arrivare una lettera minatoria, in caso non avesse ben recepito il messaggio.
Ne erano successi altri di fatti in quelle settimane, fatti che preludevano a giorni ben più luminosi di quanto Harry Potter avesse mai potuto aspettarsi.
Oltre alla regolare adozione che gli venne concessa sulla piccola Faith che divenne una Potter a tutti gli effetti, Isabella Baley tornò finalmente in patria col marito e il figlioletto di quattro anni e questo rese Elettra felice più di quanto avesse mai potuto immaginare. A seguire, l'irriducibile purosangue Edward Dalton pensò che fosse ora di smetterla di fare il "frigido" e chiese in moglie una babbana, Ophelia Haeder.
Altre proposte di matrimonio vennero consumate a fine maggio: Jess e Sarah Mckay decisero di riconfermare i loro voti con spirito decisamente diverso da parte dello sposo, mentre Ginny Weasley era tornata agli albori, fidanzandosi ufficialmente con Terry Steeval, che aveva già frequentato ai tempi di Hogwarts e poi scaricato senza tante cerimonie, per Harry. Fra tutte, ci fu un'unione in particolare che fece tirare il fiato a Milos Morrigan e Beatrix Mirabel Vaughn: i due per puro caso vennero a sapere da Gala che il miserabile Kronos Leoninus si era legato, pare per costrizione ed esasperazione dei fratelli, a una vampira di stirpe "reale" della Cornovaglia che in confronto a Gala Leoninus sembrava il diavolo in persona. E così avvenne che anche Trix fu libera.
Da catene e prigionia, ma non da un vincolo quanto mai sacro ora più al sicuro che mai.
E parlando di prigionia...in seguito alla trasgressione fatta ai comandi dei suoi autorevoli genitori, Caesar Noah Cameron una mattina dovette dire addio a quella che era stata la sua vita fino a quel momento, perché messi alla porta dai famigliari, i pargoletti che l'avevano aiutato a liberarsi dalla prigionia in biblioteca mollarono le valigie sulla sua porta, per sistemarsi in pianta stabile a Cameron Manor.
Ognuno si prese una camera e lasciò Cameron sull'orlo di crisi isterica.
Come estrema punizione per aver disobbedito ai suoi genitori e aver aiuto gli umani.
La Legge del Tre ancora una volta era stata troppo dura con lui ma la disperazione di Caesar non era nulla a ciò che stava succedendo a Hogwarts in quel periodo.
Tom Riddle se ne stava seduto sotto il salice in giardino, quel primo giugno.
A una tavola rotonda che i Grifondoro avevano sistemato per studiare insieme, dopo aver ingrandita con la magia, con lui seduti c'erano Damon, Beatrix, Cloe, Sedwigh, Neely, Bruce e Martin e tanti altri.
Era strano, pensò. Era strano stare di nuovo seduto a tavola con loro.
Restava in silenzio, il capo chino sui libri mentre gli altri si passavano gli appunti, da bere, alcuni frignavano, le ragazze che discutevano del Ballo di Fine Anno.
Del loro Ultimo Ballo.
Erano successe cose quanto mai esilaranti in quell'ultima settimana, che comprendeva anche la fine delle lezioni.
Mentre gli studenti salvi da M.A.G.O. e G.U.F.O. si erano immolati alla devastazione delle vacanze estive, i condannati avevano cominciato a cedere.
Soggetti che notoriamente non si erano fatti intimorire neanche dal Lord Oscuro o da Augustus Grimaldentis giravano pallidi come un fantasmi, con occhiaie degne di un vampiro sull'orlo del collasso; salutisti convinti si erano fatti pescare nei bagni con sigarette dall'odore equivoco e perfino i nervi d'acciaio dei più grandi menefreghisti si erano sbriciolati di fronte all'opera di ripasso della professoressa Mcgranitt, tornata dal San Mungo giusto in tempo per gambizzarli fino all'ultimo.
Tom aveva assistito a crisi di panico in classe, ragazze del quinto anno pronte a strapparsi i capelli per aver dimenticato la penna portafortuna, maschi del settimo che la mattina mandavano giù un bicchierino di whisky incendiario invecchiato tredici anni in sordina, insieme al caffè...perfino i Corvonero.
E ora, seduto sotto il salice con l'alito caldo dell'estate che gli solleticava il collo, riusciva solo a guardarsi attorno.
Perché la scuola stava per svuotarsi. Quello per loro era stato l'ultimo giorno di lezione.
La sera stessa il Ballo di Fine Anno. Quindi tutti sarebbero ripartiti il giorno dopo, a parte i "maturandi" che girovagavano per il giardino facendo solchi qua e là, rileggendo bigliettini minuscoli messi sotto incanto che dopo la lettura si trasformavano in francobolli. Si, tutti ce l'avrebbero fatta a superarlo.
E lui...bhè, lui si sentiva un po' meglio.
Certo, non aveva l'aria di un quasi diciottenne che diventava adulto ma nel complesso si sentiva di nuovo vivo.
Le settimane dopo la morte di suo padre erano state dure, anche se aveva sempre fatto finta di nulla, ma era un continuo pensare a lui, spesso rivedeva Voldemort nei pochi ricordi in cui erano stati insieme...senza contare la visita degli avvocati, appena terminata la battaglia al Tower Bridge.
Gli avvocati delegati dal Ministero l'avevano informato che al compiere dei ventun'anni sarebbe diventato l'unico proprietario del vecchio maniero dei Riddle, a Little Hangleton e che, incredibile, la famiglia Black gli lasciava un'eredità stratosferica nel caso avesse voluto far ricorso e non assoggettarsi alla Sigillazione.
Sua nonna e suo nonno neanche si erano fatti vedere ma in poche righe che gli avevano fatto avere tramite gli avvocati, ancora traspariva tutto il rimpianto provato per la morte di Bellatrix e l'incarcerazione di suoi fratellastri.
Eppure anche in quel caso avevano badato solo alle apparenze.
Se non altro, dopo i fatti del Tower Bridge, nessuno gli aveva più parlato del futuro.
Specialmente i professori.
-...questo è il nostro ultimo ballo, dobbiamo godercelo!- stava dicendo Juliette Caldwell, svegliandolo all'improvviso con la sua voce acuta. Da dove spuntava? La Corvonero si era appoggiata sulla spalla di Neely, tutta seria - Non voglio sentire storie! Il Comitato si è spaccato per questa festa e anche le Grazie e non vi azzardate a dirmi che siete stanchi!-
La Montgomery sbuffò - D'accordo, d'accordo.-
- Dai gente.- disse anche Mary J. Lewis - Un po' di allegria. In fondo se non possiamo sbronzarci questa sera quando lo faremo? Prima del M.A.G.O?-
A quella parola vennero i brividi a un bel po' di gente ma poi ignorarono il terrore per mettersi tutti in posa, al passaggio di Lisa Gilmore e del suo ragazzo di Tassorosso del sesto come lei, Guy Spencer, uno dei fotoreporter della Gazzetta di Hogwarts, grande lecchino di Bart Owin.
Scattò loro una marea di foto e se ne andò poi ridacchiando, mentre Tom levava un sopracciglio.
Era strano ma da settimane Spencer non faceva che gironzolargli attorno. Lo trovava ovunque. In sala grande, a lezione, in giro per il giardino, al Club dei Duellanti, a momenti anche in bagno...
Tramavano qualcosa, se lo sentiva.
Ignorò la questione, quando oltre le spalle di Cloe, che fissava senza che lei se ne accorgesse, vide Hermione.
Era in piedi sotto le arcate dell'ala nord. In jeans e una maglia di seta rosso scuro, i capelli al vento, l'espressione dolce.
Lo guardava attenta, come per assicurarsi sempre che stesse bene.
Le fece un cenno che lei ricambiò.
Hermione Jane Hargrave si posò due dita sulle labbra, mandandogli un bacio ricolmo di affetto, fino a quando non sentì una presenza incombente alle sue spalle.
- Per chi era?- sussurrò l'alito caldo di Draco Malfoy al suo orecchio.
- Per tuo cugino.- replicò con tono modulato, assolutamente tenero.
Draco si scostò, fino ad appoggiarsi con la spalla a una colonna.
Guardò quella stessa scena, fino a sentirla sospirare e chinare appena il capo.
Era cambiata.
Non sapeva dire come ma sentiva che in lei era cambiato qualcosa...da quando era morta.
Sentiva ancora il cuore sbriciolarsi quando ricordava quella notte ma in sua moglie era accaduto davvero qualcosa, da quel giorno di guerra.
Sembrava...un'altra. O almeno, si stava sforzando, lo sentiva, di cambiare.
Ma lui non avrebbe saputo dire in cosa.
Ricordava, in quel momento di assoluta disperazione, di averle urlato addosso di tutto. Che avrebbe rivoluto indietro Hermione Granger, la mezzosangue Grifondoro perfettina e precisina.
Quella che ancora credeva in tutto.
Sapeva di aver esagerato ma Hermione doveva essersi ricordata ogni cosa perché da qualche tempo Malfoy aveva visto i suoi libri di magia oscura tutti chiusi in un baule, aveva visto i suoi occhi tornare a scaldarsi per le ingiustizie, l'aveva sentita...come tanto tempo prima.
Senza che se ne rendesse subito conto, lei l'aveva preso per mano.
Con un leggero mormorio si sporse a baciarlo leggermente, per poi trascinarselo dietro.
- Dove andiamo?- le chiese.
La sentì ridere, scuotere il capo e continuare a fargli strada.
Parve perplesso quando furono lungo il corridoio dell'infermeria e quando poi lei si fermò dietro una colonna, in un angolo.
- Ti ricordi cos'è successo qua?- gli chiese, senza lasciargli andare la mano.
Draco fece mente locale. Dunque...in un posto così scoperto di certo non potevano aver fatto nulla d'indecente.
Tantomeno gli sembrava di essersi picchiato con Potter lì in giro.
Al suo sopracciglio alzato, la Grifoncina rise ancora.
- Più di dieci anni fa ci siamo baciati sotto la pioggia. La prima volta.-
Un sussurro appena e Draco sentì qualcosa di simile a una colata di miele caldo allargarsi nel suo petto.
- Ma non era qua...era in giardino.- mormorò.
- Si, lo so.- l'abbracciò in vita, sollevando gli occhi dorati pieni di un desiderio vivido e brillante - Poi mi hai dimostrato che eri capace di fare l'amore...e non solo perché avevi scommesso di portarmi a letto. Dovevamo tornare qua in infermeria, perché eravamo in punizione dopo l'esplosione nei sotterranei di Piton. Dopo che...l'abbiamo fatto siamo venuti fin qui in silenzio...- un breve lampo di tristezza le attraversò il viso, per poi tornare a sorridere ancora, più profondamente di prima -...credevo che non te ne sarebbe più importato niente di me, dopo che avevi avuto quello che volevi...credevo che fossi soddisfatto...ma poi, prima di entrare in infermeria...mi hai spinto qui.-
Si fece indietro, continuando ad abbracciarlo in vita e trascinandolo con sé, contro la parete.
- E quando mi hai baciato, mi tremavano le gambe.-
Come a lui in quel momento tremava il cuore.
Ricordava bene di averlo fatto. Ricordava di non essere riuscito a sopportare quel silenzio e di averla spinta in quell'angolo per ricordarle ciò che c'era stato fra loro.
Per capire se anche lei aveva trovato il paradiso com'era accaduto a lui.
Anche in quel momento provava la stessa cosa.
Eppure erano passati dieci anni.
Senza una parola si chinò e come voleva quella loro tradizione, le catturò la bocca con la sua, ottenendone subito l'accesso.
La magia era rimasta, si ritrovò a pensare.
Era sempre lì.
Era lei la sua magia.
A lei che tremavano le gambe.
E lui...che le aveva regalato il suo cuore così tanti anni prima.
Senza mai pentirsene.


Luci, candelabri, candele e fiaccole.
Dentro e fuori la scuola. E un tetto di stelle cadenti, in Sala Grande.
Era la notte che ogni studente aspettava.
E Tom se ne stava seduto sulla mensola della finestra, in camera sua.
Fumava senza fretta, inalando il fumo e ributtandolo fuori senza quasi sentire il sapore acre in gola.
La Torre del Pendolo stava battendo mezzanotte.
Doveva farsi vedere, anche se avrebbe di gran lunga preferito fare due passi al lago, con quel piacevole tepore che aveva portato il vento quel giorno.
Sospirò, lasciandosi andare con la schiena contro il fianco della finestra aperta.
Che strano sarebbe stato tornare a Cameron Manor, dopo otto anni di vita fuori dalla sua oasi di pace.
Era assurdo ma a volte non riusciva neanche a provare reale dolore per la sua prigionia. Sempre più spesso cominciava ad accoglierla come una liberazione.
Meglio andare, pensò, prima di finire a farsi un monologo di fronte allo specchio che avrebbe messo a dura prova la sua povera psiche. Infilò una camicia bianca sui pantaloni neri, la giacca la tenne in mano e uscì, come al solito senza cravatta. Anche con quell'aria casual però era bello come il peccato e infatti, le bimbe dei primi anni che erano tornate in quel momento per il coprifuoco gli regalarono un saluto cinguettante e praticamente l'attorniarono.
Fu gentile con ognuna di loro, mentre Degona, che cercava di slacciarsi la fascia in vita che come diceva Liz ogni brava signorina doveva portare senza lamentarsi, lo guardava silenziosa.
Sistemata anche la piccola Tilde che quella sera era perfino riuscita a ballare con Damon, Riddle fece per avviarsi quando sua sorella con un cenno lo fermò.
- Com'è andata?- le chiese, con tono piatto.
- Potevi farti vedere prima.- mormorò la Mckay - Ma immagino tu abbia avuto altro da fare.-
La frase conteneva un'accusa ma lui si limitò a guardarla con un sorriso mesto.
- Stai bene vestita così.-
- Non respiro e sembro una meringa.- replicò Dena stizzita - Ma Liz ha messo un incantesimo Auto Stringente sulla fascia e non ho trovato la mamma, altrimenti a quest'ora lei l'avrebbe già data alle fiamme. Tu puoi fare qualcosa?-
Il grifone estrasse la bacchetta, agitandola appena e in un mormorio sommesso riuscì a liberarla dalla gabbia.
Degona lo ringraziò, senza smettere di guardarlo.
- Vai.- gli disse a bassa voce - Dovresti goderti la serata.-
- Si.- e fece per girarsi quando la streghetta l'afferrò per la manica. Il tempo di capire cosa stava facendo e Degona gli passò le braccia alla vita. Lo strinse forte, quindi scappò subito via alle scale del suo dormitorio.
Ora Tom sorrideva tristemente, conscio di averla fatta piangere, scendendo da Grifondoro fino alla Sala Grande.
E lì sulla soglia rimase immobile. Tante stelle luminose come fiocchi di neve che cadevano da un firmamento liscio come velluto. Luci soffuse, le Sorelle Stravagarie che spaccavano i timpani a tutti, lui compreso, in una bolgia terrificante sul patio dei professori...e coppie ovunque, che ballavano, in mezzo al pogo, che si baciavano negli angoli...
Decisamente era proprio una festa dell'Ultimo Anno.
Il suo ultimo anno.
A pochi metri da lui vide Kara Kendall intenta a parlare ad alta voce con Patience Hogs e la Caposcuola di Tassorosso gli fece un largo sorriso, invitandolo a raggiungerle ma venne bloccato da un gruppetto di Corvonero del sesto anno che gli misero in mano del ponce fatto in casa da quel mentecatto di Travers, un barista da mettere ad Azkaban tanto alcool ci metteva nei suoi intrugli e poi, con quel bicchiere che emanava esalazioni tossiche, si guardò di nuovo in giro.
Thaddeus Flanagan era evidentemente ubriaco, stravaccato sul divano dei Tassorosso e Frommer gli faceva aria con la cravatta, come se fosse servito a qualcosa.
Poi una dea bionda si fece largo fra la folla e Tom la riconobbe subito.
Anticonformista come sempre, Neely Montgomery gli apparve con una gonnellina nera striminzita pronta a volare via, che dovevano averle prestato le Grazie. Camicia bianca da uomo, sicuramente di Travers o Matt Rogers, cravatta nera al collo mezza sciolta e una bellissima bombetta sui lunghi e lisci capelli biondi, più décolleté ai piedi, nere di vernice con dodici centimetri di tacco.
La Corvonero gli sorrise, arrossata. Evidentemente brilla.
Dopo averlo stretto forte forte gli prese la mano e lo trascinò a ballare senza una parola.
Fra quella calca non ci fu più verso di pensare. Ma solo di muoversi e basta, sentendo il ritmo, i corpo caldi e sudati dei compagni che andavano a sbattere contro il suo e le voci delle Stravagarie più dense dell'aria intorno a loro.
Ben presto uscirono dalla pista da ballo improvvisata e si diressero nell'angolo di Corvonero.
Fu lì che Tom trovò Stewart Travers intento a guardare con aria seria un bicchiere vuoto, di fronte al banco degli alcolici fatti apparire dopo la fuga dei professori.
- Cosa fai?- gli chiese Neely, poggiandosi accanto al compagno - Stew...non sarai già ubriaco.-
- No!- il Corvonero agitò la mano, mentre arrivavano anche Prentice e Jeff Lunn - Solo che prima Howthorne ha fatto questa cosa babbana...White Russian mi pare l'abbia chiamata...e non so rifarla.-
- Che schifo, dai.- gli disse Philip - Ciao Riddle.-
- Ciao Prentice.-
- Caposcuola Riddle, sai che ci devo mettere?-
Tom rise, cercando le sigarette in tasca - Vodka, ghiaccio, caluah e crema di latte.-
- Ecco cos'era!- borbottò Travers, sparendo sotto il tavolo e tirando fuori del latte - Ci avevo messo troppa vodka.-
- Parlando del mio ragazzo.- Neely si guardò attorno - Ma che fine ha fatto?-
- E' arrivato Broody e lui e Alderton se lo sono portato via.- rispose Stewart, mentre si faceva il drink - Ma non chiedermi per cosa. Pare che dei deficienti del quarto anno se le siano date nei sotterranei e visto che la Caposcuola Gordon è nei bagni a far vomitare nello stesso water Lani Beldon e la Chilton, Broody ha pensato di portarsi Damon...nel caso rotolino teste.-
- Che spirito di sacrificio.- frecciò Prentice sarcastico - Riddle ho finito le sigarette. Posso?-
- Sono babbane.-
- Sopravviverò.-
Tom si girò di nuovo verso l'interno della sala, cercando qualche volto amico fra l'intero corpo studentesco.
Cercò nell'ala del Grifondoro e pescò Sedwigh e Mary J. Lewis in evidente intimità. Però.
Martin invece già era sparito, quindi doveva essersi trovato la compagnia buona per terminare la serata in allegria.
Stava ancora guardandosi intorno quando uno scintillio attirò la sua attenzione.
Beatrix Vaughn gli era arrivata sotto il naso. Con addosso un cortissimo miniabito di satin azzurro, senza spalline e di una tonalità che mitigava il suo pallore marmoreo.
La Diurna salutò i Corvonero, poi si accese una sigaretta dalla sua.
- Finalmente sei arrivato. Credevamo non venissi più.- disse.
Annuì, alzando le spalle - Damon?-
- Sta tornando.- spiegò, anche rivolta a Neely - Non è successo niente, i mocciosi si sono fatti un occhio nero per questioni maschili tutte loro.-
- Le corse sulle scope.- arguì la Montgomery.
- Esatto. Più virile di così.- poi Trix tornò a seguire gli occhi di Riddle. Avrebbe voluto sorridere, ben sapendo chi stava cercando. Cloe. Ma la King era sparita dalla festa per andarsene in giardino a prendere aria e ancora non era tornata.
Si chiese se dirglielo, se la Sensistrega anche da sola a camminare sotto le arcate continuasse a scrutare ovunque, nella speranza di vederlo come aveva fatto per tutta la sera. Si chiese se...quell'ultima notte di festa avrebbero potuto cambiare qualcosa. Anche se ne dubitava.
Di colpo Beatrix avvertì una forte fitta al livello del cuore.
Per mesi non avevano parlato d'altro di cos'avrebbero fatto, una volta finito il M.A.G.O.
Una volta finita la vita per come l'avevano conosciuta fino ad allora.
Avevano vissuto in simbiosi per tanti anni...che tutto sembrava ridicolo adesso. Una festa. Festeggiavano cosa quella notte? La separazione, ecco cosa festeggiavano. Eppure c'erano state notti intere passate a parlare, a ridere. C'erano state le punizioni, i piccoli guai, le grandi litigate, i viaggi insieme, i pericoli affrontati uniti, i giorni a lezione, passati in biblioteca, chini sui libri...e poi le uscite a Londra, tutti insieme. Sempre insieme.
Ora ognuno sarebbe andato per la sua strada. Non si sarebbero mai più ripresentati quei giorni...e loro festeggiavano.
Qualcosa le punse le ciglia e quando si accorse che erano lacrime le ricacciò indietro, prima che Tom la vedesse.
Fortunatamente tornò il Legimors, con Adam Broody e Fabian Alderton e da com'erano tutti e tre mezzi svestiti dovevano aver usato bacchetta e mani per separare i rivoltosi nel sotterraneo di Serpeverde.
- Era ora.- l'apostrofò Howthorne, dopo che l'ebbero salutato anche gli altri Serpeverde.
Tom gli sorrise appena, vedendolo baciare Neely e chiedere a Travers altro da bere.
Mandato giù un bicchierino di whisky incendiario, Damon si affiancò a Riddle e alla Diurna.
- Procede bene, direi.- disse, notando che il numero degli studenti invece di diminuire aumentava.
- Tanto la Licorne ha già programmato di spostare il festino della Stanza delle Necessità.- Beatrix sbadigliò - Qua siamo troppo scoperti. Gazza prima ha beccato Flanagan con gli alcolici e Amy Post ha dovuto fargli un incantesimo di memoria. Senza contare quel deficiente di Guy Spencer che va in giro ubriaco a far foto con la macchina fotografica girata al contrario. Sanguecaldo.-
- Finiremo tutti espulsi in blocco.- bofonchiò Tom, senza eccessiva preoccupazione.
- Ci scommetto.- replicò Damon, ancora più apatico - La duchessa?-
- Fuori in giardino.-
Tom colse la palla al balzo per uscire - Vado a prendere aria anche io. Torno fra un po'.-
- D'accordo.- annuirono i due Serpeverde e non lo persero di vista un attimo, mentre usciva.
Si strinsero la mano quasi senza accorgersene, come per pregare che tutto andasse per il meglio.
Ma una volta lontano dalla musica della Sala Grande, Tom cominciò a capire che non era stata per nulla una buona idea.
Era difficile ricordare com'era stato tutto prima del diciannove aprile.
Prima che tutti fossero venuti a sapere.
Era così difficile ricordare la sua unica notte d'amore con Claire che quasi sembrava stata un sogno.
Proprio come lei aveva voluto in fondo.
E ora che tutto era finito, che erano liberi, che dovevano solo affrontare il M.A.G.O. prima di separarsi una volta per sempre...cos'avrebbe potuto dirle? Che parole potevano anche solo giustificare ciò che aveva fatto?
Era passato da un pezzo il tempo in cui negli occhi della King aveva visto gioia, un bagliore di vitalità.
Ma d'altronde anche in lui si era spento qualcosa.
Solo che sembrava non soffrirne.
Cloe invece...come se la sarebbe cavata?
Lui in fondo restando sepolto in una prigione non avrebbe avuto neanche motivo di disperarsi. A che pro? Tanto non avrebbe mai più potuto uscirne. Per questo il suo dolore e i suoi tormenti erano già stati soffocati.
La sua anima si era messa in pace sei anni prima. Si era perdonato.
Ma Claire?
Lui avrebbe dimenticato quella sera d'estate. E lei?
Si. Un giorno avrebbe amato di nuovo. E per quanto il solo pensiero lo straziasse, mozzandogli il fiato e stroncandogli ogni energia, un giorno lei si sarebbe sposata, relegando il suo ricordo ai giorni lontani di Hogwarts.
Sarebbe tornata a sorridere. Sarebbe stata di nuovo felice.
Senza accorgersene attraversò le arcate e i corridoi, fino ad arrivare in giardino.
La fontana zampillava briosa e le stelle erano ancora più luminose di prima.
La trovò seduta su una panca di pietra, dall'altra parte del giardino, attorniata da un gruppetto di ragazze in abiti sgargianti e scollati. Larissa Gilmore e le sue amiche del sesto anno.
Appena Larissa lo vide però si affrettò a fargli un grosso saluto e a tirare via le altre, mentre lui indeciso si faceva avanti. Era strano però come anche essendosi ormai arreso, il suo cuore battesse sempre più forte, ogni volta che la vedeva.
Cloe King lo scrutò, senza dare a vedere l'emozione che provava. Si lisciò le mani guantate sull'abito, non ammettendo nemmeno con se stessa di aver indossato quel vestito solo per lui.
Era in raso, doppiato in tulle appena palpabile, come se avesse avuto addosso una nuvola.
Sotto il raso era bianco e a seconda della luce che la colpiva, il tulle passava dal rosa confetto al magenta.
Fra i capelli lasciati semisciolti, a parte alcune ciocche raccolte in cima al capo, aveva appuntato un'orchidea di un denso carminio. Ed era più bella che mai.
Senza una parola, dopo averlo guardato da capo a piedi e aver poi spiato l'espressione vacua che albergava nei suoi occhi, si scostò appena e gli fece posto. A sedersi accanto a lei.
Non aveva sperato tanto ma non ebbe neanche la forza di muoversi.
- Sto qua. Ma grazie.- mormorò con un filo di voce, appoggiandosi con la schiena alla colonna a fianco.
Cloe annuì.
E così anche lui sapeva.
Sapeva che sarebbe bastato sfiorarsi, quella notte, per finire a letto insieme.
E sapeva anche che non sarebbe stato sesso.
Se solo avessero fatto di nuovo l'amore...non avrebbe potuto sopportare di lasciarlo.
Si era lucidata l'armatura così tante volte, per rendersi forte e dura come il metallo, ostinata nel ferirlo, nel ricordargli sempre tutto quello che aveva gettato al vento...ma quella notte non avrebbe potuto negare al suo cuore, tantomeno a lui, un vero gesto d'amore.
Una carezza, un bacio.
No, non potevano. Perché tutto sarebbe crollato.
E se crollava quella diga sarebbero crollati anche loro.
Il solo fatto che fosse andato a cercarla, quando lei aveva spiato la Sala Grande tutta la notte in cerca dei suoi occhi, le mostrava ancora una volta quanto fossero deboli entrambi.
Avevano due settimane di preparazione, poi il M.A.G.O. ad attenderli.
Avrebbero finito ai primi di luglio.
Doveva...doveva resistergli. O non sarebbe più stata capace di lasciarlo andare via.
Così, sospirò e annuì, accettando la sua decisione di starle lontano. Rimase seduta e lui si appoggiò alla colonna.
Non parlarono, non si sfiorarono.
Ma rimasero a guardare le stelle dove ogni tanto se ne affacciava ancora qualcuna cadente, residuo dei tanti incantesimi festaioli di Dedalus Lux o dei gemelli Weasley che per festeggiare Harry e gli altri avevano creato spettacoli di luce indimenticabili.
L'Ultimo loro Ballo lo passarono così.
Vicini ma lontani.
Insieme ma da soli.
E mentre la notte scivolava via e si faceva mattino, ritornò anche la consapevolezza di ciò che li aspettava.
Ognuno per la sua strada, ogni cuore per sé.
Ma anche se si lasciarono per raggiungere ognuno la sua camera, dal di fuori chiunque avrebbe potuto pensare che si fossero lasciati qualcosa alle spalle. Cenere forse. Di un sogno, di un amore.
Cenere che era comparsa solo allo spuntare del sole.
Per quella notte invece, il sogno era sembrato ancora vivido.
E tanto bastava.


Il treno per Londra partiva dalla stazione di Hogsmade alle undici precise.
Mezz'ora prima dell'ora stabilita, la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts si svuotava.
Gli studenti si salutavano nell'atrio e nel giardino. Il loro vociare avrebbe messo chiunque di buon umore ma Harry Potter stava nell'ingresso, di fronte alle Clessidre delle Case. Quell'anno era andata a Grifondoro, per un soffio.
In realtà non vedeva le clessidre, ma ascoltava quel chiacchiericcio, seguito dai versi di civette e allocchi che volavano alti su studenti e professori.
Si girò, vedendo le carrozze pronte a condurre tutti in stazione. Per andare a casa.
Inspirò. Doveva controllarsi. Doveva farlo.
Si erano già riuniti tutti. Molti Auror erano tornati a Londra, alle loro case, per riprendere servizio normalmente.
La squadra di Jess invece era rimasta, finché Tristan non avesse concluso il suo anno come insegnante.
Ma c'era una piccola Mckay che stava salutando gli amici.
Degona tornava a casa, a Cedar House.
Strinse forte il padre, sua zia Sarah e anche Cloe, Trix e Damon mentre gli altri parlavano fra loro.
Quando videro Jeager scendere le scale seguito da Asher Greyback, rimasero basiti vedendo la sua sacca.
Beatrix sbattè le ciglia.
- Greyback ma dove vai?-
- Non tornerai alla tua Corte!- disse anche Tom.
- Fossi matto.- replicò il licantropo, mentre Jeager parlava lì a fianco con Hermione - Ma non posso più stare qua. Prima o poi i Consiglieri verranno a sapere che mi tenete nascosto, quindi me ne vado.-
- Vai dove?- fece Cloe sconvolta - Non ti rintanerai nella Foresta Proibita!-
- No.- rise Degona, quando William scese col baule - Va più vicino!-
Tutti e quattro i maghi spalancarono la bocca, fissando Jeager.
Crenshaw alzò le spalle, menefreghista come sempre.
- Cosa volete che sia un animale in più per casa?-
- Vai al diavolo.- gli dissero Asher e William in perfetto sincrono, almeno fino a quando il piccolo Serpeverde non vide arrivare Selma e Harold. Saltò su per la gioia, correndo a salutarli. Il maniero dei Crenshaw era stato finalmente risistemato dopo gli attacchi degli Illuminati. E ora potevano tornare a casa.
- Sicuro di farcela con due cuccioli?- sorrise Hermione, sogghignando nella direzione di Jeager.
- Te l'ho detto. Lo spazio è grande. Sono capaci di mangiare e vestirsi da soli. Che altro serve?-
- Sei sempre stato un ottimista.-
Jeager piegò appena la bocca, scuotendo il capo - Meglio che stia al sicuro ancora per un po'.- disse, osservando Asher fare conoscenza con la fauna di casa Crenshaw - Per il resto...- e si volse verso Tom e i suoi amici - Ve li riporto finito il M.A.G.O. così...potrete salutarvi.-
Gli occhi blu di Riddle, invece di velarsi di tristezza, si addolcirono.
- Grazie Jeager.-
Il mezzo demone gli strinse la mano - Tanto non possono tenere fuori me da Cameron Manor.-
- Questo è sicuro.-
Anche Degona abbracciò Asher, Jeager e William, che si Smaterializzarono di lì a poco dopo che il Serpeverde l'ebbe guardata a lungo, con sguardo serio, molto adulto. Come per ammonirla a non lasciarsi andare. Sapeva che si sarebbero rivisti per la partenza di Tom ma fino ad allora, lei era sola.
E lei lo sentì bene cosa le stava ordinando.
"Resisti!" le disse William, prima di aggrapparsi a Jeager per Smaterializzarsi via "Resisti!"
Dopo di che, sentendosi chiamata da Isabella Prentice e Tilde Graham, capì che doveva andare.
Anche lei sarebbe tornata a luglio, appena terminato il M.A.G.O. ma non voleva andarsene.
Sentiva che non l'avrebbe più rivisto.
Era una paura infondata, lo sapeva, ma non riuscì a non piangere si strinse a Tom, serrandogli le mani nella camicia.
Nell'ingresso, sui gradini, Tristan Mckay osservò quella scena.
Per sei anni Tom era vissuto con loro.
L'avesse considerato come un figlio o meno, a stare peggio sarebbero state sua moglie e sua figlia.
Osservò la sua bambina piangere, cercando di non far rumore.
E rivide Lucilla.
Si, anche lei piangeva sempre senza farsi notare.
Anche se erano anni che una lacrima non le solcava il viso.
La sentì alle spalle e attese che gli arrivasse a fianco, attese che fosse pronta a vedere ciò che stava accadendo.
Poi lei gli strinse la mano e Tristan la sentì più vicina che mai.
- Per la fine degli esami del settimo vado a prenderla io.- sussurrò la demone.
- Come vuoi.- annuì, baciandole il palmo liscio, incontaminato, freddo.
Si. Mentre lei perdeva un figlio, che avrebbe potuto vedere comunque voleva, Degona perdeva un fratello.
Lei però lo perdeva per sempre.
Ma sarebbe stato davvero meglio che non fosse mai venuto?, si chiesero quasi tutti vedendo la piccola Mckay staccarsi e correre via. Sarebbe stato davvero meglio non conoscere mai quella voce e quegli occhi?
Un tempo Claire King aveva detto una cosa. Una cosa che non sapeva avrebbe avuto seguito.
Tom le sarebbe mancato anche se non l'avesse mai conosciuto.
Lo pensava ancora, in un angolo del suo cuore. Ma vedendo Degona in quel momento, straziata e distrutta, capì che presto sarebbe toccato anche a lei. Ma dove una bambina era riuscita a sopportare, non credeva che lei avrebbe potuto fare altrettanto.
Si volse per andarsene, desolata, e incontrò due paia di occhi verdi.
Harry Potter, dentro la scuola, nell'ingresso.
Era rimasto in disparte.
E anche lui considerava uno scempio per gli occhi e per il cuore quella situazione. Glielo lesse in faccia.
Brillava alto il sole, a Hogwarts, quel giorno.
Le carrozze si muovevano lungo la strada per Hogsmade e i sassi scricchiolavano sotto le ruote.
Presto sparirono sul sentiero e di loro non rimase che un vago rumore lontano, sempre più basso.
E quando anche il sussurro se ne fu andato, sia Degona Mckay che Tom Riddle si misero l'animo in pace.
Presto si sarebbero rivisti.
Per dirsi addio una volta per tutte.
Il Grifondoro guardò in alto, lungo le torri, poi decise di tornare dentro.
Pronto per l'ultimo giro.
Pronto a combattere, per non farsi schiacciare e nel cuore i ricordi dei ragazzi più giovani che l'avevano salutato, tutti consci che non l'avrebbero rivisto mai più.
In fondo aveva di che essere grato alla sorte. Molti uomini vanno a morire senza saperlo, senza sistemare le loro questioni in sospeso, dando tutto per scontato. Lui invece aveva la fortuna di conoscere la scadenza della sua condanna.
Sistemare le cose.
Concludere ciò che aveva iniziato.
E poi tornare a casa, a Cameron Manor.
Una volta per sempre.









 

- Fine Penultimo Capitolo -
I Figli della Speranza

 

 

 

 

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