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lo stanco
blues di campagna non tarda mai a trasformarsi in uno sporco trash tecnico, un
ritmo incalzante e battente .
Chitarre
che raschiano il cuore e grattugiano ogni commozione su un piatto di luci
troppo fluorescenti.
Su un paio
d’alberi che gridano a una Firenze che giace eterna come la bellezza meno
appariscente.
Su un
piazzale profumato turisti stanchi ed estasiati scendono a gruppi dai pullman.
Drogati da
quadri che hanno già scordato
Da nomi
che trascendevano la loro capacità di pronuncia
Da
giganteschi blocchi di pietra levigata
Da profumi
seicenteschi
Le
coordinate illustri della gloria della città.
Si
affacciano alla ringhiera, e rimangono fermi di fronte alla morte.
La morte è
una grande cupola rossa.
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“ Ma tanto
non c’è mai niente da fare quassù…” dice Lui.
Non che
voglia ferire
Non che
voglia irritare
Non che
voglia arguire
Le due
ragazze non si toccano, ma…
“ Questo
mi sembra ovvio…”
Risponde
la ragazza più alta,
quella che
ha spinto una macchina attraverso mille viali deserti.
Quella che
ha sentito le ruote farsi calde
Quella che
accanto a Lui ha soffocato una rabbia fredda e cieca.
“ Ecco,
appunto, e allora perché siamo qua?”
Ribatte
Lui.
Che voglia
litigare?
Che voglia
arguire?
Che
desideri ferire?
“
Grattatemi il braccio…”
decreta
lei.
La ragazza
bionda, l’altra ragazza alza gli occhi soddisfatta.
“ Ma sì…
grattiamo”
risponde
Lui.
Non
sorride secondo voi?
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Prima con
un dito, all’interno del gomito.
- estasi?-
Si passi
poi leggermente più in basso, con le tre dita.
- Il cielo
sembra un telo nero!-
Scendere
poi verso il polso, movimento rotatorio.
- Siete
bravissimi!-
Il palmo
della mano è sensibilissimo.
- Lo vedi
lassù?-
Percorrere
il braccio, nuovamente.
- cosa?-
La spalla
è importante.
-
Un piccione bianco, vola nel cielo nero, va verso la zona
ancora in luce!-
Il mento,
la parte fondamentale.
- Stai
male..-
Ripetere.
Si ride,
su una panchina.
Si
scherza.
Si muore
anche, se passa un venditore ambulante di rose.