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Autore: FCq    03/11/2012    0 recensioni
Ho provato a scrivere una mia versione della saga di twilight. Ci saranno nuovi personaggi e altre particolarità che influiranno sulle vicende. Spero di rivivere con voi il primo libro, ora che la trosposizione cinematografica sta per giungere al termine.
Dal primo capitolo:
Sarebbe stato folle immaginare la serie di eventi che avrebbe reso una qualsiasi ragazza la ragione di contese mitologiche e altrettanto lo sarebbe stato sospettare ciò che si celava nel cuore di quell’improbabile umida cittadina. Il mondo era una grande dimostrazione della teoria causa effetto. Ogni scelta aveva portato a ciò che sarebbe avvenuto l’indomani, ma tutto il resto era ancora da scrivere.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Nuovo personaggio | Coppie: Bella/Edward, Charlie/Renèe
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Twilight
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Buona sera! Questa è la mia seconda storia. In realtà, l'avevo in mente prima ancora di scrivere l'altra. Questa storia è Twilight. Tutti noi conosciamo il primo libro della saga, ma io ho cambiato alcune cose. Charlie e Renée non si sono mai separati e Bella ha un fratello maggiore. Non è tutto così semplice, capirete più avanti se vorrete seguire la storia. Un'ultima cosa, avrei voluto prima finire la storia e poi postarla, ma ho avuto un blocco mentre terminavo il primo capitolo e ho pensato di postare per avere qualche giudizio. Amo questa storia, spero sia così anche per voi:) 

Prefazione

Kyoto, luglio 2012

Il giovane uomo ingoiò il fiume di parole al sapore di fiele che bruciavano sulla lingua come acido. La vista del padre, il capo chino e le mani affondate nella chioma scura e riccia, lo fece desistere dall’infierire ulteriormente. Per quanto desiderasse continuare la sua arringa, ricacciò in gola anni e anni di accuse, come un giocoliere caccia in bocca una torcia infuoca. Charlie Swan aveva innumerevoli difetti, che non aveva mai mancato di mostrare a differenza dei pregi. Qualora ne avesse avuti, si era guardato bene dal darne atto ai suoi figli. Qualche mese prima, quando non era ancora padre, Rian avrebbe detto che fosse quello il pregio del padre: l’intensità con la quale difendeva le proprie azioni, per la maggior parte sconsiderate. Charlie aveva avuto solo uno scopo nella vita: il lavoro. Il capo della polizia era sorprendentemente stimato da tutti gli abitanti della ridente cittadina calabrese nella quale avevano abitato. Nessuno avrebbe potuto contestare il suo operato, ma ogni idilliaca illusione su di lui sarebbe svanita non appena chiunque avesse trascorso con lui un solo giorno. Charlie non era cattivo, ma non aveva mai imparato, nei vent’anni in cui era stato padre, a diventarlo. Né tanto meno aveva calato se stesso nel ruolo di marito, totalmente incapace anche in quello. Le differenze sostanziali che catapultavano Charlie e Renée, madre di Rian e Isabella, in due universi paralleli avevano via, via reso la convivenza impossibile. Lui, di un’altra generazione, di un’altra educazione, troppo silenzioso, opprimente, distante (incredibile come queste due caratteristiche potessero coesistere nello stesso individuo) e lei, di un’altra generazione, di un’altra educazione, gentile con chiunque, solare e lunatica. A differenza della maggior parte dei pargoli, i due giovani nati da quell’unione sconsiderata si erano spesso chiesti cosa impedisse alla madre di sciogliere l’unione. Crescendo, avevano entrambi compreso che una serie di circostanze le aveva impedito quella scelta. In primo luogo, non avrebbe mai tolto un padre ai propri figli, secondo, la ristretta mentalità con cui era cresciuta e l’ambiente che la circondava non l’avrebbe mai favorita in quello, terzo, non avrebbe avuto altro luogo in cui andare.

≪Ho debiti con chiunque in città e un affitto che non posso più pagare≫, costatò Charlie, quasi ne prendesse solo ora coscienza; come se il figlio non lo sapesse.

Lo disse buttandola lì, come faceva da sempre. Non c’era giorno che non lo ricordasse a ognuno di loro. La situazione economica della famiglia di Rian era degenerata con il tempo, com’era prevedibile. I suoi genitori, inesperti nella vita di coppia quanto nel gestire le proprie finanze, avevano commesso un errore dopo l’altro. Lo stipendio di Charlie non bastava e il cibo in tavola era diventato un’incognita e poi un lusso. Le cose erano sembrate migliorare quando Rian aveva trovato un lavoro, ma, nel tempo che aveva perso per costruire tutto ciò che aveva in quel momento, qualcos’altro era andato storto. Il ragazzo ricordava le sere intorno al tavolo di ciliegio e il tono con cui il padre affermava che avrebbe risolto ogni cosa: nessuno aveva mai riposto reale fiducia in quelle parole, non a torto. Rian portò una mano davanti al volto, cercando un motivo valido per riaprire gli occhi e posarli nuovamente su Charlie, anziché girare i tacchi e rifugiarsi nelle braccia di sua moglie. Un paio di grandi occhi color cioccolato gli sorrise nella mente e ricordò una promessa fatta qualche anno prima. Scostò le dita dal volto e posò lo sguardo su quello dell’uomo che gli aveva dato la vita. Nonostante le sue stesse parole, sembrava indifferente. Rian sospirò. Il ragazzo aveva grandi occhi verdi e magnetici, impenetrabili, ma in quel momento da essi trapelava tutta la sua determinazione.

≪Pagherò i debiti, salderò l’affitto, ma alle mie condizioni. Mamma non riesce più a mettere piede fuori di casa e Bella non ha alcun genere di futuro – sorrise dolcemente – le ho promesso che non appena ne avessi avuta la possibilità, le avrei pagato un biglietto per andare via, dovunque desiderasse. Naturalmente era ironica, ha sempre preferito rinunciare a tutto, piuttosto che chiedermi in prestito dei soldi. E’ per natura una martire, esattamente come sua madre. Non ti permetto più di far fare loro questa vita. Prenderai la tua famiglia, lascerai la città e tornerai a casa di tuo padre≫, concluse.

Charlie impiegò qualche istante per comprendere il senso delle sue parole, in fine, quando fu giunto alla conclusione, sbottò con tono canzonatorio: ≪Mi stai chiedendo di lasciare la nostra città, il mio lavoro, la mia pensione? Per quale certezza?≫.

Rian strinse la mascella e per la prima volta diede anch’egli in escandescenza, fronteggiando il padre con un tono di voce glaciale.

≪Non hai mai fatto nulla di buono per tua moglie e tua figlia. Ora anch’io sono padre e il solo pensiero dei tuoi comportamenti e delle tue parole mi nausea. Mi assicurerò che tu abbia un posto, a Forks e pagherò i tuoi debiti. Riesci a pensare razionalmente? E’ l’unico modo che hai per riparare in parte a tutto quello che è successo...≫.

≪Mi pareva avessimo concordato che non sono stato l’unico a sbagliare≫, ribadì l’uomo.

≪Non di certo – ironizzò Rian- ma Bella merita di meglio. Sarai almeno concorde in questo≫.

Il volto di Charlie si contrasse pensando alla figlia. I loro rapporti non gli erano mai parsi idilliaci, a volte addirittura tesi. Era certo di non sapere nulla di lei, perché questa si ostinava a non renderlo partecipe della sua vita. Il motivo ancora gli sfuggiva. Sua figlia gli somigliava, fisicamente parlando: lo stesso colore degli occhi e dei capelli. Con la differenza che lei era mille volte più bella di quanto avesse potuto sperare, la seconda volta in cui gli era stato annunciato che sarebbe diventato padre. Aveva passato notti, giorni e pomeriggi interi alla caserma. Aveva conosciuto tanta di quella gente, alla maggior parte della quale era debitrice. Aveva cinquantatré anni e buttare al vento tutto quello che aveva fatto fino ad allora era un pensiero che non tollerava. Eppure, il figlio sembrava sostenere che in realtà non avesse fatto nulla.

≪Come posso arrivare così, in un altro Stato, ricominciare con un nuovo lavoro. La casa di mio padre è chiusa da quasi sessant’anni e...≫, cercò di dire.

≪Non avrete alcun tipo di problema economico, né di ambientazione. Tu sei nato a Forks, conosci la lingua≫, lo scosse il ragazzo.

≪Tua madre non si adatterebbe≫, disse lui.

≪Ora pensi a tua moglie≫, sibilò Rian, senza riuscire a trattenere le parole.

Per la prima volta Charlie non seppe cosa ribattere.

Rian era consapevole della moltitudine di fattori da prendere in considerazione prima di un passo del genere, ma aveva provato sulla propria pelle che cambiare era fattibile e, a volte, necessario. Se non avesse abbandonato ogni certezza per l’ignoto, quando ne aveva avuto l’opportunità, quel giorno non sarebbe stato lì, a pochi passi da sua moglie e dai suoi figli.

≪Non dovresti preoccuparti della tua pensione, sarà comunque una miseria. In Calabria non avete più niente e nessuno. A Forks hai una casa e una nuova prospettiva di vita≫, continuò il ragazzo.

Charlie ripensò ai ricordi di fanciullo che conservava della nuvolosa cittadina statunitense. Charlie Rian Swan senior era stato un giovane volontario sul fronte italiano nella prima guerra mondiale. In quel periodo aveva conosciuto Marie, una giovane di origini calabresi, con la quale era ritornato in America. Il distacco della ragazza, poco più che sedicenne, dalla vita che aveva precedentemente vissuto, la indusse in un profondo strato di depressione, così, con un bimbo di appena sei anni, ritornarono in Italia. Ora sarebbe toccato a lui far ritorno nella sua città natale, che il padre aveva amato moltissimo, per lo stesso motivo che aveva spinto Charlie senior a fare ritorno in Italia, con un bambino e senza alcuna certezza. Tutto ciò iniziò a non sembrargli più così irreale, benché i tempi fossero decisamente diversi.

≪E’ umiliante≫, sussurrò Charlie.

Che il figlio dovesse rimettere a posto i pezzi della sua vita non lo entusiasmava.

Lo sguardo del ragazzo si addolcì.

≪Andremo insieme a sistemare le cose. Sono certo che non esiteranno ad assegnarti un posto in centrale, considerando tutta la tua esperienza≫.

Charlie alzò lo sguardo sul volto di suo figlio, e vide un breve e infinitesimale accenno di approvazione.  

Alaska, tre anni prima

La piccola donna dai corti capelli corvini si lasciò cadere aggraziatamente sulla morbida e bianca coltre di neve. Una tempesta aveva imbiancato la zona adiacente alla proprietà, qualche ora prima. La suggestiva immagine dei monti innevati del North Peak le incatenò lo sguardo. Non ebbe bisogno di voltare il capo alla sua destra e distogliere lo sguardo per aprire una conversazione con il fratello minore.

Ti mancherà?, pensò Alice.

A sua volta, il giovane rosso non scostò lo sguardo dal caldo bianco, né mosse la curva morbida delle labbra per rispondere alla piccola veggente.

Per provare nostalgia dovrei prima aver abbandonato qualcosa, non credi?≫, per poi aggiungere, ovviamente sentirò la mancanza delle... tenaci attenzioni di Tanya e il suo intrufolarsi casualmente nelle mie stanze. In ogni angolo della mia camera c’è sentore della sua scia e il suo profumo impregna i miei abiti. Come impiegherò il tempo quando non dovrò più guardarmi le spalle dalla sua dolce impudenza?≫, scherzò bonariamente sul suo rapporto con la cugina.

La risata cristallina di Alice echeggiò oltre le cime dei monti. Una porzione di neve si staccò da un ramo poco lontano da loro e cadde a terra, con un tonfo silenzioso, inudibile per chiunque altro meno che per i fratelli Cullen. Il tutto, l’eco delle risa e il suono della neve al suolo, fu da sottofondo alla loro silenziosa conversazione.

Alice diede una gomitata al ragazzo. Per quanto avesse potuto utilizzare epiteti poco carini per commentare il comportamento di Tanya, in alcune circostanze, la sua naturale galanteria d’inizio novecento, fine prima guerra mondiale, non lo spinse oltre uno sfuggente sorriso ironico.

Perché la penisola Olimpica, Alice? Ci siamo già stati e non è nulla che valga la pena di rivedere una seconda volta. Potremmo spingerci a est ≫, propose Edward.

Erano gli anni quaranta quando la famiglia Cullen, ancora sprovvista di due membri, aveva oltrepassato la frontiera Canadese ritrovandosi immersa in una natura favorevole per la caccia. L’idea era quella di un luogo assolutamente pacifico e fuori dal mondo. Nessuno di loro aveva immaginato quanto in realtà lo fosse, fin quando non aveva avvertito la prima scia d’inconfondibile fetore e i loro sensi si erano talmente alterati da non lasciare adito ai dubbi sulla natura di ciò che avrebbero incontrato di lì a poco...

≪Temi che sia possibile incontrare nuove generazioni Quiliute? Io non ho visto niente, Edward≫, tentò d’indovinare la ragazza, sollevando le sopracciglia scure fin sull’attaccatura dei capelli.

Le sembrava impossibile che il fratello avesse simili preoccupazioni. In fatti, questo le lanciò un’occhiata torva, come a garantirle che in ogni caso non temeva il can che dormiva.

≪Allora cosa ti turba, Edward? Sei più criptico del solito≫, lo sfidò, mettendo su un infantile broncio.

Il ragazzo sembrò riflettere sulle parole della sorella. Le era parso turbato. Naturalmente non era consapevole di esserlo, gli sembrava che il suo stato d’animo fosse lo stesso dal momento in cui aveva riaperto gli occhi nella non-vita da immortale, ma si fidava ciecamente di Alice, perciò rifletté su cosa avesse potuto turbarlo.

≪Forse mi turba non riuscire a comprenderti. E’ incredibile che io non sappia cosa ti passa per la testa. Abbiamo sempre preso insieme le decisioni sul trasferimento della famiglia ma ora non conosco le tue ragioni e tu non intendi mettermi al corrente. Erro oppure ho dimenticato qualcosa?≫, disse il giovane, comprendendo solo in quel momento quando quella situazione lo avesse infastidito.

Di tutta risposta la ragazza gli si avvicinò, posando il capo sul suo petto ampio e stringendogli le braccia intorno ai fianchi.

≪Hai idea del bene che ti voglio?≫, chiese Alice

La risposta mentale e spontanea di Edward fu: sì. Ne era stato certo fin dal primo istante che l’aveva vista e Alice non mancava mai di ricordargli quanto l’amasse. Per la sintonia che li legava, se non avesse letto nei pensieri altrui che il sentimento era tutt’altra cosa e se non avesse visto con i propri occhi la devozione che la sorella provava nei confronti di Jasper, avrebbe detto fosse amore. Non ebbe bisogno di rispondere a quella domanda retorica, d’altronde Alice conosceva la risposta.

≪Credimi, allora, quando ti assicuro di non avere la benché minima idea del perché io abbia tanto insistito per dirigerci a sud. La scelta è stata casuale, la direzione: quella no≫, sussurrò.

≪Perciò non mi riguarda?≫, chiese lui.

≪Non che io sappia. Forse hai soltanto proiettato inconsapevolmente il tuo desiderio di trovare qualcosa per cui provare nostalgia≫, ipotizzò Alice.

Improbabile, fu il pensiero immediato del ragazzo. Perché mai avrebbe dovuto desiderare di avere qualcosa, ben sapendo che comportava provare orribili sensazioni come la nostalgia e la dipendenza. Esatto: dipendenza. Era quello che leggeva nella mente dei suoi familiari. Non che fosse un pezzo di ghiaccio – internamente sorrise per la propria battuta – di fronte all’amore coniugale. Invidiava chi era stato in grado di provarlo, perché la sensazione di completezza era quanto di più leggendario esistesse realmente nel suo mondo, benché lui fosse un vampiro.

Alice si avvicinò al fratello e passò una mano nei suoi capelli. Edward chiuse gli occhi e si adagiò sul suo palmo.

≪Meriti tutto il bene del mondo≫, sussurrò questa, prima di sparire lasciando dietro di se il sibilo del vento e neanche un’orma sulla neve.

E un vampiro, che tra i ghiacci, ebbe la sensazione incredibile di calore.

Se siete arrivate fin qui e siete curiose di sapere come proseguirà vi annuncio che sarà un po' difficile, in quanto trattare con delicatezza argomenti riguardanti difficoltà familiare è sempre difficile. Ps Io sono Calabrese, da qui lo spunto per la regione italiana. 

  
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