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Autore: Mrs_Depp    03/11/2012    2 recensioni
La sera è il momento in cui tutto tace. C'è chi ama leggere libri davanti ad un caminetto acceso, chi preferisce uscire con gli amici a fare baldoria, altri che amano restare in casa con le persone che amano.
E poi ci sono quelli che riscrivono la propria storia col sangue. Questo è il caso di Tom Orvoloson Riddle
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tom Riddle/Voldermort
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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QUATTRO OMICIDI PER POTER RINASCERE

Little Hangleton, sera.
 
-Ti ricordi cosa diceva la signora Cole sulla vita, Nagini?- chiese il giovane, sdraiato scompostamente sul divano, al serpente che strisciava ai suoi piedi. Gli rispose un sibilo sommesso, come un assenso silenzioso.
Il ragazzo continuò: -Diceva che la nostra esistenza è scritta su quattro spessi volumi: il primo è il libro del passato, sul quale le parole sono impresse con inchiostro indelebile, si può tornare a leggerle ma non le si può cancellare; il secondo è il libro del presente, nel quale ci sono soltanto foto, attimi a cui assistiamo, ma che subito ci lasciamo alle spalle, immobili nella nostra memoria; il terzo è quello completamente bianco, e sta a noi riempirlo; ma è il quarto quello che ho trovato più interessante, il libro della storia, il quale è stato scolpito su tavole di pietra, non da noi ma dai nostri avi, e rappresenta l’eredità che ci hanno lasciato.
-Ti chiederai perché mi curo così tanto di quello che meno mi appartiene. In effetti è strano, ma mi ha incuriosito il materiale di cui è fatto, la pietra, estremamente pesante e difficile da scalfire. Un fardello insomma-
Tom, questo il nome del giovane, sospirò, i bei tratti del volto atteggiati in una smorfia corrucciata. Tirò fuori un oggetto dalla tasca e si mise a studiarlo con attenzione: un grosso medaglione ovale, con incisa nel mezzo una S.
-Non è giusto Nagini. Non è giusto che un uomo debba trascinarsi dietro un peso del genere; con quale forza potrebbe alzare il braccio e scrivere sul libro del futuro? Quelle catene vanno spezzate, la pietra va spaccata, solo allora l’uomo è davvero libero di compiere il suo destino-
Il serpente salì sul divano e iniziò a strisciare sopra il ventre del ragazzo, emettendo un sibilo modulato e armonico, quasi stesse parlando. Tom gli rispose: -Hai ragione mia cara. Non si può cancellare il passato, figuriamoci la storia. Tuttavia, se ci pensi, questo vale per i comuni mortali, non per le divinità come me: io posso dare la morte e far risorgere la vita, creare la luce e dominare la natura; cosa credi che sia per me cancellare la mia storia?-
Il giovane sorrise, prima al serpente e poi al medaglione: -È ora di scrivere il mio futuro, piuttosto. Vedrai che libro interessante sarà-
Nagini sembrò guardarlo con adorazione, come i cadaveri che giacevano attorno al divano, i cui volti, pietrificati dalla morte, fissavano nostalgici l’aura di vita che lui emanava.
 
Un’ora prima.
 
Tom Marvolo Riddle avanzava lungo l’elegante vialetto di ghiaia della grande villa con un enorme serpente al seguito.
Il campanello, oggetto superfluo, non era nemmeno stato sfiorato, a Tom era bastato un movimento della mano perché il cancello si spalancasse maestosamente al suo passaggio. I Am Lord Voldemort recitava l’anagramma del suo nome, non aveva certo bisogno di annunciarsi, la sua fama lo precedeva, forse anche tra i babbani.
Erano in effetti dei babbani gli abitanti della casa, piuttosto ricchi stando al parco maestoso e alle dimensioni del maniero; chissà se avevano un maggiordomo? Di certo la colpa di aver lasciato entrare in casa uno sconosciuto sarebbe ricaduta su di lui, ma i padroni di casa non avrebbero avuto occasione di lamentarsi, avrebbero trascorso gli ultimi instanti della loro vita a rendere omaggio al figliol prodigo appena ritornato.
Anche lo spesso portone di mogano si aprì senza nemmeno essere toccato, quasi riconoscesse l’ingresso del padrone.
All’interno il legno regnava sovrano: il parquet lucido di cera era coperto da uno spesso tappeto persiano, i mobili antichi costeggiavano l’androne, le pareti lignee erano fiocamente illuminate dalla luce dei candelabri. Tutto era così dannatamente elegante, pensò Tom stringendo i pugni per dominare la rabbia, così diverso dall’orfanotrofio in cui era cresciuto, lontano dal lusso che gli spettava.
Tom continuò la sua marcia, seguito dal serpente, il cui sibilo costituiva un lugubre sottofondo. Salì l’ampia scalinata e lasciò scorrere le dita lungo il corrimano intarsiato; ogni cosa in quella casa emanava un senso di ricchezza e potere, ma il giovane in quel momento non era attratto dalle cose materiali, lui cercava delle anime. E, come sempre, fu accontentato.
Uno scroscio di risate giunse alle sue orecchie dalla porta di destra, una donna e un bambino a quanto pareva; Tom sospirò, era ora di entrare in scena, lui era un ottimo attore. Si fece calare il cappuccio sul viso e si concesse il piccolo sfizio di aprire la porta manualmente, quasi volesse provare l’ebbrezza della precaria condizione umana.
Nessuno all’interno della stanza parve accorgersi del suo ingresso, la vita della famigliola lì riunita continuò allegra e indisturbata ancora per qualche attimo, cosicchè Tom fu libero di osservarli per un po’. Erano in cinque: i due nonni erano comodamente seduti sul divano accanto al fuoco, la donna e il bambino, appollaiati sulla panca del pianoforte, giocavano con i tasti, il padre sorrideva e li immortalava in una miriade di fotografie.
Fu proprio su quest’ultimo che Tom focalizzò la sua attenzione: l’uomo era alto e snello, i capelli neri che ormai ingrigivano sulle tempie, pur essendo ancora folti, erano pettinati elegantemente all’indietro, i tratti decisi e regolari erano piegati in un sorriso, gli occhi color onice brillavano di affetto. Non fosse per l’espressione zuccherosa, pensò Tom, sembrava di guardare se stesso con vent’anni di più.
Fu il vecchio ad accorgersi per primo della sua silenziosa presenza e Tom provò fastidio per il modo in cui gli si rivolse: -Quando un ospite si affaccia alla mia porta, per giunta senza invito, mi aspetto almeno che egli mi dimostri il rispetto di scoprirsi il viso-, il tono era pacato, ma la richiesta piuttosto perentoria. Tom ricordò gli ordini della signora Cole all’orfanotrofio, anche lei li mascherava facendoli sembrare delle educate richieste: -Sarebbe opportuno lavarsi le mani prima di mangiare, Tom-
Disgustosa donna!
In ogni caso finse di non aver sentito le parole del vecchio e avanzò nella stanza, con lentezza sufficiente da permettere a tutti di prestargli la massima attenzione: anche un uomo con un cappuccio poteva essere magnetico e teatrale, e la teatralità era, se non fondamentale, quantomeno importante per uno come lui.
Si fermò proprio davanti al vecchio, rimanendo ancora per qualche istante in silenzio, mentre questi lo fissava con spavalderia e severità. Com’ erano orgogliosi e superbi questi babbani! Li avrebbe presto istruiti su chi doveva rispetto a chi.
Quando fu soddisfatto del grado di tensione che aveva stabilito nella stanza si decise a parlare: -Hai ragione a metà, vecchio, tu meriti rispetto da chiunque si affacci alla tua porta, e anche da coloro che non hanno la minima intenzione di farlo, meriti rispetto dal mondo intero in realtà, poiché se tu non fossi vissuto l’umanità non avrebbe potuto adorare l’incommensurabile grandezza che io incarno. Tuttavia- e qui Tom si avvicinò all’anziano: -Non puoi pretendere alcun genere di rispetto dalla mia persona, in quanto, pur dovendoti la mia esistenza, pur avendo avuto origine dalle tue umili carni, io rappresento qualcosa di infinitamente superiore a te-.
L’anziano padrone di casa parve non capire il complicato e allo stesso tempo semplice ragionamento di Tom, ma iniziò a comprendere la portata di ciò che gli stava succedendo quando notò il grosso serpente. In contemporanea tutti lo videro, e ognuno ebbe una reazione differente: il vecchio impallidì, sua moglie, con uno scatto sorprendente per la sua età, si rifugiò dietro al divano, l’uomo boccheggiò e puntò l’attizzatoio del caminetto verso il serpente, mentre la donna agguantò il bambino e salì urlando sul pianoforte.
Tom si godette la scena, poi si chinò a sussurrare a Nagini di uscire e disse agli altri: -Divertente come non abbiate azzeccato nemmeno il soggetto che davvero dovete temere-.
L’uomo bruno perse la pazienza: -Ma insomma! Irrompi in casa nostra senza rivelare la tua identità, inizi a parlare di vuote ciance mancando di rispetto a mio padre e porti una bestia di dimensioni mai viste nel nostro salotto! Che cosa vuoi da noi?-
Tom si voltò verso di lui, sorridendo sotto il cappuccio, e notò che l’espressione zuccherosa era sparita dal suo volto, sostituita da una rabbiosa e spaventata; si rivolse a lui: -Tu sei Thomas Riddle, non è così?- l’uomo annuì disorientato. Tom continuò: -Ho ripercorso la tua storia e mi sono imbattuto in un particolare davvero interessante: anche tu mancasti di rispetto a tuo padre e a quella che allora era la tua fidanzata quando fuggisti con la donna che abitava tra le colline, non è così?-
Il colorito dell’uomo passò dal rosso paonazzo al bianco cadaverico: -T…Tu come fai a…è successo molto tempo fa…nessuna importanza…- biascicava.
-In verità- continuò Tom: -Quella fuga fu ciò che diede quel poco di reale importanza a te e alla tua famiglia. Non hai la minima idea di chi o che cosa fosse la brutta e strabica Merope Gaunt, non è così?-
-Era solo una stracciona e una crudele fattucchiera alla ricerca di ricchezza, sono stato stupido e lo so, ma questo cosa c’entra?-
-C’entra con tutto mio caro amico!- rispose Tom con tono quasi esasperato, ma si impose la calma, in fondo come poteva quell’insulso babbano comprendere l’evento di cui era stato partecipe?
Si accomodò sulla panca del pianoforte e iniziò a suonare una melodia cupa, la Marche Funebre di Chopin, era un babbano anche lui, probabilmente lo conoscevano: -Nessuno ti ha creduto quando hai detto che quella donna era una maga e che ti aveva fatto un maleficio, dico bene, Riddle?-
-Ovvio che non gli abbiamo creduto! Chi avrebbe potuto?!- strillò l’anziano, ormai simile ad una vecchia megera. Suo figlio parve risentito e abbassò lo sguardo sconfortato quando la moglie lo guardò con una domanda negli occhi: Come hai potuto?
-Io ti credo- gli sussurrò Tom tra le note lugubri: -Ti credo e posso aiutarti a far capire a questa gente che dici la verità-
Riddle lo guardò con malinconica ironia: -E come potresti? Ho passato anni a cercare di provare ciò che dicevo, ma non ci sono mai riuscito- con questa parole parve afflosciarsi su se stesso, l’espressione spenta, l’allegria di poco prima ormai solo un ricordo indistinto.
Tom lo guardò e lo commiserò: -Non temere- gli disse, lasciando il pianoforte per posizionarsi alle sue spalle e posargli le mani sulle spalle in un gesto di paterno conforto: -Tu non avresti mai potuto farcela da solo, questa gente, la tua gente, non comprende la portata di ciò che tu hai avuto l’onore di vivere-.
Dire che il vecchio fosse arrabbiato pareva un eufemismo: -Ora basta! Sono stufo marcio del tuo parlare per enigmi! Abbiamo passato anni a cercare di ricostruire una reputazione a mio figlio, e ora tu irrompi qui, senza rivelare la tua identità, e torni a riempirgli la testa di queste idee balzane su streghe, pozioni magiche e magia? La magia non esiste!!-
Non esiste…
Povero vecchio, si vantava della sua ignoranza, e lo faceva con una fierezza che inteneriva.
Tom sorrise: -Non esiste, dici? Allora spiegami questo…- e lentamente, quasi con solennità, infilò la mano sotto l’ampia veste per estrarne una lunga bacchetta di legno bianco, prese un respiro profondo, più per aumentare la tensione che per concentrarsi, mosse lievemente quell’apparentemente semplice oggetto, puntandolo verso il pianoforte, e mormorò: -Serpensortia-
Due enormi serpenti neri parvero emergere dalla sommità dello strumento musicale e si attorcigliarono alla vita e alle braccia della donna, risalendo con decisione verso le mani che stringevano il delicato corpicino del bambino. Lei urlò, ma fu inutile: le serpi le strapparono il figlio dalle braccia e reggendolo con straordinaria forza lo portarono strisciando verso colui che le aveva create, deponendolo urlante ai suoi piedi, quasi volessero esprimere tutta la loro gratitudine al mago per mezzo di quel dono.
-Lascialo!- strillò il padre, mentre Tom liberava il piccolo dalle spire delle due bestie, che si dissolsero, e lo prendeva in braccio cullandolo con una tenerezza infinita.
Nessuno osò fiatare, poi, mentre il bambino lentamente smetteva di piangere e iniziava ad emettere gorgoglii curiosi, attratto da quel volto che gli altri non potevano vedere.
Riddle si azzardò di nuovo a parlare, interrompendo quell’inquietante atmosfera di trance che si era creata: -Ho detto…lascia…il mio…bambino…-
Ma Tom non lo ascoltava, impegnato a porgere la punta della bacchetta alle avide manine del piccolo: -Non è forse una magia, Riddle? Che la stessa carne possa generare due esseri tanto diversi? Guarda questa creatura, così piccola, innocente e indifesa e paragonala con quest’altro tuo frutto, immensamente più potente e divino-
-Di cosa diavolo stai parlando?- chiese cautamente l’uomo, ipnotizzato da ogni gesto di Tom e dalle reazioni del figlioletto: -Io ho generato un solo figlio e non permetterò che tu gli faccia del male, ora lascialo!-
-Lascia il bambino!- tuonò il vecchio, ma le orecchie di Tom erano sorde alle sue parole, non era con lui che aveva un conto in sospeso.
-Ne sei sicuro?- chiese Tom al padre del piccolo: -Sei sicuro che questo sia il tuo unico frutto?-
-Cosa vorresti insinuare?- intervenne la donna con voce stridula: -Che Thomas mi abbia tradita?-
-Oh, su questo non ci sono dubbi, mia cara- rispose Tom: -Non abbiamo già parlato della strega dei boschi con la quale tuo marito ha avuto una passionale relazione?-
-Questo non vuol dire nulla! Lei non era…-e si bloccò, come paralizzato da una consapevolezza momentanea, da una sensazione fulminea e terribile.
-Cosa, Riddle? Lei non era cosa?- lo invitò Tom
-Lei non era…non poteva essere…LEI STAVA MENTENDO!!-
-Mentendo? Mentendo su cosa, Thomas?- chiese la donna
-Che cosa sai?!- domandò l’uomo a Tom, il suo bel volto era deformato da una smorfia di terrore: -Dimmi cosa sai su quella donna, dimmi cosa ti ha detto!-
-Non mi ha detto nulla, poiché non ho avuto la possibilità di conoscerla- la voce di Tom era fredda e tagliente come una lama: -Mia madre è morta prima che io potessi anche solo vederla-
L’intera famiglia piombò nel silenzio più totale. Tutti avevano capito cosa significavano quelle parole, ma nessuno osava aprire bocca, quasi che un solo fiato potesse rendere quella situazione surreale finalmente e drasticamente tangibile e concreta.
Fu il bambino ad emettere per primo un suono, iniziando a piangere come un ossesso, forse spaventato dall’espressione sul volto dell’uomo che lo reggeva tra le braccia. Tom si avviò a passi lenti e misurati verso Riddle, il quale rimaneva immobile al centro della stanza paralizzato dal terrore. Quando gli fu di fronte la sua voce uscì da sotto il cappuccio come una lama di ghiaccio: -Guardami, Riddle-
L’uomo scosse la testa a scatti, il volto grigiastro madido di sudore.
-Guardami. Toglimi il cappuccio e guarda la mia faccia-
-No…non posso…io non…-
-GUAR-DA-MI!!- esplose Tom facendo crollare a terra l’uomo e spingendo il pianto del bambino verso la soglia dell’ultrasuono, tanto erano acuti i suoi strilli.
Poiché Riddle non accennava a rialzarsi, Tom si diresse verso la donna e le mise in braccio suo figlio, poi tornò dall’uomo a terra e si inginocchiò davanti a lui: -Osserva il volto della tua opera più grande e sii fiero, Riddle, tu sei un uomo fortunato- e detto questo le sue mani candide si sollevarono lentamente verso le falde del cappuccio e lo spinsero delicatamente all’indietro.
-Oh, Thomas- singhiozzò la moglie alla vista di quel volto, il volto dell’uomo che in gioventù l’aveva fatta innamorare: quegli occhi scuri e profondi, pieni di promesse, quei capelli morbidi come la seta, quelle guance pallide e leggermente incavate sulle quali amava passare le dita, e quelle labbra che le avevano dato attimi di piacere indimenticabili posandosi su ogni lembo della sua pelle, sulle parti più segrete del suo corpo.
-Mio Dio…- fu tutto ciò che il vecchio riuscì a dire, lasciandosi cadere di peso sul divano, sconvolto.
-Mi dispiace…- sussurrò Riddle, l’immagine dell’inettitudine, rannicchiato a terra di fronte al suo ritrovato figlio illegittimo
-Ti…dispiace?- gli rispose Tom, il suo tono era velato di incredulità; dopo ciò che gli aveva dimostrato di essere capace di fare quel suo insulso padre si stava scusando? E di che cosa, poi? Semmai avrebbe dovuto ringraziare il cielo di avere avuto la possibilità di conoscere quella creatura straordinaria che era suo figlio. E perché piangeva? Commozione? No, quello era puro dolore, dolore di avere la prova che tutto ciò che aveva tentato per anni di seppellire nel suo subconscio era invece la bruciante realtà, dolore di aver deluso la sua famiglia generando un figlio assieme alla donna che lo aveva sedotto, dolore di dover affrontare tutto questo da solo.
La rabbia iniziò a scorrere nelle vene di Tom, riempiendo il suo cuore e pulsando sulle sue tempie, fino al cervello, l’indignazione gli salì in gola, amara come il fiele, la magia percorse i nervi, i muscoli e le ossa del suo braccio, inondando di potere la bacchetta stretta con forza nel suo pugno. Era consapevole del fatto che quell’uomo non potesse capire, era consapevole della sua inferiorità, tuttavia non era pronto ad un tale rifiuto, non era in grado di sentirsi respinto per l’ennesima volta da un mondo al quale, suo malgrado, apparteneva per metà e che non lo aveva mai capito. Meritavano di morire tutti, tutti i membri di quella maledetta famiglia, tutti gli abitanti del paese che aveva denigrato la discendenza del grande Salazar Serpeverde, tutti i babbani che popolavano quel mondo corrotto, tutti, senza pietà: o la sottomissione o la morte, per quella razza di luridi ratti non c’erano altre alternative.
-Padre, mi dispiace! Io credevo che lei mentisse per tenermi legato a sé! Non avevo idea che il suo farfugliare nascondesse tutto questo! L’ho lasciata per preservare il tuo e il nostro onore, ho fatto come volevi tu, l’ho dimenticata! Padre!!- ma il vecchio lo guardava con un disprezzo tale che nemmeno il più forte tra gli uomini avrebbe potuto sostenere il suo sguardo.
-Cecilia! Mia adorata, tu lo sai che non c’è posto per altri nel mio cuore se non per te, ti prego! Non…non guardarmi così, mio amore, ti scongiuro, io…- ma la donna non lo guardava, il volto affondato nel petto del figlioletto, le spalle scosse da incontrollabili singulti.
-Madre…- tentò alla fine, disperato
-Taci, Thomas- lo zittì lei.
Tom assisteva muto agli appelli di suo padre, incredulo di fronte alla sua reazione: egli aveva chiesto pietà ai suoi genitori e a sua moglie, ma non aveva degnato di uno sguardo lui, lui che più di tutti meritava la sua attenzione. Tom sapeva che Riddle avrebbe pagato, lo sapeva fin dall’inizio visto che era per questo che era giunto fino a quello sperduto villaggio nella campagna inglese, tuttavia ora era consapevole anche di un altro dettaglio: suo padre avrebbe sofferto molto, avrebbe visto tutti i suoi cari morire prima di andarsene all’altro mondo per mano del suo stesso figlio, avrebbe sperimentato cosa significava essere davvero solo al mondo, come era stato lui per diciassette anni.
-Dì quello che vuoi, ragazzo- disse infine il vecchio con tono grave.
Tom si voltò lentamente verso di lui, l’espressione indecifrabile: -Come, prego?-
-Se sei qui, vestito e pasciuto, significa che un posto dove stare ce l’hai, dunque è evidente che vuoi qualcos’altro dalla mia famiglia. Soldi? Ne avrai quanti ti spettano. Scuse? Mio figlio è già chino ai tuoi piedi, nella vergogna, ma le avrai, come meriti-
Il vecchio tormentava l’impugnatura del bastone con le mani nodose, teneva lo sguardo ostinatamente fisso sul pavimento, in attesa di conoscere il verdetto del suo giovane nipote; si aspettava tutto, insulti, urla, pianti, ma nulla lo avrebbe potuto preparare alla reazione di Tom.
Una sonora risata risuonò tra le pareti della stanza, prima solo singhiozzata e trattenuta tra i denti, poi sempre più intensa e sguaiata; Tom si portò una mano al ventre e si chinò in avanti, liberando tutta la sua ilarità; i Riddle erano scioccati.
-Ma sentiti, vecchio!- disse, infine tra gli spasmi: -Mi parli come ad un accattone! Credi che io sia qui per rivendicare l’appartenenza a questa insulsa stipe di babbani sciocchi e arroganti? Credi che io sia qui per avere un posto tra queste mura? Per i tuoi soldi?-
-E che cos’altro puoi volere da noi, ragazzo?!-esplose il vecchio, furibondo
-La libertà!- rispose Tom, per contro, sovrastandolo nel tono
-La…libertà?- farfugliò Thomas Riddle, ancora a terra
-Credete che il vostro mondo, che il vostro rango, sia ciò che di meglio si possa sperare nella vita, non è così? Ebbene, io ho visto cose che nemmeno immaginate, io posso fare cose che nemmeno il vostro Dio potrebbe eguagliare, io sono qualcosa di immensamente superiore a voi, alla vostra gente, all’intera vostra razza. Se c’è un motivo per cui ho deciso di rivelarvi la mia esistenza questa sera, per cui affronto la mia vergogna una volta per tutte, è per rendervi fieri di avere avuto un ruolo nella realizzazione della mia grandezza, ma, a quanto pare, siete troppo ottusi, o troppo arroganti, per poter capire- Tom abbassò il capo e rivolse lo sguardo verso l’intricata trama di arabeschi che decorava il tappeto, come se provasse un enorme senso di sconforto per quello che stava per accadere: -Mi pare evidente che ormai non ho più nulla da dirvi, non mi resta che liberarmi di questo nome, di questo sangue sporco che infanga la mia reputazione-
Il vecchio era, per una volta, senza parole; guardava Tom come si guarda qualcun che viene da un altro pianeta, o qualcuno che non c’è del tutto con la testa, sembrava incredulo e scioccato al tempo stesso.
Tom gli si avvicinò e si inginocchiò davanti a lui, prendendogli le mani rugose tra le proprie, lisce: -Sai…nonno, meriteresti una fine atroce e dolorosa per il modo assolutamente inappropriato in cui ti sei rivolto a me, eppure, per via della tua fierezza, ti sei guadagnato un trapasso indolore; rispetterò le tue umili carni-
-Ragazzo, tu parli per enigmi- rispose il vecchio, il tono addolcito dalla pena che provava nell’assistere a quella scena di pura follia, oppure dall’affetto che sentiva per quel volto: -Non capisco cosa vuoi dire-
Tom sorrise: -Non importa; dove andrai, assieme ai tuoi cari, non avrai bisogno di capire- poi si alzò e fronteggiò di nuovo l’uomo a terra: -Tuo padre mi ha affrontato con coraggio, pur non sapendo, nella sua inferiorità, a cosa andava incontro; tua madre e tua moglie mi hanno dimostrato almeno il rispetto di fare silenzio; tu, invece, stolto verme incapace, hai avuto possibilità che loro non hanno avuto, eppure sei colui che più di tutti è riuscito a deludermi. Non avrei comunque risparmiato nessuno, non sarebbe stato giusto nei confronti miei e della mia nobile madre, tuttavia questa tua condotta rende ancora più dolce…la vendetta-
Tom sorrise, guardando suo padre rannicchiato a terra, sorrise nel sollevare la bacchetta bianca e nel puntarla verso i due anziani, sorrise nel pronunciare le due parole che costituivano la più temuta delle maledizioni, e ancora sorrise nell’osservare l’espressione di Thomas Riddle, che assisteva all’omicidio dei propri genitori.
-Avada Kedavra!- poi la giovane donna urlò.
Non aveva mai pronunciato quelle parole, se non nella sua mente, fantasticando; non aveva mai udito il tonfo sordo di due corpi senza vita che cadevano a terra. E nemmeno quella volta Tom guardò direttamente il frutto del suo primo vero omicidio, si limitò ad osservarlo nel riflesso degli occhi di suo padre, nella sua espressione contorta dal dolore della comprensione: Riddle si sarebbe aspettato tutto da quel giovane ragazzo, avrebbe immaginato che egli nascondesse qualche stranezza, alla pari della donna del bosco, Merope, ma non era pronto ad avere un assassino per figlio, una creatura senz’anima piombata nella sua vita ad esigere un tributo per i suoi errori, come un angelo della morte.
Tutti gli occupanti di quella stanza che ancora respiravano avevano compreso la gravità di ciò che era appena successo, pur non riuscendo a stabilirne la meccanica, tuttavia nessuno si mosse oppure osò fiatare, persino il bambino taceva.
-Ora capisci cosa voglio, padre?-chiese Tom all’uomo a terra: -Capisci perché sono qui? Avere te come padre, questi due vecchi come nonni, non è altro che una vergogna per uno come me; ed una vergogna è stata per la mia discendenza che mia madre abbia ceduto al tuo inconsapevole fascino, che abbia contaminato il mio sangue con il tuo, totalmente privo di potere. Io devo cancellare la mia storia, padre, devo cancellare la vostra esistenza, altrimenti come posso pretendere di elevarmi al rango di essere superiore che di diritto mi spetta?-
Le lacrime cominciarono a bagnare il volto di Thomas Riddle: -Tu hai…hai ucciso…-
-Si, padre, ho ucciso, e ucciderò ancora questa notte. Ucciderò anche te alla fine, è ora che ti abitui all’idea, se non l’hai ancora fatto, poiché tu sei la vergogna più grande, la macchia più difficile da lavare-
-Allora fallo subito, se ti sta tanto a cuore- replicò Riddle, il suo bel viso ormai ridotto ad una maschera di consapevolezza e dolore. Suo figlio da lui aveva ereditato solo i tratti del viso, ma per il resto era un mostro, come sua madre, ed era chiaro che non sarebbe servito a nulla supplicarlo; aveva tentato anche con Merope, l’aveva pregata di liberarlo, di farlo tornare dalla sua famiglia, ma lei aveva continuato a sciogliere quella polvere bianca nel suo vino per mesi, finchè il danno era stato irreparabile.
-Uccidimi subito e vattene, torna nel tuo dannato mondo di incantesimi e magia, ma non toccare Cecilia e Charles, loro non hanno nulla a che fare con te e con il tuo sangue. Se vuoi farmi soffrire, se vuoi punirmi, credimi lo hai già fatto uccidendo i miei genitori, non c’è bisogno di questo-
-Uccidere tua moglie sarebbe solo un atto di pietà- replicò Tom; Riddle lo guardò tra le lacrime, senza capire, così il ragazzo si spiegò meglio: -Immagino che sarebbe preferibile morire, per una madre, piuttosto che vivere senza il suo bambino-
Cecilia scoppiò a piangere più di prima, non appena udì quella parole; scese dal pianoforte sul quale era rannicchiata e si diresse a grandi passi verso la porta stringendo il figlioletto tra le braccia, il terrore non lasciava i suoi occhi da quando aveva visto morire i suoceri. Era quasi ad un passo dalla salvezza quando l’enorme serpente si parò con decisione davanti a lei impedendole di uscire: -Lasciami andare! Lascia stare il mio Charles, maledetto! Quella puttana di tua madre si è presa mio marito una volta, non lascerò che la sua sporca discendenza si prenda anche il mio bambino!-
Tom la guardò con un sorriso sardonico sulle labbra: -Tuo figlio è colpevole al pari di tuo marito, donna, e tutto perché porta il suo stesso cognome. Non capisci? Tutti voi macchiate la mia reputazione con ogni vostro respiro. Da questo punto di vista probabilmente tu saresti anche potuta sopravvivere, in fondo sei solo una parente acquisita, peccato che tu abbia appena dato della puttana ad una purissima discendente della più potente dinastia magica del mondo. È questo che pensi di lei, di me, donna? Che siamo feccia della peggior specie?-
Cecilia tremava mentre stringeva convulsamente a sé il figlioletto, tuttavia nella sua voce c’era una nota rabbiosa di sfida: -Quella donna si è presa il mio Thomas usando uno sporco trucchetto da fattucchiera! Era troppo brutta e lurida per venire a reclamarlo direttamente, così lo ha abbindolato!-
-Sporco trucchetto da fattucchiera?- Tom sentì la rabbia pulsargli sulle tempie nel sentire tale bestemmia uscire niente meno che dalla bocca di una babbana arrogante; mosse qualche passo, avvicinandosi lentamente alla donna: -La magia è un’arte che tu non puoi comprendere, qualcosa che va oltre la tua portata, ed è per questo che sei così arrabbiata-
-Menzogne! La magia consiste in una serie di trucchi e di erbe medicinali usate in modo improprio!-
-Cecilia, ti prego!- esclamò terrorizzato Riddle, rendendosi conto dell’irrisoria distanza che separava sua moglie e suo figlio dall’uomo che aveva appena commesso un omicidio in casa sua; Tom era arrivato così vicino alla donna da poter sentire sul petto il suo respiro affannoso. Prese una ciocca dei suoi lunghi capelli biondi tra le dita affusolate, saggiandone la morbidezza, e sibilò: -La tua bellezza, per quanto ammirevole, non può nulla contro la magia, sciocca donna; il mio potere può rendere splendido ciò che è orrido, può creare una melodia da una cacofonia inascoltabile, può far avvizzire la più vitale delle creature; ciò che tu chiami trucco è in realtà il più grande dei talenti innati, un talento che tu non possiedi e mai possiederai, ed è per questo che al solo sentir nominare quella grande, anche se purtroppo decaduta, strega che era mia madre diventi acida come una vecchia zitella- parole crudeli, prive di umanità, che accesero acuirono ancora di più il dolore dell’orgoglio ferito di un moglie tradita: -Vai via da casa mia, maledetto!-urlò lei, in preda ad una crisi di pianto e rabbia incontrollabile, spintonando con forza Tom: -Esci dalla mia vita, mostro! Abominio! Bastardo!-
-AVADA KEDAVRA!- l’urlo di Tom sovrastò le grida della donna, e il tonfo del corpo di lei fu l’unico suono udibile poi.
Il bambino emise solo un debole vagito, il suo fragile corpicino al sicuro tra le braccia del fratellastro maggiore, il quale lo aveva afferrato al volo qualche attimo prima che la madre crollasse al suolo.
-No…no…no, mio Dio, no…NO!!-
-Stai soffrendo?- chiese Tom, il respiro ancora affannoso dopo che le due parole maledette erano uscite dalle sue labbra per la seconda volta, quella notte: -Stai soffrendo, Riddle?-
-Io…oh Signore, Cecilia! Amore mio, no…-
-No? Non è abbastanza?-
-Basta, ti prego! Lascia andare Charles, lascia il mio bambino!-
L’uomo era in ginocchio ai piedi di Tom, patetico ogni secondo di più; dondolava avanti e indietro tenendosi le braccia strette al petto, gli occhi fissi sul terzo ed ultimo cadavere sul pavimento, il suo lamento inconsolabile era l’unico suono che risuonava nella stanza.
Tom si sedette a gambe incrociate di fronte a lui, cullando delicatamente il piccolo, i bei tratti corrugati, come se fosse preoccupato per qualcosa, o fosse impegnato in un difficile ragionamento; lui era l’allievo e Riddle il suo maestro di sofferenza: -Dimmi, Riddle, se potessi tornare indietro nel tempo, se potessi rivivere la tua giovinezza esattamente nel periodo in cui mia madre era viva e ti desiderava, come ti comporteresti?-
-Io..io…non…-
-Rispondi!- ordinò il giovane, i ruoli ora invertiti
-Io, non lo so…- ammise suo padre in un gemito, dondolandosi più velocemente
-Pensaci bene, Riddle, oramai sai tutto, è davvero semplice se di impegni-
Riddle fissò i grandi ochi neri nelle pozze ardenti che erano quelli del figlio illegittimo, come se un barlume di consapevolezza e di speranza avesse iniziato a bruciare dentro di lui. Forse, se gli avesse detto quello che voleva sentirsi dire…Già, ma cosa voleva sentirsi dire?
-Io, sarei rimasto con lei- affermò con un sorriso tirato, gli occhi sgranati, simile ormai ad un internato in un ospedale psichiatrico: -L’avrei curata ad accudita, la mia dolce Merope, e quando fosti nato tu ti avrei amato con tutto il mio cuore, perché tu sei mio figlio, il mio ragazzo, ed è giusto che tu abbia un padre affettuoso e amorevole che…-
-Basta, Riddle- lo zittì Tom con un sospiro, l’espressione addolorata.
C’era un passaggio che Riddle non capiva, osservando il figlio dal suo inferno personale: Tom si era arrabbiato quando lui gli aveva detto di andarsene, quando suo padre gli aveva prepotentemente ordinato di portargli rispetto, quando Cecilia aveva offeso sua madre, e alla fine aveva ucciso tutta la sua famiglia; eppure nemmeno ora, mentre lo rassicurava sul suo incondizionato attaccamento a lui e alla strega che gli aveva dato i natali, suo figlio sembrava soddisfatto. Cosa voleva? Perché faceva tutto questo? Qual’era lo scopo finale di tutta quella malvagità? Povero, povero Tom, in fondo aveva sofferto così tanto, orfano di un padre che non si era mai preoccupato di lui, pur sapendo, nel profondo del suo cuore, della sua esistenza.
Tom si irrigidì quando suo padre appoggiò la fronte sulla sua spalla, in un moto di profondo affetto, o di irrecuperabile follia. Gli pareva quasi di sentire sulla pelle il profondo cambiamento che le sue azioni avevano operato in quella mente ormai distrutta dal dolore, l’odio e la paura convertite in puro e nuovo amore paterno, e ne fu soddisfatto. Suo padre sarebbe morto per mano del figlio amato e la sua sofferenza avrebbe raggiunto l’apice, proprio come doveva essere.
-Padre- la sua voce era incolore, ma, non si sa come, Riddle vi percepì una nota di dolce bisogno e sorrise, a contatto con la veste scura del figlio ritrovato
-Si, figliolo. Sono qui-
-Ho bisogno che tu faccia una cosa per me-
-Qualunque cosa, Tom, qualunque cosa-
Tom assaporò il momento.
-Muori-
Silenzio. E un singuto di dolore, terrore.
-Avada kedavra- un sussurro, e la sua opera di vendetta e rinascita fu finalmente portata a termine.
Nagini. La cena.
 
Londra, quella stessa sera
 
Wilhelmina Cole, dall’alto dei suoi settant’anni, poteva affermare con certezza che nessuno era mai stato così sfrontato o disperato da suonare il campanello del suo orfanotrofio a quell’indecente ora della notte. Scese ciabattando la scalinata che dava sull’androne e si affrettò ad aprire il chiavistello che teneva i suoi marmocchi al sicuro da qualsiasi spiacevole incursione notturna, e, quando aprì la porta, una folata di vento gelido la colpì in piena faccia, agitando persino i ciuffi imprigionati nei bigodini. Ci mise qualche secondo a riprendersi e a fare caso alle urla disperate che provenivano da un fagottino, depositato in un cestino di vimini ai suoi piedi.
Si chinò, dilaniata dai dolori alla schiena, e raccolse il bimbo, notando con stupore un foglio accuratamente ripiegato vicino al fagottino.
La signora Cole odiava le sorprese. Deglutì, fissando lo sguardo circospetto sulla strada illuminata dai lampioni, ma alla fine il suo buon cuore ebbe la meglio sulle preoccupazioni, e portò dentro il cestello.
Dopo aver calmato le urla del piccolo, si decise ad aprire il foglietto e ciò che vi lesse la lasciò basita: - Charlie Thomas R.-
Thomas R.un nome che riportava a galla vecchi guai.
La signora Cole si fece velocemente il segno della croce, fissando il volto innocente del piccolino che dormiva tranquillo: -Santa Vergine, proteggi questa casa-
 
ANGOLINO DELL’AUTRICE:
Ecco che ho portato a termine anche questa fatica! Sono mesi che, nei recessi delle mie conversazioni web con la cara Boby, straparlo e prometto di pubblicare questa lunghisssssima one shot su uno dei personaggi dalla psicologia più interessante del mondo di Harry Potter. Beh, finalmente ci sono riuscita!
Non chiedo altro che un parere, e se siete arrivati fin qui…basta davvero poco per rendermi felice :)
Kisses
Alice (Mrs_Depp)

 
 
  
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